giobbe
Lo vedrò
Gb 19,1.23-27a
Oh, se le mie parole si scrivessero,
se si fissassero in un libro,
fossero impresse con stilo di ferro e con piombo,
per sempre s’incidessero sulla roccia!
Io so che il mio redentore è vivo
e che, ultimo, si ergerà sulla polvere!
Dopo che questa mia pelle sarà strappata via,
senza la mia carne, vedrò Dio.
Io lo vedrò, io stesso,
i miei occhi lo contempleranno e non un altro.
Giobbe
Giobbe,l’amico di Dio, la luce che ha squarciato le tenebre della mia notte… il libro di Giobbe, quello che avidamente lessi, per primo, quando m’imbattei nella parola di Dio….Giobbe, colui che sopportò ogni sorta di privazione e di pena, senza mai ribellarsi, neanche quando non c’era a coprire le ossa che qualche brandello di pelle, dopo che tutto gli era stato tolto, di ciò che la vita gli aveva donato..Giobbe che continua a pregare chiedendosi in che cosa ha mancato… che cosa deve espiare…alla ricerca del senso della sua disumana sventura… che arriva a maledire sua madre che non lo aveva abortito, prima che vedesse la luce.
Giobbe ero io, io che soffrivo, io che piangevo, io che cercavo il senso della mia storia, io che chiedevo perché per me la misura non era mai colma, perché la morte non l’avevo ancora scontata vivendo.
Giobbe mi introdusse nel mistero insondabile della sofferenza dell’uomo.
Attraverso le sue parole Dio parlò al mio cuore disperato e prostrato , divorato nell’inutile ricerca di ciò che non é dato conoscere.
Dopo che avidamente e ingordamente bevvi anche l’ultima pagina del libro di Giobbe capii….che bisognava chiudere gli occhi , mettendo a tacere l’esigenza di porre tutto sotto controllo, di contare, classificare, dedurre, bisognava fare il salto nella dimensione dell’essere infinito e immutabile, autentica sfida ai sillogismi dell’uomo che, così facendo, pensa di circoscrivere e possedere l’assoluto di Dio.
febbraio 2000