Padre, glorifica il Figlio tuo.

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VANGELO (Gv 17,1-11)
In quel tempo, Gesù, alzàti gli occhi al cielo, disse:
«Padre, è venuta l’ora: glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te. Tu gli hai dato potere su ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato.
Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo. Io ti ho glorificato sulla terra, compiendo l’opera che mi hai dato da fare. E ora, Padre, glorificami davanti a te con quella gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse.
Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me, ed essi hanno osservato la tua parola. Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te, perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro. Essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato.
Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che tu mi hai dato, perché sono tuoi. Tutte le cose mie sono tue, e le tue sono mie, e io sono glorificato in loro. Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te».
Parola del Signore

La gloria è la protagonista di questa preghiera sacerdotale, con la quale Gesù chiude il discorso d’addio ai discepoli, prima di venire consegnato. L’idea biblica di gloria di Dio è come un diamante a più facce che riflette e rifrange la luce in molti modi e gradazioni.

Il significato di base di “kabod”, gloria, è “pesantezza”,nel significato di valore. La si usa per descrivere elementi notevoli come la ricchezza, lo splendore, l’onore inferiore a Dio, ( inriferimento all’uomo), la potenza e la dignità di posizione.

Quando  si applica questo termine a Dio, esso assume tutte le caratteristiche sopra enunciate, ma pure un significato più trascendente e profondo.”La gloria di Yahweh” denota la rivelazione dell’essere,natura e presenza di Dio fatta all’umanità sia attraverso mezzi naturali che attraverso visioni e manifestazioni soprannaturali.

La gloria di Dio non può essere paragonata a quella dell’uomo.

L’uomo aspira all’eminenza ed al riconoscimento. Dio non ha simili ambizioni. La Sua gloria è il Suo diritto di preminenza in virtù  del Suo essere Dio.

Lapiù grande e significativa delle manifestazioni della gloria di Dio  è nella Persona di Suo Figlio.

Gesù prega il Padre perchè gli uomini che ascoltano e credono nella Parola possano glorificarlo e nel tempo stesso essere glorificati daLui.

Il peso, la reputazione, l’importanza della persona non è data quindi dal giudizio del mondo ma dal vivere coerentemente l’identità di figli di un unico Padre e fratelli in Gesù.

La gloria di Dio è l’uomo vivente, l’uomo che lo riconosce come Unico e Sommo Bene.

Campo base

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“Chi viene a me non avrà più fame”.(Gv 6,35)

Signore dacci sempre questo pane, continua Signore a nutrirmi dite, della tua presenza, del tuo amore, della tua compassione, della tua parola.

Signore ho bisogno di te, sempre di più la mia fame e la mia sete aumentano, perché mi fai sperimentare le sorgenti della vita, mi dai la gioia piena, mi proietti nell’eternità e mi togli la paura.

Signore quanto sono dolci le tue dimore, i tuoi consigli mi stanno sempre dinanzi…

Come potrei tradirti Signore se tu sei con me ogni momento della mia vita?

Non abbandonarmi Signore al mio destino, non permettere che perda la speranza nella gioia che tu solo puoi donarmi .

Nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia ti prometto fedeltà.

Signore, con il tuo aiuto il dolore sarà per me fonte di consolazione, di gratitudine a te che sei venuto a trovarmi con la sofferenza, il necessario viatico per arrivare a te ed essere nutriti dal tuo amore.

La mia eucaristia sia la gratitudine a te che mi hai aperto le porte del tuo cuore, le porte della vita, introducendomi nelle tue stanze più segrete.

Mi hai fatto bere alla tua coppa vino e miele stillanti, mi hai chiamato in disparte perchè mi hai scelto per essere tua sposa per sempre.

In modo de tutto inaspettato hai chiesto la mia mano.

Così fece Gianni, quando lo frequentavo perchè volevo favorire l’incontro tra lui e una persona che mi stava molto a cuore.

Ma tu ti sei innamorato di me, volevi me.

Attraverso le parole di Gianni riconosco le tue , attraverso di lui mi hai fatto sperimentare quanta gratitudine scaturisce dal sentirsi guardati, scelti senza aspettarselo, senza esserne degni.

La mia risposta all’uomo che sarebbe stato il mio sposo, allora fu un sì dovuto alla fiducia che mi ispirava , perchè era una persona di cui potevo fidarmi e che non mi avrebbe mai tradito né avrebbe approfittato di me.

Per questo gli dissi di sì come ho detto di sì a te.

La meraviglia dell’inizio!

Che bello scoprire nella propria storia tracce la tua presenza, del tuo passaggio!

Ma poi la storia non si è svolta come quella che ha legato te al popolo di Israele.

Siamo stati peccatori Signore, perché non abbiamo messo te al primo posto.

La parabola dell’amore umano, come icona e simbolo dell’amore divino non l’abbiamo capita, non siamo andati oltre i nostri umani e egoistici interessi.

Con Gianni ho fatto ciò che per anni ho fatto con te.

Ti ho dato gli ho dato i miei connotati, ho preteso di cambiare ciò che di lui non mi piaceva.

Solo ora capisco quanto mi sbagliavo a voler imporre connotati incompatibili con l’amore.

Questa mattina, meditando il Vangelo, ho pensato a quanto è bello vivere in una casa, in una famiglia unita che si spende perché ogni membro riesca nel progetto comune di dare vita.

Così mi sono commossa e rincuorata a pensare che tu, Gesù, quando stavi sulla terra non potevi mai sentirti solo, perché il Padre e lo Spirito Santo non erano mai separati da te e si adoperavano perché il progetto arrivasse a buon fine.

La tua, Gesù, è stata una spedizione molto pericolosa, ma il Campo Base, la Famiglia Divina era allestita e pronta per darti gli strumenti necessari per non farti morire definitivamente.

Hai molto sofferto, Signore Gesù, ma hai avuto accanto a te persone che ti hanno voluto bene, che si sono fidate di te, che si sono adoperate per te.

Tua madre, tuo padre, e poi le donne che tu hai riabilitato, a cui hai dato una vita nuova, e poi i discepoli che mi fanno pensare a Giovanni e ad Emanuele, i libri di carne che mi hai mandato a domicilio, dove l’amore e l’egoismo nell’espressione dei loro caratteri emergono e confliggono.

Mi commuovo a pensare a questi piccoli che mi hai dato accudire, nonostante la malattia, mi commuovo anche delle loro debolezze, delle loro velleità di agire di testa propria o di manipolarmi.

Mi commuovo perché mi parlano di come noi siamo e di come tu agisci nei nostri confronti, scoprendo in me gli stessi sentimenti che tu hai nutrito per l’uomo traditore e peccatore.

Certo che il paragone è molto azzardato perchè nella nostra imperfezione noi vediamo come in uno specchio.

Il Vangelo mi parla di quanto disti la perfezione che io cercavo dalla giustizia che tu vuoi, la giustificazione che dai ad ogni uomo, qualunque sia il suo comportamento.

Sei tu Signore che ci rendi giusti, non siamo noi che meritiamo la tua giustizia che è poi la tua grazia.

Questa mattina penso a tutto questo e a quanto piccola io mi senta nelle tue mani, penso che tutto ciò che oggi ho, ciò di cui godo è tuo dono, è fonte di grazia, anche se a volte non riesco a capire , né riesco a ringraziare per cose eccessivamente dolorose e pesanti.

Ci sono momenti in cui tu taci, rimani nascosto.

Sono i momenti bui del mio cammino.

È tremendo vivere nel deserto, nel silenzio , non sentire neanche il cuore che batte, né il mio, né quello di qualsiasi altro viandante che percorre la mia strada.

Sono quelli i momenti che mi sembrano interminabili, quando non riesco a fare neanche una preghiera e la paura mi paralizza le ossa.

Mi succede spesso in questi ultimi tempi, lo sai, Signore, per questo ti chiedo sempre la gioia , la serenità, la pace di sapere che c’è un campo base che mi aspetta, una base dove posso riposare.

La notte chiamo tua madre che poi è anche la mia, tu me l’hai regalata come l’hai regalata a tutti noi, la chiamo e le chiedo di farmi da infermiera.

Lei non si limita a massaggiarmi le parti dolenti, ma mi comunica la strada per incontrarti e portarmi in paradiso.

Da qualche tempo nella preghiera mi viene in mente la tua famiglia Signore, la Trinità che ha dato vita a tanti figli, ha reso possibili tanti sì attraverso il sacrificio di uno solo solo.

Ma non penso che, quando tu sei venuto sulla terra, il resto della FAMIGLIA sia rimasta a dormire tranquilla ad aspettare in cielo, ma come una vera famiglia avete messo in gioco tutto, perchè la missione fosse portata a termine con successo.

Del resto, quando noi mandiamo un razzo ad esplorare l’universo, le attrezzature e gli uomini che lavorano al progetto sono qui sulla terra e da qui possiamo sapere, comunicare, aiutare chi è andato in missione.

Per questo Signore ti lodo e ti benedico e ti ringrazio, perchè non mi sento sola ad affrontare la missione della vita .

Fa’ che al termine tu mi trovi degna di tornare alla base.

TRINITA’

“Chi ha visto me ha visto il Padre” (Gv 14,9)
“Mostraci il Padre e ci basta” esclama spazientito Filippo che vuole arrivare al dunque senza dover aspettare.
Anche a noi sarebbero venute in mente quelle parole, come quelle messe in blocca a Tommaso a proposito della via da seguire.
Ci sono al mondo molti credenti in Dio, convinti che quella sia la strada giusta per salvare la pelle, esonerandosi dagli optional.
Il Dio di Gesù Cristo lo conoscono in pochi perché è il Dio della croce e la croce non piace a nessuno.
Piace invece un Dio a nostra immagine e somiglianza, un Dio a cui va bene tutto (lo dice anche il papa!), che non si formalizza se siamo buoni o cattivi perché ci ama e ci perdona sempre a prescindere.
Pensiamo che l’amore di Dio consista nel permetterci di fare di testa nostra, attribuendogli pensieri e parole e azioni che non si è mai sognato di avere.
Oggi di Dio abbiamo un’immagine liquida, fumosa, imbrogliata come imbrogliati sono i nostri pensieri che non vanno oltre il nostro naso.
Di Gesù ci piace tutto quello che dice, basta che non tocchi i nostri interessi.
Anche gli apostoli ci sono cascati, nonostante la frequentazione del maestro per ben tre anni.
Ma a volte non basta una vita per conoscere Gesù se ci ostiniamo a dargli i nostri connotati.
Gesù è chiaro quando dice ” Chi ha visto me ha visto il Padre” perché come accade anche da noi, giudichiamo le persone in base alla famiglia di provenienza, cercando nei caratteri somatici, nel modo di fare, nelle attitudini, nelle parole e nelle azioni le somiglianze con i propri ascendenti.
Se lo facciamo abitualmente non sembra così insensato e scandaloso quello che dice Gesù.
Le colpe dei padri ricadono sui figli , purtroppo, ed è vero nel senso che ci portiamo la zavorra delle conseguenze del cattivo comportamento dei nostri avi.
Per Gesù il discorso non si pone perché è in tutto simile a noi tranne che per il peccato.
Abbiamo fatto esperienza di cosa comporti ereditare un terreno molto vasto, un tempo fiorente, esposto al sole e con tanti pozzi per l’irrigazione.
Ma gli eredi non l’hanno mai coltivato sì che a noi è pervenuta una selva di rovi inestricabile patria di bestie velenose e feroci.
Questo la dice lunga sull’identità di questi antenati lontani e vicini che non hanno imparato nè hanno trasmessa a noi figli e nipoti l’arte del contadino, l’amore per la terra.
Così non ne godiamo i frutti e siamo costretti a servirci dei supermercati dove non sai che veleno ci propinano.
Dio ci ha promesso una terra, una terra da coltivare, una terra che darà i suoi frutti se sarà fecondata dal seme dello Spirito.
Noi siamo quella terra , ognuno è quella terra perché Cristo è diventato Adam, il nuovo Adamo su cui il Padre ha soffiato il Suo Amore, il Suo Spirito.
Gesù vuole che noi ricaviamo frutti dalla sua terra, che è con il Battesimo anche nostra, vuole che attraverso di Lui possiamo vedere il Padre che è il Divino contadino, colui che ha amato a tal punto la sua terra da farcene dono.
Essendo un’azienda famigliare dove nessuno si tiene per se i suoi doni, ognuno si adopera perché non solo loro ma tutti quelli che vorranno potranno vivere dei frutti del bene comune che, attraverso Gesù, ci è stato recapitato dallo Spirito di Dio.

Il testimone

Egli darà testimonianza di me; e anche voi date 
testimonianza”(Gv 15,26-27)
Oggi Gesù ci dà una bella e una brutta notizia. La bella precede e segue la brutta. Il vangelo bisogna leggerlo tutto per capirci qualcosa, altrimenti è la fine e ci perdiamo il meglio, il bene per noi.
Quando ero piccola chissà perchè di Dio mi comunicarono solo i precetti e il castigo che ne sarebbe conseguito qualora non avessi obbedito.
La cosa più bella e straordinaria della nostra fede è proprio quell’affermazione di Gesù che dice” Da soli non potete fare nulla” cosa che ho fatto fatica a far diventare mia.
Proprio ieri riflettevo sul fatto che la fede si rafforza man mano che aumenta la consapevolezza dei nostri limiti, ma ancora di più quando ti rendi conto che non sono i limiti che ti portano a Dio quanto le potenzialità che Dio ci ha dato, la vita che ci ha donato, il suo amore senza misura.
Il limite quindi è che non possiamo vivere senza di Lui, lontano da Lui, perchè dipendiamo in tutto e per tutto da Lu”i.
” Perfino i capelli del vostro capo sono contati” è scritto, come anche” Non potete aggiungere ai vostri giorni neanche uno, i vostri giorni sono tutti contati”.persecuz
Così l’età, man mano che avanza, ci fa prendere coscienza che niente è scontato, perchè è scontato che tutti invecchiano e prima o poi muoiono, ma quando succede agli altri, però!
La conquista che poi è grazia, dono di Dio è percepire quell’essere ogni giorno creati, fatti, argilla nelle mani dell’eterno e perfetto artista, che di noi vuole fare un vaso il più possibile capiente per contenere la sua grazia.
Oggi la liturgia ci propone alla riflessione una promessa che è associata ad una profezia non tanto piacevole per le nostre orecchie.
Saremo perseguitati, uccisi nel Suo nome. E questa non è una bella prospettiva.
Di cosa abbiamo bisogno quando accadranno tutte le cose che Gesù ha anticipato ai suoi discepoli e quindi anche a noi che gli abbiamo detto di sì?
” Rimanete nel mio amore” dice Gesù in un altro passo.
Lo Spirito(l’amore di Dio) sarà il testimone nei momenti di tribolazione, di sconforto, di paura, di lotta per portare avanti il suo nome.
Che significa che sarà il testimone?
Che Lo Spirito ci confermerà nella fede in Colui che ha dato tutto per i nostri peccati, fede in Gesù che è venuto a mostrarci l’amore del Padre, fede nel Padre che ci ha ripreso nella sua casa per il sacrificio, dono del Figlio, fede nell’Amore che ci ha lasciato perchè non facessimo i salti mortali per ritrovarlo, dopo che è asceso al cielo.
E’ Lui che è sceso, non noi che dobbiamo salire, non dobbiamo costruirci nessuna torre, nessun grattacielo per assaporare quanto è consolante, confortante, vivificante vivere sempre in Lui per Lui e con Lui.

Rimanere

“Rimanete in me”( Gv 15,4)
Quante volte, Signore, ho meditato questa parola e in questi ultimi tempi l’ho vissuta nei momenti di più grande tribolazione, angoscia sofferenza…
Tu sei il mio pastore non manco di nulla, su pascoli erbosi mi fai riposare, ad acque tranquille mi conduci.
Tu sei il maestro, la guida.
Tu ti prendi cura del tuo gregge di cui condividi la vita, a cui sei legato da un rapporto di reciproco dono.
Tu dai la vita per le pecore, le pecore ti danno latte e lana ma mai tu le uccideresti, mentre tu ti sei fatto uccidere per ognuno di noi, le pecore del tuo ovile.
Ho sempre pensato che nel tuo gregge ero una pecora madre e che a me non era dato di essere presa in braccio da te.
Non ricordo di essere mai stata presa in braccio da piccola, nè per mano.
E’ come se fossi andata da sempre sola, quella solitudine che generò paura, tanta paura , segnando in modo indelebile gli anni della mia vita.
Con azioni finalizzate a realizzare ciò che mi avrebbe svincolato dalla dipendenza, pensavo di vincere il panico di rimanere sola.
La necessità che qualcuno mi chiudesse gli occhi per addormentarmi è stata la prima dipendenza dalla quale volli liberarmi.
La dipendenza dalle regole della casa che mi ospitava, ( la zia, la nonna, mamma) era diventata inaccettabile, perché non vedevo in esse ragioni di benessere, ma limitazioni o compromissione della mia libertà.
Così ho cercato in tutti i modi di staccarmi dall’albero che mi provocava tanta sofferenza e ne ho piantato uno solo mio, in disparte, lontano dal grande giardino.
Non volevo far parte di nessun gregge, volevo essere artefice della mia vita, cercare da sola regole a cui uniformarmi, regole giuste che non mortificassero l’ uomo.
Le tue regole Signore mi sembravano insensate per la maggior parte, in quanto non erano collegate ad una conoscenza viva reale di te.
La messa era la cosa più incomprensibile che mi si presentava come obbligo, incomprensibile l’astensione dalla carne il venerdì, incomprensibile il primo comandamento
Io sono il Signore Dio tuo, non avrai altro Dio fuori di me,
Non nominare il nome di Dio invano
Ricordati di santificare le feste
 
E che dire di quell’Onora il padre la madre che mi faceva star male, quando non vedevo, non capivo l’amore sotteso ai loro “no”?
Ho vissuto Signore nel non amore per tutta la mia vita, non perché non ci fosse ma perché io non lo percepivo.
Ho cercato di sostituirlo con altro ma alla lunga la fatica mi ha consumato.
Se ti avessi conosciuto prima, sicuramente tutto questo non sarebbe accaduto.
Guardo il passato come un vagare nella nebbia più fitta alla ricerca di una luce che mi facesse ben vedere dove mettevo i piedi, di una parola che mi convincesse senza costringermi ad agire contro la mia volontà, di una persona alla quale non dovevo nascondermi.
Signore da sempre Ti ho cercato confondendoti con le regole che io dovevo trovare a mia misura.
Quanta strada ho fatto per incontrarti!
Tu dirai che mi sei sempre stato accanto, che tu vedi in quella sete e in quella fame d’amore tradito, la ricerca di Te.
Nella più lontana infanzia oggi penso che sia vero che non potevi essere lontano da una figlia che stava così male e aveva paura.
Ma io non ti conoscevo, neanche per sentito dire, non conoscevo il tuo amore senza confini, il tuo sacrificio, non conoscevo la tua parola,
Non sapevo neanche che parlassi Signore.
Un essere perfettissimo,creatore e Signore del cielo e della terra, cosa poteva avere in comune con me? Come pensare di potergli parlare?
Pensavo che eri un Dio muto, un Dio lontano, un Dio seduto sul trono che godeva del sacrificio dei suoi figli.
Tanto più grande è stata la fame e la sete d’amore tanto più doloroso e lungo il viaggio alla tua ricerca.
La gioia di averti trovato mi fa apprezzare maggiormente ciò che tu gratuitamente mi doni.
Le tue parole mi fanno vibrare le più intime corde del cuore, specie in questo discorso che tu fai prima di consegnarti ai tuoi carnefici, un discorso che solo un Dio come te, un Dio d’amore può fare.
Rimanete in me.
Signore, oggi per me la più grande paura è quella di separarmi da te e se l’immagine delle pecore mi faceva slittare il pensiero sempre alla pecora grassa e non mi dava la consolazione di essere qualche volta presa in braccio, l’immagine della vite mi dà concretamente la sensazione di essere nutrita solo da te.
Io sono la vite e voi i tralci
 
I tralci fanno parte della vite, mentre le pecore sono diverse dal pastore per quanto il pastore le ami e si prenda cura di loro.
Voglio essere continuamente legata te Signore perché solo in te c’è vita, c’è speranza, c’è gioia, c’è tutto.
Chi mi separerà dall’amore di Cristo? Forse la la spada, la tribolazione, la morte? Io tutto posso in colui che mi dà vita”
In questa notte dove il sonno non mi accompagna, voglio stringermi più fortemente a te ed invocare il tuo Spirito perché possa avere la pace e possa godere della tua pace.
Signore, la percezione della mia debolezza, della mia fragilità mi sta togliendo anche il desiderio di vivere.
Non voglio che questo accada. Vorrei in ogni momento della vita cantare le tue lodi, ma sono tanto stanca.
Signore mi sembra che mi sto spegnendo ogni giorno un poco.
Riaccendi la fiamma Signore della fede, della speranza, della carità, fa che non mi senta schiacciata dal peso del corpo, dalla fatica dei giorni, dalla solitudine che comporta il mio handicap, dalla dipendenza dall’agire altrui, dalla rinuncia a ciò che ogni giorno la vita mi chiama a restituire.
Signore tu sei qui, tu sei la vite io il tralcio…sono la vite che tu ti sei piantata, una vite che vuole rimanere saldamente ancorata a te…
Tu hai detto: il mio animo è triste fino alla morte.
 
Sicuramente pensavi al peccato degli uomini non alla paura della morte.
Conosci la tristezza Signore della solitudine, la fatica di sostenere fino alla fine un compito senza vederne i frutti, conosci la potatura inclemente, totale, sai quanto fa male, Signore lo sai.
Non mi lasciare Signore in questi momenti di grande affanno, di dolore, di solitudine, non mi lasciare mentre gli altri dormono, mentre i miei amici mi hanno abbandonato.
Tu Signore non mi puoi lasciare sola in questo momento così drammatico, in questo passaggio pericoloso del guado di morte.
Non puoi Signore perché mi ami.
Lo hai ripetuto e testimoniato fino alla fine…e io credo che tu non menti, credo che sei qui vicino a me come credo che ci sia tua madre dalla quale vorrei farmi chiudere gli occhi.
Tu traccia una benedizione Signore sulla tua serva e io troverò la pace.

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MEDITAZIONI SULLA LITURGIA DI
sabato della IV settimana di Pasqua
Letture: At13,44-52; Sal 97;Gv 14, 7-14
” Io ti ho posto per essere luce delle genti” ((At 13,47)
Mi riesce difficile stamattina meditare sulla tua Parola Signore perchè sto male e tanti, troppi pensieri mi si affollano nella testa.
Discernere è difficile quando le forze sono ridotte al lumicino, quando il corpo grida il suo bisogno di pace, di quiete, di remissine del dolore.
Io so che non devo preoccuparmi di nulla perchè tu sei con me e non mi abbandonerai in questo ennesimo e più difficile ricalcolo della mia vita.
Quando viene a mancare un sostegno in genere se ne cercano e se ne trovano altri che fanno al bisogno.
Anche se tu non deludi mai le aspettative, c’è sempre qualcuno attraverso cui tu ti manifesti per mostrare il tuo amore…qualche persona o anche qualche evento che ti aiuta a saltare il fosso, ti toglie dal panne, ti fa sopravvivere ad una furibonda tempesta.
E così è stato sempre, ma il tempo passa e i puntelli umani, i riferimenti abituali che diamo per scontati dai quali non possiamo prescindere vengono meno, e ci ritroviamo ad essere sempre più bisognosi di un aiuto potente che viene dall’alto, abbiamo bisogno delle tue benedizioni che entrano rompendo i vetri.
Non riesco Signore a benedire questo tempo in cui sembra che ci sia un accanimento terapeutico sulle mie malattie di per se stesse invalidanti.
Eppure anche quando pensiamo di aver toccato il fondo ci accorgiamo che ci siamo sbagliati e che c’è un fondo ancora più profondo.
Come accadde a te che pensavamo che il massimo che ti era potuto succedere era morire, salvo poi renderci conto che non ti sei limitato a darci la vita ma il paradiso, la massima distanza dal Padre, scendendo agli Inferi, vale a dire andare all’inferno.
Non so se quando hai esalato l’ultimo respiro eri cosciente che non era finita e che il fondo lo dovevi ancora toccare, scendendo ancora più in basso.
Oggi medito sulla tua parola e mi sforzo di penetrarvi di rimanere in essa perchè se mi disancoro da quell’utero accogliente, caldo e sicuro, che è il tuo legame con il Padre per mezzo dello Spirito, impazzisco.
La mia disabilità, l’incidente che ha reso spero momentaneamente, spero, disabile anche Gianni, la malattia della persona che abitualmente mi aiuta, la lontananza di parenti, amici, conoscenti che possano darci una mano, lontananza abituale, colpevole o forzata, fanno sì che senta sulle mie spalle la responsabilità di portare avanti la casa e prendermi cura del mio sposo senza danneggiarmi in modo irreversibile.
Io non so cosa tu ti inventerai questa volta per farmi uscire dal panne, se è tua volontà che ne esca o che rimanga a combattere sola questa ennesima e più dura prova.
Ho visto ieri la tua mano benedicente nell’aver trovato al pronto soccorso di turno l’ortopedico amico, la prenotazione per la risonanza magnetica fra due giorni e poi tanto altro ancora che riconosco come tua grazia ma che non mi ha esonerato dal portare questa mattina sul corpo i segni di un impari battaglia, piaghe e dolori che rendono molto problematico il mio servizio alla famiglia oggi che non c’è nessuno.
Quando ho bisogno di aiuto tu mi mandi sempre qualcuno da aiutare e così anche in questa circostanza ci sono tante persone di cui debbo farmi carico.
Avevo deciso di pensare più a me stessa dietro consiglio di un uomo che ti appartiene ma, come diceva mio padre” L’inferno è lastricato di buone intenzioni”
Da quando ho cercato di mettere in pratica i saggi consigli che mi dissuadevano dall’anteporre gli altri a me stessa, perchè se non ti ami non puoi amare, è successo il finimonbdo e il lavoro, gli impegni,i pensieri, le responsabilità sono aumentate.
Per questo ti chiedo nel tuo nome di riportarmi nel luogo del tuo riposo, di farmi entrare, rientrare da quella ferita che mi immette nel tuo cuore di carne, un cuore di Padre, di madre, di sposo, di fratello, di amico.
Sii tu per me la roccia che non crolla, sii tu il mio maestro Signore, siano le tue braccia la culla in cui io possa sentirmi amata e al sicuro.

“La mano del Signore era con loro”( At 11,21)

 
Io e il Padre siamo una cosa sola (Gv 10,30)
Ieri sul calendario liturgico era evidenziato che “Gesù camminava davanti ad esse ( le pecore del suo gregge).”
Gesù cammina davanti a noi per fare il battistrada, perchè la conosce e non vuole che ci perdiamo o che precipitiamo in un burrone o facciamo brutti incontri.
A noi piace andare avanti, stare in prima fila, decidere autonomamente dove andare e quale strada percorrere per arrivarci, non ci piacciono i consigli, vogliamo fare di testa nostra perchè ci fidiamo solo di noi stessi.
Seguire il nostro istinto, essere autoreferenti non ci giova, ma ce ne accorgiamo solo quando le conseguenze del nostro comportamento ci ricadono addosso e ci travolgono.
Gesù è il buon pastore che conosce la strada e ama le sue pecore.
Ascoltando la sua voce siamo al sicuro.
I discepoli che furono perseguitati furono costretti a fuggire da Gerusalemme, molti furono ammazzati.
Ma quella che sembrava una maledizione si è rivelata una benedizione, perchè se Cristo ce l’hai dentro il cuore e ascolti la sua voce, non puoi fare a meno di annunciarlo in qualsiasi luogo ti trovi.
Ia persecuzione scoppiata al tempo di Stefano portò quindi i discepoli in Siria, in Fenicia, a Cipro e ad Antiochia.
Il seme viene sparso su un territorio sempre più vasto, e feconda terre sempre più lontane.
Ad Antiochia i discepoli furono chiamati Cristiani.
Ogni volta che leggo questo passo penso a quanti sforzi facciamo per convincere gli altri a credere quello che non siamo.
Gesù dovette morire perchè un pagano esclamasse”Costui veramente è figlio di Dio!”
La nostra identità non può essere camuffata da un look, da un titolo, da beni accumulati, da capacità di parlare mistificando la realtà, ma emerge quando non sei tu che parli, agisci, ami, ma lo Spirito opera in te.
Quando la mano de Signore è con te, perchè hai ascoltato la sua voce, vivi in ascolto del suo richiamo, è certo che gli altri non possono sbagliarsi sulla tua appartenenza.
Figli di Dio, fratelli in Gesù, unica famiglia unita dall’amore.
Tutto è dono, s’intende.
Il nostro sì è piccola cosa rispetto ai benefici che ci vengono dall’appartenere ad un così grande e umile sovrano.
Penso ai tanti uomini che stanno fuggendo dai loro paesi che approdano giornalmente ai nostri lidi, rischiando e rimettendoci la vita.
Molti sono cristiani, di cui il mondo occidentale scarseggia.
Il sangue di questi martiri feconderà, concimerà la nostra terra dove rovi, spini e pietre hanno spento la vita .
Sono certa che il Signore non permetterebbe il male se non per ricavarne un bene più grande.
Questo credo, in questo spero, per questo prego.

PANE

” Io sono il pane della vita”(Gv 6,35)
C’è un pane della vita e un pane della morte. Il pane è per la società e i tempi di Gesù l’alimento base, indispensabile per non morire.
Ricordo quando ero piccola, subito dopo la guerra, quanto era difficile e raro trovare un companatico accettabile e se ci volevamo saziare aumentavamo la dose di pane che grazie a Dio non costava molto a quei tempi e ce lo potevamo permettere.
Ricordo la sproporzione tra la quantità di pane che nonna mi metteva dentro al cestino e la sottilissima fetta di mortadella ritagliata perfettamente perchè combaciasse con la forma delle fette sovrapposte nelle quali si perdeva.
Ricordo quando un venerdì le suore buttarono nella spazzatura quel companatico peccaminoso che mamma senza pensarci ci aveva messo contravvenendo alle regole della chiesa.
Ci rimasi molto male, come anche quando mio fratello nel cestino mise il suo pane dopo averci tolto la parte migliore e se ne andò a giocare indisturbato, mentre io rimasi in punizione perchè a giocare le suore mandavano solo quelli che avevano mangiato tutto, senza lasciarci niente.
Il pane quindi lo collego a qualcosa che era importante e necessario per riempire lo stomaco, per placare la fame, un pane che mi serviva per farmi durare il companatico.
Ricordo la polpetta che sbriciolavo in un filoncino di pane perchè non finisse subito.
Papà mi chiamava”Ho fame” perchè era così che salutavo, quando rientravo da scuola, e ricordo che la fame mi perseguitò tanti anni sì da cercare di placarla in modi leciti o non leciti, quando di nascosto mi andavo a rubare un po’ di tonno o qualche altra provvista.
A 14 anni pesavo 100 chili per quanto pane avevo mangiato per compensare ciò che mi mancava.
Oggi il Vangelo parla di pane di vita, non di companatico.
Gesù è il pane che ci fa vivere e ci toglie la fame.
A me viene in mente che il valore al pane lo dava quello che c’era dentro, zucchero, olio, tonno, mortadella, polpetta.
Perchè senza pane tutto finiva in un attimo.
Ora ho capito a cosa allude Gesù, servendosi delle parabole della mia vita.
Lui è ciò che ci fa durare le cose buone della nostra vita.
Se un tempo pensavo che il companatico era essenziale per dare sapore al pane, ora penso che è il pane che ci fa gustare quello che ci accompagnamo.
Gesù ci offre ciò che non si compra con il denaro ma si riceve gratuitamente da Lui, basta volerlo e credere.
Io credo Signore che tu solo hai parole di vita eterna, tu divino panificatore, tu fornaio, tu cibo essenziale per vivere e non morire mai.,

Shalom!

misericordia
Meditazioni sulla liturgia 
di domenica della II settimana di Pasqua anno C
domenica della Divina Misericordia
Letture: At 4,32-35; Sal 117; 1 Gv 5, 1-6; Gv 20, 19-31
” Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto” (Gv 20,29)
Oggi la pagina del vangelo ci parla di pace, quella che Dio ci dona con il suo perdono e quella che dobbiamo portare ai fratelli, condividendo con loro tutto ciò che abbiamo e che siamo.
Negli Atti si dice che i primi cristiani erano un cuor solo e un’anima sola, che mettevano tutto in comune e nessuno era bisognoso.
Gli effetti della pace di Cristo, del suo sacrificio all’inizio erano evidenti nella vita delle prime comunità che riconoscevano i cristiani da come si amavano.
Ma come avvenne con il peccato originale che divise gli uomini e li rese nemici così avvenne dopo che passarono gli anni e “quell’amatevi come io vi ho amato” fu sempre più difficile da veder realizzato.
Forse tutto dipende dal fatto che quanto più la comunità si estende e si moltiplica tanto più il pericolo di disaccordo aumenta a causa di una incapacità di far comunione a distanza.
Se guardiamo quello che oggi i mass media ci mostrano, le immagini del teleschermo o dei tanti dispositivi che la tecnolgia mette a nostra disposizione, sembra che i cristiani siano in via di estinzione, perchè ne ammazzano tutti i giorni qualcuno o tanti e noi stiamo a guardare.
Noi che, se andiamo a messa, non ci dobbiamo preoccupre se torneremo vivi a casa, ma se facciamo in tempo a cuocere la lasagna, se c’è il sole per farsi una passeggiata, se…
Il sangue dei martiri è il concime della nostra fede, come lo è stato quello di Cristo.
Ne sono certa anche perchè sperimento ogni giorno, nella mia quotidiana “follia” di sfidare qualunque ostaolo per rubarmi una messa,  che ci sono tanti santi che camminano in mezzo a noi, tanti Gesù che ci mostra le sue ferite accettate, accolte, offerte con e per amore.
Quanti crocifissi nelle messe dei giorni feriali, quanti nei giorni festivi, gente che ha rinvigorito la fede attraverso la sofferenza.
Piccoli resti di un popolo in cammino, ma radicati in Cristo Gesù, testimoni viventi della sua resurrezione nella serenità e nella gioia che comunicano i loro volti, quando sediamo alla stessa mensa, quella eucarisctica, e ci raccontiamo quello che abbiamo visto e quello che il Signore ogni giorno ci dona per continuare il cammino alla volta della terra promessa.
Mi viene in mente l’immagine dei 9 ettari di terra che abbiamo ereditato, incolti da circa 40 anni, terra un tempo fertile e ridente, ora tana di serpi e di insetti velenosi dove abitano cinghiali e animali non proprio accoglienti.
Ho pensato al giardino in cui Dio mise Adamo, e poi Eva, un giardino che avrebbe dato a loro e ai loro discendenti la vita se l’avessero coltivato, se si fossero presi cura di quel paradiso, se avessero accettato di seguire le istruzioni del suo Creatore, Custode di quel bene che l’Amore non poteva rinnegare.
Ma il peccato ha trasformato il giardino , la terra all’uomo affidata in un covo di lupi, in una spelonca di ladri.
Penso ad Abramo a cui il Signore disse di lasciare la sua terra, di uscire da quel suo tranquillo e sicuro rifugio e andare verso un’altra terra sconosciuta dalla quale avrebbe tratto nutrimento lui e la sua numerosa discendenza.
Abramo credette contro ogni speranza e s’incamminò fidandosi ciecamente della parola di Dio e  vide il frutto del suo sacrificio, del sì a Dio che è fedele per sempre e non viene mai meno alle sue promesse.
Il Signore, aiuta anche noi  in questo percorso alla volta di terre da dissodare, da rendere feconde attraverso la fede, la speranza e la carità che sono doni dello Spirito, doni che Gesù ci ha lasciato, soffiando sulla sua Chiesa.
Quante terre incolte troviamo sul nostro cammino, quanti rovi, quante spine, quanti intralci, pericoli, inconcontriamo addentrandoci nel cuore ferito dei nostri fratelli, quelli di cui dobbiamo rispondere, di cui dobbiamo prenderci cura per renderli fecondi!
Imparare l’arte del contadino è l’unica strada per essere in grado di trasformare la valle di Acor in porta di speranza, permettendo a Dio di trasformare la nostra storia in storia sacra dove la meraviglia dell’inizio è garantita da quel saluto che oggi ci apre il cuore”Shalom!”
” A chi rimetterete i peccati saranno rimessi” dice il Signore, perchè siamo stati perdonati da Lui, tornati ad essere quel giardino che Lui continua a custodire e di cui continua a prendersi cura.
Grazie Gesù di tutto quello che hai fatto e continui a fare per noi. Grazie perchè eterna è la tua misericordia!