Credere

10c5a-vangelo1
Meditazioni sulla liturgia di
sabato di Pasqua
letture: At 4, 13,21; Salmo 117; Mc 16, 9-15
“Tutti glorificavano Dio per l’accaduto” (At 4,21)
Il riassunto che fa Marco delle apparizioni di Gesù risorto sono connotati dalla incredulità che incontrano gli annunciatori, quelli che l’hanno incontrato, visto, toccato.
I più diffidenti sembrano proprio gli apostoli, tanto che Gesù va di persona a confermare ciò che di lui dicono le donne o i discepoli di Emmaus.
Anche oggi la fede si scontra con l’incredulità della gente, specie quella di chiesa quando non vede esaudite le proprie preghiere, quando non vede i miracoli, quando si fa un dio a sua immagine e somiglianza, quando gli vuole insegnare il mestiere.
” Sia fatta la tua volontà” lo diciamo con le labbra ma si deve vedere a cosa stiamo pensando in quel momento.
Del Padre nostro volentieri cambieremmo qualche passaggio come quello in cui ci riesce più facile dire “Sia fatta la mia volontà”
Del resto le nostre preghiere per la maggior parte sono finalizzate ad ottenere benefici, ad essere esauditi in quelle che pendsiamo siano le nostre necessità, i nostri principali bisogni.
Gesù per farsi riconoscere deve mostrare le piaghe, i segni della passione, del prezzo pagato per il nostro riscatto, i segni di un amore che non si misura, un amore divino infinito, eterno, irreversibile.
Ma è sufficiente?
Il dubbio assale anche le persone più convinte, anche quelle miracolate da Gesù.
Perchè non è così scontato credere, ricordare, vivere in stretta comunione con Lui.
C’è sempre un momento in cui le piaghe del corpo di Cristo, la Chiesa, ci scomodano, ci indignano, ci fanno desiderare altro.
Ci allontanano da ciò che ci fa male che ci toglie la tranquillità e la pace a fatica acquisita nel raporto intimistico ma solo verticale con il nostro Dio che non facciamo fatica ad amare perchè ci ama a prescindere e ci perdona non sette ma settanta volte sette.
Le persone hanno sempre qualche difetto, qualcosa che ci irrita, che ci fa male.
Preferiamo mettere a tacere la nostra coscienza, dimenticare che in ogni uomo si nasconde Gesù e che se vuoi incontrarlo devi abbracciare la sua croce su cui sono inchiodati i peccati del mondo, le sofferenze dell’uomo che continua a crearsi tanti inferni e non trova la pace.
Le piaghe dolorose diventano gloriose se abbracci il tuo dolore e lo offri al Signore, se abbracci qualcuno senza paura di sporcarti , di cambiare posizione per annunciare il vangelo dell’amore che salva.
Come potremo convincere le persone che Gesù è risorto?
Non basta raccontare la storia, bisogna ogni giorno mostrare il volto gioioso del mattino di Pasqua, la speranza di un nuovo giorno, l’ottavo, il giorno eterno di Dio in cui ti immette la Grazia battesimale.
“La gioia può diventare la croce più pesante di una vita cristiana.Essa costituisce la testimonianza più pesante del divino. (L. Boros)”

Padre nostro

 

Padre , fa’ che possa rivolgermi a te con questo nome, fa’ che ti senta in ogni momento Padre, fa che questa parola non sia un suono vuoto e privo di significato che non corrisponde ad un sentimento profondo, fa’ che, quando la pronunciamo, evochi in noi la tenerezza, l’amore, la premura costante di chi vuole bene ai suoi figli e soffre, se li vede soffrire. PADRE

Padre, che vorrei sempre sentire vicino , che vorrei abbracciare in ogni momento, Padre di cui vorrei le carezze di cui sento il bisogno, che vorrei incontrare con gioia, perché mi aspetti paziente per  ridarmi fiducia, per indicarmi la strada, per curare le numerose e dolenti ferite che mi procuro ogni volta che voglio andare da sola, Padre, che voglio sentire anche mio, che percepisco , anche se non sempre nei tempi che sono dell’uomo, essere buono, sollecito, attento a me e alla mia pena, Padre che vorrei da tutti i tuoi figli fossi riconosciuto tale, Padre che vorrei poter chiamare così sempre, anche  davanti alle più grandi tragedie, Padre che vorrei non fosse così difficile, a volte,  sentirti. NOSTRO
Padre, che nonostante tu sia nei cieli, nonostante la tua natura divina ti distingua e ti separi infinitamente da noi, fa’ che possa dire con convinzione che sei vicino,  che sei qui, che ascolti il grido soffocato di chi soffre in silenzioi. CHE SEI NEI CIELI.
Padre che il Tuo nome sia santificato, che ognuno di noi, mettendosi di fronte a Te, possa capire quanto siamo piccoli, quanto siamo distanti da Te, dalla tua grandezza, dalla tua magnificenza, dalla tua bontà. SIA SANTIFICATO IL TUO NOME
Padre, che l’amore alla base del tuo atto creativo sia il seme prodigioso, capace di trasformare la separazione, il caos che sconvolgono questo mondo in cui siamo immersi, e che si fa dominare dal male in ordine luminoso, dove Tu regni indiscusso. VENGA IL TUO REGNO.
Padre, sia fatta la tua volontà, anche quando non la capiamo, quando non riusciamo ad accettarla, quando ci sembra lontana da ogni logica, quando ci sembra ingiusta e crudele; sia fatta la tua volontà quando i nostri occhi non riescono a guardare oltre, quando il nostro egoismo non ci fa uscire da noi stessi, quando i criteri e le logiche del mondo contrastano vistosamente con la Tua verità. SIA FATTA LA TUA VOLONTA’ COME IN CIELO COSI’ IN TERRA
Padre, concedi ad ogni uomo ciò di cui ha bisogno oggi, in questo momento, per il corpo, per l’anima, fa’ che ognuno, per ciò che oggi trova, possa ringraziarti, fa che ognuno, mentre si nutre del cibo che tu gli hai preparato, non dica che é poco, non pensi che altri ne hanno di più, non sia turbato dall’incertezza del dopo.
Padre, fa’ che ognuno con serenità si abbandoni a Te, fa’ che nessuno, temendo di perdere anche il poco che ha, non lo apprezzi e non ti ringrazi. DACCI OGGI IL NOSTRO PANE QUOTIDIANO
Padre, fa’ che possiamo perdonare i nostri nemici, fa che impariamo ad amarli seguendo l’esempio che tu ci hai dato.
Padre,  i nostri nemici il più delle volte li abbiamo dentro e sono quelli che non riusciamo ad assolvere.Ciò che più ci costa é chiudere gli occhi alla nostra imperfezione, al nostro limite, alle nostre debolezze. Per questo, Padre, ti peghiamo: perché riusciamo a consegnarle a Te, che ci accetti e ci ami per quello che siamo, piccoli, imperfetti, peccatori, ma infinitamente preziosi ai tuoi occhi.
Padre, insegnaci a perdonare i nostri fratelli dai quali non ci sentiamo amati, dai quali non ci sentiamo apprezzati per quello che facciamo, per quello che diciamo, per quello che pensiamo, dai quali spesso riceviamo male in cambio di bene, dai quali non ci sentiamo capiti, dei quali ci sentiamo migliori.
Padre, insegnaci a perdonare Te, dal quale spesso ci sentiamo colpiti ingiustamente, a perdonare tutte le sciagure e le tragedie che vedono vittime innocenti, che ci sembrano assurde e che spesso pensiamo avresti potuto evitare. RIMETTI A NOI I NOSTRI DEBITI
Padre, non sono riuscita a dire come sarebbe stato giusto , “rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori”, perché é difficile, perché non ne sono capace, perché non ne siamo capaci e non vorremmo che tu ci prendessi sul serio.
Padre, manda il tuo Spirito che c’insegni ad amare, e saremo capaci anche di questo. COME NOI LI RIMETTIAMO AI NOSTRI DEBITORI.
Padre, fa’ che i nostri buoni propositi non rimangano tali, ma si trasformino in atti di conversione profonda, fa’ che il male non ci alletti con le sue lusinghe.  NON C’INDURRE IN TENTAZIONE
Padre, rafforza le nostre difese sì che possiamo sempre camminare con Te al fianco, e uscire vittoriosi dalla lotta, affermando che Tu sei Dio , l’unico vero Dio nel quale, con il quale e per il quale ogni tempesta si placa e ogni anima trova la pace. . MA LIBERACI DAL MALE.

Il Papà di tutti i papà

 

Oggi festa di tutti i papà non posso non pensare a Chi ci ha creati, al "Papà di tutti i papà", come lo chiama Giovanni.
E fargli gli auguri con le parole che ci ha insegnato Gesù, il nostro Fratello maggiore.

 

Padre nostro che sei nei cieli,
sia santificato il tuo Nome,
venga il tuo Regno,
sia fatta la tua Volontà
come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
e rimetti a noi i nostri debiti
come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori,
e non abbandonarci alla tentazione,
ma liberaci dal male.


 

P.S. La seconda parte è un pò interessata, ma Lui capisce.

 

Bisogni



Matteo 6,7-15 In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Pregando, non sprecate parole come i pagani, i quali credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno ancor prima che gliele chiediate. Voi dunque pregate così:
Padre nostro che sei nei cieli
sia santificato il tuo nome;
venga il tuo regno;
sia fatta la tua volontà,
come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
e rimetti a noi i nostri debiti
come noi li rimettiamo ai nostri debitori,
e non ci indurre in tentazione,
ma liberaci dal male.
Se voi infatti perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe”.
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“Il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno “.
Queste sono le parole che mi hanno colpito leggendo il Vangelo di oggi, questa notte, quando il dolore, come sempre, mi ha dato la sveglia.
Ho pensato a Dio Padre, al Papà di tutti i papà, come lo chiama Giovanni, ho pensato alle pietre che spesso sento come risposta alla mia preghiera.
Che salendo in cielo, Gesù si sia dimenticato di cosa serve concretamente all’uomo per vivere?
Che la vita del cielo, lo abbia reso meno sensibile alle nostre necessità?
La compassione è virtù divina e Dio ci ha mandato suo figlio per renderla visibile e operante.
Questa notte il dolore non mi ha permesso di pregare il Padre nostro, di rivolgermi a Lui come l’unico che conosceva fino in fondo i miei bisogni.
Era necessario dirgli che mi sarebbe piaciuto sperimentare la normalità di un sonno ristoratore senza che qualcuno o qualcosa provvedesse a svegliarmi anzitempo?
Quando ero piccola mamma mi svegliava alle 5 per farmi le trecce, prima di andare a lavorare.
Tagliate le trecce, la domenica mi svegliava per riordinare la nostra piccola casa , perchè eravamo in tanti e dormivamo anche in sala.
Poi mi sono sposata.
La casa era grande, ma a svegliarmi, per tredici mesi, è stato mio figlio che  non trovava pace né di giorno, né di notte.
Non appena lui ha smesso di piangere mi sono ammalata e il sonno è diventato pura utopia
Sono qui che penso a quando potrò riposare.