LA NOSTRA FORZA E’ IL PREZZO
(Isaia 55,1)
O voi tutti assetati venite all’acqua,
chi non ha denaro venga ugualmente;
comprate e mangiate senza denaro
e, senza spesa, vino e latte.
In quel tempo, Gesù disse:
«Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, strìngiti le vesti ai fianchi e sérvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?
Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».
Ricordo quando mi suonarono difficili e dure queste parole del Vangelo, ma come riuscii a capirle e a farle mie ripensando ad una pezza di fodera…
Quando eravamo bambini, all’ora di pranzo ci mettevamo sulla strada, fuori al cancello per vedere il carretto dei nonni che tornavano dal mercato, dove erano andati a vendere la stoffa.
Ricordo le pezze lunghe e pesanti dei tessuti invernali, quelle corte e leggere delle fodere e dei tessuti di seta.
Noi bambini eravamo sempre eccitati quando dall’angolo spuntava il grande carretto, spinto a fatica dai grandi, che sotto ogni tempo così si guadagnavano la vita.
Ricordo l’ansia e la gioia di poter, una volta che era entrato in giardino, correre per prendere in braccio una o più pezze di stoffa, così da renderci utili e da accorciare il tempo dell’attesa del pranzo.
Gli adulti ci lasciavano fare, sorridenti ci davano ciò che ognuno poteva portare a seconda dell’età, ma con apprensione ci seguivano con gli occhi, quando ci affidavano ciò che spesso finiva per terra sporcandosi.
Così tutti noi piccoli, per quello che sapevamo e potevamo fare, i grandi per quello che dovevano per forza fare, contribuivamo a che la stoffa fosse rimessa in ordine negli scaffali della sala, dove poi si apparecchiava per mangiare insieme il frutto del lavoro di tutti.
Noi bimbi ci illudevamo che fosse così e i grandi ce lo facevano credere, ma quante volte hanno pensato che avrebbero fatto volentieri a meno della nostra collaborazione, perché continuavamo a combinare disastri.
Così è il Signore che ci chiama a servirlo senza che noi sappiamo far nulla, ma lo fa per farci partecipare con più gioia e soddisfazione al grande banchetto che ci ha preparato.
E’ importante, in questo tempo che ci dona di vivere, che sappiamo aspettare con pazienza al cancello, che siamo disponibili a prestare le nostre deboli braccia per portare i vari fardelli.
Non c’è dubbio che Lui ne dosi il peso secondo la statura, la robustezza e l’età di ognuno, proprio come facevano mio padre e mio nonno.
Voglio ringraziare il Signore perché, attraverso questa parabola, mi ha parlato del servizio, dell’importanza che assume nell’ambito del suo progetto, ma specialmente dell’inutilità di quanto ognuno di noi fa, ma che comunque serve per farci crescere e gustare con più consapevolezza e gioia ciò che ci ha preparato, ciò che era già pronto senza che noi lo guadagnassimo.
Ringrazio il Signore di quella pezza di fodera che da bimba ho portato, che mi ha fatto capire quanto sono poco importante, ma quanto valgo per Lui.
Voglio benedirlo perché mi ha ricordato che solo i bambini ci possono aprire il senso delle parabole.
«In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli.”(Mt18,3)
Ieri toccando la pelle staccata dal muscolo che pendeva dall’avambraccio del nonno, Giovanni, ( inclementi questi bambini!) ha fatto questa domanda.
“Perchè la pelle dei vecchi se ne va di qua e di là?”
“ Perchè il corpo è soggetto alla corruzione e pian piano le cellule muoiono.
Anche a te accadrà un giorno di diventare vecchio e di avere la pelle avvizzita”Ho risposto.
Dalla faccia che ha fatto , la prospettiva non gli è piaciuta, così sono corsa ai ripari.
“Guarda i fiori di pesco che in primavera rallegrano il nostro balcone, quanto sono belli, specie appena sbocciati, con le foglie turgide che si poggiano sopra il ramo.. Poi guarda cosa succede nel tempo. I petali appassiscono e il fiore muore.
Al suo posto troviamo un sacchetto, un piccolo scrigno. E’ il frutto che mangeremo.
Al suo interno c’è un seme che possiamo piantare perchè nasca un’altra pianta.
(1Cor 3,9-11.16-17)
Fratelli, voi siete edificio di Dio.
Secondo la grazia di Dio che mi è stata data, come un saggio architetto io ho posto il fondamento; un altro poi vi costruisce sopra. Ma ciascuno stia attento a come costruisce. Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo.
Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi.
Dopo aver letto ciò che oggi la liturgia ci invita a meditare sto aspettando che Giovanni torni da scuola per dirgli che noi siamo come quel fiore che porta frutto solo se rimane attaccato alla pianta.