Il MESSAGGERO

Giovanni è il suo nome ( Lc 1,63)
La liturgia di oggi ci parla della nascita di Giovanni Battista e della voce che torna a Zaccaria, suo padre quando dice il nome suggerito dall’angelo.
Zaccaria era diventato muto all’annuncio dell’angelo perchè non credette che poteva avverarsi il miracolo di avere un figlio a tarda età.
Quando a Zaccaria fu chiesto il nome da dare al figlio, non ebbe dubbi a confermare ciò che sua moglie Elisabetta aveva detto quando vennero per circoncidere il figlio.
A quel  “Si chiamerà Giovanni” di Elisabetta fece eco  “Giovanni è il suo nome” , parole scritte su una tavoletta.
Quando fai la volontà di Dio ti torna la voce e a Zaccaria questo accadde sì che pronunciò il più bell’inno di lode a Dio dopo il Magnificat di Maria che tutta la chiesa ricorda e prega al mattino e alla sera nella liturgia delle ore.
Ma qui non può sfuggire l’accordo della coppia in sintonia con la grazia del vincolo contratto con il matrimonio.
Per uscire dall’ isolamento a cui ci condanna l’incredulità nella misericordia di Dio è necessario accordarsi.
“Quando due o più si riuniscono nel mio nome, io sono in mezzo a loro”
Questa coppia nella fede ha ritrovato il suo equilibrio andando controcorrente, non adeguandosi a stereotipi di tradizioni vincolanti e non vivificanti.
Dio voleva fare una cosa nuova, partendo da un nome che è un programma e una certezza” Dio salva, Dio ama”
E non è forse questo il compito assegnato ad ognuno di noi?
Comunicare al mondo l’amore di Dio con il nome che portiamo.
Non avevo mai riflettuto fino in fondo quanto conti chiamarsi in un modo piuttosto che in un altro.
Il nome ci immette in una storia, la nostra storia, e ci dà l’identità dalla quale non possiamo prescindere per vivere.
Oggi voglio meditare sul messaggio che Dio fa alla nostra coppia.
Spesso succede che la fede non sia condivisa dalla coppia.
Spesso uno dei due rimane indietro, e si fa fatica a procedere , perchè si arriva a non comunicare, a vivere da soli le gioie e i dolori della vita.
Molti si separano proprio per questa incapacità di comunicare, ma se uno dei due rimane fermo nella fiducia in Dio e nell’amore verso il suo sposo, sicuramente potrà accadere che le cose cambino e si trasformino in un rendimento di grazie e una benedizione.
Il benedictus è attribuito a Zaccaria, ma esprime la gioia e la riconoscenza dei due sposi, perchè è certo che Elisabetta quelle parole le aveva nel cuore da quando vide presentarsi alla sua casa Maria e il bambino le sussultò nel grembo.
“Benedetto il Signore , Dio d’Israele, che ha visitato il suo popolo…”
Ognuno di noi nella sua stanza segreta può dire “Benedetto il Signore, Dio d’Israele” senza mai perdere la speranza che un giorno lo si possa dire insieme, appena svegli, lo sposo e la sposa riconciliati da Dio che ha salvato il mondo cominciando dalla famiglia , dove il sì al Signore non vengono in contemporanea, ma quando vengono, cambiano il mondo e rendono visibile Dio.

Visite

” A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?”(Lc 1,43)
C’è sempre un momento in cui la madre del nostro Signore viene a visitarci.
Un momento particolare della nostra vita in cui abbiamo bisogno di lei, perchè ci porti Gesù, nella sua interezza, senza mistificazioni, il seme gettato dal cielo che attraverso di lei possa attecchire anche nella nostra terra dura all’aratro, inselvatichita, incapace di dare frutto.
Mi chiedo oggi quando la prima volta si è messa in viaggio per me, solo per me.
Devo tornare indietro nella memoria e mi sorprendo a scovare il primo segno della sua visita nel nome che porto, Maria, aggiunto al primo, come le mie sorelle, un nome che per mamma e papà era una garanzia per la nostra vita futura.
A capo del letto dei miei genitori pendeva un grande rosario e il rosario fu l’unico strumento che ho conosciuto ma mai usato per mettersi incontatto con il Padreterno, quando scoppiavano i temporali, quando bisognava sciogliere un voto, quando si doveva chiedere una grazia.
Nella mia casa di bambina non mi sono accorta che Maria veniva a trovarci, perchè viveva con noi e i grandi avevano con lei allacciato relazioni.
Non ricordo di aver mai fatto caso a tutto questo e non ricordo di essermi mai rivolta a lei se non una volta a Bologna, per intercedere a favore di un amica che desideravo passasse l’esame di storia greca, pur essendo impreparata.
Ricordo che in quell’occasione feci anche un voto, la prima ed unica volta che mi impegnai a rispettare una promessa con chi non conoscevo, andando a piedi a San Luca, perchè l’esame andò tanto bene che la ia amica prese il massimo e ci chiese pure la tesi.
Maria per me era unb optional negli anni del buio e della confusione, degli amori giovanili e delle speranze, della vita che ce l’hai in mano, chiusa in un pugno, forte del tuo volere è potere.
Ma si sa che i nodi vengono al pettine e i sogni tanto più vai in alto tanto più rischi di rotolare all’indietro e farti male molto male.
Così, senza riferimenti che non fossi io, mi trovai un giorno a divincolarmi dal dolore sul letto nella casa dei miei genitori.
Mio padre allora fece un gesto che mi lasciò molto stupita e scettica, un gesto di pazzia a mio parere, quello di rovesciarmi addosso una bottiglietta intera di acqua di Lourdes, gridando” Guarisci! Guarisci!”.
“Mio padre è impazzito”, pensai, ma poi gli eventi mi travolsero e ricordai questo particolare quando un’amica mi fece notare la data che io avevo annotato su un libro che avevo scritto sulla mia vita prima di incontrare il Signore, in cui parlavo dell’ultimo e decisivo incidente che aveva decretato la fine della mia attività lavorativa.
Era l’11 febbraio, ma a quel tempo non sapevo l’importanza di quella data, il suo valore storico e simbolico.
Maria era venuta a visitarmi, adesso ne sono più che certa, visto come poi sono andate le cose.
Maria è una donna discreta che c’è, ma ha imparato dal figlio ad aspettare che tu l’accolga nella tua casa.
Anche dopo la conversione continuai a pensare che fosse un optional perchè i rapporti li intrattenevo con il padrone di casa e potevo di lei fare a meno senza problemi.
Poi un giorno, molto provata dai prolungati silenzi di Dio, non riuscendo più a capire ciò che leggevo Libro della Vita, mi rivolsi al mio abituale interlocutore con queste parole: ” Io non ti capisco più. Adesso vado da tua madre che sicuramente ti capisce più di ogni altra persona e mi faccio spiegare come stanno le cose”
Cominciò nel 2007 il mio avvento, e con Maria a fianco mi sono messa in cammino per incontrare il vero Gesù.

Maria missionaria della gioia è venuta a visitarmi allora e continua a farlo ogni notte, infermiera, amica, sorella, madre, tutto ciò che posso desiderare per entrare nella casa di Dio di cui la grotta non è che lo scantinato.
Attraverso Maria entro nel castello del re, mi unisco allo sposo e con lei canto il mio magnificat.

Dimoreranno nella propria terra (Ger 23,8)

 
(Ger 23,5-8) Susciterò a Davide un germoglio giusto.
«Ecco, verranno giorni – oracolo del Signore –
nei quali susciterò a Davide un germoglio giusto,
che regnerà da vero re e sarà saggio
ed eserciterà il diritto e la giustizia sulla terra.
Nei suoi giorni Giuda sarà salvato
e Israele vivrà tranquillo,
e lo chiameranno con questo nome:
Signore-nostra-giustizia.
Pertanto, ecco, verranno giorni – oracolo del Signore – nei quali non si dirà più: “Per la vita del Signore che ha fatto uscire gli Israeliti dalla terra d’Egitto!”, ma piuttosto: “Per la vita del Signore che ha fatto uscire e ha ricondotto la discendenza della casa d’Israele dalla terra del settentrione e da tutte le regioni dove li aveva dispersi!”; costoro dimoreranno nella propria terra».
” lo chiameranno Signore, nostra giustizia”(Ger 23,6)
Oggi le letture ci parlano di giustizia, una parola che amiamo sbandierare per rivendicare i nostri diritti, ma che spesso bypassiamo quando riguarda i nostri comportamenti non proprio giusti.
Mi chiedo perchè siamo sempre pronti a puntare il dito sulle inadempienze altrui e così poco propensi a farci un serio esame di coscienza.
Dio, è scritto, susciterà il germoglio giusto, quello che ci ricondurrà nella nostra terra, la terra di Dio, la terra che Dio ha voluto condividere con noi, il campo dove ci ha chiamati a lavorare, ma che sarebbe infruttifero se non ci fosse lui.
” Nè chi pianta e irriga è qualcosa, ma è Dio che fa crescere” è scritto.
Voglio mettermi alla sua presenza questa mattina, presentarmi a lui come sono, una pianta inaridita, deturpata dal vento, dalla siccità, dagli uomini, con tanti rami secchi o tranciati di recente, voglio a lui chiedere uno sguardo di misericordia, perchè possa sperare di rinascere in un piccolo virgulto che ora non vedo, ma che si sta preparando a sfondare la corteccia dura del mio albero.
Chiedo a Dio di poter essere liberata da qualsiasi schiavitù, di poter ritrovare la forza e l’entusiasmo per il santo viaggio e riprenderlo con più lena, chiedo a Maria di starmi accanto, come al suo sposo Giuseppe, perchè mi aiutino a non perdere neanche una sillaba che esce dalla bocca di Dio.
A loro fu affidato il Redentore, l’Emanuele, e loro lo accolsero e se ne presero cura prima ancora che cominciasse a parlare, perchè Dio non smette mai di comunicarti il suo amore, anche quando è un piccolo seme, anche quando emette solo vagiti.
Ho pensato che Maria e Giuseppe non ebbero dubbi sul da farsi perchè da dentro la voce di Dio li istruiva e li guidava verso la realizzazione del suo progetto d’amore.
Tante cose non le capirono subito, ma si affidarono al Padre che sapevano essere al di sopra di ogni giustizia umana, si fidarono perchè forte  era il loro legame con chi li aveva generati.
La parola che questa mattina mi ha colpito è tratta dalla progezia di Geremia a ventitreesimo capitolo” Pertanto verranno i giorni, nei quali non si dirà più : Per la vita del Signore che ha fatto uscire dal paese d’Egitto, ma pittosto : Per la vita del Signore che ha fatto uscire  e che ha ricondotto la discendenza della casa di Israele dalla terra del settentrione e da tutte le regioni dove li aveva dispersi: costoro dimoreranno nella propria terra”.
La terra che bramo, che desidero, che cerco, che voglio con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutta me stessa è l’amore di Dio è quella terra in cui si mossero Maria e Giuseppe prima che spuntasse il germoglio sul tronco di Iesse, la terra in cui si mossero non solo spiritualmente, ma anche e soprattutto umanamente, quando si trovarono a confrontarsi con il mistero dell’incarnazione, quando Gesù divenne un dono scomodo, un dono di cui non capivano la portata, quando dovettero difenderlo dalla ferocia di Erode, quando tutto sembrava contraddire le promesse di Dio.
Quella terra vorrei coltivare, vorrei essere capace di capire quando è tempo di seminare, quando di aspettare e vigilare, quando è tempo di raccogliere.
Come vorrei vivere in un rendimento di grazie continuo la mia collaborazione a che la terra ridiventi un giardino profumato con tutti i colori dell’arcobaleno.
Quanto sarebbe bello, o Signore, vivere l’intimità della tua casa, sentirmi avvolta e protetta dal tuo amore, quanto vorrei che i brutti pensieri, le paure,  le sofferenze del momento presente non offuscassero i tuoi raggi, non impedissero a te di far germogliare la vita.
Signore continua ad irrigare la nostra terra, ti prego, continua a rialzarci ogni volta che inciampiamo e ci scoraggiamo.
Continua Signore a  mandare il tuo Spirito e a stupirci per i nuovi germogli che spuntano da piante  destinate a morire.
Maranathà, vieni Gesù!
E tu Maria non mi lasciare la mano, continua a chiudermi gli occhi come ogni sera, continua a tenermeli aperti quando passa Gesù.

Il Signore è vicino!

Meditazioni sulla liturgia della III domenica di Avvento 
( anno C)
 
LETTURE:(Sof 3,14-18)Il Signore esulterà per te con grida di gioia.;
SALMO (Is 12)  Rit: Canta ed esulta, perché grande in mezzo a te è il Santo d’Israele.;
(Fil 4,4-7) Il Signore è vicino!;
VANGELO (Lc 3,10-18)E noi che cosa dobbiamo fare?
 
” E noi che cosa dobbiamo fare?.”(Lc 3,10)
Oggi è la domenica della gioia, quella gioia che mi conquistò quando entrai per la prima volta ( in verità non era la prima, visto che avevo frequentato per 16 anni un istituto di suore, che a messa bene o male c’ero andata sempre, salvo gli ultimi anni) eppure mi viene di dire la prima volta che entrai in una chiesa.
Si entra con il corpo ma non con il cuore tante volte in una casa, in una storia, in una situazione.
Ecco quel giorno il corpo e il cuore erano sintonizzati se ne ricordo esattamente la data e le parole che ascoltai.
Era giunto il momento di accontentarsi di quello che la vita ti dava, di quello che riuscivi a vedere, sentire, fare.
Quel giorno era importante per me cercare una sedia al riparo dai rigori dell’inverno, in un luogo appartato e silenzioso, per starmene per conto mio.
Fu la gioia prorompente delle lodi del mattino che erano recitate in quella chiesa che mi svegliarono dal sonno e mi fecero tendere le orecchie.
Fu un giorno memorabile quello di una gioia scoperta lì dove mai avrei pensato.
La gioia nella Parola di Dio che non conoscevo e quella dei fedeli che la proclamavano con convinzione.
Erano pochi ma a me bastarono per invidiarli e desiderare di nutrirmi dello stesso cibo.
La mia vita è state avara di gioie solevo dire fino a poco tempo fa e l’unica cosa che mi invidiano le persone è il marito che mi segue e mi accompagna.
Anche io penso la stessa cosa… basta accontentarsi, come dice la Scrittura.
Ma io sono una che non si è mai accontentata, che ha sempre guardato non a quello che aveva ma a quello che mi mancava.
Non l’ho preteso dagli altri, però, ma da me stessa e ho cercato di rimediare cercando dentro di me tutto ciò che mi serviva per non soccombere.
Dio in questa storia dell’Antico Testamento, non ce l’ho fatto entrare e le mie gioie erano frutto di sudore, fatica, bravura mia e solo mia.
Oggi la liturgia da un lato ci pone la gioia annunciata a Sion, a Israele, a noi, uno per uno, perchè è finita la condanna, il dolore, il martirio, la persecuzione, la morte.
Ma la cosa sconvolgente è che Dio esulta di gioia per la sua sposa.
Mai abbastanza mi sazierò di questo Dio che si commuove, che soffre e che gioisce, che è vicino a noi nella gioia e nel dolore nella salute e nella malattia.
La perfezione non sta nell’impassibilità davanti ai nostri problemi, ma la sua partecipazione in anima e corpo a tutto ciò che ci affligge o ci fa stare bene.
” La gioia del Signore sia la nostra forza!”…Quando sentivo il sacerdote congedarci con queste parole non ho mai pensato alla Sua, al Suo cure di carne che esultava per la sua sposa.
Sono sempre più innamorata di questo Dio dal volto umano, un Dio che parla, che ama, che soffre, che spera.
Un Dio che ogni anno ci ripropone il mistero dell’incarnazione, la bellezza del nostro credo in una Persona viva che cammina con noi e che porta la parte più pesante del nostro bagaglio.
” Rallegrati piena di grazia, il Signore è con te!” disse l’angelo a Maria, annunciandogli il concepimento del Figlio di Dio destinato ad essergli Sposo per sempre.
Il cammino dell’Avvento è un cammino nuziale, perchè non puoi amare lo Sposo se non l’hai prima partorito, e non puoi essere madre se non hai fatto esperienza di essere figlia amata sopra ogni altra cosa dal tuo Creatore.
Il Natale è possibile se viviamo nell’ascolto della Parola che era in principio, che era presso Dio che era Dio, come dice Giovanni.
Il cammino per partorire Gesù è quello di un’infinita miseria presentata a Dio perchè la trasformi in utero fecondo di Gioia senza fine.

Aperture

 
Meditazioni sulla liturgia di lunedì 
della II settimana di Avvento
 

VANGELO (Lc 5,17-26)
Un giorno Gesù stava insegnando. Sedevano là anche dei farisei e maestri della Legge, venuti da ogni villaggio della Galilea e della Giudea, e da Gerusalemme. E la potenza del Signore gli faceva operare guarigioni.
Ed ecco, alcuni uomini, portando su un letto un uomo che era paralizzato, cercavano di farlo entrare e di metterlo davanti a lui. Non trovando da quale parte farlo entrare a causa della folla, salirono sul tetto e, attraverso le tegole, lo calarono con il lettuccio davanti a Gesù nel mezzo della stanza.
Vedendo la loro fede, disse: «Uomo, ti sono perdonati i tuoi peccati». Gli scribi e i farisei cominciarono a discutere, dicendo: «Chi è costui che dice bestemmie? Chi può perdonare i peccati, se non Dio soltanto?».
Ma Gesù, conosciuti i loro ragionamenti, rispose: «Perché pensate così nel vostro cuore? Che cosa è più facile: dire “Ti sono perdonati i tuoi peccati”, oppure dire “Àlzati e cammina”? Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di perdonare i peccati, dico a te – disse al paralitico –: àlzati, prendi il tuo lettuccio e torna a casa tua». Subito egli si alzò davanti a loro, prese il lettuccio su cui era disteso e andò a casa sua, glorificando Dio.
Tutti furono colti da stupore e davano gloria a Dio; pieni di timore dicevano: «Oggi abbiamo visto cose prodigiose».
Parola del Signore

” Coraggio non temete!”( Is 35,4)
Ogni volta che mi trovo in un particolare stato di sofferenza e di prostrazione mi si ripropongono, quasi per magia parole di speranza, di guarigione, di salvezza.
Ne ho bisogno senza dubbio, ma non sempre riesco subito a farle mie perchè, non è che l’età ci tolga i problemi, anzi infierisce sulle nostre stanche membra, fiaccate da tante battaglie e aumenta per così dire la dose di quello che naturalmente tocca ad ognuno, se non viene meno prima.
Il peso di una vita avara di gioie sembra offuscare il cielo che a Natale è terso, almeno  quello dei presepi di cartapesta, per distinguere la stella cometa che ci porterà davanti a Gesù.
Lui viene nonostante noi ci ostiniamo a non costruire strade percorribili,  per andare incontro all’altro nella nostra convulsa o statica quotidianità.
Se ci facciamo caso i personaggi del presepe non sempre sono posizionati in luoghi accessibili e rimangono fermi perchè nessuno ha provveduto a spianargli una strada.
Me lo fece notare Giovanni, il primo dei miei nipoti, quando orgogliosa gli presentai il mio capolavoro con monti, fiumi, laghi e cielo stellato e tante tante statuine.
Dicevo che fu lui ad accorgersi che in tanta perfezione incastonata negli anfratti della grande libreria della sala,  per la maggior parte dei personaggi, a meno di precipitare, non c’era una via che portasse alla grotta.
Giovanni Battista ieri ci viene presentato come uno che prepara la via del Signore, grazie a Dio, e nel Vangelo Gesù sempre ieri,  invitava a pregare perchè il padrone della messe mandasse operai alla sua messe.
Oggi vediamo gli operai all’opera che sfondano il tetto della casa dove si trova Gesù e ci fanno scendere un paralitico.
L’effetto immediato di tanto sforzo è un’assoluzione dai peccati che crea scandalo negli astanti.
La via che Giovanni ha preparato è una via di conversione, di pentimento, non una panacea di lunga e prospera vita su questa terra.
La via è quella di un serio esame di coscienza per prendere atto di quanto abbiamo bisogno della misericordia di Dio, del segno che attraverso Gesù Dio ci ha dato, sacrificando suo figlio.
Domani il papa inaugura, aprendo la porta santa,l’anno della misericordia,  il giubileo straordinario.
Guarda caso che la misericordia ha bisogno sempre di passare attraverso una via, una porta, una strada che il Signore percorre incontro a noi e che noi dobbiamo percorrere per rifugiarci nelle sue braccia.
( misericordia e coraggio hanno a che fare con il cuore)
Non sempre il Signore trova aperte le porte, spalata la neve davanti agli usci delle case, abbattuti i muri dell’orgoglio e dell’autosufficienza, non sempre il Signore riesce a farci partecipi del suo perdono, a rendere operante il suo sacrificio.
Per questo ogni anno viene Natale, ogni anno festeggiamo il suo compleanno perchè impariamo a costruire le strade, a sfondare i tetti, a farci aiutare eventualmente siamo paralizzati su un lettuccio.
Ogni anno rifletto su quante cose nel tempo sono venute meno, quante persone mancano all’appello, quanta solitudine mi circonda e prego perchè non mi sfugga l’occasione di cogliere  nel mio giardino i fiori che il Signore vi ha piantato o aspettare che germoglino in primavera.
Che non sia il Natale il tempo della tristezza e della nostalgia, ma un tempo di speranza e di vita che s’impone più forte, più bella, più vera, un tempo di preparazione della via del Signore.

Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto.

VANGELO (Matteo 11,16-19 )
In quel tempo, Gesù disse alla folla: “A chi paragonerò io questa generazione? Essa è simile a quei fanciulli seduti sulle piazze che si rivolgono agli altri compagni e dicono:
Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato,
abbiamo cantato un lamento e non avete pianto.
È venuto Giovanni, che non mangia e non beve, e hanno detto: Ha un demonio.
È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e dicono: Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori.
Ma alla sapienza è stata resa giustizia dalle sue opere”.

Quante volte Signore ci chiami ad incontrarti attraverso gli eventi buoni o cattivi della nostra vita!

Ma noi non ti diamo ascolto, misurando tutto ciò che ci accade sul nostro metro umano limitato e fallace. Se abbiamo una gioia, non sentiamo il bisogno di ringraziarti, escludendoti dai nostri pensieri.

Se abbiamo un dolore è facile che lo attribuiamo a te, che non dovresti permettere che certe cose accadano.

Ci costruiamo un dio su misura, a nostra immagine e somiglianza, a cui attribuiamo pensieri e sentimenti che sono frutto della nostra incapacità di vedere oltre il nostro egoismo ed egocentrismo.

(Is 48,17-19)
Così dice il Signore tuo redentore, il Santo di Israele:
“Io sono il Signore tuo Dio
che ti insegno per il tuo bene,
che ti guido per la strada su cui devi andare.
Se avessi prestato attenzione ai miei comandi,
il tuo benessere sarebbe come un fiume,
la tua giustizia come le onde del mare.
La tua discendenza sarebbe come la sabbia
e i nati dalle tue viscere come i granelli d’arena;
non sarebbe mai radiato né cancellato
il suo nome davanti a me”.

Forse è il caso che rivediamo i nostri comportamenti e cerchiamo di capire dove stiamo sbagliando.

Gesù tu ci interpelli oggi, come 2000 anni fa, invitandoci a meditare su come viviamo la nostra storia alla luce della Tua Parola.

La S. Bibbia

Ora capisco

 

 

 


Era una persona fedele e generosa con la sua famiglia e corretta nel rapporto con gli altri, però non credeva che Dio si fosse fatto uomo come, secondo quanto afferma la Chiesa, è successo a Natale. Era troppo sincero per far vedere una fede che non aveva.

 

“Mi dispiace molto, disse una volta a sua moglie che era una credente molto fervorosa, però non riesco a capire che Dio si sia fatto uomo; non ha senso per me.

 

” Una notte di Natale, sua moglie e i figli andarono in chiesa per la messa di mezzanotte.

 

Lui non volle accompagnarli. “Se venissi con voi mi sentirei un ipocrita. Preferisco restare a casa. Vi starò ad aspettare. “Poco dopo la famiglia uscì mentre iniziò a nevicare.

 

Si avvicinò alla finestra e vide come il vento soffiava sempre più forte.

 

“Se è Natale, pensò, meglio che sia bianco”. 

 

Tornò alla sua poltrona vicino al fuoco e cominciò a leggere un giornale. 

 

Poco dopo venne interrotto da un rumore seguito da un altro e subito da altri. Pensò che qualcuno stesse tirando delle palle di neve sulla finestra della sala da pranzo. 

 

Uscì per andare a vedere e vide alcuni passerotti feriti, buttati sulla neve. La tormenta li aveva colti di sorpresa e, per la disperazione di trovare un rifugio, avevano cercato inutilmente di attraversare i vetri della finestra. 

 

“Non posso permettere che queste povere creature muoiano di freddo… però come posso aiutarle? “Pensò che la stalla dove si trovava il cavallo dei figli sarebbe stato un buon rifugio, velocemente si mise la giacca, gli stivali di gomma e camminò sulla neve fino ad arrivare nella stalla, spalancò le porte e accese la luce. 

 

Però i passerotti non entrarono. 

 

“Forse il cibo li attirerà,” pensò. 

 

Tornò a casa per prendere delle briciole di pane e le disseminò sulla neve facendo un piccolo cammino fino alla stalla. Si angustiò nel vedere che gli uccelli ignoravano le briciole e continuavano a muovere le ali disperatamente sulla neve. Cercò di spingerle in stalla camminando intorno a loro e agitando le braccia. Si dispersero nelle diverse parti meno che verso il caldo e illuminato rifugio. 

 

“Mi vedono come un estraneo che fa paura”, pensò.

 

“Non mi viene in mente nulla perché possano fidarsi di me… Se solo potessi trasformarmi in uccello per pochi minuti, forse riuscirei a salvarli! “In quel momento le campane della chiesa cominciarono a suonare. L’uomo restò immobile, in silenzio, ascoltando il suono gioioso che annunciava il Natale. 

Allora si inginocchiò sulla neve: “Ora si, ora capisco”, sussurrò. “Signore, ora capisco. Ora capisco perchè ti sei fatto uomo… ”

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Giovanni è il suo nome

VANGELO (Lc 1,57-66.80)

Per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei la sua grande misericordia, e si rallegravano con lei.

Otto giorni dopo vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo con il nome di suo padre, Zaccarìa. Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà Giovanni». Le dissero: «Non c’è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome».

Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati. All’istante si aprirono la sua bocca e la sua lingua, e parlava benedicendo Dio.
Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. Tutti coloro che le udivano, le custodivano in cuor loro, dicendo: «Che sarà mai questo bambino?». E davvero la mano del Signore era con lui.
Il bambino cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele.

Tra sei mesi sarà Natale.
Non è un caso che la liturgia ci introduca nel clima dell’Avvento, tempo di silenzio, di preghiera e di pentimento, proprio in un periodo in cui si si pensa ad andare in vacanza e a divertirsi.
Da oggi i giorni diventeranno sempre più brevi e le ombre si allungheranno, il buio prevarrà sulla luce e le tenebre ci avvolgeranno.
Dovremo aspettare il 25 dicembre per vedere allungarsi le giornate.
Della grandezza di Giovanni Battista ci parla Gesù stesso.
(Luca 7,28)” Io vi dico, tra i nati di donna non c’è nessuno più grande di Giovanni, e il più piccolo nel regno di Dio è più grande di lui.”

Di questo grande testimone mi ha colpito il nome, Giovanni: “Dio è misericordia, Dio ama”.
A Zaccaria, il padre, fu tolta la parola, quando gli fu annunciato questo figlio, fuori tempo massimo, perchè non aveva creduto che la misericordia di Dio arrivasse a tanto e rimase muto fino a quando non ne fece esperienza tangibile.
Il figlio non poteva che chiamarsi Giovanni, perchè Dio ama anche quelli che non credono in Lui.
Così gli si sciolse la lingua, al vecchio e incredulo padre, per scrivere il nome e intonare il Benedictus, che unisce tutta la Chiesa nelle Lodi del mattino, da un capo all’altro della terra.

Giovanni, quando nacque, non era muto, ma prima di parlare si ritirò nel deserto, perchè non basta avere la voce per capire cosa è giusto dire.
San Giovanni, come Maria ci indicano la strada per incontrare il vero Messia.
Educati all’ascolto del cuore possiamo aprire gli occhi al Dio invisibile che ci fa sussultare di gioia.

Attesa

Dio, hai scelto di farti attendere

Per tutto il tempo di un Avvento.

Io non amo attendere.

Non amo attendere nelle file.

Non amo attendere il mio turno.

Non amo attendere il treno.

Non amo attendere prima di giudicare.

Non amo attendere il momento opportuno.

Non amo attendere un giorno ancora.

Non amo attendere perché non ho tempo

E non vivo che nell’istante.

Ma tu, Dio hai scelto di farti attendere

Per tutto il tempo di un Avvento.

Perché tu hai fatto dell’attesa

lo spazio della conversione,

il faccia a faccia con ciò che è nascosto.

Solo l’attesa desta l’attenzione

             E solo l’attenzione è capace di amare


Jean Debruynne