Vivere nella casa di una famiglia riconciliata da un Amore più grande ci darà finalmente la pace.
deserto
Deserto
Sono giorni molto difficili questi.
La preghiera sale inascoltata.
Piccoli sprazzi di luce illuminano per brevi tratti la notte popolata di mostri.
Il tempo si è fermato su questo dolore.
I nemici sono tanti che non li posso contare.
Maria, la Madre, mi è vicina e mi stringe la mano.
Vorrei morire tanta è aspra la guerra.
Solo in cielo troverò la pace e vorrei che fosse ora.
Salmo 41
Come la cerva anela ai corsi d'acqua,
così l'anima mia anela a te, o Dio.
L'anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente:
quando verrò e vedrò il volto di Dio?
Le lacrime sono mio pane giorno e notte,
mentre mi dicono sempre: «Dov'è il tuo Dio?».
Questo io ricordo, e il mio cuore si strugge:
attraverso la folla avanzavo tra i primi
fino alla casa di Dio,
in mezzo ai canti di gioia
di una moltitudine in festa.
Perché ti rattristi, anima mia,
perché su di me gemi?
Spera in Dio: ancora potrò lodarlo,
lui, salvezza del mio volto e mio Dio.
In me si abbatte l'anima mia;
perciò di te mi ricordo
dal paese del Giordano e dell'Ermon, dal monte Misar.
Un abisso chiama l'abisso al fragore delle tue cascate;
tutti i tuoi flutti e le tue onde
sopra di me sono passati.
Di giorno il Signore mi dona la sua grazia
di notte per lui innalzo il mio canto:
la mia preghiera al Dio vivente.
Dirò a Dio, mia difesa:
«Perché mi hai dimenticato?
Perché triste me ne vado, oppresso dal nemico?».
Per l'insulto dei miei avversari
sono infrante le mie ossa;
essi dicono a me tutto il giorno: «Dov'è il tuo Dio?».
Perché ti rattristi, anima mia,
perché su di me gemi?
Spera in Dio: ancora potrò lodarlo,
lui, salvezza del mio volto e mio Dio.
Brocche
Gv 4, 5-15.19b-26.39a.40-42
In quel tempo, Gesù giunse a una città della Samarìa chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: Dammi da bere!, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande de! l nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?».
Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore – gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua. Vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare».
Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità».
Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te».
Molti Samaritani di quella città credettero in lui. E quando giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».
Il Vangelo di oggi,III domenica di Quaresima, anno A ci presenta due bisogni, quello della Samaritana che va al pozzo ad attingere acqua e quello di Gesù che si siede stanco al pozzo.
Il pozzo è il luogo d'incontro tra due bisogni: quello di Dio e quello dell'uomo.
Entrambi hanno sete.
Ma Gesù non ha secchio, come giustamente fa notare la donna, mentre lei ce l'ha ma l'acqua che sta attingendo è un'acqua che non le cambia la vita.
Una vita senza gioia, schiava dell'amore che uccide,alla ricerca di un amore che gliela cambi, che l'appaghi una volta per tutte.
Gesù è discreto, non invadente. “Va' a chiamare tuo marito” le dice e, così facendo, le svela il segreto di sè.
Lo stupore è grande, quando si rende conto che chi gli sta di fronte conosce la sua storia e sicuramente è un profeta.
Non crediamo che a Gesù gli ci sia voluto molto per capire che una donna, che va a prendere l'acqua a mezzogiorno, è considerata una poco di buono o si sente una poco di buono, perchè non è quella l'ora di andare al pozzo.
Le donne perbene ci vanno con il fresco, perchè conoscendo la Palestina, non ci sono quel granché di viali alberati.
Il fatto che Dio si nascondeva nella nube la dice lunga sull'aridità dei luoghi che fanno da sfondo alle vicende del popolo eletto.
La sorpresa quindi non poteva venire da una cosa alquanto evidente, ma dal fatto che un giudeo parlasse con una donna e per giunta Samaritana e come se non bastasse una poco di buono.
Di colpo al sole e all'arsura si sostituisce l'acqua, il fresco gorgogliare dell'acqua che zampilla dal cuore generoso dell'ospite inatteso.
“Dammi da bere”. Dice Gesù.
La Samaritana, ha già ricevuto la sua acqua, quando si allontana, quel tanto che basta per dimenticare la brocca alla fonte ed andare dai suoi ad annunciare che forse ha incontrato il Messia. Lo sguardo posato su di lei l'ha sentito in quelle parole che non la giudicavano, che l'interpellavano su quello che poteva ancora dare di diverso, alle persone, alla persona che gli stava di fronte.
Pensare che non vali più niente che non servi più a nessuno, uccide l'anima, più che il corpo e la Samaritana il corpo lo aveva svenduto perchè non sapeva che era un prezioso strumento per raccogliere acqua e dissetare la gente.
Lascia la brocca al pozzo e scappa, la donna.
Chissà se tornerà a riprendersela di tanto in tanto. Il vangelo non ce lo dice.
Ma leggendo e meditando la Parola di Dio viene da pensare al sole di quella giornata, a picco sulla testa, alla sete e alla stanchezza di Dio che si siede alla fontana ad aspettare che qualcuno gli dia un secchio, un bicchiere, un contenitore per riempirlo della sua acqua.
Ho deposto la mia brocca sbrecciata, lesionata accanto a quella della Samaritana, nellla speranza che Gesù la riempia di nuovo, in questo deserto quaresimale.
KAIRE
Questa notte ho ripensato a quando la malattia mi aveva isolato dal mondo, quando la solitudine non scelta mi schiacciava, quando la parola di Dio sembrava rivolta ad altri.
Ricordo che a svegliarmi furono le parole scritte sul calendario liturgico ” liberaci dal male”di quella giornata speciale.
Era prossima l’alba.
Mi misi a recitare il Padre Nostro, per vedere se succedeva qualcosa, con la consapevolezza sempre più tangibile che stavo combattendo con il nemico della gioia, ii nemico che mi stava convincendo a gettare la spugna.
Pensai che, se avevo sbagliato strada, dovevo ricominciare da capo.
Mi rivolsi a Maria. “Tu sì che capisci tuo figlio” le dissi. ” tu solo mi puoi insegnare la via dell’amore”
Sentii riecheggiare nella stanza quel” kàire, rallegrati!” che l’angelo le rivolse e che percepii in quel momento rivolto a me.
Oggi, festa dell’Immacolata, quel “kàire”, l’ho sentito risuonare più forte.
Rallegrati, non perchè sei bella, sei brava, sei buona, rallegrati perchè io ti amo, perchè sei mia, perchè sono con te sempre, anche quando non riesci ad amare, a dare, anche quando non ne hai voglia e desideri attenzioni solo per te.
Ti amo sempre e comunque.
Smetti di pensare a quello che devi fare e vivi la tenerezza del mio sguardo poggiato sulle tue ferite, sulle tue deformità.
La pecora madre nella quale ti sei sempre identificata può rientrare nell’utero di Chi l’ha generata per poi venire alla luce di nuovo, ed essere portata in braccio come un agnellino appena nato.
Is 43, 1
Così dice il Signore che ti ha creato, o Giacobbe, che ti ha plasmato, o Israele: Non temere, perché io ti ho riscattato, ti ho chiamato per nome: tu mi appartieni.
Preghiera di lode
Il limite
Bisogna entrare nel deserto per rendersi conto che nulla è scontato, che molte cose di cui godiamo sono frutto dell’asservimento al peccato, agli idoli di questo mondo.
Nel deserto incontriamo il Signore, ci accorgiamo della sua provvidenza, della sua cura costante nei confronti dell’uomo.
Poveri ed in cammino alla volta della terra promessa,diventiamo pellegrini, profughi e mendicanti, a imitazione di Cristo.
Gesù, primo pellegrino, sfollato è approdato ai nostri lidi per lavarci in piedi e rimetterci in piedi per permetterci di continuare a sperare nella terra promessa ed entrare nel suo riposo.
“ Domine non sum dignus” L’estrema povertà, l’estrema inadeguatezza invoca l’onnipotenza di Dio che tutto può se lo vuole.
La memoria
La preghiera di lode non può non poggiare sull’esperienza di ciò che nella vita abbiamo percepito come dono di Dio negli eventi straordinari, nelle persone straordinarie che ci hanno portato a cambiare atteggiamento, facendoci uscire dallo scontato.
Persone che ci hanno salvato, tratto fuori dalla melma e dal fango e ci hanno restituito la dignità perduta.
Eventi in cui si è percepito lo sguardo di qualcuno chino su di noi, un samaritano che si è fatto carico delle nostre ferite e ci ha preso sulle spalle, dopo avervi versato l’olio della tenerezza e della compassione, dell’amore gratuito senza riserve.
Ed è lì che comincia la preghiera di lode.
E’ un dire grazie a chi e per chi si è chinato a raccoglierci dalla strada e che ci ha sottratto al pericolo di ladroni.
La memoria di uno sguardo che suscita un altro sguardo, di gratitudine a chi hai di fronte e ti dice: “coraggio sono io non temere! Non sono un fantasma.”
Il percorso quindi parte da dove posi lo sguardo. Se sei a terra puoi guardare il cielo le stelle , il creato, se sei a terra puoi godere di tutto ciò che ti sovrasta e ti viene gratuitamente donato.
Se invece continui a rimanere sul tuo piedistallo, lo sguardo inevitabilmente si posa su ciò che sta sotto che in genere è il fango, la terra, il peccato, il fallimento, la nostra umanità imperfetta peccatrice.
“Gloria a Dio e nell’alto dei cieli e pace agli uomini di buona volontà”
La preghiera di lode è un uscire fuori da sé da sé e incontrare il tu di Dio in cui ritroviamo noi stessi e tutto e tutto ciò che gli appartiene.
La dovizia di doni dei quali non ci accorgiamo imbandiscono ogni giorno la nostra mensa. Certo che non sempre anzi raramente sul tavolo c’è quello che noi desideriamo.
Il pane spesso è pane di lacrime, di sofferenza, di solitudine, di dolore.
Come lodare Dio nella prova? Come riuscire a benedirlo e ringraziarlo quando ci sentiamo schiacciati da ogni parte?
La lode è perché c’è, perché c’è stato, perché siamo certi che la sua fedeltà dura in eterno. La nostra vita vale parecchio altrimenti non l’avrebbe riscattata pagando un prezzo così elevato.
La nostra vita è il dono più grande che abbiamo potuto ricevere, anche quando ci sembra di non servire più a nessuno, anche quando siamo dimenticati da tutti.
Sentirsi guardarti da Dio, sentirsi amati da lui nella memoria di tanti suoi benefici fa sì che che diamo senso anche le nostre infermità che servono a far meditare, riflettere quelli che vivono nell’autosufficienza e nella presunzione di non avere bisogno di nulla.
La lode scaturisce da da ciò che Dio ci ha dato ci dà ci darà.
Ma per lodare il Signore bisogna aprire gli occhi e le orecchie.( prima le orecchie poi gli occhi in verità)
“ Ascolta Israele se tu mi ascoltassi!”
Il Dio di Gesù , il Padre, provvede ai gigli dei campi, all’erba dei prati agli uccelli del cielo.
La provvidenza che si fa tangibile quando sei affamato assetato ignudo pellegrino.
Le beatitudini
La provvidenza sperimentata, vissuta ci apre la bocca alla lode, ci mette in un atteggiamento di attesa di preghiera di gratitudine di fiducia in Dio.
“ Dio è qui e non lo sapevo! “Disse Giacobbe, nella notte più buia della sua vita.
Quante volte abbiamo sperimentato l’incursione provvidenziale di Dio nella nostra storia. Ma Dio non è nello straordinario ma nell’ordinarietà delle cose.
Ridiventare bambini
“Per cosa vogliamo ringraziare Gesù?” “Per le patate e per i colori “disse Giovanni quando aveva meno di tre anni.
Ringraziare per le patate. Chi ci avrebbe pensato? Eppure bisogna ridiventare bambini, rinascere dall’alto per sperimentare quella meraviglia, quella gratitudine per il dono che Dio ci fa attraverso i 1000 gesti di tenerezza al giorno che ci aiutano a vivere.
" Dacci oggi il nostro pane quotidiano", diciamo nel Padre nostro
Il pane quotidiano in minima parte è merito nostro, il resto è gratitudine a Dio e all’altro.
Eucaristia
Come le gocce d’acqua nel vino consacrato sull’altare si perdono e diventano sangue di Cristo, così noi nel calice mettiamo la nostra indegnità unita al canto di lode perchè li trasformi in fonte di Vita per tutti.
Deserto e rabbia
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