affetti
La Micra e il castello
Mamma
Monica mi insegnò tante cose che sto metabolizzando pian piano, perchè il regno di Dio anche se c’è, è già all’opera non è detto che subito ne trai beneficio.
Li radunerà…
Festa degli Angeli Custodi.
Ho ritrovato foto più recenti che la ritraggono sempre con la mano stretta a qualche nipotino, più giovane di me, dei quali ha continuato ad occuparsi fino alla fine.
Ricordo la sua mano stretta alla mia, quando usciva per la spesa, per la messa, per una passeggiata.
Ricordo i suoi manicaretti conditi con amore e fantasia, fatti con poco di tutto.
Ricordo i grembiulini che mi cuciva addosso, senza mai aver imparato a fare la sarta.
Ricordo la luce dei suoi occhi, quando le portai a conoscere mio figlio Franco, il primo pronipote.
S’inventò di tutto per raggranellare l’occorrente per la sua nidiata.
La vita e le prove le fecero da maestre.
Da lei ho imparato la fermezza, la forza, la perseveranza, la laboriosità, l’umiltà, la creatività, l’ottimismo, l’avvedutezza, la lungimiranza, l’instancabilità, il servizio, l’abbandono fiducioso nelle mani di Dio.
Grazie perchè mi hai consegnato il bagaglio indispensabile per affrontare la vita.
GRAZIE! |
LETTERA DI ABRAHAM LINCOLN ALL’INSEGNANTE DI SUO FIGLIO…
Caro professore, lei dovrà insegnare al mio ragazzo che non tutti gli uomini sono giusti, non tutti dicono la verità;
ma la prego di dirgli pure che per ogni malvagio c’è un eroe, per ogni egoista c’è un leader generoso.
Gli insegni, per favore, che per ogni nemico ci sarà anche un amico……
e che vale molto più una moneta guadagnata con il lavoro che una moneta trovata.
Gli insegni a perdere, ma anche a saper godere della vittoria, lo allontani dall’invidia
e gli faccia riconoscere l’allegria profonda di un sorriso silenzioso.
Lo lasci meravigliare del contenuto dei suoi libri, ma anche distrarsi con gli uccelli nel cielo,
i fiori nei campi, le colline e le valli.
Nel gioco con gli amici, gli spieghi che è meglio una sconfitta onorevole di una vergognosa vittoria,
gli insegni a credere in se stesso, anche se si ritrova solo contro tutti.
Gli insegni ad essere gentile con i gentili e duro con i duri e
a non accettare le cose solamente perché le hanno accettate anche gli altri.
Gli insegni ad ascoltare tutti ma, nel momento della verità, a decidere da solo.
Gli insegni a ridere quando è triste e gli spieghi che qualche volta anche i veri uomini piangono.
Gli insegni ad ignorare le folle che chiedono sangue e a combattere anche da solo contro tutti, quando è convinto di aver ragione.
Lo tratti bene, ma non da bambino, perché solo con il fuoco si tempera l’acciaio.
Gli faccia conoscere il coraggio di essere impaziente e la pazienza di essere coraggioso.
Gli trasmetta una fede sublime nel Creatore ed anche in se stesso, perché solo così può avere fiducia negli uomini.
So che le chiedo molto, ma veda cosa può fare, caro maestro.
Non spezzerà una canna già incrinata
(Mt 12,14-21)
In quel tempo i farisei uscirono e tennero consiglio contro Gesù per farlo morire. Gesù però, avendolo saputo, si allontanò di là. Molti lo seguirono ed egli li guarì tutti e impose loro di non divulgarlo, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa:
«Ecco il mio servo, che io ho scelto;
il mio amato, nel quale ho posto il mio compiacimento.
Porrò il mio spirito sopra di lui
e annuncerà alle nazioni la giustizia.
Non contesterà né griderà
né si udrà nelle piazze la sua voce.
Non spezzerà una canna già incrinata,
non spegnerà una fiamma smorta,
finché non abbia fatto trionfare la giustizia;
nel suo nome spereranno le nazioni».
Hanno dato l’ok alla sua sepoltura, al cugino scomodo che abbiamo trovato riverso in un mare di sangue e di vino, con il corpo in avanzato stato di decomposizione.
Finalmente può riposare in pace senza dover dar conto a nessuno della durata del suo sonno.
Lo cercava bevendo per non pensare, ma la dose aumentava ogni giorno di più.
Vino e sigarette.
Gli avevano tolto anche il gas per quella maledetta abitudine di addormentarsi mentre stava fumando.
Di contorno mortadella e tonno, tutti i giorni fino a quando non finiva in ospedale e ci chiamavano i servizi sociali.
Il letto, un pagliericcio che solo da poco eravamo riusciti a fargli sostituire.
Noi non lo cercavamo perchè tanto non rispondeva al telefono.
Bisognava andarci apposta, ma il tempo, le forze, gli impegni…Tutto concorreva a dilazionare le visite.
Quando uno non si lava e puzza non è facile stargli vicino.
Tu Signore non hai fatto lo schizzinoso quando hai scelto una stalla per venirci a salvare.
Noi non ne siamo stati capaci…fino in fondo….
“ Solo come è vissuto, è venuto a mancare…” ha fatto scrivere mio marito sui manifesti.
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Aveva 63 anni, ma era di fatto ancora piccolo e bisognoso di cure.
A lui non interessava che gli uccidessimo un vitello tenero e buono, né che gli procurassimo acqua per lavarsi i piedi.
Non ne aveva bisogno.
Aveva bisogno di chi gli aprisse la casa quando dimenticava o perdeva le chiavi, di chi lo rialzasse, quando inciampava per strada o cadeva dal letto.
Aveva bisogno di chi gli portasse da mangiare quando non era in grado di muoversi per una malattia.
Noi abbiamo fatto molto poco per lui, rispetto ai suoi bisogni, ma oggi sentiamo una gioia grande nel cuore.
Lo smarrimento di fronte al mistero dell’uomo segnato da un destino a volte crudele e incomprensibile ha fatto da battistrada ad un sentimento di gratitudine e di gioia quando l’incenso ha cosparso tutta la bara.
Il sacerdote con gesti lenti e solenni, benediceva e incensava quel corpo schifato da tutti, maleodorante prima e impresentabile dopo.
Mentre il fumo ci avvolgeva , pensavo che Sergio ci aveva risparmiato la veglia funebre, il ribrezzo che faceva anche solo a guardarlo da lontano.
Quell’incenso che portarono i Magi a Gesù era anche per lui, perchè la dignità non dipende dagli uomini, ma solo ed esclusivamente da Dio.
(Isaia 43,4)
Perché tu sei prezioso ai miei occhi,perché sei degno di stima e io ti amo,do uomini al tuo posto e nazioni in cambio della tua vita.
Grazie Signore perchè ti sei fermato nella nostra povera e umile casa, accontentandoti delle briciole che cadevano dal nostro tavolo e con fiducia hai atteso che ti stendessimo la mano per farti una carezza.
Grazie perchè non ci hai fatto sentire colpevoli quando ci siamo dimenticati di te e ti abbiamo lasciato solo.
Grazie perchè hai aperto gli occhi alla nostra miseria e il cuore alla tua infinita misericordia.
Grazie perchè ti sei fermato un poco a parlare con noi.
Papà
Chiediamo a Lui di poter conservare saldi nel nostro cuore i valori che papà ci ha trasmesso: il più prezioso dei quali è quello di una famiglia unita nell’amore.
Appuntamenti
La fede ci fece incontrare prima che partisse.
Era bello, negli ultimi tempi parlare di quante volte il Signore attraverso la Madre ci rispondeva.
Facevamo a gara per raccontarcelo, lui cieco e ancorato alla sedia si dispiaceva per me che ero giovane e che anzitempo ero stata chiamata a soffrire.
Parlavamo del viaggio che si accingeva a fare come fosse cosa normale, anzi necessaria.
“Una pianta , quando è piccola, si mette in un piccolo vaso, poi, man mano che cresce si mette in un vaso più grande” gli dicevo.
“Ma arriva il momento che non ci sono più vasi che possano contenerla e deve essere piantata in un grande giardino” concludeva lui.
Nelle mani gli ho messo il mio rosario di legno, perchè potessimo insieme continuare a pregare.
Era quello che una persona di fede, conoscendo la mia avversione viscerale con questa devozione, in chiesa se lo sfilò dalle mani, e me lo diede con l’augurio che potessi trovarvi conforto, consolazione, forza, intimità più profonda con il mistero di Dio e con sua madre, chiamata per prima ad accoglierlo e a viverlo.
Dai grani di quel rosario si sprigionava un calore profondo, rassicurante, intenso quando pensavo a quante persone erano in quei grani, con le loro storie di sofferenza e di morte… quante speranze, quante invocazioni d’aiuto, quanti atti di fede!
In quel legno d’ulivo c’era la passione dell’uomo e la compassione di Dio, c’era l’amore messo in circolo dal sì di Maria, diventata pian piano la nostra compagna di viaggio, mia e di papà, la nostra infermiera notturna, la via privilegiata e sicura per entrare nella casa del Padre attraverso il cuore del Figlio.
31 dicembre 2013
Quando la notte non riesco a dormire mi aggrappo a quel rosario che misi tra le dita di papà, quando ci lasciò.
Ogni notte la scala diventa più salda e sicura, ogni notte mi guadagno un pezzetto di cielo, mentre lui mi stende la mano.
Se non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli.
In quel tempo, Gesù disse:
«Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, strìngiti le vesti ai fianchi e sérvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?
Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».
Ricordo quando mi suonarono difficili e dure queste parole del Vangelo, ma come riuscii a capirle e a farle mie ripensando ad una pezza di fodera…
Quando eravamo bambini, all’ora di pranzo ci mettevamo sulla strada, fuori al cancello per vedere il carretto dei nonni che tornavano dal mercato, dove erano andati a vendere la stoffa.
Ricordo le pezze lunghe e pesanti dei tessuti invernali, quelle corte e leggere delle fodere e dei tessuti di seta.
Noi bambini eravamo sempre eccitati quando dall’angolo spuntava il grande carretto, spinto a fatica dai grandi, che sotto ogni tempo così si guadagnavano la vita.
Ricordo l’ansia e la gioia di poter, una volta che era entrato in giardino, correre per prendere in braccio una o più pezze di stoffa, così da renderci utili e da accorciare il tempo dell’attesa del pranzo.
Gli adulti ci lasciavano fare, sorridenti ci davano ciò che ognuno poteva portare a seconda dell’età, ma con apprensione ci seguivano con gli occhi, quando ci affidavano ciò che spesso finiva per terra sporcandosi.
Così tutti noi piccoli, per quello che sapevamo e potevamo fare, i grandi per quello che dovevano per forza fare, contribuivamo a che la stoffa fosse rimessa in ordine negli scaffali della sala, dove poi si apparecchiava per mangiare insieme il frutto del lavoro di tutti.
Noi bimbi ci illudevamo che fosse così e i grandi ce lo facevano credere, ma quante volte hanno pensato che avrebbero fatto volentieri a meno della nostra collaborazione, perché continuavamo a combinare disastri.
Così è il Signore che ci chiama a servirlo senza che noi sappiamo far nulla, ma lo fa per farci partecipare con più gioia e soddisfazione al grande banchetto che ci ha preparato.
E’ importante, in questo tempo che ci dona di vivere, che sappiamo aspettare con pazienza al cancello, che siamo disponibili a prestare le nostre deboli braccia per portare i vari fardelli.
Non c’è dubbio che Lui ne dosi il peso secondo la statura, la robustezza e l’età di ognuno, proprio come facevano mio padre e mio nonno.
Voglio ringraziare il Signore perché, attraverso questa parabola, mi ha parlato del servizio, dell’importanza che assume nell’ambito del suo progetto, ma specialmente dell’inutilità di quanto ognuno di noi fa, ma che comunque serve per farci crescere e gustare con più consapevolezza e gioia ciò che ci ha preparato, ciò che era già pronto senza che noi lo guadagnassimo.
Ringrazio il Signore di quella pezza di fodera che da bimba ho portato, che mi ha fatto capire quanto sono poco importante, ma quanto valgo per Lui.
Voglio benedirlo perché mi ha ricordato che solo i bambini ci possono aprire il senso delle parabole.
«In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli.”(Mt18,3)
Vita
Ieri toccando la pelle staccata dal muscolo che pendeva dall’avambraccio del nonno, Giovanni, ( inclementi questi bambini!) ha fatto questa domanda.
“Perchè la pelle dei vecchi se ne va di qua e di là?”
“ Perchè il corpo è soggetto alla corruzione e pian piano le cellule muoiono.
Anche a te accadrà un giorno di diventare vecchio e di avere la pelle avvizzita”Ho risposto.
Dalla faccia che ha fatto , la prospettiva non gli è piaciuta, così sono corsa ai ripari.
“Guarda i fiori di pesco che in primavera rallegrano il nostro balcone, quanto sono belli, specie appena sbocciati, con le foglie turgide che si poggiano sopra il ramo.. Poi guarda cosa succede nel tempo. I petali appassiscono e il fiore muore.
Al suo posto troviamo un sacchetto, un piccolo scrigno. E’ il frutto che mangeremo.
Al suo interno c’è un seme che possiamo piantare perchè nasca un’altra pianta.
(1Cor 3,9-11.16-17)
Fratelli, voi siete edificio di Dio.
Secondo la grazia di Dio che mi è stata data, come un saggio architetto io ho posto il fondamento; un altro poi vi costruisce sopra. Ma ciascuno stia attento a come costruisce. Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo.
Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi.
Dopo aver letto ciò che oggi la liturgia ci invita a meditare sto aspettando che Giovanni torni da scuola per dirgli che noi siamo come quel fiore che porta frutto solo se rimane attaccato alla pianta.