Ricerca

Ricerca

25334-vangelo1
MEDITAZIONI SULLA LITURGIA DI
sabato della IV settimana di Pasqua
Letture: At13,44-52; Sal 97;Gv 14, 7-14
” Io ti ho posto per essere luce delle genti” ((At 13,47)
Mi riesce difficile stamattina meditare sulla tua Parola Signore perchè sto male e tanti, troppi pensieri mi si affollano nella testa.
Discernere è difficile quando le forze sono ridotte al lumicino, quando il corpo grida il suo bisogno di pace, di quiete, di remissine del dolore.
Io so che non devo preoccuparmi di nulla perchè tu sei con me e non mi abbandonerai in questo ennesimo e più difficile ricalcolo della mia vita.
Quando viene a mancare un sostegno in genere se ne cercano e se ne trovano altri che fanno al bisogno.
Anche se tu non deludi mai le aspettative, c’è sempre qualcuno attraverso cui tu ti manifesti per mostrare il tuo amore…qualche persona o anche qualche evento che ti aiuta a saltare il fosso, ti toglie dal panne, ti fa sopravvivere ad una furibonda tempesta.
E così è stato sempre, ma il tempo passa e i puntelli umani, i riferimenti abituali che diamo per scontati dai quali non possiamo prescindere vengono meno, e ci ritroviamo ad essere sempre più bisognosi di un aiuto potente che viene dall’alto, abbiamo bisogno delle tue benedizioni che entrano rompendo i vetri.
Non riesco Signore a benedire questo tempo in cui sembra che ci sia un accanimento terapeutico sulle mie malattie di per se stesse invalidanti.
Eppure anche quando pensiamo di aver toccato il fondo ci accorgiamo che ci siamo sbagliati e che c’è un fondo ancora più profondo.
Come accadde a te che pensavamo che il massimo che ti era potuto succedere era morire, salvo poi renderci conto che non ti sei limitato a darci la vita ma il paradiso, la massima distanza dal Padre, scendendo agli Inferi, vale a dire andare all’inferno.
Non so se quando hai esalato l’ultimo respiro eri cosciente che non era finita e che il fondo lo dovevi ancora toccare, scendendo ancora più in basso.
Oggi medito sulla tua parola e mi sforzo di penetrarvi di rimanere in essa perchè se mi disancoro da quell’utero accogliente, caldo e sicuro, che è il tuo legame con il Padre per mezzo dello Spirito, impazzisco.
La mia disabilità, l’incidente che ha reso spero momentaneamente, spero, disabile anche Gianni, la malattia della persona che abitualmente mi aiuta, la lontananza di parenti, amici, conoscenti che possano darci una mano, lontananza abituale, colpevole o forzata, fanno sì che senta sulle mie spalle la responsabilità di portare avanti la casa e prendermi cura del mio sposo senza danneggiarmi in modo irreversibile.
Io non so cosa tu ti inventerai questa volta per farmi uscire dal panne, se è tua volontà che ne esca o che rimanga a combattere sola questa ennesima e più dura prova.
Ho visto ieri la tua mano benedicente nell’aver trovato al pronto soccorso di turno l’ortopedico amico, la prenotazione per la risonanza magnetica fra due giorni e poi tanto altro ancora che riconosco come tua grazia ma che non mi ha esonerato dal portare questa mattina sul corpo i segni di un impari battaglia, piaghe e dolori che rendono molto problematico il mio servizio alla famiglia oggi che non c’è nessuno.
Quando ho bisogno di aiuto tu mi mandi sempre qualcuno da aiutare e così anche in questa circostanza ci sono tante persone di cui debbo farmi carico.
Avevo deciso di pensare più a me stessa dietro consiglio di un uomo che ti appartiene ma, come diceva mio padre” L’inferno è lastricato di buone intenzioni”
Da quando ho cercato di mettere in pratica i saggi consigli che mi dissuadevano dall’anteporre gli altri a me stessa, perchè se non ti ami non puoi amare, è successo il finimonbdo e il lavoro, gli impegni,i pensieri, le responsabilità sono aumentate.
Per questo ti chiedo nel tuo nome di riportarmi nel luogo del tuo riposo, di farmi entrare, rientrare da quella ferita che mi immette nel tuo cuore di carne, un cuore di Padre, di madre, di sposo, di fratello, di amico.
Sii tu per me la roccia che non crolla, sii tu il mio maestro Signore, siano le tue braccia la culla in cui io possa sentirmi amata e al sicuro.

Preghiera

1752a-tempesta

“Sono io non abbiate paura”(Gv 6,20)

Ti presenti Signore nei momenti più impensati, difficili, quando le acque si agitano e il vento fa traballare la nostra barca.
Tu cammini sulle acque agitate del male, tu domini le forze ostili che ci impediscono di fare la traversata e di giungere al porto sicuro.
Oggi, quando ho letto il vangelo, erano le 3, ho pensato che non avevi nulla di nuovo da dirmi, un vangelo, una storia che ho letto e commentato e meditato tante volte.
Cosa potevo apprendere di più di quanto già non sapessi?
Così ho rinunciato a scrivere la mia meditazione notturna e ho cercato una posizione per riprendere sonno, con il rosario tra le dita e il desiderio di unirmi a te e a Maria nella contemplazione dei misteri del dolore anche se oggi è sabato.
Ieri sera ero rimasta ferma al primo, quello in cui tu schiacciato dal peso dei nostri peccati, solo, preghi e soffri, sudi sangue, tanto grande è l’angoscia che ti opprime.
Così questa notte ho preso sonno dimenticando il resto della tua passione salvo poi svegliarmi con un tremendo dolore alla spalla, il solito da qualche mese che mi perseguita, costringendomi ad indossare il busto attenua le fitte dolorose dei nervi schiacciati dai recenti crolli vertebrali.
Ho affidato a Maria il compito di traghettarmi fino al mattino con la preghiera a lei tanto cara perchè ci stringe insieme a te, suo figlio e nostro fratello, in un unico e grande abbraccio.
Il tuo dolore è diventato il mio dolore attraverso Maria, il senso di quelle fitte spaventose mi si è andato man mano chiarendo e mi sonon riappisolata mente ti contemplavo Signore, vittima innocente, incenso purissimo sull’altare di Dio.
Il mio dolore è diventato il tuo dolore e ho trovato la pace pensando che solo tu potevi trasformarlo in offerta di soave odore per liberare i prigionieri e portare la luce a quelli che vivono incatenati dal peccato.
“Sono io non avere paura” mi sono sentita dire questa mattina, quando una fitta più dolorosa mi ha scosso dalla posizione a fatica cercata per non soffrire.
Sei tu Signore che vieni a visitarmi ogni volta che sto male.
Ti ringrazio perchè fughi le mie paure, perchè ogni giorno, ogni notte mi getti una scala dal cielo perchè io vi salga e mi trovi in paradiso.
Con Maria tutto questo sta divenendo possibile, reale, perchè con lei non posso sbagliare direzione, non posso che avvicinarmi sempre più a te .

Flutti di morte mi hanno circondato,
mi hanno stretto dolori d’inferno;
nella mia angoscia ho invocato il Signore,
dal suo tempio ha ascoltato la mia voce. (Sal 18,5-7)

Paura


Luca 9,28-36 –
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. E, mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante.
Ed ecco due uomini parlavano con lui: erano Mosè ed Elia, apparsi nella loro gloria, e parlavano della sua dipartita che avrebbe portato a compimento a Gerusalemme. Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; tuttavia restarono svegli e videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui.
Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù:
“Maestro, è bello per noi stare qui. Facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia”. Egli non sapeva quel che diceva.
Mentre parlava così, venne una nube e li avvolse; all’entrare in quella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, che diceva: “Questi è il Figlio mio, l’eletto: ascoltatelo”.
Appena la voce cessò, Gesù restò solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno nulla di ciò che avevano visto.
Erano oppressi dal sonno Pietro Giacomo e Giovanni, cosa che accade quando le parole sono scomode, inaccettabili, quelle che Mosè ed Elia dicono riguardo alla passione di Gesù.
Non sapeva quello che diceva Pietro,abbagliato da tanta luce, da tanta grazia, anzi forse lo sapeva benissimo che quella parte relativa alla sorte del maestro gli rovinava i piani e l’avrebbe volentieri taciuta.
Perchè, tanto che c’erano, non fare tre tende e rimanere lassù lontano dai guastafeste?
Sarebbe piaciuto a Pietro che le cose finissero lì, dove aveva trovato il suo appagamento personale: Gesù, la Legge, i Profeti. Cosa desiderare di più?
Il vecchio e il nuovo avulsi dal contesto della storia, fatta di fatica, di sudore, di dubbio, di deserto, di fame, di rabbia, di nostalgia.
Gesù, se non si fosse prima ritirato a pregare, forse ci sarebbe cascato anche lui a rimanere sul monte a goderesi il frutto della fatica, a coltivare l’orticello che con tanto amore si era piantato.
Ma proprio quando sembra che tutto sia chiaro, visibile, a portata di mano, ecco la nube, una nube che ti impedisce di vedere, di toccare, di muoverti.
E hai paura, una paura che ti gela la schiena, ti percorre le ossa e ti fa tendere le orecchie allo spasimo, per non inciampare, per orientarti in una realtà sempre più misteriosa e incomprensibile.
“Questi è il Figlio mio, l’eletto: ascoltatelo”.
La voce è quella che indica la strada da seguire: Gesù, l’unica vera guida, il maestro, la Parola che salva.
Bisogna scendere a valle custodendo un segreto che scotta, accettando di non vedere, frastornati, delusi, con l’unica e potente certezza che Gesù continua a parlare ad ognuno di noi con il linguaggio del cuore.

Preghiera

“A chi bussa sarà aperto” (Mt 7,7)
Sono qui Signore, davanti alla tua porta e sto bussando.
Non so cosa chiederti in questo momento, sono tantissime cose che sento venire meno.
Signore apri la tua porta, fammi entrare nel tuo riposo, fa che io trovi pace, serenità e gioia in questo faticoso cammino, in questa battaglia che ogni giorno si fa più dura.
Aprimi Signore!
I nemici mi assalgono da tutte le parti.
Il leone che in me ruggisce vuole rompere le catene.
Aprimi Signore, è notte, sono stremata dalla fatica, dallo sforzo, prostrata per i colpi ricevuti e inferti, perché il mio corpo è la spada con la quale combatto.
Il mio corpo è diventato scudo e pugnale, arma di offesa e di difesa e porta le stigmate di una lotta senza quartiere, lotta titanica contro le forze del male.
Signore aprimi, perché non riconosco più i miei nemici: essi si camuffano, si nascondono, si spacciano per amici mentre gli amici di un tempo non li ritrovo e non so dove siano.
Signore aprimi, ti prego, fammi riposare nelle tue braccia, aprimi e cura le mie ferite, cospargimi con l’olio della tua tenerezza, abbi compassione di me che sono povera e infelice.
Ho paura Signore della notte, del tumulto dell’anima, ho paura di queste onde così alte che coprono il cielo e che mi impediscono di vedere il sole di giorno e la luna di notte.
Signore aprimi, perché i briganti mi vogliono depredare di tutto , ma io non voglio che il tesoro, la perla preziosa che porto nello scrigno segreto del mio cuore, lo strappino e ne facciano scempio.
Signore sono qui come ogni mattina, come ogni mattina provata dal dolore fisico che non ha trovato tregua durante la notte e non mi ha permesso di riposare.
Come ogni mattina Signore mi presento davanti al tuo altare, perché tu mi dia ciò che mi manca, ciò di cui ho bisogno.
Ieri ti ho chiesto il riposo, la possibilità di dormire senza essere perseguitata dal dolore.
Avevo trovato una preghiera che esprimeva ciò che sentivo e che avevo scritto in un’altra notte insonne di un tempo che non ricordo.
È straordinario come, rileggendo i commenti al Vangelo, le meditazioni sulla tua parola, si ripresenta sempre lo stesso problema.
Il dolore anche se inconfessato, trapela dalle righe, il dolore che lungi dall’abbandonarmi è diventato più feroce, più insopportabile.
Signore tu dici: “Bussate e vi sarà aperto, chiedete e vi sarà dato. Chi è quel padre che se un figlio gli chiede un pane gli darà una pietra?”
Signore in questi giorni mi sembra che le pietre siano diventate macigni e che una montagna di sassi e terra mi stia franando addosso.
Ai problemi fisici si aggiungono quelli legati alle relazioni parentali e amicali.
Signore so che tu tutto conosci, che non ti devo fare l’elenco di niente, perché tu sei Dio.
Paura, rabbia impotente, sofferenza protratta all’estremo, eventi imponderabili, accadimenti casuali fanno sì che la mia vita si complichi ogni giorno di più.
Mi sembra di essere in un labirinto e di aver perso il filo per uscirne, anzi più mi dibatto, più il filo si ingarbuglia e con altri fili che nemico ha mischiato a quello buono, quello che tu mi hai consegnato per mettere in salvo me e quelli che mi hai affidato.
Signore forse che non ti ho chiesto abbastanza, non ho bussato alla tua porta con perseveranza,
forse il fatto che non ti ho formulato richieste concrete e circostanziate è di ostacolo a che tu mi risponda non con una pietra?
Signore chi può darti consigli? Tu sai tutto.
Chi meglio di te sa di cosa abbiamo bisogno?
Oggi sento che ho bisogno di te, di ritrovarti Signore, ho bisogno di sentirmi al sicuro nella tua casa, ho bisogno di essere estratta dalle macerie.
Ho bisogno che tu mi carichi sopra le spalle e ti prenda cura di me.
Signore lo vedi sto bussando, sto bussando con i pugni, con le mani, con le braccia, con la testa, con tutto il corpo, fammi entrare perché sento il fiato del nemico sul collo, sento che se tu non mi prendi, non mi afferri, lui mi dilanierà con i suoi denti aguzzi.
Signore non hai pietà di me? Cosa ti ho fatto? Cosa devo ancora sopportare per guadagnarmi un piccolo spazio nel tuo cuore di padre e di madre?
Mamma quando ero piccola si occupava e guardava solo chi era malato: i sani come me li usava per farsi aiutare.
Signore lo vedi che la malattia sta facendo scempio del mio corpo, lo vedi, lo sai Signore.
Non hai pietà di me? Suggeriscimi Signore le parole da rivolgerti, suggeriscimi ciò che è giusto chiedere.
Non ho più certezze di nulla, solo in te confido.
Tu sei il mio Salvatore, lo credo, ne sono convinta, ma non tardare Signore, vieni presto in mio aiuto!
Signore apri quella porta, aprila e mettimi in salvo.
Maria mamma tu ci sei stata donata perché il nemico non ci facesse alcun male.
Maria ti prego vieni qui vicino a me,bussiamo insieme!
Chissà che se ci sei tu mi ascolti?
Io sono una peccatrice, non ho le idee chiare su niente, sono tanto confusa.
Maria prendimi per mano, coprimi con la tua veste, il tuo mantello protegga me e la mia famiglia e insieme aspettiamo nella notte che il Signore venga.
Vieni Signore Gesù! Maranathà! Vieni non tardare!
Salmo 24
A te Signore elevo l’anima mia.
Dio mio in te confido:
non sia confuso.
Non trionfino su di me i miei nemici!
Chiunque spera in te non resti deluso,
sia confuso chi tradisce per un nulla.
Fammi conoscere Signore le tue vie,
insegnami tuoi sentieri.
Guidami nella tua verità e istruiscimi,
perché sei tu il Dio della mia salvezza,
in te ho sempre sperato.

Fede

“Maestro non t’importa che siamo perduti?” (Mc 4,38)
Le letture di oggi ci parlano della fede che è fondamento della nostra speranza.
Oggi mi chiedo quanta fede io abbia e se nelle avversità, nei pericoli continuo a confidare nel Signore, se mi rassegno ad affondare e morire con Cristo che dorme nella mia barca o pretendo di vivere in eterno una vita da schiavo, una vita di sacrifici per ciò che non dura e che la tignola o la ruggine attaccano.
Me lo chiedo dopo aver passato gli ultimi tempi a temere di rimanere per il resto dei miei giorni dipendente dagli altri per qualsiasi spostamento, a rinunciare a quella poca autonomia che mi dava l’avere la patente e la macchina per andare da qualche parte.
Ho fatto una fatica bestiale a convincermi che niente è dovuto e che, se il Signore permetteva tutto questo, sicuramente era per il mio e per l’altrui bene.
Nella messa de 29 gennaio ho trovato la pace dopo tanto penare, la pace che miracolosamente è scesa sopra di me, quando ho pensato che a tutto c’è rimedio, anche ad una bocciatura,(all’esame per il rinnovo della patente con le modifiche ala macchina, imposte dalla commissione ) il minimo che mi potesse succedere, perchè si può sempre riparare, come a scuola.
Ma poi è bastato poco, l’intervento non proprio soft di mio figlio che mi ha fatto ripiombare nell’angoscia.
E quello che pensavo fosse una maledizione, vale a dire che ad accompagnarmi doveva essere lui, perchè mio marito aveva abbondantemente superato l’età prevista per gli istruttori, si è rivelata una benedizione.
Infatti, grazie al suo carattere gioviale e tranquillo, ho superato l’esame brillantemente.
La sera prima mio marito mi aveva invitato, era mezzanotte, a dire un rosario insieme e a benedire questo figlio che all’apparenza sembra ce l’abbia con me e abbia qualcosa da farmi scontare.
“Esortatevi a vicenda” diceva nella lettera agli Ebrei Paolo a Barnaba, Parola di Dio, e così è stato.
Che Gianni prendesse l’iniziativa era il primo miracolo a cui sarebbero seguiti tutti gli altri.
Avevamo pregato insieme perchè la relazione con Dio e con le storture della nostra umanità fossero tutte ripristinate come occasioni di crescita e di grazia.
Così, anche se il dolore alle spalle e al braccio dalle 4 del mattino cresceva in modo esponenziale, pure ho cercato di mantenere la calma e di mettermi nelle Sue mani e in quelle di chi mi aveva mandato a sostenermi.
Dicevo che ho superato l’esame grazie anche ai ricalcoli dolorosi e opprimenti, ma quello che questa mattina vorrei non trascurare di scrivere è che questa vicenda mi ha fatto provare quanto è grande il Signore, quanto distano i suoi pensieri dai nostri, quanto siano efficaci le sue soluzioni e non quelle che noi gli suggeriamo.
Il mio cuore si è aperto ad una gratitudine immensa, non tanto perchè avevo di nuovo la patente e non dovevo dipendere più da nessuno, quanto che ero chiamata a servire ancora e sempre fino alla morte in casa o fuori casa, stando ferma su una sedia o guidando un’automobile, spostandomi con il cuore e non con il corpo necessariamente.
Questo è il dono di tanto patire, di questa tempesta che infuria da tempo su questa casa, e voglio farne memoria e mettere nel mio sacco tutti gli scintillanti che di cui Dio ha cosparso questo percorso sempre più impervio.
Ho pensato al fatto che molti non hanno proprio nessuno che li porti, che si prenda cura di loro, che non possono muoversi autonomamente e non hanno un rapporto confidenziale con il Signore.
La mia fede si fondi sulla sua Parola sempre, questo è ciò che oggi voglio chiedere a Dio.
Che sia disposta ad andare a fondo con Lui, quando la tempesta è troppo violenta con la speranza che si fonda sulla sua promessa che non moriremo, ma resteremo in vita, perchè è risorto e vive in noi oggi sempre in eterno.

Paura

“Egli ci ha dato il Suo Spirito” (1 Gv 4,13)
Se noi rimaniamo in lui non abbiamo timore, questo dice Giovanni nella prima lettera che la liturgia ci propone. Ci ha dato il suo Spirito che è tutto.
Di cosa dobbiamo avere paura?
Eppure, nonostante me lo ripeta tante volte, di giorno e di notte, la paura mi assale, quando mi si presenta un problema nuovo o un problema che pensavo aver imparato ad affrontare con coraggio, con fiducia, nella preghiera.
La paura non è mai sconfitta e a volte mi chiedo come sia possibile che questo accada.
Don Abbondio al Cardinale Borromeo rispose che uno il coraggio non se lo può dare. E aveva ragione perchè il coraggio te lo può dare solo il Signore che ci nutre a Spirito santo e quando la dose abituale non è sufficiente ricorre alle trasfusioni.
Io ne sento tanto il bisogno in questo periodo in cui la mia vita è diventata una corsa ad ostacoli, una gimkana in un labirinto di amare sorprese.
“Il tuo volto io cerco, non nascondermi il tuo volto.”
Eppure, anche se Gesù lo frequentiamo con assiduità, anche se lo portiamo nel cuore, spesso lo imbalsamiamo, lo leghiamo per paura che scappi e finiamo per immobilizzarne la sua opera creatrice.
Debbo pensare che anche questa mattina sta creando, anzi ricreando me che avrei voluto fermarmi allo stato di momentaneo benessere che ho percepito durante l’incontro con i fidanzati, ieri sera.
Non credevo di farcela ma alla fine ero lì con Gianni alle 21 come da copione da più di 10 anni.
Ogni volta mi dico che ormai è tempo di smettere, che siamo vecchi, che cosa mai possiamo portare a coppie che decidono oggi di sposarsi?
Un abisso ci separa dalle nuove generazioni, esperienze, speranze, dubbi e certezze che non ci accomunano.
Ma la forza per rialzarmi, per rinnovare il mio sì al Signore me la dà Lui e solo Lui che non cambia mai ed è come roccia che non crolla, che accomuna l’orizzonte di ogni battezzato, rendendo possibile l’attraversamento di un oceano in tempesta, se lo portiamo dentro, se ci lasciamo da lui ispirare e guidare.
Il suo è un vento di pace, di gioia, di salutare freschezza, un vento che gonfia le vele non per dilaniarle, strapparle, ma per farci camminare sicuri sulle acque come Gesù.
Sembra impossibile che ciò possa accadere, ma quando non hai niente da portare che la tua fragilità, il tuo dolore, il tuo limite è allora che porti Gesù nella sua interezza.
Perciò ieri sera ho trovato un oasi di pace in quella sala, in quella relazione che si è stabilita tra 20 coppie in procinto di sposarsi e noi coppia ampiamente datata insieme a padre Vincenzo.
Dio ci ha immessi nella sua eternità ed è per questo che la differenza tra giovani e vecchi si annulla davanti a Lui, in Lui, con Lui.
Questa notte è tornata la bufera: come ogni notte mi sono rigirata nel letto tante volte a cercare una posizione per poter sgranare il rosario e meditare con Maria i misteri del regno.
Ma se la sera mi riesce più facile sintonizzarmi sulle frequenze dello spirito, man mano che la notte avanza il corpo si ribella e urla con sempre più fiato in gola il suo tormento.
“Un corpo mi hai dato. Io ho detto eccomi. Sul rotolo del libro è scritto di fare il tuo volere”
Ogni notte cerco di salire la scala che il Signore mi getta dal cielo dove gli angeli mi annunciano la bellezza di questa chiamata, ma le volte che non ci riesco sono tante.
E’ allora che chiamo Maria in mio soccorso e le chiedo di tenermi stretta la mano, di stare con me ferma ai piedi della croce per imparare da lei come la fede possa non essere scalfita da tanto dolore.
Mi accorgo che la mia preghiera non rimane inascoltata quando mi ritrovo viva dopo aver visto in faccia la morte.
Signore a me non interessa come ti presenti, mi interessa solo riconoscerti nella grande bufera.
Per questo non mi stacco da Maria che è tua madre e non può aver dimenticato le tue fattezze.
Aiutami a riconoscerti Signore, negli eventi dolorosi della mia vita che aumentano con il passare degli anni, aiutami a fidarmi di te sempre, anche quando rimani in silenzio e mi sento sola a combattere un’incomprensibile battaglia.

Sono stato con te dovunque sei andato

 (2Sam 7,1-5.8-12.14.16)
Il re Davide, quando si fu stabilito nella sua casa, e il Signore gli ebbe dato riposo da tutti i suoi nemici all’intorno, disse al profeta Natan: «Vedi, io abito in una casa di cedro, mentre l’arca di Dio sta sotto i teli di una tenda». Natan rispose al re: «Va’, fa’ quanto hai in cuor tuo, perché il Signore è con te».
Ma quella stessa notte fu rivolta a Natan questa parola del Signore: «Va’, e di’ al mio servo Davide: “Così dice il Signore: Forse tu mi costruirai una casa, perché io vi abiti? Io ti ho preso dal pascolo, mentre seguivi il gregge, perché tu fossi capo del mio popolo Israele. Sono stato con te dovunque sei andato, ho distrutto tutti i tuoi nemici davanti a te e renderò il tuo nome grande come quello dei grandi che sono sulla terra. Fisserò un luogo per Israele, mio popolo, e ve lo pianterò perché vi abiti e non tremi più e i malfattori non lo opprimano come in passato e come dal giorno in cui avevo stabilito dei giudici sul mio popolo Israele. Ti darò riposo da tutti i tuoi nemici. Il Signore ti annuncia che farà a te una casa.
Quando i tuoi giorni saranno compiuti e tu dormirai con i tuoi padri, io susciterò un tuo discendente dopo di te, uscito dalle tue viscere, e renderò stabile il suo regno. Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio.
La tua casa e il tuo regno saranno saldi per sempre davanti a te, il tuo trono sarà reso stabile per sempre”».

Parola di Dio

Sono stato con te dovunque sei andato,

Controlli

Sono tornata ora dal controllo. Tutto ok per loro. Nessuna infezione.
Per me è un altro ostacolo superato, perchè ieri me la sono fatta  addosso dalla paura.
A vederci ci vedo meno di prima.
L'operatore di turno mi ha detto che ho la pupilla ancora dilatata, per cui è naturale.
Qualcuno , mentre aspettavo, mi ha chiesto qual era il mio medico curante
" il Padreterno" ho risposto senza tentennamenti.
Se non ci fosse stato Lui, ieri, mi avrebbero portato al manicomio.
Non è detto che non accada, però.
Ma io continuo a sperare e a credere che non finisce qui, che non può finire così.
Che il senso di tanta sofferenza che ci accomuna non può darcela nè una medicina, nè un medico e nessun altra cosa dagli effetti non duraturi.

 

Credere, toccare, salvare.


VANGELO (Mc 5,21-43)

In quel tempo, essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.
Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male.
E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?”». Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male».
Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo.
Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!». E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.

Il Post di Daniela che invita a riflettere sulla fragilità umana esprime esattamente quello che ieri ho provato.
La mia fragilità nell'affrontare la prova, la paura, il panico che mi impediva di tenere aperti gli occhi invasi da colliri e anestetici di fuoco (era indispensabile per l'intervento) e la fragilità del medico che si è arrabbiato tantissimo e in malo modo mi ha congedato, dicendo che potevo scordarmi che mi avrebbe fatto l'"intravitreale".
Mi è caduto il mondo addosso, perchè da 4 mesi aspettavo.
E non è la prima intravitreale che faccio per l'edema maculare che peggiora più passa il tempo.
Eppure avevo pregato e continuavo a farlo. Avevo chiesto pure aiuto agli amici perchè la paura non mi sopraffacesse.
Nel colloquio preliminare, tra le domande a cui rispondere, oltre al titolo di studio(!!!!) c'era anche da dire se ero cattolica.
Avevo risposto sorridendo, anche se ho sentito un brivido freddo attraversarmi la schiena.
" Non vi preoccupate per l'estrema unzione, perchè questa mattina ho preso la Comunione e sono andata a Messa, come del resto sono solita fare."
" La signora è previdente mi dissero" restituendomi il sorriso.
Eppure è successo.
Ho avuto paura.
"Uno il coraggio non se lo può dare" disse don Abbondio al Cardinale Borromeo…"li ho visti io quegli occhiacci", quando cercava di difendersi dall'accusa di non aver portato avanti la giustizia e aver ceduto al più forte.
Io credevo di avere più fede di don Abbondio, ma non ha funzionato …come pensavo.

«Non temere, soltanto abbi fede!» dice Gesù a Giairo, quando gli riferirono che non doveva importunare più il maestro, perchè la figlia era morta.
Ci voleva un supplemento di preghiera e a quella mi sono aggrappata. Lasciata sola sul lettino ho invocato pietà e misericordia e ho chiesto che ci ripensassero.
Ho gridato, ho chiesto aiuto e mi si è avvicinato il Signore..
Era vestito con il camice bianco, la voce gentile, accompagnato da due angeli. Uno mi ha preso la mano e me l'ha tenuta stretta tutto il tempo che è durato l'intervento.
Un attimo.
Posso ancora sperare che l'occhio sinistro non si spenga completamente.


Salmo 39,2
Ho sperato: ho sperato nel Signore
ed egli su di me si è chinato,
ha dato ascolto al mio grido.