Pregare sempre

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MEDITAZIONI sulla liturgia di Domenica della XXIX settimana del T.O. anno C

Letture: Es 17.8-13; Sal 120; 2Tm 3,14-4,2; Lc 18,1-8
“Disse una parabola sulla necessità di pregare sempre”.

La prima lettura ci presenta Mosé sull Oreb che prega per il suo popolo impegnato in una dura battaglia. Aronne e Cur gli tengono alzate le braccia perché non smetta fino a quando l’esercito degli Amaleciti non viene sconfitto.
Nella seconda lettura a Timoteo Paolo dice: “Annuncia la parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna, ammonisci, rimprovera, esorta con magnanimità e dottrina”.
In precedenza aveva detto che la Sacra Scrittura istruisce in merito alla salvezza che si ottiene mediante la fede in Cristo Gesù.
Quindi la fede in Gesù passa attraverso un desiderio di conoscerlo.
Le Scritture sono un mezzo efficace perché sappiamo a cosa siamo chiamati.
Il fine ultimo della nostra fede, che è dono gratuito, è quello di annunciare agli uomini la buona novella dell’amore che salva.
In questa lettera a Timoteo si parla quindi degli effetti della fede che porta ad essere testimoni, martiri.
Anche nella prima lettura si vede l’effetto della fede, quello di sconfiggere gli avversari di Dio, che ama il suo popolo e lo vuole salvare.
Mosé è un mediatore come anche Paolo e poi Timoteo.
Ma mediatori sono anche Cur e Aronne che aiutano Mosé nell’impresa.
Nel fare il bene si ottiene di più se non si è soli.
Dietro Timoteo c’è Paolo,dietro Mosè Cur e Aronne.
Ma nella parabola della vedova insistente e del giudice ingiusto non ci sono mediatori.
Infatti la vedova, essendo priva di tutto, usa l’ arma che Signore predilige: il bisogno fondamentale di vivere.
Allora è Dio che diventa direttamente il suo alleato nella persona di Gesù, suo figlio.
Gesù è il mediatore, quello che annuncia la parola, quello che agisce in sintonia con il Padre, attraverso lo Spirito e dà soddisfazione alla vedova.
Dio scrive, si dice, sulle righe storte.
Qui è sottolineata, come negli altri passi che la liturgia oggi ci propone, la necessità di insistere nella preghiera, che significa rimanere costantemente collegati con Dio in un rapporto di estrema fiducia.
Le risposte arriveranno sicuramente, anche se spesso non sono quelle che ci aspettiamo.
Il silenzio di Dio è in qualche modo pedagogico, perché vuole che la nostra fede impronti il nostro modo di vivere, tenendo come Mosé, sempre le braccia alzate, metafora per dire che non c’è situazione che ci esoneri dal tenere gli occhi fissi in Gesù, non c’è nulla che possa giustificare il nostro allontanamento, perchè è in gioco la nostra vita e quella delle persone a noi affidate.
“Rimanete nel mio amore” dice Gesù.
Rimanere nell’amore di Dio e tenere costantemente alzate le nostre braccia al cielo, non per ottenere vantaggi personali (Dio sa di cosa abbiamo bisogno), ma perché non solo noi ma anche la nostra comunità tragga beneficio dalla nostra perseveranza, dalla nostra fede radicata nel cuore di Dio.
Avere fede perché gli altri abbiano fede è compito di ogni cristiano che con il Battesimo è consacrato re, profeta e sacerdote, inviato in missione per convertire il mondo.
Il mondo si converte se vede persone che vanno controcorrente e vivono nella pace, nella gioia e nell’amore.
Avere come unico punto di riferimento il cielo, dove Gesù è asceso e da dove tornerà per giudicare i vivi e morti.
Gesù che ascende ha creato un’attesa.
L’attesa è ciò che caratterizza la nostra vita cristiana, quando guardiamo oltre, quando i beni del mondo gettano la maschera.
L’attesa è sempre fondata sulla fede in Colui che deve venire, nella certezza che Dio non mente.
Ma Gesù non ci vuole fermi.
Infatti mentre aspettiamo la sua venuta ci esercitiamo ad amarci come Lui ci ha insegnato.
L’amore è una scuola di fede
Attraverso l’amore conosciamo e godiamo dell’amore divino.
Signore aumenta la mia fede!
Fa’ che non mi scoraggi quando la mia preghiera non trova risposta, quanto il tuo silenzio diventa insostenibile, quando la misura è colma.
Non abbiamo che te, Signore, per difenderci dai nemici che attentano alla nostra stabilità fisica e psichica, non possiamo tornare indietro perché conosciamo l’inferno che ci siamo lasciati alle spalle.
I tuoi aiuti spesso ci sembrano intempestivi e a volte neanche li capiamo perché sono il contrario di quello che ci aspettiamo, e ti abbiamo chiesto.
Ieri nella preghiera di coppia riflettevamo sul fatto che quando ci succede qualcosa, non dobbiamo avere fretta di capire il perché.
Il nostro pensiero è andato alla macchina, che adesso per mancanza di soldi dobbiamo condividere.
Sicuramente è una fatica, una lotta, ma alla fine chi ci guadagna è la nostra comunicazione, il dialogo che spesso abbiamo trascurato, vivendo come se fossimo soli.
Il nostro patto di alleanza ora è sottoposto a verifica continua.
Non ci sono cose che l’uno non sappia dell’altro, percorsi, intenzioni, organizzazione del tempo…
Certo che è un bel risultato, quando ci riusciamo.
In fondo l’Eucarestia ha lo scopo di guarirci dall’incapacità di comunicare, di aprire il cuore all’altro.
Mai avremmo pensato che un guasto ad una macchina e l’impossibilità per ora di ripararla ci avrebbe portato a tanto.
Bisogna fidarsi, questo è il punto, a prescindere.
Pensare senza ma è senza se…
E poi essere custodi, responsabili, nel Tuo nome dell’altro, sì che possiamo esportare questa modalità alla nostra famiglia, ai figli, ai nipoti, ai fratelli, agli amici, alla comunità….
Signore ti ringrazio perché ci stai dando l’opportunità di rivedere il nostro rapporto coniugale senza rassegnarci a passare la nostra vita soli, in silenzio e lontani da Te.

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