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” Come può un uomo aver ragione davanti a Dio? (Gb 9,2)

Ci sono cose che non capiamo Signore. Il dolore innocente, la radicalità del vangelo.
Oggi vorrei esprimerti quello che sento nel profondo del cuore, lasciandomi illuminare da te, non coprendo nulla di ciò che svela la mia identità di essere tua figlia, bisognosa di aiuto, in tutto dipendente da te che sei mio Padre, un Padre speciale, unico, un Padre nel quale siamo compresi e dal quale siamo attratti, ma che non riusciamo ad abbracciare, perchè le nostre braccia si perdono nel tuo immenso infinito oceano d’amore.
Tu sei grande, tanto più grande di noi, hai creato il cielo e la terra, hai dato ordine e leggi all’universo, Signore e maestro del tempo e della storia noi ci sentiamo polvere sulla tua bilancia.
La nostra vita è un soffio, un soffio gli anni della giovinezza, un soffio tutto ciò che un tempo ritenevamo importante, imprescindibile.
E’ proprio vero che le cose si apprezzano quando le perdiamo e più non ritornano, i tuoi doni che man mano ci chiami a riconsegnare.
La croce che sembra schiacciarci con te è più sopportabile, a volte addirittura è grazia, quando riusciamo a percepire il tuo respiro, e il tuo cuore sul nostro stesso giaciglio.
Tu compagno di viaggio, mite e umile di cuore nella nostra quotidiana battaglia ti nascondi nelle pieghe sgualcite della nostra storia e a volte, anzi troppo spesso non ti riconosciamo, perchè di te ci siamo fatti un’idea sbagliata.
Così se incontriamo un salvatore, un aiutante, uno che ci solleva dai problemi pensiamo che sei tu o un angelo mandato da te per salvarci.
E’ più difficile trovarti, quando la prova si prolunga nel tempo , quando non ci sono samaritani che si prendano cura di noi, quando il silenzio della nostra casa diventa assordante e nessuno più bussa alla nostra porta.
La preghiera diventa un lamento, una flebile richiesta d’aiuto, quando siamo soli e nessuno ci può sentire.
E’ in quell’abisso di straziante dolore che tornano in mente le parole della Sacra Scrittura, tante volte lette e meditate, frammenti di luce nella notte.
A te salgono smozzicati pensieri, padre nostri e avemarie di cui tu solo percepisci il senso, o almeno questo speriamo.
Sei tu il nostro unico conforto, non c’è padre, fratello, sorella, figli, impegni di lavoro, casa, sedia o letto che ci attirino, che ci distolgano dal cercarti .
Scopriamo quanto sei importante per noi solo se siamo sulla croce.
E’ quello il momento in cui ti fai piccolo e vieni a stare con noi.
Ogni volta che un uomo ti invoca, ti chiama, ogni volta che la nostra debolezza chiede aiuto alla tua misericordia avviene il miracolo di essere portati come il buon ladrone in paradiso.
Quante volte Signore ti lasci crocifiggere per noi, quante volte rinnovi il tuo sacrificio per sollevarci dalla polvere e portarci alla tua altezza!
Le ragioni del Signore chi può scrutarle?
Tu sei un Dio d’amore e questa è l’unica ragione per cui continuo a cercarti.

Ascoltare, vedere

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“Cercava di vederlo”( Lc 9,9)

Erode è uno che a prima vista sembra comportarsi bene perchè ascolta volentieri Gesù e cerca di vederlo.
Ma sappiamo come è andata a finire, perchè chi cerca di vedere Gesù sicuramente deve rinunciare a vedere altro e chi ascolta Gesù deve chiudere le orecchie a qualsiasi altra voce, richiesta, desiderio.
Il comportamento quindi deve essere improntato ad una scelta radicale di rinunciare a tutto e mettere Dio al primo posto.
Sembra che ci chieda tanto il Signore quando reclama a se il primato, quando ci invita a rinnegare noi stessi e a seguirlo con il carico dei nostri problemi che non possiamo depositare da un’altra parte.
Gesù vuole che lo seguiamo così come siamo, senza infingimenti, nè curiosità salottiere, egoistiche, dannose per tutti.
Sembra molto quello che ci chiede, ma se andiamo a vedere come va il mondo, la nostra vita, sicuramente non possiamo che constatare che nessuno vuole sentire, farsi carico deli nostri guai e se ce li abbiamo meglio tacere, rischio l’emarginazione e la solitudine. Perchè la gente ha già tanti problemi per conto proprio che non regge neanche il pensiero che altri ne abbiano.
Il tempo è tiranno, quando manca l’interesse per la persona e quando i rimedi li cerchiamo nella scienza e nella conoscenza del mondo, nell’utile e nel dilettevole per noi prima di tutto.
Ma Gesù è forse un mago, un cialtrone, uno che spacccia monete false per autentiche?
Io non so come accada, ma sperimento come la parola di Dio mi sveli a me stessa, illumini la parte di me nascosta, la parte bella prima di tutto, la mia identità di figlia di Dio e poi i miei limiti, la mia indegnità, il mio non sapere e potere nulla, ma anche e soprattutto la mia libertà di lasciarmi amare, curare, guarire da Lui, il mio Creatore e salvatore, il papà di tutti i papà, come lo chiama Giovanni, il mio nipotino.
Grazie Signore perchè con la croce hai redento il mondo e ci hai messo in mano la vita vera.

S. MATTEO

Image for 22 Dal diario di Antonietta

Gli disse “Seguimi!”(Mt 9,9)

“ Date a Cesare ciò che è di Cesare, a Dio ciò che è di Dio.”
Il mestiere di Matteo era quello di riscuotere le imposte per conto degli oppressori, essere tramite perché a Cesare andasse ciò che gli apparteneva, era suo.
Il compito di ogni cristiano è di dare a Dio ciò che è suo, di mettere a servizio del regno tutto ciò che gratuitamente ci dona.
Nella chiamata di Levi Gesù sollecita a scoprire l’altra faccia della medaglia, sì che si veda quale immagine vi è stata impressa.
Matteo è chiamato ad occuparsi di medaglie di carne, monete di carne, strumenti di Dio, canali per mettere in circolo l’amore, il bene garantito da Dio che non viene mai meno e che non è a rischio di inflazione.
Matteo sedeva al banco delle imposte, esigendo le tasse per conto dei Romani, tasse peraltro pagate solo dagli stranieri, dai popoli assoggettati.
Gli Ebrei, come tanti altri popoli caduti sotto la signoria di Roma, erano costretti a pagare tributi.
Fino ad allora conoscevano solo la decima, il tributo al tempio, vale a dire l’obbligo di sostenere il culto.
Erano nella mentalità giudaica soldi dati a Dio.
C’è da chiedersi se Dio era soddisfatto di come andavano le cose nel rapporto tra lui e il popolo o desiderava un’offerta diversa.
“Io non voglio i tuoi sacrifici. I tuoi sacrifici mi stanno sempre dinanzi… olocausti di grassi montoni… un sacrificio di lode io voglio “.
Dalla riconoscenza ed dalla gratitudine a Dio nasce il sacrificio di lode.
Il rapporto che Gesù è venuto a instaurare non contrasta con quello di cui parlano i salmi.
Dio ama chi lo cerca con cuore sincero, chi accoglie con riconoscenza ciò che lui gratuitamente dispensa ad ogni uomo.
Gesù è venuto a spronarci perché cambiamo il nostro modo di vedere e giudicare la storia che da fine diventa mezzo per incontrare Dio e collaborare al suo progetto di salvezza.
Diamo a Dio ciò che è di Dio.
Gesù è venuto a dirci chi è Dio e cosa dobbiamo dargli, cioè cosa gli appartiene.
Matteo era mal visto dai suoi concittadini perché era collaboratore di ingiustizia, essendo ritenuto ingiusto pagare le tasse.
Matteo è seduto al banco delle imposte e viene da chiedersi come mai la sua risposta alla chiamata sia stata così immediata.
Gesù vide Matteo, vide l’uomo e suo sguardo non passò inosservato.
Matteo si sente guardato in modo diverso, sentì la misericordia, l’accoglienza in quello sguardo distinguendolo da tutti gli altri che si posavano su di lui con disprezzo per la sua dannata professione.
Imprigionato dal giudizio della gente, immobilizzato al suo banco delle imposte, condannato a prendere il denaro per qualcuno da cui non si sentiva tutelato, Matteo viveva il non amore di chi paga il tributo e del destinatario del tributo stesso.
Vincolato ad un obbligo sterile di passamano.
Gesù incrocia il suo sguardo e lo invita a seguirlo.
Per seguire Gesù bisogna alzarsi, staccarsi dalla pretesa che siano gli altri quelli da cui dipende la nostra identità, la nostra funzione, la nostra vita.
Matteo si deve alzare per seguire Gesù, anche se non sembra faccia tanta strada, visto che subito lo vediamo seduto nella sua casa a mangiare con vecchi amici insieme a Gesù ai suoi discepoli.
Cos’è cambiato nella vita di Matteo?
Gli amici sono gli stessi, la casa la stessa, il cibo anche.
Eppure Levi diventerà Matteo, San Matteo, il primo dei quattro evangelisti, solo perché ha deciso un giorno di seguire Gesù, invitandolo a sedere a mensa con lui e con i suoi familiari, i suoi amici suoi conoscenti.
Quanti di noi si vergognano di Gesù, di mostrare la propria fede anche solo facendo un segno di croce prima di cominciare un banchetto, un pranzo, una cena?
Quanti si vergognano degli amici di Gesù, i discepoli, se questi troppo sfacciatamente ricordano il loro legame con lui?
Matteo se ha seguito Gesù, sicuramente ha provato la rigenerazione di uno sguardo che riabilita, solleva l’uomo dalla polvere in cui è caduto.
“Eterna è la tua misericordia”, dicono i salmi.
“Misericordia io voglio e non sacrificio”.
Dare a Cesare il tributo era un sacrificio, come anche offrire la decima al tempio.
Misericordia e perdono sono gli oboli di cui il signore è Maestro, quelli che dispensa per primo e che vuole insegnarci a dare agli altri.

STARE FUORI

Vangelo (Lc 8,19-21) “Mia madre e miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica.”

In quel tempo, andarono da Gesù la madre e i suoi fratelli, ma non potevano avvicinarlo a causa della folla.
Gli fecero sapere: «Tua madre e i tuoi fratelli stanno fuori e desiderano vederti».
Ma egli rispose loro: «Mia madre e miei fratelli sono questi: coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica».
Parola del Signore

Siamo noi Signore che oggi vogliamo incontrarti, vederti, sentirti. Vogliamo farci spazio tra la folla che si accalca e spinge e ci impedisce di ascoltare, vedere, toccare te, che rendi bella, buona, giusta la nostra vita.
Vorremmo ma facciamo fatica, perchè siamo fuori e fuori della tua casa, della tua vita, della tua storia è molto impropabile incontrarti.
La folla dei pensieri, dei desideri, delle occupazioni e preoccupazioni, dei giudizi e dei pregiudizi ci impediscono di avvicinarti, tutti i no che incontriamo sulla nostra strada, i paletti, i rifiuti, i fallimenti, il crollo delle nostre umane speranze, che attribuiamo a te sommo Amore.
Quante cose ci impediscono di entrare nell’intimità della tua casa, pur varcando ogni giorno le porte della tua chiesa, rivolgendo a te preghiere e suppliche per essere esauditi nelle nostre legittime aspirazioni.
Ma tu non rispondi, sei un Dio muto che non ha nè braccia, nè gambe, nè occhi, nè mani, nè bocca, così almeno ci convincono a credere.
Cerchiamo soluzioni lontano da te, al di fuori di te e non otteniamo che frustrazioni e infelicità prolungata nel tempo.
Forse non basta tutto questo per convincerti ad aprire il cuore?
Il nostro Signore, non il tuo, perchè tu non ci hai mai chiuso le porte del paradiso.
“Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi, io vi ristorerò”.
Noi siamo affaticati e oppressi Signore e vorremmo anche noi arrivare a te senza sconti o scorciatoie, facendo la fila, accettando l’attesa come tempo di penitenza e di purificazione, di silenzio e di accoglienza dell’altro che ci sta vicino e ci spinge e ci strattona. L’altro in cui tu ti nascondi, l’altro dove ci aspetti per far germogliare nella nostra vita il seme della tua parola, sì che porti frutto in abbondanza.

Beni

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“Rendi conto della tua amministrazione, perchè non potrai più amministrare”( Lc 16,2)

Arriva prima o poi per tutti il momento di riconsegnare a Dio, volenti o nolenti le cose che ci ha affidato.
Spesso penso che il cammino alla sequela di Cristo è un cammino in salita e come ben si sa, più sali, più devi essere leggero, non avere bagagli, perchè non ti appesantiscano e ti impediscano di arrivare alla meta.
Gerusalemme sta in alto, ma il monte Calvario è ancora più in alto.
Gesù non ebbe paura a lasciare tutto, per consegnarsi alla follia degli uomini che lo avrebbero traghettato nella gloria di Dio, nelle braccia del Padre.
La sua missione è quindi stata segnata da uno spogliamento progressivo fino a morire per noi.
” Chi vuol essere mio discepolo , dice Gesù, rinunci a tutti i suoi averi, i suoi affetti, prenda la sua croce e mi segua”
Ciò che Gesù portò sul Calvario furono le braccia della croce, a cui doveva essere inchiodato il suo abbraccio, il suo amore eterno, incorruttibile, santo e benedetto.
E se vogliamo entrare nella sua gloria anche a noi chiede di salire sul monte che nella morte rivela la vita portando il nostro piccolo o grande pezzo di legno, la nostra capacità di amare, perchè con Lui possiamo inchiodare il nostro piccolo amore, il nostro abbraccio e guadagnarci un posto in paradiso.
Noi siamo forse l’ultima generazione che è nata da un abbraccio e questo è davvero sconfortante perchè significa che il mondo ha avuto la meglio con le sue lusinghe.
Ma io credo che Gesù è il più forte, ha già vinto il mondo e continua a parlarci perchè collaboriamo alla sua salvezza, combattiamo con Lui, con Lui amiamo, per Lui viviamo, con Lui moriamo, grazie a Lui risuscitiamo.
Oggi il Vangelo ci parla di un cattivo amministratore a cui il padrone vuole togliere l’incarico, perchè ha usato i beni affidatigli per il suo tornaconto.
Questo peccato penso lo facciamo tutti, anche se siamo persone di chiesa, ci confessiamo e comunichiamo, siamo i cosiddetti credenti praticanti.
Quante cose usiamo male, o addirittura le sciupiamo, non diamo loro il giusto valore, quanta disonestà c’è nelle nostre azioni piccole e grandi!
L’egoismo è duro da estirpare ed è difficilissimo separarsi da beni che crediamo solo nostri che non siamo disposti a condividere con nessuno.
La porta del paradiso è stretta ma noi continuiamo ad accumulare beni deperibili.
L’amministratore disonesto manifesta una furbizia che dovrebbe farci scuola.
Conquistarsi l’amicizia delle persone facendo loro del bene è veramente l’unica strada per rendere quel pezzo di legno forte e grande abbastanza perchè possiamo tenere le braccia allargate a comprendere il mondo in Gesù, con Gesù, per Gesù, quando ci sarà chiesto il conto della nostra amministrazione.
La fede e la speranza spariranno, l’unica cosa che rimane è la carità, l’olio delle lampade per andare incontro allo Sposo.

Terra

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“Mentre seminava una parte cadde lungo la strada”(Lc 8,5)

Alzo gli occhi verso i monti da dove mi verrà l’aiuto.
Il mio aiuto viene dal Signore, egli ha fatto cielo e terra, recita un Salmo.
Tu Signore hai creato la terra, quella terra da cui plasmati il primo Adamo, terra su cui soffiasti il tuo spirito perchè prendesse vita.
La tua parola è spirito e vita se l’accogliamo nel nostro grembo, se permettiamo a te di rovesciare le nostre zolle, se ci lasciamo lavorare sì da diventare terra feconda.
Non permettere Signore che pruni e rovi invadano il santo suolo, che la nostra terra si indurisca per mancanza di acqua e del lavoro paziente della zappa e dell’aratro.
Aiutaci a non fuggire da te, a non lasciarci attraversare dai carri e dai cavalli dei pensieri mondani, dai piedi di chi cammina senza meta offuscato da vani miraggi.
Tu Signore rendi feconda la nostra terra se come argilla ci lasciamo lavorare dalle tue mani.
Le prove, le difficoltà della vita spesso ci allontanano da te e ci chiudono alla tua opera salvifica.
Non permettere Signore che ti rifiutiamo quando arrivi a tagliare, potare, arare.
Aiutaci Signore a vivere la tua paternità come dono, a non dimenticare che siamo nati da seme corruttibile ma in Cristo trasformati in seme incorruttibile.
Fa’ Signore che il nostro sguardo sia proiettato lontano, che non giudichi le cose in base al tempo limitato che ha il seme per marcire e morire, aiutaci a imparare dalla natura il segreto della vita che nasce sempre da una morte, la morte del seme, da una ferita, uno squarcio, una sofferenza.
La parabola della natura si apra ai nostri occhi sì che, mentre guardiamo un fiore sbocciare non ci sfugga lo squarcio che produce all’inolucro che lo conteneva, o quando germoglia una pianta fà che non dimentichiamo la ferita del fusto, necessaria a che si sviluppi.
Signore mio Dio quanto è grande il tuo nome su tutta la terra! Non voglio dimenticare tanti tuoi benefici.
Il colore dei fiori, il loro profumo, i frutti succosi che subentrano quando i petali appassiscono e cadono e poi i semi… Signore tutto questo non ci faccia fermare a ciò che vediamo quaggiù, che spesso ci delude e non ci sfama, ma ci porti ad aprire i nostri cuori, zolle sempre pronte ad accogliere il tuo seme di vita.
Fa’ Signore che in questa giornata non mi lasci abbattere dalle prove della vita presente, dalla paura di finire i miei giorni, ma mi predisponga ad un’attesa fiduciosa di una terra promessa che diventa dono da godere ogni giorno per tutta la vita..
…la Tua non la mia Signore.

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Notte

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” Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano”(Mc 1,13)

Ho traghettato un’altra notte di fuoco, di tormenti, di dolore, di attesa. O sono stata traghettata da Qualcuno più grande, più bravo, più buono, più forte di me che per primo ha dato l’esempio di come si combattano certi nemici.
C’è scritto che “gli angeli lo servivano”, ma non credo che a lui fosse messa davanti una mensa di grasse vivande, nè che vivesse beatitudini umane di soddisfacimento dei propri appetiti.
Non possiamo non pensare alla solitudine, all’isolamento a cui Gesù volontariamente si sottopose per prepararsi all’estrema e definitiva battaglia con il male che aveva contaminato il mondo.
Ai tempi di Noè acqua fu mandata dal cielo per purificare la terra e ridare agli uomini la possibilità di nutrirsi con cibo non inquinato.
Dio allora Dio continua a mandare arcobaleni dal cielo per dire che è finita la nostra condanna e che è cominciasta l’era della misericordia.
Gesù è misericordia di Dio, Gesù è quell’acqua che ci purifica attraverso il Battesimo, Gesù è il sostegno dell’arco che pone fine ad ogni nostro turbamento, ad ogni sconvolgimento del creato, ad ogni nostro peccato.
Gesù il Salvatore, il redentore, Gesù l’uomo che si allenò nel deserto ad affrontare la più aspra e dura e difficile battaglia che uomo possa immaginare. Perchè Gesù è vero uomo e come tale patì e morì sulla croce.
Penso agli angeli che lo servivano.
Questa notte i miei angeli sono stati Maria e nonna Ida che mi teneva la mano quando avevo le coliche e vigilava su di me e mi preparava tisane con erbe che crescevano spontanee nei campi dalle quali la sapienza contadina aveva imparato a trarre giovamento.
Lei è stato il mio angelo, per tutto il tempo che sono stata affidata alle sue cure, e questa notte ho fatto ricorso a lei dopo aver rivolto a Dio questa preghiera.
” Signore mo Dio riconosco che solo da te mi può venire l’aiuto, solo con te posso vincere questa specie di demoni, solo in te posso lavare le mie piaghe e sopravvivere a questo uleriore e più furioso attacco dei nemici.
Non riesco questa notte a dire che il mio dolore è il tuo dolore, il mio corpo è il tuo corpo, che tu sai come usare ogni lacrima ogni lamento ogni fatica vissuta nel tuo nme.
Non riesco Signore a vivere immersa nel tuo sangue seppellita dalle acque del diluvio, non riesco a fare quello che ieri in condizioni peggiori sono riuscita a fare per tua grazia.
Se tu vuoi puoi.
Puoi mandare come ti disse il centurione un tuo subalterno a guarirmi, non occorre che ti scomodi. Maria mi ha segnato il tracciato e mi ha immesso in questa corrente di grazia.
Perchè tu Signore vieni in nostro aiuto, ma non segui gli schemi, sì che puoi nasconderti nel terremoto o nel vento leggero.
Ti ho chiesto di aumentare la mia fede qualora non fose tua volontà mandare un tuo emissario a prendersi cura di me e a respingere i colpi ripetuti di un nemico subdolo e accanito.
Ho pregato per nonna Ida, è la prima volta che lo faccio.
Non so se ne aveva bisogno. Lei non mi ha mai parlato di te, nè mi ha insegnato a pregare, nè mi ha mai portato in chiesa.
Ma la sua vita l’ha spesa per gli altri, per chi della famiglia aveva bisogno.
Così ci ha curati, nutriti, rimboccato le coperte, riscaldato il letto quando il freddo dell’inverno era feroce, ci ha voluto bene senza smancerie.
Questa notte Tu Signore mi hai restituito, dopo averlo purificato un pezzetto della mia storia che giaceva dimenticato nel fondo del mio cuore.
Grazie Signore di tutti quelli che ci hanno trasmesso il tuo amore senza he ce ne accorgessimo.
Grazie Maria, stella del mattino, luce della notte, sole di giorno, perchè alla tua scuola sto imparando a non distogliere mai lo sguardo da Gesù.”
Ripensando al diluvio e all’alleanza che Dio strinse con l’uomo, dopo aver ricoperto la terra di acqua per punirlo del proprio peccato, all’arcobaleno che stabilì come segno dell’eterna sua misericordia, non può non venire in mente l’arca della nuova ed eterna alleanza, Maria, a cui fu chiesto di accogliere nel grembo la vita, di custodirla e di averne cura e di portarla alla luce.
Maria portava in sè il germe della vita, Gesù, il nostro arcobaleno.

La casa sulla roccia

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VANGELO (Lc 6,43-49)
Chiunque viene a me e ascolta le mie parole e le mette in pratica è simile a un uomo che ha posto le fondamenta sulla roccia.

Signore tu sei venuto a rivoluzionare il mondo a stupirci, a destabilizzarci sì che noi desiderassimo cambiare posizione.
Ci sentivamo in perfetto equilibrio un tempo in cui le cose ci andavano bene e noi eravamo la misura di tutte le cose.
Con determinazione, intelligenza, studio, sacrificio e tanta buona volontà e pazienza ho costruito la mia casa , la mia cuccia con tutti i conphort per garantirmi un futuro senza problemi.
Ho studiato, ho lavorato, mi sono impegnata allo spasimo per raggiungere l’obiettivo che mi ero prefissa, una casa dove non avessi padroni e dove in piena libertà potessi decidere il come e il quando uscire entrare, accogliere o respingere.
Non volevo dipendere da nessuno lo sai, Signore, tanto più da te i cui comandi mi erano incomprensibili e oltremodo gravosi.
Avevo paura di te Signore e dentro sentivo che alla mia casa mancava qualcosa, perchè se ti puoi liberare , rompere il cordone ombelicale con il padre e la madre, con la tua famiglia d’origine, certo con te non è cosa facile e penso praticamente impossibile.
Così ho cercato di arrangiarmi e di investire nel rapporto con te il minimo sindacale per non andare all’inferno, salvo poi con il tempo non curarmi più di questa possibile condanna alle mie inadempienze o furbizie, perchè l’inferno si era trasferito nella mia casa e nel mio cuore.
Con le unghie e con i denti ho cercato di sopravvivere alle fiamme, alle inondazioni, ai rifiuti, alle morti, alle montagne che mi si paravano davanti da scalare, da traforare.
Ho persino scandagliato le profondità della terra, nei suoi cunicoli bui ha cercato la verità continuamente contraddetta dai fatti, dalla luce che mi mostrava il volto beffardo di una sfida inutile e vana.
La mia casa, Signore, nelle intenzioni doveva essere una casa accogliente, con tante poltrone, perchè chi vi entrava si fermasse e godesse dello stare insieme a me, a noi.
Ho coinvolto in questo progetto di comunione, di condivisione tutta la mia famiglia, marito, figlio, amici, parenti perchè il cibo fosse lo strumento per uscire dalla mia solitudine.
Si ama come si è stati amati.
E io ero stata amata con il cibo che a mamma era mancato, cibo che provvidi a dispensare a piene mani a chiunque ho incontrato sulla mia strada.
Quanta gente si è seduta alla nostra tavola, quanti amici che ora non so che fine abbiano fatto avevano come punto di riferimento la nostra casa che sembrava salda, fondata sulla roccia perchè i commensali non mancavano mai! Commensali di cui avevo bisogno per sentire gli applausi alla mia bravura.
Ma pur se non avevo difficoltà a invitare le persone e a da loro da mangiare, avevo una grande difficoltà a condividere con gli altri il bagno, ma specialmente il letto.
Avevo escluso la possibilità di ospitare la notte qualcuno, cosa che suscitò l’irritazione di mio suocero, quando venne la prima volta a farci visita.
Si stupì che non avevamo progettato in una casa così grande la stanza per gli ospiti.
Allora mi morsi la lingua ma ricordo cosa pensai chiaramente.
A casa mia non lo avrei mai accolto nella vecchiaia, lui per primo.
Era forte il rancore che nutrivo per i suoi comportamenti a mio parere scorretti e irriverenti, e la sua vicinanza mi faceva star male.
Questa casa che oggi abito ha molti spazi inutilizzati e spesso mi chiedo se sia giusto che stiamo, in due, così larghi.
Un tempo pensavo che le badanti avrebbero occuparo lo spazio in eccesso, ma oggi non ne sono così sicura, perchè le nostre pensioni non sono sufficienti neanche a farci vivere decorosamente con le nostre forze.
E nostro figlio non ha un lavoro che gli permetta di sostenerci.
Penso quindi alle parole che tu oggi mi dici Signore, e mi interrogo se sono stata capace di ricostruire la mia casa crollata sulle certezze effimere del mondo, su di te che sei la mia roccia, la mia forza, il mio alleato, il mio potente liberatore.
Penso che ci voglia ancora tanto tempo perchè l’opera sia perfetta, ma sento nel cuore che la direzione è quella giusta e che tu sei il direttore dei lavori.
Tendo l’orecchio per percepire il tuo passaggio e riconoscerti nel turbine, nel terremoto o nel vento leggero.
Voglio vivere in ascolto della tua parola Signore, parola di vita, voglio imparare da te che sei mite e umile di cuore a non mettere preclusioni alla tua volontà, voglio seguirti dovunque vorrai portarmi, voglio imparare a costruirre case che non servano solo me, ma te che con giustizia, con misericordia e con amore le darai a chiunque ne abbia bisogno.
Le forze Signore sai che mi stanno abbandonando, come anche i mezzi materiali.
Umanamente non sono più in grado di fare nulla per rendere vivibile una casa, per renderla casa di Betania, luogo accogliente per gli sbandati della notte, ma anche per tutti gli amici.
Tu sei il mio amico più caro, il più generoso e disinteressato. Signore gestisci questo albergo perchè chi vi bussa trovi accoglienza e pace.

Cecità

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” Può forse un cieco guidare un altro cieco?”
(Lc 6,39-42)

Chissà perchè quando leggiamo le parole del Vangelo pensiamo sempre che siano rivolte agli altri che non si comportano bene e non ci sfiora mai l’idea che Gesù sta parlando anche e soprattutto a noi!
Prendere coscienza della propria cecità non è facile a meno che uno non te lo dimostri con prove inconfutabili.
Un tempo io ero la misura di tutte le cose, io e nessun altro.
Mi industriavo a perfezionarmi, questo sì, mi dannavo a cercare soluzioni per me e per gli altri, perchè volevo risolvere i problemi del mondo senza scomodare alcun dio.
Poi una notte sognai di vagare tra le tombe vuote di un cimitero per trovare scarpe della mia misura.
Qualcuno mi fece notare che non erano le scarpe che io cercavo, ma la mia misura.
In una tomba, lo sanno tutti, non ci potrai trovare qualcosa che ti serva, caso mai il contrario.
Meno male che è arrivato il Signore e mi ha aperto gli occhi su dove guardare, in chi specchiarmi, da cosa lasciarmi illuminare.
E tutto è nato da un incidente in cui mi si sono rotti gli occhiali e all’odissea che ne è derivata per farmene un paio nuovi adatti ad un difetto in quell’occasione rivelatosi.
Per un tempo quindi andai a naso, senza lenti che mettessero a fuoco le cose.
Fu allora che vidi ciò che mai mi sarei sognata di vedere, perchè mi dovevo fermare, chiedere, lasciarmi guidare.
Gesù lo incontrai proprio in seguito a quella rottura, a quel travaglio, perchè solo se hai perso la bussola cerchi chi ti indichi la direzione.
Io insegnante impeccabile di lettere antiche mi trovai dall’oggi al domani messa in pensione, per via degli sbandamenti dovuti a lenti sbagliate, inadatte.
Subito fu una tagedia, ma il Signore ha fatto bene ogni cosa, per cui prima di mettermi in cattedra mi assicuro che sia Lui la lente attraverso la quale guardo il mondo e le persone con i suoi occhi e con il suo cuore.
Almeno ci provo.
Non è detto che ci riesca.

Dove sei?

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Il Signore è vicino a chiunque lo invoca (Salmo 144)

Ci sono tanti tipi di digiuno, alcuni li chiamano diete, ma non è il nostro caso.
C’è gente che digiuna per necessità e non per scelta come avviene quando decidi di fare la cura dimagrante.
Il digiuno ti costringe a fare a meno di tante cose che vorresti mangiare, che ti piacciono che molto probabilmente ti farebbero bene se avessi la possibilità di procurarti il cibo che ti manca.
Ma il digiuno più terribile è il digiuno di Dio, quella situazione in cui lo cerchi ma non lo trovi, situazione in cui l’attesa si fa estenuante e ti perdi d’animo e ti scoraggi perchè il demonio ci inzuppa il pane quando ti demoralizzi e perdi la speranza e non trovi il senso a tanto soffrire.
E’ ciò che mi sta capitando questa mattina in particolare, ma sono giorni che dentro covo la ribellione, contro Dio che sembra avermi abbandonato.
Mi ripeto che non è possibile, mi ripeto che verrà non tarderà ma il mio cuore è triste fino alla morte, oppresso dai pensieri più cupi.
Neanche la Sua Parola oggi è stata in grado di aprire un varco al mio male, al mio dolore che mi ha fiaccato le membra.
Com’è possibile che questo deserto sia così vasto, interminabile, senza oasi e senza riparo, un deserto che fa da sfondo al mio male che mi perseguita giorno e notte?
Non si può camminare nè stare fermi quando il corpo è così sofferente, i lacci lo stringono e gli tolgono il respiro, il fuoco divora la carne, si consuma nella fornace accartocciandosi come fosse legna da ardere.
Nella fornace i tre giovani lodavano Dio mentre angeli versavano acqua intorno a loro sì che le fiamme non lambissero neanche una frangia del loro mantello.
Perchè io vivo una situazione così drammatica? Perchè Signore non mandi un angelo anche a me per darmi ristoro in questa prova così superiore alle mie forze?
Mi sento venir meno e non mi viene nè di lodarti nè di ringraziarti.
Perdonami se non ci riesco, perdonami se non accolgo con gioia la tua visita se è vero che tu sei in questo dolore, in questo sconforto, in questa battaglia.
Ti sento lontano Signore e con affanno sto cercando di aggrapparmi a tutto ciò che potrebbe portarmi a te, ma mi sfuggono dalle mani tutti gli appigli.
Ho invocato Maria, San Giuseppe, i tuoi angeli e poi non ricordo, ma le ho percorse tutte le strade che conosco per arrivare a te.
Questa mattina la tua parola non mi è stata di aiuto nè di conforto, perchè parlava di qualcosa che se stai male non ti interessa.
Quando il corpo si ribella in questo modo c’è poco da fare, pensi solo a liberarti da questo fardello, cerchi solo una tregua a tanto soffrire.
Il prossimo in queste situazioni non posso aiutarlo, non so aiutarlo, e mi sembra che parliamo due lingue diverse.
Io non ti capisco Signore, purtroppo questa mattina.
A dire la verità non sono in grado di connettere tanto mi sento male.
Tu lo vedi, tu lo sai, non c’è bisogno che te lo dica.
A volte mi è capitato, per grazia di pensare che il mio corpo è il tuo corpo, il mio dolore è il tuo dolore e mi sono calmata e una pace mi ha inondato il cuore.
Questa mattina non ci riesco anche se ieri ho fatto una riflessione che associava la mia esperienza alla tua.
Mi sentivo indegna e anche blasfema nel raccontarla ma voglio farne memoria.
Ieri mattina più che il dolore fisico mi angosciava la solitudine a cui ero condannata. Lo sposo, il figlio, i fratelli li sentivo lontani.
Ho pensato a quanto tu avevi sofferto e soffri ancora per i figli lontani.
Mi sono immaginata alla finestra, come te che aspettavi il ritorno del figliol prodigo e a tutto quello che tu avevi fatto per noi e a tutto quello che io avevo fatto per testimoniare l’amore a quelli che si sono allontanati dalla mia casa.
Ho pensato che un dio non dovrebbe soffrire, non potrebbe soffrire, perchè la sofferenza ti toglie la pace, la serenità, la gioia di esistere. Io sono una creatura ed è normale che la lontananza, la divisione non per mia volontà della persone a cui continuo ad essere legata mi fa star male. Ma tu sei Dio e niente ti manca.
Almeno così ho studiato sui libri di filosofia e anche di religione.
Come è possibile che tu viva sereno mentre non trascuri niente per far tornare i tuoi figli a casa a costo di stare sempre sveglio?
Non ti stanchi Signore di bussare alle nostre porte, di aspettare come un mendicante che ti diamo la nostra brocca perchè tu la possa riempire? Non ti stanchi Signore a percorrere le strade del mondo mostrandoti affamato, assetato, nudo, carcerato, malato perchè ci muoviamo a compassione?
Signore ma tu non ti scoraggi mai? Tu che sei l’Onnipotente, il Santo, l’Essere perfettissimo Creatore e Signore del cielo e della terra non sei ancora stufo di noi che non ti corrispondiamo, che non ci fidiamo di te anche se ci hai tratto più di una volta dalle sabbie mobili?
Cosa Signore ti fa ancora sperare che il tuo progetto si realizzi?
Sono tanto scoraggiata Signore questa mattina e non so a chi rivolgermi per essere aiutata. Non ho che te, conosco solo te e solo da te aspetto l’aiuto. Mandalo dai tuoi cieli santi Signore, fa presto non tardare!
“Forse mi passa se abbraccio qualcuno!” disse Giovanni in piena crisi d’asma.
Mandami qualcuno da abbracciare Signore, forse funziona.