Sfogliando il diario

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23 ottobre 2009
venerdì XXIX TO
ore 6.20
“Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte?”(Rm 7,24)

Delle letture di oggi non riesco a fare mie se non le parole della lettera di San Paolo, quando esprime il desiderio di essere liberato dal corpo votato alla morte.
Il mio corpo è fonte di grande sofferenza e spesso il desiderio della morte ha alleviato la mia pena, perché il dolore avesse fine.
Ho desiderato morire perché la malattia non mi dà tregua, perché mi limita in tutto ciò che vorrei fare, dire pensare.
La mia vita è una perenne battaglia con questo corpo mortale che per fede devo desiderare continui a vivere, ma istintivamente vorrei buttare al macero.
La lotta a volte è strenua, estenuante, inutile, devastante negli effetti come questa notte che ho urlato per il dolore che mi attanagliava spalle, braccia, collo, testa e arrivava fino alle mani.
Non trovavo una posizione per riposare e ripensavo alla mistificazione di questa vita dove non coincidono mai l’essere e l’apparire.
È arrivata proprio ieri la notifica dell’esito della visita collegiale per l’invalidità civile.
La dicitura che mi dà il massimo dell’invalidità è motivata dal fatto che non posso provvedere da sola a miei bisogni.
Ho pensato a ieri, a quante cose ho fatto per provvedere ai bisogni altrui, a cominciare dal pantalone bucato di Giò, che ho accomodato, a tutto quello che ho fatto con Ela per rimettere a posto la roba del cambio di stagione, a quante volte ho sollevato le braccia, aperto, chiuso, stretto le mani per piegare, cucire, ordinare, stirare, cucinare, accudire Emanuele, un bimbo di tre anni.
Mani, braccia per provvedere ai bisogni di Gianni che tornava dal lavoro, di Franco, nostro figlio che non sa a chi lasciare i bambini, ai bisogni della sua famiglia che la sera, dopo una giornata passata fuori casa, accoglie con gioia un cibo caldo preparato con amore.
Questa notte devo dire che è stata un inferno, pagando le conseguenze di un uso sconsiderato di questo corpo che ho sentito gravare sulle mie spalle per tutto il tempo del riposo.
E oggi io ho la riabilitazione in acqua e questa sera dovrò prendermi cura di Giovanni il nipotino più grande e poi, dopo cena, l’incontro con i fidanzati.
Nel lavandino c’è un cavolo che aspetta di essere lavato, tagliato e cucinato, un bucato da mettere in lavatrice e poi il pranzo per me e Gianni prima di andare in piscina per la rieducazione.
Il mio corpo è protagonista di tutto questo e del resto…
Come ogni mattina, mi chiedo se sopravviverò alla giornata che mi aspetta.
Ieri ho fatto fatica a vestirmi per quanto stavo male, ma volevo andare alla messa.
Avevo tolto ciò che potevo togliere di mezzo perché Ela non si confondesse e pulisse ciò che doveva pulire.
A messa, l’unica cosa che non mi crea problemi quando arrivo a sedermi, non sono potuta andare, perché il cancello era rotto e io non potevo uscire con la macchina.
L’agitazione, il salire e scendere le scale, l’affacciarmi affannoso alla finestra per vedere se c’era qualcuno che aveva la chiave per aprire manualmente il cancello mi ha crepato, come anche l’aver cercato invano di contattare la persona che abita sotto il mio appartamento per un suo problema urgente da risolvere, confidando nella forza delle mie gambe e del Signore…
E poi Dubrinka che mi ha obbligato a scendere sotto tardi (ero allo stremo) per farmi vedere la siringa di un drogato infilzata nella fioriera.
E che dire dei piatti che Gianni non aveva fatto la sera prima perché era andato alla preghiera (io no, perché ero distrutta, pur desiderandolo molto) e quelli di ieri a mezzogiorno perché sempre Gianni, la mia unica alternativa, si è bruciato tre dita cuocendo la carne?
“Incapace di provvedere autonomamente a se stessa…”
Questa notte ho pagato la presunzione di farcela, ma non è cambiato nulla, perché oggi si prospetta una giornata altrettanto pesante, impegnativa, senza aiuto che non sia quello del Signore.
Ecco il Signore fa la differenza.
Chi va a dire alla Commissione di Sanità che, se provvedo a me stessa e agli altri, non sono io che vivo, ma Cristo vive in me?

Credere

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Meditazioni sulla liturgia di
sabato di Pasqua
letture: At 4, 13,21; Salmo 117; Mc 16, 9-15
“Tutti glorificavano Dio per l’accaduto” (At 4,21)
Il riassunto che fa Marco delle apparizioni di Gesù risorto sono connotati dalla incredulità che incontrano gli annunciatori, quelli che l’hanno incontrato, visto, toccato.
I più diffidenti sembrano proprio gli apostoli, tanto che Gesù va di persona a confermare ciò che di lui dicono le donne o i discepoli di Emmaus.
Anche oggi la fede si scontra con l’incredulità della gente, specie quella di chiesa quando non vede esaudite le proprie preghiere, quando non vede i miracoli, quando si fa un dio a sua immagine e somiglianza, quando gli vuole insegnare il mestiere.
” Sia fatta la tua volontà” lo diciamo con le labbra ma si deve vedere a cosa stiamo pensando in quel momento.
Del Padre nostro volentieri cambieremmo qualche passaggio come quello in cui ci riesce più facile dire “Sia fatta la mia volontà”
Del resto le nostre preghiere per la maggior parte sono finalizzate ad ottenere benefici, ad essere esauditi in quelle che pendsiamo siano le nostre necessità, i nostri principali bisogni.
Gesù per farsi riconoscere deve mostrare le piaghe, i segni della passione, del prezzo pagato per il nostro riscatto, i segni di un amore che non si misura, un amore divino infinito, eterno, irreversibile.
Ma è sufficiente?
Il dubbio assale anche le persone più convinte, anche quelle miracolate da Gesù.
Perchè non è così scontato credere, ricordare, vivere in stretta comunione con Lui.
C’è sempre un momento in cui le piaghe del corpo di Cristo, la Chiesa, ci scomodano, ci indignano, ci fanno desiderare altro.
Ci allontanano da ciò che ci fa male che ci toglie la tranquillità e la pace a fatica acquisita nel raporto intimistico ma solo verticale con il nostro Dio che non facciamo fatica ad amare perchè ci ama a prescindere e ci perdona non sette ma settanta volte sette.
Le persone hanno sempre qualche difetto, qualcosa che ci irrita, che ci fa male.
Preferiamo mettere a tacere la nostra coscienza, dimenticare che in ogni uomo si nasconde Gesù e che se vuoi incontrarlo devi abbracciare la sua croce su cui sono inchiodati i peccati del mondo, le sofferenze dell’uomo che continua a crearsi tanti inferni e non trova la pace.
Le piaghe dolorose diventano gloriose se abbracci il tuo dolore e lo offri al Signore, se abbracci qualcuno senza paura di sporcarti , di cambiare posizione per annunciare il vangelo dell’amore che salva.
Come potremo convincere le persone che Gesù è risorto?
Non basta raccontare la storia, bisogna ogni giorno mostrare il volto gioioso del mattino di Pasqua, la speranza di un nuovo giorno, l’ottavo, il giorno eterno di Dio in cui ti immette la Grazia battesimale.
“La gioia può diventare la croce più pesante di una vita cristiana.Essa costituisce la testimonianza più pesante del divino. (L. Boros)”

Giustizia

 
 
Meditazioni sulla liturgia di 
domenica della  V settimana di Quaresima anno C
 
letture: Is 43,16-21; Salmo 125; Fil 3,8-14; Gv 8,1-11

“Va’ e d’ora in poi non peccare più” (Gv 8, 11)

M’interrogo Signore oggi, dopo aver letto la parola che hai consegnato alla tua Chiesa per darci istruzioni sul cammino che ci separa dalla Pasqua.
Non so cosa tu hai scritto per terra, ma sicuramente era cosa buona molto buona. Tu sei la parola, il verbo di Dio e solo qui, in questa occasione, in questo passo tu scrivi.
Ho pensato che non avevi a disposizione altro per emettere il giudizio che ti era stato richiesto, ma tu sei Dio e se avessi voluto avresti potuto trovare qualcosa di meglio per comunicare il tuo pensiero.
Sono stati scritti fiumi d’inchiostro sul mistero di quei segni che hai volutamente criptato.
La terra si sa è come la sabbia, basta un soffio di vento, qualcuno che ci cammini sopra e si cancella ciò che vi è scritto.
Forse è questo il messaggio che tu ci vuoi far passare. Davanti a te siamo tutti  adulteri,  chi più chi meno, perchè non ti mettiamo al primo posto e viviamo spesso come se non esistessi.
Siamo nel contempo anche accusatori di tutti quelli che non si comportano come dovrebbero.
I nomi degli accusati e degli accusatori oggi vedo scritti sulla quel foglio di terra che il vento è pronto a sollevare.
Tra due settimane celebreremo la Pasqua, entreremo nella terra promessa, dove non ci sono nomi scritti per terra, non ci sono condanne che pendono sul nostro capo.
Per questo Signore ti voglio lodare, benedire e ringraziare, perchè con il tuo sangue hai cancellato tutte le nostre colpe e ci hai costituiti un popolo di re, profeti e sacerdoti.
Sulla terra che ci hai preparato il vento non è riuscito a cancellare, nè mai potrà farlo la tua lettera di amore consegnata alla storia, una lettera dove emerge che noi siamo i destinatari della  tua misericordia  infinita.

Holter pressorio

Domani mattina alle 9 ho l'appuntamento in ospedale per mettere l'Holter pressorio.

Normalmente per queste cose è Gianni che mi accompagna per il mio handicap motorio.

Questa volta però, essendo ingessato alla gamba, non può, dovendo essere accompagnato nello stesso giorno, alla stessa ora in un altro reparto dall'unico accompagnatore valido e disponibile: nostro figlio.

Sono sempre dell'idea che non Dio ma gli uomini( in questo caso i medici) ci complicano la vita.

 

Quando ho messo l'Holter l'ultima volta, circa 8 mesi fa, a detta dei medici interpellati non avevo nulla di preoccupante.

Dovendo a maggio sottopormi alla Risonanza Magnetica con il contrasto, mi è stato prescritto insieme ad altre analisi un elettrocardiogramma.

La dottoressa incaricata di farlo, una cardiologa, prende a cuore il mio caso e mi dice che il precedente referto attesta che sono un ipertesa, che è urgente intervenire, che rischio la pelle, che devo prendere delle medicine che mi prescrive (se non è troppo tardi), rimandandomi al mio medico curante.

Il mio medico curante, appena vede la diagnosi va su tutte le furie, primo perchè “ chi è questa che si permette di darmi consigli?…e poi il referto dice chiaramente che la mia pressione è normalissima”…lo stesso su cui la cardiologa dell'AUSL ha fondato la sua diagnosi dopo avermi accuratamente visitata, come non aveva mai fatto nessuno dei suoi colleghi.

Per farla breve il mio medico si è rifiutato di prescrivermi qualsiasi medicinale all'uopo e solo dietro mia insistenza ha acconsentito a prescrivermi di nuovo un monitoraggio pressorio.

Ora sono qui che mi chiedo, se è giusto andare ed eventualmente a chi far leggere il referto.

Fede

"Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?"
(Lc18,8)

Signore, se tu hai dei dubbi ci fai cadere le braccia.
Noi siamo certi che tu vincerai, altrimenti che fede sarebbe?
Noi confidiamo in te, speriamo in te.
Dicci che stai scherzando Signore.
Dicci che non è vero.
Almeno tu sostienici nella speranza che non sei morto invano.