A mamma e papa'

20 marzo 1941-20 marzo 2001               
 
Parrocchia di S. Pietro.
Sessanta anni fa, un’altra chiesa , un giorno che sembrava uno dei tanti, accoglieva una coppia di giovani che, davanti a Dio presentavano le loro speranze, il loro progetto d’amore, deponendo ai suoi piedi i loro pesanti fardelli.
Percorsero la navata centrale non attraverso un tripudio di fiori, né flash di fotografi; non erano accompagnati da maestose e struggenti melodie di cantori scelti e chiamati per l’occasione, né dalla marcia nuziale suonata da un esperto pianista.
Non c’erano damigelle d’onore a sostenere lo strascico di un vestito che era quello normale di un giorno di festa un tantino speciale.
Ad attenderli nei banchi non c’erano invitati di rango, toilettes sfavillanti e pompose acquistate in negozi di lusso, né, a cerimonia finita, c’era un improbabile e sfavillante vettura che li portasse in un esclusivo ristorante alla moda.
Di quel giorno niente parve importante, né i pochi e modesti regali, né il nido che li avrebbe accolti, perché neanche a quello avevano potuto pensare, visto che lo sposo doveva partire, senza sapere se sarebbe tornato.
Gli occhi commossi, inumiditi dal pianto, l’affetto stampato sui volti, il piacere genuino dei familiari chiamati a raccolta , quelli sì che facevano intendere che non era un giorno qualunque, sfida ai tanti, troppi lutti recenti, ai colpi inclementi di una vita che avara mostrava il suo volto benigno.
Il raggio di luce di una rinnovata speranza aveva rischiarato la Chiesa intorno ai due giovani che avevano deciso di dare una svolta alla fatica di andare da soli.
Quel giorno, davanti al sacerdote, gettarono la prima pietra di un edificio costruito sull’entusiasmo, sull’amore, sulla condivisione di valori veri e profondi, sulla forza, sulla tenacia,sulla generosità, sul dono incondizionato di se, ma soprattutto sulla fede semplice ma vigorosa in Dio Padre, che avevano chiamato testimone a benedire quel viaggio che si accingevano ad intraprendere insieme.
Attraverso le piccole e grandi prove di una vita passata a remare, perché il frutto del loro lavoro non venisse vanificato da un onda più alta e minacciosa , hanno visto pian piano sbocciare i fiori con pazienza e fatica piantati, hanno gioito furtivi del loro profumo, hanno accarezzato in silenzio i loro petali morbidi e vellutati, a volte pungendosi con le piccole e giovani spine, ma sempre dietro le quinte, come a chi non é dato godere.
Così noi figli siamo venuti alla luce, così siamo cresciuti nello spazio limitato della nostra casa modesta che non sempre riusciva a contenere la nostra voglia di vivere senza barriere.
Ma Dio, chiamato a santificare quell’unione, non é venuto meno alle promesse e, per tutto il percorso, ha provveduto a somministrare il suo vino, quello buono, quello delle nozze di Canaan, quando da bere non c’era rimasta neanche l’acqua; ci ha accompagnato e protetti attraverso il segno di croce che mamma stampava sule nostre giovani fronti, prima di andare a dormire.
Quel Dio ci ha sempre guardato con sguardo amorevole e attento, ci ha concesso giorni per poter condividere la gioia di ritrovarsi, dare un senso al passato , benedicendolo per l’opera meravigliosa delle sue mani specie in chi é stato, tra noi, chiamato per primo a ringraziarLo per il dono stupendo che era stato fatto a lui, a noi, in mamma e papà che, quel lontano giorno di marzo di 60 anni fa, non avevano gettato alle ortiche il seme fecondo del loro amore, investendo nella nuova avventura il poco che avevano in mano, ma il tanto che tenevano racchiuso nei loro cuori e che Dio ha restituito moltiplicato ad ognuno.
 

Dal quaderno dei ricordi di Antonietta