Se tu vuoi puoi

“Cristo ha preso le nostre infermità e si è caricato delle nostre malattie” (cfr Mt 8,17)
Se tu vuoi puoi Signore, ne sono certa e me lo ripeto e te lo ripeto ogni volta che la prova mi schiaccia, mi impedisce anche solo di sollevare la testa, di articolare un suono, di chiedere aiuto.
Ogni volta che questo accade, sempre più spesso, purtroppo, mi presento con il mio corpo flagellato, tormentato, sanguinante e straziato da dolori terrificanti, dolori disumani, ogni volta Signore penso a te che mi ami e che hai compassione di tutti, che devo solo aspettare, aspettare il mio turno, perchè anche a me sia dato di riposare un poco all’ombra delle tue ali.
I tempi dell’attesa si sono fatti sempre più lunghi Signore, e io sono qui a mendicare un segno tangibile del tuo amore.
Quando ero piccina e fui strappata dalle braccia dei miei genitori e fui allontanata da casa, per dormire mi bastava che la zia o una vicina di casa m posasse le dita sugli occhi.
“Mi chiudi l’ucchie?” dicevo per fuggire i fantasmi della notte e trovare pace e ristoro, per allontanare i brutti pensieri, per non alimentare nostalgie che mi avrebbero fatto solo soffrire.
Il sonno arrivava immediato, allora, perchè quel calore delle dita bastava al mio bisogno di allora.
Oggi che non vivo la lontananza da nessuno, che anzi vivo intimamente legata alle persone più bisognose con l’affetto, con la preghiera, con la compassione, con lo sguardo e con il calore che da te mi viene, ne sono certa, oggi ho bisogno di chi mi chiuda gli occhi, non per dimenticare gli affanni e gli abbandoni, ma per dare riposo a questo corpo straziato da mille dolori.
Le mie notti sono notti di guerra, di coprifuoco, di lotte sataniche di chi vuole spartirsi la preda.
Tu lo sai Signore cosa accade la notte , tu vedi e credo provi compassione per questa situazione che diventa sempre più gravosa e invalidante.
Sono stanchi i miei occhi di guardare in alto, stanca di soffrire, stanca di vivere questa battaglia senza fine.
So che sei al mio fianco che con Maria e tutti i santi e gli angeli del paradiso fate una barriera impenetabile e inaccessibile perchè i nemici piantino il vessillo sulla preda.
Ma i tempi si sono ristretti e io non riesco a vivere senza il calore delle tue dita poggiate sui miei occhi.
Ho bisogno di riposare Signore, lo sai, riposare fisicamente, perchè non c’è bisogno che te lo dica, sono un essere umano e tutto quello che mi accade mi sembra un esagerazione.
Sono fin dal grembo di mia madre vissuta in un clima di forte tensione, di guerra, di paura, di fuga e di nascondimenti, di buio anche quando c’era il sole perchè dovevamo nasconderci per non farci prendere dai nemici.
Eravamo sul fronte nel 1943 e arrivò il tempo in cui gli amici e i nemici si sono cambiate le maschere e noi non sapevamo riconoscerli.
Oggi continua questa dolorosa e perenne battaglia tra il bene e il male, di cui il corpo porta i segni.
Io però mi tengo poderosamente attaccata a te, alla tua Parola, anche quando e specialmente quando non ti vedo, non ti sento e lontano non si vede segno alcuno di cambiamento.
Io aspetto e soffro Signore.
Vorrei farlo con te, percepirti vicino quando mi assalgono i flutti di morte, quando il dubbio e la ribellione mi destabilizzano, quando la fede è messa a dura prova e
devo ancora aspettare.
Maria vieni in mio aiuto, ti prego, mentre corri ad aiutare Elisabetta con Gesù nel tuo grembo, non ti dimenticare di me che sono sola, povera e infelice, che ho bisogno estremo bisogno di ritrovare la gioia di vivere, la gratitudine a Dio per avermi scelta a collaborare con Lui al suo progetto d’amore.
Non mi lasciate sola, santi tutti di Dio, vi prego, come avvenne quando ero piccina, sola con gente estranea, non mi lasciate sola a combattere questi giganti che mi vogliono distruggere e fare un pasto con le mie membra, non mi lasciate sola, perchè ci sono momenti che mi sembra di venir meno e morire senza poter elevare a Dio il mio inno di grazie.
“Egli ha preso le nostre infermità e si caricato delle nostre malattie”. L’hai detto attraverso le parole del profeta Isaia. L’hai detto e lo farai Signore mio Dio

Scelte

“Larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione.( Mt 7,13)
Le letture di oggi sono ricche di stimoli e ho difficoltà a scegliere ciò che è importante per crescere nella fede, nella speranza, nella carità.
La scrittura è un forziere pieno di cose preziose , ma come spesso accade davanti ad una tavola sontuosamente imbandita ci sentiamo disorientati su cosa scegliere, cosa mangiare per primo.
Mi piacerebbe che fossi tu Signore a scegliere per me ciò che in questo momento mi è utile necessario per questo momento, per quest’ora, per questo tempo che tu mi doni di vivere.
Un tempo dove avevo gli occhi avevo le mani e non avevo difficoltà a scegliere la parte migliore, tanto che di questa abilità si servivano anche i miei più intimi amici, come anche i miei familiari.
Questa attitudine valeva per ogni cosa che mi riguardasse, mi interessasse, tanto che non provavo nessun gusto a godere di un bene che un altro aveva scelto per me.
Era il mio vanto, ciò che mi connotava e mi faceva esistere, trovare sempre ciò che comportava un minimo investimento e mi dava il massimo profitto.
Certo che questa abilità non è per niente evangelica, perchè ho pensato, così facendo di semplificare e arricchire la mia vita senza dare agli altri nulla che non fosse una semplice indicazione dei luoghi e delle modalità per riuscire a fare e ottenere il meglio da qualsiasi cosa.
Ripensando al passato penso di essere stata profondamente egoista, perchè ho sempre rivendicato a me la parte migliore, e la capacità, bravura tutta mia di trovarla e goderla da sola.
Oggi in Vangelo ci parla di porta stretta, di strada disagevole per entrare in Paradiso. Con la modalità di un tempo sicuramente non sarei andata da nessuna parte e mi sarei sicuramente persa.
Allora mai mi sfiorò l’idea che la parte migliore non è quella che appaga gli occhi, il ventre e le tasche, ma l’ascolto della tua Parola come tu Signore dicesti a Marta che si lamentava della non collaborazione della sorella che incantata si era seduta ai tuoi piedi per ascoltarti.
Oggi pendo dalle tue labbra Signore e la scrittura mi mette davanti un peccato che non fu solo dei nostri padri, ma ci fu trasmesso e che continuiamo a fare. Quello di scegliere per primi la parte migliore, partendo da noi e non da te o dalle persone in cui tu ti nascondi e hai deciso di abitare.
Lot scelse la terra più fertile e feconda, Abramo lo permise perchè era certo che tu avresti realizzato la tua promessa.
Permetterti di scegliere al posto nostro, questo vorrei chiederti Signore questa mattina.
Io non so quale sia in questo momento il bene per me, la strada da percorrere giusta per arrivare dove tu vuoi e io voglio perchè so che la tua volontà è volontà di bene.
Una scelta l’ho fatta e su questa non torno indietro, a costo di farmi ammazzare.
Ho scelto te, Signore, come padrone della mia vita, come unico riferimento di ogni decisione. Non voglio più approfittare della mia capacità di scegliere il meglio secondo il mondo, ma il meglio secondo te.
Al giovane ricco tu hai detto che una sola cosa gli mancava, vendere tutto e seguirti.
Io sono ancora tanto lontana da questo obbiettivo che coltivo nel cuore.
Vendere tutto quello che ho ammassato servendomi della mia straordinaria capacità di riconoscere il valore delle cose senza fatica, e appropriarmene.
Mi dico sempre che devo alleggerire la mia borsa, devo ridurre al minimo i miei bagagli altrimenti in quella porta non ci entrerò mai.
Perchè Signore è così difficile espropriarsi delle cose che ci si sono attaccate addosso, tanto ci siamo affezionati ad esse?
Ci sono perle, cose preziose che tu ci dici di mantenere, di non buttare ai porci.
Allora significa che non di tutto dobbiamo spogliarci, che ci sono cose che ci appesantiscono e cose che ci mettono le ali ai piedi.
Allora Signore fammi capire la differenza tra ciò che serve e ciò che è da buttare, aiutami a discernere ciò che dura da ciò che muore, dammi il bagaglio giusto per combattere i nemici e arrivare sana e salva alla meta.
Confido in te Signore, confido nell’aiuto di Maria che ho accolto nella mia casa e che non reclama diritti, se ne sta in silenzio e in attesa che io torni a vivere con lei tutte le occasioni in cui c’è bisogno di ritrovare la gioia.

Eredità

” Non giudicate, per non essere giudicati” (Mt 7,1)
” Beato il popolo che Dio ha scelto come sua eredità” recita il Salmo 32.
Mi sono chiesta questa mattina che connessione c’era tra la prima lettura che parla di Abramo a cui il Signore comanda di lasciare la sua terra verso un luogo che non sarà suo ma della sua discendenza e il passo del vangelo in cui Gesù ci mette in guardia dal giudicare senza esserci prima fatti un serio esame di coscienza.
“Non è bene che l’uomo sia solo, voglio fargli uno che gli stia di fronte, uno che gli faccia da specchio, uno che risponda di lui e gli risponda” Più o meno questo è il significato della parola che troviamo nell’ultima traduzione CEI”uno che gli corrisponda”.
Dio quando ha creato l’uomo maschio e femmina lo ha messo in un giardino, simbolo di una relazione di dono, una relazione feconda e felice, una relazione che porta frutto.
Ma quel giardino era il progetto, era l’eredità che Dio voleva consegnare ad ogni uomo appartenente alla sua famiglia.
Ecco quindi la necessità di seguire i suoi consigli perchè il giardino conservasse la meraviglia dell’inizio realizzando il sogno del contadino del cielo.
La storia dell’uomo quindi comincia con un sogno, un disegno da realizzare.
Come quando costruiamo una casa dove abitare non possiamo fare a meno del progetto dell’ingegnere e di chi diriga i lavori, persone che dobbiamo scegliere con cura, perchè noi non possiamo improvvisare un’arte divina.
Ma bisogna che ci sia una terra su cui costruire il sogno, il giardino, la casa.
Dobbiamo lasciare la nostra terra come fu comandato ad Abramo e metterci in cammino guidati dalla parola di Dio, spinti dal soffio dello Spirito alla ricerca del luogo di cui godranno i nostri figli.
Un cammino, un esodo per le generazioni future, frutto del tuo essere benedizione.
Benedire e non maledire, dire bene di qualsiasi cosa, qualsiasi luogo in cui Dio ci ha fatto sentire la sua presenza. Alzare un altare a memoria di quella sosta di crescita.
Durante il cammino Dio chiarifica il nostro desiderio purificandolo da qualsiasi motivazione egoistica.
La terra promessa è il luogo dove le generazioni future potranno vivere in armonia nella comunione dei beni, avendo ereditato l’arte di fare la pace dai loro genitori, dai loro nonni e bisnonni, arte di trovare vie di riconciliazione evangeliche.
E’ importante quindi ricordare che in questo percorso insieme ad Abramo dobbiamo imparare prima di tutto a non giudicare il nostro prossimo, ma a farci aiutare dalla persona che ci sta di fronte a toglierci le scorie dagli occhi che ci impediscono di vedere bene l’altro.
Abramo aveva come interlocutore e garante Dio per ogni relazione intessuta nel suo cammino.
Noi abbiamo Gesù, il nostro specchio che si serve di tutti i suoi figli per dirci la verità che ci abita, una verità che conquistiamo strada facendo, man mano che possiamo sopportarne il peso.
E sarà gioia in cielo come in terra quando tutti gli uomini saranno in grado di godere dell’eredità promessa, l’amore di Dio messo in circolo da ogni uomo che prende vita donandola agli altri.

” La Gloria di Dio è l’uomo vivente”( S. Ireneo)

” Voi valere più di molti passeri”(Mt 10,31)

Ci sono momenti in cui pensi di non valere niente, di essere sbagliato, di aver lottato invano per una giustizia che è di là da venire, momenti che ti senti cadere le braccia perché il tuo fallimento ti sta davanti e tutto sembra crollarti addosso, momenti che ti senti un nulla, non amato, non cercato, rifiutato dai più intimi che un tempo ti mettevano sugli altari..
Momenti in cui ti prende uno scoraggiamento tanto grande da schiacciati, perché ti rendi conto di quanto sei piccolo, inutile, incapace, di quanto poco valga la tua vita per gli altri che ti hanno messo da parte, ti hanno dimenticato.
Ci sono momenti in cui la preghiera sale strozzata dal cuore e si ferma e rimani in silenzio, dopo aver constatato l’inutilità di tante parole che tu hai rivolto all’Eterno…
Ci sono momenti in cui ti senti polvere sulla bilancia, un granellino microscopico che una piccola folata di vento può spazzare, portare via lontano chissà dove.
Ci sono momenti in cui tutto ti sembra grande, troppo grande per te, gli ostacoli insormontabili, la paura che ti schiaccia, il deserto che si estende a dismisura…
Ci sono momenti in cui l’orizzonte è immobile come il tuo cuore che con le orecchie è teso a percepire un minimo movimento per convincerti se sei ancora vivo.
Ci sono momenti in cui quel Dio che hai celebrato nelle tua carte lo vedi presente ovunque, ma è troppo grande, irraggiungibile, lontano, incomprensibile.
Ci sono momenti che pensi ti si sia rotta la radio, è andata via la connessione, hanno tolto la corrente e tu sei rimasto al buio.
Sono quelli i momenti in cui il Signore ti richiama alla mente parole di speranza, parole di vita.
” Chi è l’uomo perché te ne curi, il figlio dell’uomo perchè te ne ricordi?.
Se ti fermi alla domanda soccomberesti.
” Eppure l’hai fatto poco meno degli angeli, di Gloria e di onore lo hai coronato, tutto hai messo ai suoi piedi”.
Ci sono momenti in cui non vedi la Gloria, non vedi l’onore, non tocchi le sue ferite. Non ci riesci perché le tue ti sembrano estremamente più grandi e dolorose.
Non riesci a benedire il Signore che ti ha dato consiglio, non ti interessano tanti suoi benefici perché stai male e continui a star male da tanto, da sempre.
Ti sembra di essere nata malata, di aver sempre sofferto che la gioia ti è sempre stata negata.
Ci sono momenti in cui il libro della vita sembra sigillato nelle pagine luminose e gloriose della Sua presenza vivificante e la memoria incapace di ricordare.
Ci sono momenti in cui il silenzio è l’unico protagonista della tua muta preghiera, una preghiera che sale dal profondo dell’anima che continua a sperare che il Signore si accorga di te, che ti chiami, che ti parli, che ti risponda, che si prenda cura di te.
” Due passeri non si vendono per un soldo? Eppure nessuno di essi cadrà a terra senza che il padre vostro lo voglia”
” Voi valere più di molti passeri”
“Non ti ho detto se credi vedrai la Gloria di Dio?” (Gv 11,40)
Continuare a credere, in qualcosa o in Qualcuno?
Sento forte dentro di me la tensione verso la Persona che mi ha chiamato fin dal ventre di mia madre, sento che devo attendere in silenzio la sua venuta.
” L’attirerò nel deserto e la farò mia sposa per sempre”.
L’hai detto Signore e lo farai.
Sono qui nella stanza segreta del mio cuore dove ho trovato ancora semi di speranza nella Tua Parola.
Non posso vacillare.
Tu mi verrai in aiuto, perché sei Dio e non uomo e non dimentichi le tue promesse.
Tutta la terra è piena della tua Gloria…. la Gloria di Dio è l’uomo vivente…
Fa che io viva o Signore, fa che creda al potere del tuo amore!

Profezie

“Io ti renderò luce delle nazioni”( Is 49,6)
Oggi si festeggia la nascita di San Giovanni Battista il più grande dei profeti perchè ha riconosciuto Gesù fin dal grembo materno e lo ha indicato agli uomini per primo.
Molti profeti parlarono del Messia che sarebbe dovuto venire, ma lui fu l’unico che ne preparò il ministero e lo indicò agli uomini come agnello di Dio che toglie i peccati del mondo.
Prima che si aprisse il cielo e Dio parlasse e presentasse il figlio nel Battesimo di Gesù alle acque del Giordano, Giovanni, il precursore, illuminato dallo Spirito santo, lo indica al mondo.
Di Giovanni mi colpisce l’umiltà, la vita passata nel nascondimento, nel silenzio e nella preghiera, una vita non facile, di privazioni di ogni tipo per concentrarsi sull’essenziale, sulla Parola che ci avrebbe cambiato la vita.
“Dalla sua bocca esce solo rumore” disse a me la logopedista dopo l’ennesimo episodio di afonia, a me che facevo l’insegnante e che della voce avevo assoluto bisogno.
La voce l’aveva testata con una macchina che quando parlavo faceva delle orribili e inaudibili scariche nere. A differenza di quello che succedeva quando lei era a parlare che sul monitor uscivano fiorellini e uccellini.
E’ stata dura digerire quella diagnosi profetica perché, se penso a quei tempi, non posso che confermare quanto mi era stato diagnosticato.
Con le mie malattie i medici molto difficilmente ci hanno preso, ma quella volta ( me ne accorsi con gli anni) quella persona aveva colto nel segno.
Dovevo incontrare il Signore per imparare a parlare, dopo aver atteso la sua voce nel silenzio sonoro del vento leggero.

Appartenenza

” Il Signore ti ha scelto per essere il suo popolo (Dt 7,6)
Mi chiedo perchè io stia scrivendo, facendo uno sforzo sovrumano, quando in fondo ciò che era importante e che è importante finalmente l’ho capito e il cuore mi si è riempito di gratitudine, di tenerezza, di amore.
Ogni volta che ho letto il passo del Deuteronomio che la liturgia ci propone nel giorno della festa del Sacro Cuore di Gesù, mi sono sempre commossa e ho fatto mie le parole relative alla scelta, al popolo particolare, all’appartenenza di ognuno di noi a Dio.
Ma il mistero della sofferenza continuava a rimanere insoluto, perché, se sei malato o sfigato, significa che Dio ti ha scelto, ti vuole bene, perchè con il tuo dolore, con le tue sofferenze vuole farci qualcosa di speciale che in fondo è salvare le anime lontane da Lui.
Ti chiama a collaborare Dio, quando e specialmente se stai male, perchè sei associata alla passione di Cristo, diventi intima a Lui, una sola cosa, sì che il tuo dolore diventa il suo dolore, la tua pena la sua pena.
Quando riesci a connettere e il dolore non ti strazia la mente oltre che il corpo, puoi anche gioire di questa straordinaria occasione di fare comunione nientemeno che con Dio, averlo compagno di letto, di stanza, di cella.
Ma arriva il momento che questa beatitudine diventa una condanna, quando la prova si prolunga più del dovuto e la croce è tutt’altro che a collocazione provvisoria.
Vorresti fuggire portandoti dietro un siffatto compagno, fuggire dal dolore quotidiano, fuggire dal corpo, dormire un sonno senza sogni, senza più svegliarti, tanto stai male, tanto il dolore ha corroso tutte le tue ossa e ti si è attaccato ai nervi, ai muscoli, alla pelle, a tutto.
Il cuore continua a battere, il cuore dice che sei viva, il cuore ti dice che Dio non ha finito di parlarti, di scriverti lettere d’amore.
Ti giri e ti rigiri nel letto, la lava scende copiosa sulle tue spalle, la ferita al seno per il recente intervento ti fa male, la spalla è bloccata, i piedi sono avvolti da filo spinato incandescente.
Eppure avevo ricominciato a dormire dal lunedì di Pasqua dopo mesi, anni di questo calvario, dormire come dormono gli uomini, gli esseri umani alla fine della giornata.
Tre mesi di antivirale con il criterio ” ab iuvantibus” associato alla noveva a San Giuseppe, aveva compiuto il miracolo.
Ma il risveglio mi riproponeva tutti i problemi accantonati in queste notti di tregua.
Purtroppo quando dormi non puoi gioire dello star bene, nè del non avere dolore, perchè si riprende a leggere da dove avevi lasciato il segno, appena ti svegli.
Dio ti sceglie, Dio ti ama.
Continuavo e continuo a ripetermi le parole che i mie amici mi dicono per sollevare la pena.
Ma che amore è questo che ti fa soffrire in questo modo?
Questa mattina, anzi questa notte ripensavo al privilegio che avevano i malati per mia madre.
Mia sorella per prima che ha avuto la poliomelite, poi mio fratello che la faceva disperare perchè non mangiava e poi la sorella più piccola nata con tanti problemi.
Mia madre, mi sembrava che volesse bene solo a loro, perché di me si serviva per essere aiutata nelle faccende domestiche e per essere sostituita nella gestione della casa quando era al lavoro o lontana.
Una volta sposata, mi sono presa la rivincita e per 15 anni dovette occuparsi a tempo pieno di me e di tutta la mia famiglia fino a quando divenni un po’ più autonoma.
Mia madre mi teneva sul palmo della mano, ora me ne sono resa conto, e di me si vantava e mi proponeva come modello di figlia perfetta anche se sfortunata.
Noi vediamo le cose in modo frammentario e distorto a seconda della distanza e della posizione.
Sempre una parte, mai il tutto che ti appare più chiaro man mano che te ne allontani.
Così mi sono riconciliata con mia madre, purtroppo dopo la morte e prego perchè goda finalmente nel riposo di Dio.
Oggi è la festa del cuore di Gesù.
Il cuore è il luogo dei sentimenti, delle passioni, dei ricordi, delle scelte, il terzo occhio come lo chiama Giovanni.
Questa mattina leggendo il passo che la liturgia ci propone, non ho potuto fare a meno di pensare alle scelte di Dio.
E mi è venuto in mente che non ti sceglie perchè ti vuol dare la croce, ma perchè vuole aiutarti a portarla.
Ti sceglie perchè sei bisognoso d’aiuto, perchè da solo non ce la faresti mai ad arrivare, ti sceglie perchè ha un cuore di madre e di padre, ti sceglie perchè sei affaticato e oppresso e gli dispiace e ti chiama, ogni volta che ti allontani da Lui.
“Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi, io vi darò ristoro”.
Quanta sete Signore in questo deserto, quanto silenzio, quanta desolazione!
Tu ci vedi, tu ascolti il nostro lamento, tu vedi, tu provvedi

PADRE NOSTRO

“Non abbandonarci alla tentazione” (Mt 6,13)
Oggi Gesù ci dice come pregare, a chi rivolgerci, cosa chiedere. Intanto non sprecare parole, che è un consiglio a mio parere molto giusto anche se io non ne sono capace.
Penso che per non sprecare parole è importante sapere, essere convinti, credere che la persona a cui stiamo parlando è Dio nostro Padre, per i meriti di Cristo, in virtù del nostro Battesimo.
Non stiamo quindi parlando ad una persona sconosciuta a cui dobbiamo spiegare tutto perchè ci capisca.
Se per noi è sconosciuta noi non lo siamo per Lui che ci ha creati e siamo suoi e ha pagato per il nostro riscatto il prezzo più alto che un Padre posa pagare per riavere il figlio, perchè il figlio torni a godere dei benefici della sua casa.
Già se ci soffermiamo sulla parola Padre nostro ( non solo mio , che quindi si occupa non solo dei miei interessi, dei miei bisogni, ma di tutti), padre della famiglia in cui Gesù ci ha incorporati con il suo sacrificio, non possiamo che entrare nella sua pace.
E’ straordinario come le corde del cuore vibrino, quando questa straordinaria realtà ti entra dentro, raggiunge i gangli vitali del tuo corpo e senti la bellezza, la dolcezza, la consolazione, il conforto, la pace, la gioia, la gratitudine di appartenergli.
Cosa possiamo chiedergli che Lui non abbia già provveduto a darci?
Un padre vede e provvede, un padre prevede, perchè sa ciò che sappiamo e possiamo fare e ottenere con le nostre forze.
Lui ci mette quello che ci manca, come nelle famiglie del mondo che se non hai i soldi per comprarti la casa, quando ti sposi o vai a vivere da solo, la parte più grande la mettono i genitori, quando non te la regalano, se se lo possono permettere.
Tutto ciò che chiediamo nella preghiera che Gesù ci ha insegnato ci è già stato dato e la preghiera serve solo a dire sì, voglio i tuoi regali, voglio il tuo amore, voglio quel pane che mi fa vivere senza preoccupazioni il tempo che mi hai donato, un tempo eterno, un tempo infinito.
Se credo che tu sei Dio e sei mio Padre e che mio fratello è Gesù, è chiaro che non posso che auspicare la realizzazione del tuo progetto d’amore che passa attraverso vie per noi spesso incomprensibili e dure.
Noi vorremmo che il tuo regno si realizzasse senza spargimento di sangue, senza dolore, sofferenza, sacrificio.
Purtroppo ci siamo abituati a chiederti di toglierci le croci di dosso, più che a dire sia fatta la tua volontà.
Quando l’arazzo lo vedi a rovescio ti sembra un grande pasticcio, pieno di nodi, di fili intrecciati.
Il disegno è un guazzabuglio di fili contorti, una negazione della bellezza.
Quando prego, Signore, vorrei salire molto in alto, sopra le montagne, sopra le nubi, vorrei raggiungere i tuoi occhi e il tuo cuore per vedere quello che vedi tu e non smarrirmi.
Perciò abbiamo bisogno ogni giorno di quel pane quotidiano, che è il pane del perdono, dell’amore che non si misura, quel pane che mi ricorda che nonostante i miei dubbi, le mie ribellioni, la mia poca fede, tu continui ad elargirmi a piene mani.
Se potessi percepire quanto è grande il tuo amore ti chiederei solo di non abbandonarmi quando sono tentata di negarlo, quando mi ribello e voglio fare di testa mia.

Scavare

“Egli ci consola in ogni nostra tribolazione”(2 Cor 1,4)
Oggi il Signore ci parla di consolazione, di beatitudini nel momento della prova, della lotta per testimoniarlo, nella dura e difficile professione di fede quando ci manca, quando non lo vediamo, non lo sentiamo, quando ci sentiamo abbandonati e soli.
La preghiera diventa lamento e poi grido, urlo verso il cielo che non si apre, rabbia repressa perchè ti senti abbandonato al tuo destino di morte senza averlo mai rinnegato neanche un minuto.
Ieri sera è successo che il dolore mi divorava e la preghiera smozzicata, a brandelli non riusciva ad elevarsi pura e incontaminata al cielo per toccare il Suo cuore di Padre.
Maria era con me, come lo è stata in tutti questi giorni di guerra senza quartiere, Maria di cui, Signore perdonami, sentivo l’impotenza di fronte a tanto male.
Ho soffocato la rabbia, la ribellione ripetendo giaculatorie, stringendo tra le mani il crocifisso del rosario.
Cosa non ho fatto per mantenermi salda nella fede in Colui che solo mi può salvare?
Lui sa, Lui vede, Lui conosce. Avrà pietà di me e mi consolerà, mi dicevo.
Sono qui che aspetto le sue consolazioni, aspetto la sua acqua che disseta e rigenera, aspetto la tregua di un dolore che non si misura, aspetto la liberazione da tutti i lacci che mi tengono incatenata.
Ho cercato, mentre ero nel tubo stretto della risonanza, più stretto di una bara, sconvolta dagli spasmi che dal collo si irradiavano sulle braccia ingabbiate in una posizione innaturale, di pensare che quel sacrificio non era inutile e che il Signore mi chiamava a rompere le sbarre della prigione, chiamando a raccolta tutti gli angeli e i santi del paradiso, con Maria al mio fianco.
Lotta titanica che ha sortito solo l’effetto di aprire un piccolo varco da cui non è uscito nessuno.
Fatica inutile? Non so. Ho pensato che forse dovevo scavare sottoterra, perchè il bambino che dovevo liberare era sotto le macerie, il mio bambino malato che dovevo abbracciare.
Le immagini erano quelle della liberazione con le unghie, con le mani, con la forza della disperazione, con la speranza di trovare ancora viva la piccola vittima.
Durante quell’ora che è durata secoli di vita cosa non ho fatto per liberare il prigioniero? Ma non è uscito nessuno dalla fossa che avevo scavato.
Mi sono riportata da quell’esperienza di estrema preghiera un dolore scrastrante che per tutta la notte mi ha fatto urlare e pregare, una preghiera a cui si è unito il mio sposo.
Mentre io rimanevo in silenzio, stremata dalla fatica, guardavo la sua mano che con dolcezza e con fede invocava la misericordia di Dio su di me, attraverso Maria.
Ripensavo a quante volte il letto ci ha diviso, in passato, ha aumentato le distanze, a quante volte Asmodeo aveva affondato i suoi strali.
Ma adesso che i nostri corpi si uniscono per pregare, anche quando, come ieri sera io sono rimasta in silenzio, mettendo il bavaglio alla mia rabbia, alla mia ribellione, il Signore ci ha stretto in un abbraccio di vita e ci ha fatto sperimentare la consolazione nella tribolazione.
Per essere beati bisogna essere tribolati.
La beatitudine tocca solo a quelli che hanno fame, hanno sete, piangono, cercano Dio, non si ribellano, non si nascondono dietro meriti che non hanno, la beatitudine è per noi, per me che questa mattina ho invocato il nome del Signore ed Egli mi ha risposto.
Il bambino è venuto alla luce e si è lasciato guardare, coccolare, amare.

TERRA PROMESSA

Festa della ss. Trinità 


” Chi crede in Lui non è condannato”(Gv 3,18)
Nel mondo ci sono molte persone che dicono di credere in Dio, dandogli nomi diversi.
I Cristiani, pur non essendone consapevoli, credono nel Dio di Gesù Cristo, che è l’unico che lo conosce bene e lo ha visto e ci ha parlato e vive con Lui.
Non è differenza da poco credere in Dio e credere nel Dio di Gesù Cristo.
Il creato, le stelle, il sole, la luna, i fiori, il mare, i monti e gli alberi e il sorriso di un bimbo e l’abbraccio di due innamorati come un bel tramonto o la vicinanza amorevole di due vecchi che si tengono per mano …
Quante cose belle il Signore Dio nostro ha messo sotto i nostri occhi che parlano di Lui!
Eppure non basta e non è bastato, tanto che molti profeti hanno parlato e continuano per Lui, per far conoscere al mondo quanto è grande il Suo amore per l’uomo, quanto è disposto a fare per noi.
Ma siamo un popolo di dura cervice ed è stato necessario che la Parola, il Verbo si incarnasse.
Gesù, Figlio di Dio, un uomo come noi, con i nostri limiti, con la sua vita ci ha mostrato il volto del Padre..
Ma non ci ha lasciati soli, orfani, quando se n’è andato, ascendendo al cielo.
Lo Spirito Santo, purtroppo non molto conosciuto e invocato dalla maggioranza dei cristiani, oggi è la Persona della Trinità che ci rende presente il Figlio e il Padre, che ci ricorda, ci spiega, ci istruisce, ci introduce nel cuore di Dio.
Oggi è la festa della Trinità, la festa della nostra famiglia d’origine.
Oggi contempliamo e adoriamo la verità tutta intera.
“Dio creò l’uomo a sua immagine e somiglianza, maschio e femmina li creò”
Così il libro della Genesi presenta la creazione dell’uomo.
Mi sembra importante ricordarle oggi, perchè, se magari possiamo capire che significa essere immagine di Dio, in quanto suoi figli, per la somiglianza è necessario pensare alla libertà che ci viene data per aderire completamente al modello a cui si è ispirato.
La relazione tra le persone della ss Trinità è il modello, la terra da coltivare, per avere vita.
Dio Padre, Dio Figlio e Dio Spirito Santo non agiscono mai per un beneficio personale, ma l’uno rimanda all’altro, uniti nel pensare, nel volere e nell’agire.
Cosa che non accade purtroppo neanche nelle migliori famiglie.
Il problema dell’uomo è andare d’accordo con l’altro diverso da sè.
Ne sanno qualcosa i coniugi quando si svegliano dalla convinzione che l’altro è osso delle sue ossa e carne della sua carne.
Poi vediamo alla televisione come va a finire, anche se le famiglie che vanno d’accordo, le famiglie sane, non salgono agli onori della cronaca perchè non fanno notizia.
A noi invece farebbe tanto bene che ne parlassero, che testimoniassero pubblicamente qual è la ricetta per andare d’accordo.
Una coppia che si ama è un vangelo che cammina, un ostensorio vivente, perchè mostra al mondo il volto di Dio.
Una famiglia dove si coltiva l’amore, con l’aiuto di Cristo, è parabola di Dio uno e Trino, parabola del nostro destino di figli, chiamati a vivere l’amore trinitario, diventando uno in Loro.
La casa di Cristo sarà la nostra casa per sempre, se sapremo coltivare l’amore che ci ha donato.
Grazie Padre perchè mi hai creato, grazie Figlio perchè mi hai redento, grazie Spirito Santo perchè mi porti a godere dei frutti del Vostro amore.

Fede

“Io sono stato inviato per metterti alla prova”(TB 12,13)
Ci sono tante cose che ancora non capisco, tante che la Parola di Dio mi svela e tante che mi nasconde.
Nel testo che la liturgia del giorno ci propone l’angelo Raffaele dichiara che è stato mandato da Dio a Tobi per metterlo alla prova.
Per quello che ho capito leggendo il libro di Tobia, mi sembra che Raffaele sia stato mandato come “medicina di Dio”, vale a dire che è stato mandato per la guarigione materiale e spirituale di tutti i protagonisti della storia.
Grazie a Tobi che si lascia accompagnare e guidare dall’angelo, ma anche dalle parole e dall’esempio del padre, Sara sarà liberata dal demonio ammazzamariti, Asmodeo, i soldi saranno recuperati, la medicina per guarire il padre sarà portata a Tobia sì che ritrovi la vista.
Tobi si è fidato del suo accompagnatore e tutti vissero felici e contenti.
La prova per Tobi quindi è quella di non aver mai dubitato di Dio, accettando quanto il suo accompagnatore man mano gli suggeriva, senza il minimo dubbio che non fosse giusto.
Tobi non è diffidente, sa che da solo non può portare a termine il compito che il padre gli ha affidato e con umiltà segue il suo accompagnatore.
Noi facciamo fatica a fidarci delle persone, pensando sempre che siamo migliori, più bravi, almeno se non in tutto quello che dicono e fanno.
” Gareggiate nello stimarvi a vicenda” è scritto,”il primo di voi sia l’ultimo… chi si esalta sarà umiliato, chi si umilia sarà esaltato… non sono venuto per essere servito ma per servire… l’anima mia magnifica il signore perchè ha guardato l’umiltà della sua serva…”
Il passo del vangelo di oggi ci parla proprio dell’umile obolo della vedova, a cui Gesù dà più valore di tutte le ricchezze che versano nel tempio i benestanti, per farsi vedere, non privandosi di nulla, dando il superfluo a Dio, svuotando di senso il sacrificio a cui dovevano servire le offerte.
Così liturgia dei sabato della IX settimana del TO ci fa riflettere su quanto sia importante non apparire ma essere.
Davanti a Dio non si può barare, perchè Lui scruta il cuore e vede se gli offriamo il superfluo, se nel tesoro del tempio gettiamo monete false.
L’uomo creato a immagine e somiglianza di Dio è l’unica moneta che possiamo restituirgli perchè ne faccia un capolavoro.
Tobi, Sara, hanno attirato lo sguardo di Dio per la loro umiltà ” Ha guardato l’umiltà della sua serva” dice Maria nel Magnificat e possono essere certi di avere una ricompensa duratura.
In cambio dei nostri sacrifici spesi sull’altare di idoli muti noi riceviamo delusioni a non finire, ricompense che non durano nel tempo che non pagano e non appagano.
Sull’altare oggi voglio deporre il mio orgoglio che faccio fatica a mettere da parte e voglio con le parole di Maria dire” Eccomi, sia fatto di me come tu vuoi”