PERFEZIONE

 

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“Ma io vi dico: amate i vostri nemici”(MT 5,44)

” Siate perfetti,come è perfetto il Padre vostro celeste”(Mt 5,48)

Dalla pagina delle beatitudini che ci ha allargato il cuore, letta di recente, (perchè chi è che non piange, chi non è assetato, affamato, perseguitato, chi non ha fame di giustizia?) arriviamo a quella di oggi che ci fa tremare.
Man mano che andiamo avanti, infatti, il discorso si fa più serio, più duro, più esigente.
Un discorso senza sconti che fa anche paura,
Non è così semplice guadagnare il regno dei cieli, perchè devi vendere tutto, devi rinnegare te stesso e metterti in cammino con la croce sulle spalle per sacrificare sul monte il tuo Isacco, la parte di te che ti uccide perchè ti separa dal tuo Salvatore.
Non è una bella prospettiva e non oso pensare a come si sia sentito Abramo quando gli fu chiesto questo sacrificio.
Abramo è il simbolo della fede cui dobbiamo conformarci, una fede per noi poveri e smarriti peccatori che non sappiamo rinunciare neanche ad una briciola di ciò che ci dà piacere, una briciola delle cose che ci vanno” bene”
Eppure Abramo ha detto sì, come anche altri giganti della fede fino ad arrivare a Gesù che è fuori discussione, perchè è Dio e perchè è venuto ad insegnaci come cose apparentemente difficili, impossibili, siano con il Suo aiuto possibili e realizzabili senza neanche tanta fatica.
Comunque la liturgia di questi giorni è massacrante, senza consolazioni, esigente. Esigentissimo questo Dio che sta a guardare il pelo nell’uovo e che ci complica la vita quando ci invita a cambiare abitudini, posizione, quando ci dice che è tutto sbagliato quello che non facciamo con lo spirito giusto.
Infatti il problema è chiederci
se agiamo per dovere o per amore, per chi e perchè.
Il per chi e il perchè fanno la differenza.
Dovremmo sempre chiederci queste cose e, se ci fermiamo un momento a cercare la risposta dentro di noi, ci accorgiamo che sono ben poche le cose che facciamo con amore per gli altri.
Dell’amore abbiamo idee nebulose e nella nebbia e nella confusione amiamo e facciamo pasticci.
Dio è amore e di amore se ne intende per questo insiste tanto su questo argomento tanto da condensare in poche parole il suo mandato .
“Amatevi come io vi h amato” che non è proprio una cosa facile, nè è scontato sia possibile.
Ma se Lui l’ha detto, Lui che è Dio, che l’ha messo in pratica, quando ha vissuto nella carne in pieno la sua umanità, se insiste tanto su questo tasto tanto da farne una “condicio sine qua non”, ci sarà un motivo, ma anche una soluzione.
La santtà, la perfezione appartengono a Lui.
Come noi possiamo diventare come Lui?
Impossibile agli uomini non impossible a Dio.
Gli apostoli avevano manifestato le loro perplessità, con esclamazioni tipo: “Allora nessuno si può salvare..Non sia mai che capiti questo….Non conviene sposarsi se le cose stanno così…vuoi che invochiamo il fuoco dal cielo su questi pagani? ..ecc ecc”
Alla fine sappiamo come è andata a finire anche se sotto la croce c’era solo Giovanni e la madre
….e meno male!
Le madri raccontano, le madri rendono presente ai figli ciò che non vedono non sentono, le madri sono lo scrigno della storia, il cofanetto dove Dio ha messo il seme.
Gli apostoli sappiamo che poi riuscirono a fare l’impossibile umano, a testimoniare la resurrezione di Gesù con la loro vita di santità e di perfezione.
Loro che nè santi nè perfetti si ritenevano nè ai nostri occhi sono sembrati nei vangeli.
Ma cosa rende perfetto un uomo?
Il suo bisogno di Dio.
La consapevolezza del proprio limite e la ferma fede di cercare in LUI ciò che gli manca

Preghiera

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“Sono io non abbiate paura”(Gv 6,20)

Ti presenti Signore nei momenti più impensati, difficili, quando le acque si agitano e il vento fa traballare la nostra barca.
Tu cammini sulle acque agitate del male, tu domini le forze ostili che ci impediscono di fare la traversata e di giungere al porto sicuro.
Oggi, quando ho letto il vangelo, erano le 3, ho pensato che non avevi nulla di nuovo da dirmi, un vangelo, una storia che ho letto e commentato e meditato tante volte.
Cosa potevo apprendere di più di quanto già non sapessi?
Così ho rinunciato a scrivere la mia meditazione notturna e ho cercato una posizione per riprendere sonno, con il rosario tra le dita e il desiderio di unirmi a te e a Maria nella contemplazione dei misteri del dolore anche se oggi è sabato.
Ieri sera ero rimasta ferma al primo, quello in cui tu schiacciato dal peso dei nostri peccati, solo, preghi e soffri, sudi sangue, tanto grande è l’angoscia che ti opprime.
Così questa notte ho preso sonno dimenticando il resto della tua passione salvo poi svegliarmi con un tremendo dolore alla spalla, il solito da qualche mese che mi perseguita, costringendomi ad indossare il busto attenua le fitte dolorose dei nervi schiacciati dai recenti crolli vertebrali.
Ho affidato a Maria il compito di traghettarmi fino al mattino con la preghiera a lei tanto cara perchè ci stringe insieme a te, suo figlio e nostro fratello, in un unico e grande abbraccio.
Il tuo dolore è diventato il mio dolore attraverso Maria, il senso di quelle fitte spaventose mi si è andato man mano chiarendo e mi sonon riappisolata mente ti contemplavo Signore, vittima innocente, incenso purissimo sull’altare di Dio.
Il mio dolore è diventato il tuo dolore e ho trovato la pace pensando che solo tu potevi trasformarlo in offerta di soave odore per liberare i prigionieri e portare la luce a quelli che vivono incatenati dal peccato.
“Sono io non avere paura” mi sono sentita dire questa mattina, quando una fitta più dolorosa mi ha scosso dalla posizione a fatica cercata per non soffrire.
Sei tu Signore che vieni a visitarmi ogni volta che sto male.
Ti ringrazio perchè fughi le mie paure, perchè ogni giorno, ogni notte mi getti una scala dal cielo perchè io vi salga e mi trovi in paradiso.
Con Maria tutto questo sta divenendo possibile, reale, perchè con lei non posso sbagliare direzione, non posso che avvicinarmi sempre più a te .

Flutti di morte mi hanno circondato,
mi hanno stretto dolori d’inferno;
nella mia angoscia ho invocato il Signore,
dal suo tempio ha ascoltato la mia voce. (Sal 18,5-7)

Credere

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Meditazioni sulla liturgia di
sabato di Pasqua
letture: At 4, 13,21; Salmo 117; Mc 16, 9-15
“Tutti glorificavano Dio per l’accaduto” (At 4,21)
Il riassunto che fa Marco delle apparizioni di Gesù risorto sono connotati dalla incredulità che incontrano gli annunciatori, quelli che l’hanno incontrato, visto, toccato.
I più diffidenti sembrano proprio gli apostoli, tanto che Gesù va di persona a confermare ciò che di lui dicono le donne o i discepoli di Emmaus.
Anche oggi la fede si scontra con l’incredulità della gente, specie quella di chiesa quando non vede esaudite le proprie preghiere, quando non vede i miracoli, quando si fa un dio a sua immagine e somiglianza, quando gli vuole insegnare il mestiere.
” Sia fatta la tua volontà” lo diciamo con le labbra ma si deve vedere a cosa stiamo pensando in quel momento.
Del Padre nostro volentieri cambieremmo qualche passaggio come quello in cui ci riesce più facile dire “Sia fatta la mia volontà”
Del resto le nostre preghiere per la maggior parte sono finalizzate ad ottenere benefici, ad essere esauditi in quelle che pendsiamo siano le nostre necessità, i nostri principali bisogni.
Gesù per farsi riconoscere deve mostrare le piaghe, i segni della passione, del prezzo pagato per il nostro riscatto, i segni di un amore che non si misura, un amore divino infinito, eterno, irreversibile.
Ma è sufficiente?
Il dubbio assale anche le persone più convinte, anche quelle miracolate da Gesù.
Perchè non è così scontato credere, ricordare, vivere in stretta comunione con Lui.
C’è sempre un momento in cui le piaghe del corpo di Cristo, la Chiesa, ci scomodano, ci indignano, ci fanno desiderare altro.
Ci allontanano da ciò che ci fa male che ci toglie la tranquillità e la pace a fatica acquisita nel raporto intimistico ma solo verticale con il nostro Dio che non facciamo fatica ad amare perchè ci ama a prescindere e ci perdona non sette ma settanta volte sette.
Le persone hanno sempre qualche difetto, qualcosa che ci irrita, che ci fa male.
Preferiamo mettere a tacere la nostra coscienza, dimenticare che in ogni uomo si nasconde Gesù e che se vuoi incontrarlo devi abbracciare la sua croce su cui sono inchiodati i peccati del mondo, le sofferenze dell’uomo che continua a crearsi tanti inferni e non trova la pace.
Le piaghe dolorose diventano gloriose se abbracci il tuo dolore e lo offri al Signore, se abbracci qualcuno senza paura di sporcarti , di cambiare posizione per annunciare il vangelo dell’amore che salva.
Come potremo convincere le persone che Gesù è risorto?
Non basta raccontare la storia, bisogna ogni giorno mostrare il volto gioioso del mattino di Pasqua, la speranza di un nuovo giorno, l’ottavo, il giorno eterno di Dio in cui ti immette la Grazia battesimale.
“La gioia può diventare la croce più pesante di una vita cristiana.Essa costituisce la testimonianza più pesante del divino. (L. Boros)”

La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai!

VANGELO (Mt 9,35-10,1.6-8)
In quel tempo, Gesù percorreva tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni malattia e ogni infermità.
Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore. Allora disse ai suoi discepoli: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!».
Chiamati a sé i suoi dodici discepoli, diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità.
E li inviò ordinando loro: «Rivolgetevi alle pecore perdute della casa d’Israele. Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date».
Parola del Signore
” Vedendo le folle, ne sentì compassione”
La compassione unisce questo passo del vangelo ad un altro letto di recente in questa prima settimana di Avvento.
La moltiplicazione dei pani fu la conseguenza della compassione di Dio che da agli uomini ciò di cui hanno bisogno attraverso Gesù Maestro, Pastore, Divino agricoltore.
Noi siamo la folla affamata, siamo le pecore senza pastore, siamo il campo dove Dio getta il suo seme. Noi siamo quindi i bisognosi, quelli che Gesù è venuto a salvare, ciechi, sordi, muti, storpi ecc ecc.
Il grande problema è proprio il fatto che non ne siamo consapevoli.
Passiamo la vita a lamentarci per ciò che ci manca e ci arrabbattiamo per averlo anche a costo di compromessi con la nostra coscienza, convinti che un lavoro per chi non ce l’ha, diverso, per chi non ne è contento, la carriera, il prestigio personale, la casa, amicizie influenti, una crema o un bisturi che fermino il tempo , una cura miracolosa che ci esoneri dalla possibilità di morire ecc ecc , ci darebbero la felicità sperata e ci farebbero uscire dal branco degli eterni scontenti.
Ma per quante cose abbiamo o facciamo, guardiamo sempre a quello che ci manca e mai a quello che abbiamo.
Quando Gesù dice: “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” pensiamo sempre che non ce l’ha con noi, che sta parlando a chi passa il tempo a grattarsi la pancia e ad aspettare la manna che viene dal cielo.
Non pensiamo mai che tutto è dono, il vedere, il sentire, il camminare, il parlare e tutto ciò che fa parte della vita.
Pensiamo che se abbiamo qualcosa lo dobbiamo a noi, ai nostri sacrifici, alla nostra intelligenza, forza, capacità e a nessun altro.
Certo è che se diamo tutto per scontato la parola di oggi non può coinvolgerci.
Accorgersi che c’è chi sta peggio di noi, che c’è chi muore di fame, di sete, ma specialmente di solitudine, silenzio, abbandono è la naturale conseguenza del vedere.
La cecità è l’ostacolo alla compassione.
Gesù vide ed ebbe compassione.
Perciò ieri ha guarito due ciechi che con fede gli hanno chiesto di avere pietà di loro.
Quanti ciechi da guarire!
Mentre ieri leggevo il vangelo, avevo l’occhio bendato per l’intervento recente e per consolarmi della fatica a distinguere le lettere le une dalle altre pensavo al cuore , il nostro terzo occhio, come l’aveva definito Giovanni, il mio nipotino, dopo che gli avevo spiegato la differenza tra contenti e scontenti.
Straordinaria la parola di Dio che ti prende per mano e ogni giorno arricchisce la tua storia.
Se vedi, quindi, con l’occhio del cuore, patisci con(compatisci), e agisci di conseguenza.
Ma tutto ha origine dalla percezione del tuo bisogno e dall’umiltà con cui chiedi aiuto al solo che già la conosce e ti può aiutare.
Gesù oggi ci invita a collaborare con lui, se abbiamo permesso alla luce di entrare attraverso le fessure delle nostre persiane.
“Quante cose si possono fare con Gesù! ” disse Marco, di ritorno dal catechismo.
Voglio stamparmele in mente e non solo queste parole, perchè solo se ne siamo convinti, nel Suo nome potremo scacciare i demoni, guarire, tutto quello che oggi Gesù dice che i suoi discepoli possono fare.

Li inviò a due a due

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VANGELO (Lc 10,1-9)

In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi.

Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada.

In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra.

Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”».

 

Del Vangelo di oggi mi ha colpito il fatto che Gesù si fa precedere dai suoi discepoli, persone che lo avevano conosciuto attraverso la parola e le azioni che lui compiva.

Perchè questo?

Gesù ha bisogno sempre di un profeta che gli prepari la strada.

Non appare all’improvviso, non fai un’esperienza di lui se non c’è stato qualcuno che ti ha portato la sua pace.

Non sono le belle parole, nè il numero delle valigie al seguito, 90 per il principino di Galles leggevo, niente di niente ti devi portare dietro, perchè quello che ti serve o ce l’hai dentro o non c’è valigia o sacca o treno o nave o che lo possa contenere.

Quindi Dio manda noi, che non sappiamo di teologia, che abbiamo una vita più o meno dura, sfigata, come ora si suol dire o tranquilla perchè il lavoro grazie a Dio non l’abbiamo ancora perso, i figli si comportano bene, sono rispettosi e studiano e si sono fatti una famiglia regolare, regolarmente sposati in chiesa, e poi un piccolo gruzzolo in banca per le necessità.

Insomma manda tutti quelli che oggi si mettono in ascolto della sua parola, giovani e vecchi, letterati e illetterati, tutti, ma proprio tutti perchè la messe è abbondante e gli operai sono pochi.

Spesso noi pensiamo che della messe e quindi del grano abbia bisogno Dio o gli affamati e non ci sfiora l’idea che anche noi dobbiamo mangiare e quel cibo ce lo dobbiamo procurare rispondendo all’invito di Gesù.

Un’altra cosa che mi ha colpito è quel non salutare nessuno mentre siamo impegnati nella missione affidataci.

La nostra generazione è maestra in questo e non avrà difficoltà a capire che quando stai chattando con l’amico del cuore non alzi gli occhi per salutare neanche fosse il figlio del re a passarti vicino.

Ebbene Gesù che è l’Amico per eccellenza non accetta deroghe e per Lui bisogna tirare dritto e andare diretti allo scopo.

Cosa portarsi dietro?

Niente.

Perchè l’unica cosa che Gesù ci chiede di portare è la pace e quella ci pensa Lui a darcela.

E poi andare insieme.

In due sappiamo che da un lato ci si aiuta, dall’altro ci si difende meglio, ma quello che è più importante è che ci si allena a fare la pace.

Perchè per portare la pace devi sperimentare ogni momento come sia difficile andare d’accordo con uno diverso da te, specie se è tua moglie o tuo marito.

E’ allora che diventi convincente e annunzi il regno di Dio.

(Gv 15,16) Io ho scelto voi, dice il Signore, perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga.

 

VANGELO (Lc 10,1-9)

La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai.

 

In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi.

Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada.

In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra.

Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”».

 

Gesù come ha mandato i suoi apostoli ad annunciare il regno di Dio e a guarire gli infermi, manda anche noi divenuti missionari in virtù del Battesimo che abbiamo ricevuto. sembrare anacronistico anche solo ipotizzare una cosa del genere.

Non basta andare in chiesa e mettersi a posto la coscienza, con un rapporto unico, personale con un Dio a cui diamo i connotati che ci convengono e non ci espongono al giudizio dei laici benpensanti di cui ci sta a cuore l’approvazione.

Pensiamo che basti stare al nostro posto senza pestare i calli a nessuno, per guadagnarci il paradiso. Gesù ci dice di andare, con il solo equipaggiamento della Parola, la Sua, non la nostra, la parola che salva.

A noi viene data la brocca da portare per distribuire a chi ha sete di Dio l’acqua dello Spirito, indispensabile per non morire.

Ci sarà gente che non la cerca, che non la vuole, che non vuole correre il rischio di cambiare abitudini, non si fida.

Scuotersi la polvere dai sandali non basta per metterci a posto la coscienza.

 

Ti lodo Signore e ti benedico per questo nuovo giorno che mi doni di vivere alla luce della tua Parola.

Grazie Signore dei tuoi santi che ci hanno trasmesso la fede.

Grazie per S. Luca che ci ha raccontato di te, della tua bontà e della tua misericordia infinita, grazie perchè non ha dimenticato di sottolineare quanto la preghiera e la povertà siano il bagaglio insostituibile di ogni discepolo.

Signore grazie per tutti i testimoni di pace e di bene, per tutti quelli che hanno lasciato le loro sicurezze e si sono fidati solo di te.

Grazie perchè il tuo Vangelo è arrivato fino a noi, attraverso la povertà dei tuoi inviati, grazie perchè ci sono stati uomini dal cuore aperto e dallo sguardo vigile per accogliere la tua parola e custodirla dal maligno.

Grazie Signore per tutti i testimoni di speranza che continui ad inviarci, grazie perchè non ti sei stancato di ripetere che il tuo regno è vicino, che è qui e ora, quando due o più persone si accordano nel tuo nome.

Aiutaci Signore ad accordarci, aiutaci ad accogliere il tuo messaggio di pace, aiutaci a prenderci per mano per dire insieme: Padre nostro che sei nei cieli, sia fatta la tua volontà.

Sia fatta la tua volontà, Signore, perchè è volontà di bene, perchè tu solo conosci i nostri più segreti bisogni, perchè tu ci hai creati e noi siamo tuoi.

Lo Spirito Santo susciti in noi le parole giuste da rivolgere a te e ai nostri fratelli, perchè la pace non sia solo annunciata, ma diventi segno tangibile della tua presenza tra noi.

Mestieri

Luca 5,1-11 -In quel tempo, mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca.
Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare.
Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini».
E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.


L'evangelista Luca racconta la chiamata dei discepoli in modo diverso da tutti gli altri.
Il suo scopo è far comprendere quanto dipende da Dio e quanto dall'uomo nell'economia della salvezza.
Il primo passo è sempre di Dio.
E' infatti Gesù che vede le barche accostate sulla sponda e i pescatori che lavavano le reti.
Pietro permette che Gesù si sieda sulla sua barca, acconsente a spostarla.
Non si oppone a Gesù, neanche quando gli dice di prendere il largo, nonostante la pesca infruttuosa della notte e il controsenso di andare a pescare di giorno.
La fiducia di Pietro è tanto più grande di quella dei compaesani di Gesù, che non credevano possibile che il figlio di un falegname sapesse fare o dire cose diverse da quelle che aveva imparato nella bottega di suo padre.
Sicuramente Gesù non aveva mai fatto il pescatore, ma lo spirito Santo suggerisce a Pietro che c' è una paternità che superiore a tutte, che ci abilita a fare miracoli, se ci liberiamo dai pregiudizi e coi fidiamo del Padre.
Pietro riconosce l'estrema distanza tra lui, umile pescatore e Colui che gli sta di fronte e gli chiede di allontanarsi perchè si sente indegno di tanta grazia.
Ma Gesù lo rassicura e gli promette ciò che sembra impossibile: diventare pescatore di uomini.
Unica condizione: lasciare tutto e seguirlo, senza cambiare mestiere.

Servi e padroni

Giovanni 15,18-21 -In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: “Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma io vi ho scelti dal mondo, per questo il mondo vi odia.
Ricordatevi della parola che vi ho detto: Un servo non è più grande del suo padrone. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra. Ma tutto questo vi faranno a causa del mio nome, perché non conoscono colui che mi ha mandato”. 

Per possedere tutto bisogna lasciare tutto.

" E’ mio!" dice il bambino all’inizio del suo percorso di crescita, che spiega molto di più di tante dispute teologiche sulla colpa originaria che ha allontanato l’uomo da Dio.

Ma Dio non si è allontanato dall’uomo e ha continuato a cercarlo e a parlargli. E’ sceso dal suo trono.

Lui, Creatore e Signore del cielo e della terra, voleva incrociare il suo sguardo, che, se ci fai caso, è più facile quando stai più in basso della persona che vuoi guardare.

Questo è il motivo della lavanda dei piedi.

"Io sto come colui che serve"dice il Signore ai suoi amici.

"Quell’è mio" dei nostri bambini del quale ci siamo compiaciuti e che ci ha fatto sorridere, quando è stato pronunciato la prima volta, rimanda ad un possesso, ad un potere che perseguiamo per tutta la vita.

Il sogno dell’uomo è non dover sottostare a nessuno e spendiamo la vita per eliminare i padroni, ma invano.

Allora è giusto chiedersi se ne abbiamo bisogno, interrogandoci su chi dobbiamo servire e a cosa serviamo.

Solo così potremo capire le parole di Gesù:"Un servo non è più grande del suo padrone".

Perchè per guardare il mondo dall’alto e farlo proprio, bisogna che alziamo gli occhi al Signore ( Dominus-padrone), a Colui che hanno trafitto.

Al Gesù che è nascosto in ogni persona, piegando le ginocchia e lavandogli i piedi.

Scelte

Marco 3,13-19 In quel tempo, Gesù salì sul monte, chiamò a sé quelli che egli volle ed essi andarono da lui. Ne costituì dodici che stessero con lui e anche per mandarli a predicare e perché avessero il potere di scacciare i demoni.
Costituì dunque i dodici: Simone, al quale impose il nome di Pietro; poi Giacomo di Zebedeo e Giovanni fratello di Giacomo, ai quali diede il nome di Boanerghes, cioè figli del tuono; e Andrea, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo di Alfeo, Taddeo, Simone il Cananeo e Giuda Iscariota, quello che poi lo tradì.

"Chiamò a sé quelli che egli volle.. "

L’iniziativa è sempre di Dio che ci chiama a stare con lui.

La scelta cade su quelli disposti a seguirlo, dovunque lui decida di andare, anche quando la strada è in salita e porta al Calvario.

Certo che i discepoli questo non lo sapevano e l’hanno imparato con il tempo.

Il tempo interminabile che inercorse tra la morte e la resurrezione del Maestro.

Sentirsi chiamati, nonostante la nostra indegnità, la nostra storia infarcita di presunzione ed errori, le nostre contraddizioni, la voglia di cambiare il mondo senza cambiare noi stessi…

Gesù ci chiama.

Gesù ci sceglie.

Si fida di noi, Gesù.

Anche quando continuiamo a fare di testa nostra, quando ci dimentichiamo di Lui, quando lo lasciamo solo a patire e a morire.

Il suo abbraccio inchiodato alla croce è il rifugio sicuro di chi cerca la pace.

"Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini amati dal Signore" dicono gli angeli al suo apparire.

"Pace a voi!" dice Gesù agli Undici, riuniti nel Cenacolo a meditare la sconfitta, agli amici che si era scelto e che non si erano fidati di Lui.

 "Vi lascio la pace, vi dò la mia pace".

La pace è quando chi ti sta vicino mostra scoperta la parte più vulnerabile, e t’invita a fidarti di quell’insensato e  disarmante gesto di tenerezza infinita.