La casa cantiere di santità

Gli stimoli del convegno sul tema: “La casa cantiere di santità” sono stati molteplici e interessanti.
Ci sembra che il concetto, nelle sue accezioni reali e simboliche, sia un ottimo spunto per impostare percorsi formativi, finalizzati alla promozione della cultura della famiglia.
Una famiglia sempre più povera di case dove abitare, alla ricerca di chi o di cosa possa offrirle ciò di cui ha bisogno, uno spazio dove si coltivano piante in via d’estinzione, si allacciano legami che non si consumano, si tessono trame che non si scompongono, un luogo dove, nella ricerca dell’altro, l’uomo ritrova se stesso, dove, attraverso le relazioni intessute, si ricompone la sua frammentazione, la disgregazione a cui la società spesso lo costringe.
La casa dove si ricompone l’unità dell’essere uomo, dell’essere coppia, dell’essere famiglia, dell’essere popolo dei figli di Dio.
La casa, intesa come luogo dell’ascolto, del silenzio, della preghiera, della presenza di un Dio che si manifesta e cammina con noi, spazio di contemplazione e di adorazione, ma anche cantiere aperto a tutte le attività che servono per renderla stabile e salda, funzionale alle necessità di chi vi abita, aperta all’incontro e all’accoglienza, casa cantiere, dove le porte non sono blindate, dove le finestre sono aperte sul mondo, dove il pellegrino può poggiare il mantello e trovare calore e ristoro.
Il convegno propone una riflessione su quella che è la casa come ambiente naturale e indispensabile per la vita dell’uomo.
Le dimore degli uomini, attraverso i secoli, non hanno mai potuto prescindere dai condizionamenti naturali e culturali del tempo in cui si trovavano a vivere.
In un’era in cui i poveri non si possono sposare perché non trovano la casa e i ricchi si sbizzarriscono a costruirne di tutti i tipi con tutti i confort, case disanimate che aspettano solo l’applauso di spettatori occasionali che vi si ritrovano per far trionfare la vanità, ci chiediamo se sia cambiato qualcosa o non siamo scesi ancora più in basso.
Di quale casa ha bisogno l’uomo del nostro tempo? Chi deve accogliere, cosa deve contenere, la dimora dell’uomo che cerca l’unità di una vita vissuta disgregandosi attraverso le molteplici esperienze a cui la civiltà dei consumi lo chiama?
Se fosse un cane, diremmo che l’uomo ha bisogno di una cuccia e ci adopereremmo per costruirgliene una bella e confortevole, come anche se fosse un pappagallo, non ci sarebbe difficile costruirgli una gabbia quand’anche fosse d’oro.
Ma l’uomo ha bisogno di ben altro, anche se, a sentire la televisione o i giornali, sembrerebbe che i suoi bisogni siano belle donne, belle macchine, ricette per non invecchiare, cibo che non si prepara con la fatica, l’attenzione e l’amore di un tempo, quando il poco diventava molto nelle povere e sapienti mani delle nostre nonne, quando la sfida era invecchiare bene e con sapienza, quando il tempo non correva più in fretta dei sogni, quando la casa era riscaldata da veri camini di amore sofferto e condiviso.
“Chi è l’uomo perché te ne curi, chi è l’uomo perché te ne ricordi? Eppure l’hai fatto poco meno degli angeli di gloria e di onore lo hai coronato, tutto hai messo ai suoi piedi”.
Se l’uomo è così importante da suscitare tanta attenzione da parte di Chi ha costruito il mondo e tutto quanto contiene, sicuramente ha diritto a qualcosa di speciale.
La casa è da prendersi come immagine in tutte le sue accezioni spirituali e materiali:casa luogo dell’incontro con Dio, luogo dell’incontro con i fratelli attraverso i quali Dio si manifesta.La casa fatta di mattoni, quelli veri che servono per mettere su casa, famiglia, quella che si preoccupano di trovare gli sposi e di arredare, quando celebrano le nozze, fissa dimora con gli spazi divisi a seconda di ciò che è necessario, perché la vita circoli e si sviluppi.
La vita alla casa lo dà l’amore che è fatto di condivisione, di solidarietà, di patire con e per, di rapporto stretto con un Dio che tiene unite tutte le stanze, attraverso i fili del telefono, della luce, le condutture dell’acqua e del gas…
Stanze di uomini, in comunicazione tra loro attraverso ciò che Dio dispensa con abbondanza, se si tengono aperti, puliti i canali, non lasciandoli otturare o rompere dal desiderio di isolarsi, appartandosi e agendo per conto proprio.
Bella e suggestiva è l’immagine tratta dall’Antico Testamento, della casa tenda, come quella che si porta sulle spalle (come la croce), che si porta anche per gli altri, per i piccoli, i malati, gli anziani, ma che a sera si pianta per accogliere la famiglia , tenda che si dilata fino a non avere confini e ad abbracciare il mondo, pronta a ricevere, accogliere chiunque abbia bisogno.
La casa, cuore di un’umanità inquieta e sofferente, duro, incapace di amare, di donarsi, di dilatarsi.
La casa cuore di pietra che diventa cuore di carne, è l’immagine consolatoria che comunica il Dio della tenda, il Dio con noi, che viaggia con noi, che si mostra , si manifesta lì dove c’è fede, dove c’è apertura a Lui, dove c’è povertà di spirito, desiderio di essere da Lui riempiti.
Il Dio della tenda è il Maestro, per ricostruire le nostre case traballanti, fondate sulla sabbia, case in cemento armato che conservano l’armatura , per difendere il proprio egoismo e difendersi da quello altrui, case che hanno perso il cemento per tenere uniti i mattoni inerti che si staccano e rendono invivibile uno spazio sforacchiato, aperto a tutte le intemperie.
La casa dell’Antico Testamento è il luogo in cui Dio abita, dove l’uomo può abitare, perché la si porta dietro, sulle spalle, nel cuore, perché è aperta alle relazioni, al dialogo, aperta allo Spirito.
La casa di carne è quella che più di ogni altra noi siamo chiamati a costruire, quella che in Cristo Gesù si realizza, Gesù tempio, casa di carne, che si fa spezzare ogni giorno sopra gli altari dal sacerdote, che si fa pane per spegnere la fame di tutti gli affamati del mondo.
Rispondere alla domanda su chi è l’uomo porta a progettare la casa dove possa abitare, una casa dove Dio dimora perché egli possa dimorare in Dio.
La casa concepita non come fine, ma mezzo attraverso il quale il progetto degli uomini si trasforma in progetto di Dio, attraverso cui una casa di uomini diventa parte di Lui, parte della Sua casa, del Suo Corpo Mistico, la Chiesa.
Il fare, l’operare nel cantiere sono la conseguenza di questa presa di coscienza: quella di stabilire una dimora per l’uomo, un luogo dove l’uomo si realizzi attraverso le relazioni, la relazione che intercorre tra i suoi membri.
Dio è relazione, è comunione, è famiglia, come ha detto giustamente il Papa.
Nello sforzo di rendere visibile il Dio relazione d’amore, il Dio uno e trino, si costruisce la casa che può subire mille traslochi senza perdere mai la sua identità.
In una casa siffatta tutto appartiene a Dio e quindi vi prende stabile dimora la santità.
Partire dall’uomo primo Adamo, e tornare a Cristo, nuovo Adamo è l’unica strada per sapere di quale casa egli ha bisogno.
Da Famiglia oggi:riflessioni di coppia(Rubrica radiofonica a cura di Gianni e Antonietta)

Luce della memoria

(Samuel Bak:Luce della memoria)


Oggi, 27 gennaio si celebra la giornata della memoria perchè non si dimentichino i crimini commessi nell’ultima guerra mondiale contro gli Ebrei.
Il pittore Samuel Bak, superstite dell’olocausto, rimasto cieco, continua a ricordare le ferite inferte a lui e al suo popolo con i suoi quadri.
Da essi si leva per noi una voce possente: non possiamo dimenticare quello che ha fatto l’uomo. Potrebbe riaccadere. Ma neppure possiamo ricordare solo ciò che ha fatto l’uomo: se morisse nel cuore la luce della fede e della preghiera, riaccadrà. Ricordiamo sì, l’antico dolore, ma per tenere desta in noi la memoria dell’Onnipotente. Fra gli edifici della morte ce ne sarà sempre uno in cui si custodisce fedele il fuoco della vita. E la speranza ci salverà.(fonte: Il Giornale)

Sul muro di una prigione hanno trovato scritto:

 


Credo nel sole
anche quando esso non
risplende.
Credo nell’amore
anche quando non lo sento.
Credo in Dio
anche quando tace.


eco del

Salmo 136
“Mi si attacchi la lingua al palato,
se lascio cadere il tuo ricordo,
se non metto Gerusalemme
al di sopra di ogni mia gioia”

 


Giovanni spesso mi chiede di parlargli della guerra in cui il nonno, che è andato in cielo a riabbracciare il suo papà, ha combattuto.
Io gli racconto del rosario detto mentre passava il fronte e  delle bombe  che tacquero all’amen finale, gli racconto di nonna Antonietta che, quando scoppiavano i temporali, ci  chiamava a raccolta sul grande lettone affidandoci alla Madonna, gli racconto di quando è nato, accompagnato dalle nostre preghiere.

Comunicazioni non verbali

 

 

 

Sulla  sua  bacheca Facebook mio figlio ieri pomeriggio si chiedeva come mai le assemblee sindacali degli insegnanti debbano essere sempre fatte la mattina fino alle 10:30 e non di pomeriggio.
Ne è nata una disputa sulla liceità di indire assemblee in tempi non consoni alle attività lavorative dei genitori

 

Dopo cena,quando Franco mi ha chiesto se avevo impegni questa mattina, gli ho risposto che avevo letto su FB quali erano i miei impegni.

 

Così come previsto Emanuele ora è con me in attesa che finisca l’assemblea sindacale e io possa portarlo a scuola.

 

 

 

 

p.s.
Meno male che ci sono i nonni, che nessuno ha nominato nella suddetta diatriba.

 

L’arcobaleno, dono per tutti

domenica 12 gennaio 2014

L’arcobaleno: dono per tutti

 

 

Quando Emanuele, il nostro nipotino di 5 anni,  in prossimità del Natale, mi disse che Gesù veniva a portarci l’arcobaleno ho pensato che non avesse capito un granchè del Vangelo.

 

Del resto non era stato con me, come Giovanni, il fratello più grande.

 

A lui non avevo potuto raccontare prima di addormentarsi le storie di Gesù, nè sembrava interessato ad ascoltarle da chichessia, amando stare in silenzio ed osservare.

 

Nei suoi disegni però avevo notato che non mancava  mai un arcobaleno e un cuore. 

 

 

A Sacrofano, dove siamo andati in vacanza, ho avuto la conferma che i bambini sono profeti, perchè siamo entrati nell’arcobaleno dell’amore di Dio, della sua nuova ed eterna alleanza, quella che sostiene e dirige il nostro cammino di sposi, di presbiteri, di consacrati, di famiglia’  rendendolo felice e fecondo.
Il primo  lo abbiamo trovato attaccato alla porta della nostra camera.

 



 e poi moltiplicati nelle case illuminate dal Sole, nell’icona del convegno…

 



 li abbiamo visti uscire dalle plafoniere della grande sala….

 incollati ai pilastri…


Sul quaderno degli esercizi

 nel segno che ci è stato donato



nel canto di un’adorazione eucaristica del tutto speciale



 nelle famiglie lì convenute






nella parola ascoltata , letta e meditata




 Ci abbiamo camminato sopra

 
l’abbiamo visto spuntare nella tenerezza di un abbraccio

nella forza della preghiera coniugale


 Nell’Ostia bianca che forava la notte



Nel tenero abbandono di un bimbo sulla spalla del padre


nella gioia del pastore che si univa al canto dei bambini

 


E sarà festa grande quella a cui siamo chiamati, festa di nozze eterne, di eterna gioia, come ha concluso don Renzo Bonetti con l’ultimo intervento.

 

Noi non abbiamo potuto che gioire, perchè nei laboratori proprio di questo avevamo parlato ricordando il disegno profetico di Giovanni riportato qui sotto, dove nella grande casa trovano tutti accoglienza, anche i più piccoli, come lui che si è disegnato come tredicesimo apostolo per festeggiare le nozze con lo Sposo.

 

 

 

 

 

 

 

 

Ma a spiegare tutto meglio di me è venuto provvidenziale il video che don Renzo ha gentilmente donato a tutti.

Luce delle Nozze dono per tutti



 

Disegni e preghiere

 
E’ proprio vero che i bambini ti insegnano il significato più vero, più autentico del Vangelo.
 
Ieri sera Emanuele, piombatomi d’improvviso sul letto, ha osservato che stavo cercando una medicina tra le tante contenute nel cassetto del comodino.
 
“Quante medicine nonna, tutte tue?”
 
“Sì amore, tutte mie. Sto cercando qualcosa che mi tolga questo forte dolore al collo e alle braccia. Forse mi passa se mi fai una preghierina, però”.
 
” Ti faccio un disegno!” mi dice alzandosi di scatto, diretto in tinello.
 
Rimasta sola con il mio dolore penso a Giovanni che risponde a tono, quando gli chiedo una preghiera e la dice realmente.
 
“Emanuele è ancora piccolo. Il prossimo anno incomincerà il catechismo e capirà.” mi dico per consolarmi.
 
Poi mi alzo, per la cena, ma dobbiamo aspettare perchè Emanuele deve finire il disegno.
 
Ci deve mettere pure il nonno dentro l’arcobaleno e i palloncini e la porta per uscire.
 
Gli chiedo perchè non ha detto una preghiera.
 
“A guarirti ci pensa Dio”, mi risponde.
 

Matteo 18,3 

In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli.

Epifania : il più bel regalo

Mentre riflettevo su questa Parola, ho trovato spostando le poltrone per pulire, la brutta copia di un compito di Giovanni di  qualche giorno fa.
Quando mi aveva proposto di sentire cosa aveva scritto di me, non pensavo che mi avrebbe descritto con il naso grosso, le gambe corte, i capelli tinti biondicci, la corporatura grassa e qualche anno di più.
Intenta a sottolineare che non si dice biondicci, che non ho 71 anni e che le gambe forse non le aveva viste bene (adesso che ci penso, mi vede quasi sempre seduta), non sono arrivata in fondo.
Oggi il regalo lo voglio condividere con voi.
Purtroppo Giovanni adesso non c’è, ma se ci fosse me lo mangerei di baci.

Fare la pace

Con la bocca dei bimbi e dei lattanti affermi la tua potenza contro i tuoi avversari, per ridurre al silenzio nemici e ribelli. (Salmo 8)

 

 

 

 

Quando Emanuele,in prossimità del Natale, mi disse che Gesù veniva a portarci l’arcobaleno, ho pensato che non avesse capito un granchè del Vangelo.

Del resto non era stato con me, come Giovanni.
A lui non avevo potuto raccontare prima di addormentarsi le storie di Gesù, nè sembrava interessato ad ascoltarle da chichessia, amando stare in silenzio ed osservare.
Nei suoi disegni però avevo notato che non mancava  mai 

 

 

 un arcobaleno e un cuore…
 

 

Ieri una bambina di sette anni che, insieme ai genitori, ai nonni e ai suoi tre fratellini più piccoli, ha assistito all’incontro per in Battesimo dell’ultimo nato, Luigi, ci ha fatto la catechesi.
 
Mentre gli adulti erano occupati a calmare i piccoli che si erano scatenati, mi sono rivolta a lei che sembrava la più interessata al discorso.
 
Infatti si parlava dei regali che i bambini in occasione del Battesimo ricevono dai parenti ed amici e da quelli più importanti che Dio fa e che non hanno taglia, nè scadono.
 
“I doni sono :la fede, la speranza e la carità, vale a dire l’amore. ” ho detto.
 
“L’amore è il regalo più grande, quello che i genitori devono insegnare e trasmettere ai loro figli.
 
“Ma tu sai cos’è l’amore?”, ho chiesto alla piccola.
“Sì:quando due si vogliono bene.”
“Papà e mamma si vogliono bene?”
“Sì”
“E da dove lo riconosci ?”
” Dal fatto che fanno la pace.”
“Allora i genitori cosa devono insegnare ai loro figli?”
“A fare la pace.”

 (Gen 9,8-15)
Dio disse a Noè e ai suoi figli con lui: «Quanto a me, ecco io stabilisco la mia alleanza con voi e con i vostri discendenti dopo di voi, con ogni essere vivente che è con voi, uccelli, bestiame e animali selvatici, con tutti gli animali che sono usciti dall’arca, con tutti gli animali della terra. Io stabilisco la mia alleanza con voi: non sarà più distrutta alcuna carne dalle acque del diluvio, né il diluvio devasterà più la terra».
Dio disse:

«Questo è il segno dell’alleanza,
che io pongo tra me e voi
e ogni essere vivente che è con voi,
per tutte le generazioni future.
Pongo il mio arco sulle nubi,
perché sia il segno dell’alleanza
tra me e la terra.
Quando ammasserò le nubi sulla terra
e apparirà l’arco sulle nubi,
ricorderò la mia alleanza
che è tra me e voi
e ogni essere che vive in ogni carne,
e non ci saranno più le acque per il diluvio,
per distruggere ogni carne».

 

 

 

(Ez 36,26)
Vi darò un cuore nuovo e metterò dentro di voi uno spirito nuovo; toglierò dalla vostra carne il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne.