Luce

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“Voi siete luce del mondo “(Mt 5,14)

Questa notte è stata ancora una notte drammatica, ancora la bestia si è accanita su di me, la bestia che mi toglie il respiro, mi tappa la bocca, mi toglie la luce e la forza di cantare le tue lodi.
Da un po’ di giorni si ripete questa triste liturgia, questa dolorosa battaglia in cui le sevizie, gli attacchi si moltiplicano, mentre le mie forze vengono meno.
Voglio ringraziarti, Signore, per il compagno, lo sposo che mi hai messo accanto che non dorme, ma usa le armi della luce per difendermi e farmi riposare.
Le armi sono la preghiera a Maria, l’invocazione allo Spirito Santo, mani benedette e sante che si stanno addestrando alla battaglia e diventano sempre più efficaci per difendermi dal male.
Ti voglio benedire Signore perchè hai trasformato la valle di Acor in porta di speranza, perchè ci stai facendo capire cosa significa essere sposi, rispondere all’altro, rispondere dell’altro, dare all’altro ciò che tu gratuitamente doni a chi con le mani aperte cerca la tua Grazia, il tuo aiuto, la tua protezione.
Quando Gianni prega su di me e per me io non sono in grado di unirmi alla sua preghiera tanto sto male, e mi limito a dire “Ascolta la sua preghiera, Signore”
E’ quando non abbiamo niente da dare che ti portiamo nella tua interezza.
Stiamo facendo esperienza di povertà, di persecuzione, di dolore, di inadeguatezza dei nostri strumenti umani, entrambi.
Mai come ora abbiamo sentito insopprimibile il desiderio di rivolgerci a te, di contare solo su di te, di aspettare da te la beatitudine promessa.
Il nostro matrimonio si sta trasformando in un sodalizio con te, sempre più stretti a te e a Maria che ci hai donato perchè le spade che ci trafiggono l’anima diventino spade d’amore e di gratitudine a te che ci hai associato al tuo progetto di salvezza.
Tu dici che siamo la luce del mondo, il sale della terra e noi vogliamo crederci, ma anche realizzare ciò per cui tu ci hai creato.
Per questo ti prego Signore squarcia il tuo cielo e scendi e non permettere che le ombre della notte offuschino la luce che viene da te o rendano insipido il sale che rende gustoso il cibo quotidiano.
Cosa offrirti o Dio che nell’intimo non ti abbia già dato?
Sono qui che aspetto cieli nuovi e terra nuova, sono qui perchè credo che tu ci hai già salvato.
Aiutaci a non smarrirci, disorientarci durante i feroci attacchi del nemico. Non offuschi mai con la sua ombra la luce che viene da te solo, Signore.
Rendici specchio immacolato e puro per immillare la tua luce, rendici acqua sorgiva limpida e accogliente perchè possiamo ad essa dare il sapore delle cose che ti appartengono.

Campo base

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“Chi viene a me non avrà più fame”.(Gv 6,35)

Signore dacci sempre questo pane, continua Signore a nutrirmi dite, della tua presenza, del tuo amore, della tua compassione, della tua parola.

Signore ho bisogno di te, sempre di più la mia fame e la mia sete aumentano, perché mi fai sperimentare le sorgenti della vita, mi dai la gioia piena, mi proietti nell’eternità e mi togli la paura.

Signore quanto sono dolci le tue dimore, i tuoi consigli mi stanno sempre dinanzi…

Come potrei tradirti Signore se tu sei con me ogni momento della mia vita?

Non abbandonarmi Signore al mio destino, non permettere che perda la speranza nella gioia che tu solo puoi donarmi .

Nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia ti prometto fedeltà.

Signore, con il tuo aiuto il dolore sarà per me fonte di consolazione, di gratitudine a te che sei venuto a trovarmi con la sofferenza, il necessario viatico per arrivare a te ed essere nutriti dal tuo amore.

La mia eucaristia sia la gratitudine a te che mi hai aperto le porte del tuo cuore, le porte della vita, introducendomi nelle tue stanze più segrete.

Mi hai fatto bere alla tua coppa vino e miele stillanti, mi hai chiamato in disparte perchè mi hai scelto per essere tua sposa per sempre.

In modo de tutto inaspettato hai chiesto la mia mano.

Così fece Gianni, quando lo frequentavo perchè volevo favorire l’incontro tra lui e una persona che mi stava molto a cuore.

Ma tu ti sei innamorato di me, volevi me.

Attraverso le parole di Gianni riconosco le tue , attraverso di lui mi hai fatto sperimentare quanta gratitudine scaturisce dal sentirsi guardati, scelti senza aspettarselo, senza esserne degni.

La mia risposta all’uomo che sarebbe stato il mio sposo, allora fu un sì dovuto alla fiducia che mi ispirava , perchè era una persona di cui potevo fidarmi e che non mi avrebbe mai tradito né avrebbe approfittato di me.

Per questo gli dissi di sì come ho detto di sì a te.

La meraviglia dell’inizio!

Che bello scoprire nella propria storia tracce la tua presenza, del tuo passaggio!

Ma poi la storia non si è svolta come quella che ha legato te al popolo di Israele.

Siamo stati peccatori Signore, perché non abbiamo messo te al primo posto.

La parabola dell’amore umano, come icona e simbolo dell’amore divino non l’abbiamo capita, non siamo andati oltre i nostri umani e egoistici interessi.

Con Gianni ho fatto ciò che per anni ho fatto con te.

Ti ho dato gli ho dato i miei connotati, ho preteso di cambiare ciò che di lui non mi piaceva.

Solo ora capisco quanto mi sbagliavo a voler imporre connotati incompatibili con l’amore.

Questa mattina, meditando il Vangelo, ho pensato a quanto è bello vivere in una casa, in una famiglia unita che si spende perché ogni membro riesca nel progetto comune di dare vita.

Così mi sono commossa e rincuorata a pensare che tu, Gesù, quando stavi sulla terra non potevi mai sentirti solo, perché il Padre e lo Spirito Santo non erano mai separati da te e si adoperavano perché il progetto arrivasse a buon fine.

La tua, Gesù, è stata una spedizione molto pericolosa, ma il Campo Base, la Famiglia Divina era allestita e pronta per darti gli strumenti necessari per non farti morire definitivamente.

Hai molto sofferto, Signore Gesù, ma hai avuto accanto a te persone che ti hanno voluto bene, che si sono fidate di te, che si sono adoperate per te.

Tua madre, tuo padre, e poi le donne che tu hai riabilitato, a cui hai dato una vita nuova, e poi i discepoli che mi fanno pensare a Giovanni e ad Emanuele, i libri di carne che mi hai mandato a domicilio, dove l’amore e l’egoismo nell’espressione dei loro caratteri emergono e confliggono.

Mi commuovo a pensare a questi piccoli che mi hai dato accudire, nonostante la malattia, mi commuovo anche delle loro debolezze, delle loro velleità di agire di testa propria o di manipolarmi.

Mi commuovo perché mi parlano di come noi siamo e di come tu agisci nei nostri confronti, scoprendo in me gli stessi sentimenti che tu hai nutrito per l’uomo traditore e peccatore.

Certo che il paragone è molto azzardato perchè nella nostra imperfezione noi vediamo come in uno specchio.

Il Vangelo mi parla di quanto disti la perfezione che io cercavo dalla giustizia che tu vuoi, la giustificazione che dai ad ogni uomo, qualunque sia il suo comportamento.

Sei tu Signore che ci rendi giusti, non siamo noi che meritiamo la tua giustizia che è poi la tua grazia.

Questa mattina penso a tutto questo e a quanto piccola io mi senta nelle tue mani, penso che tutto ciò che oggi ho, ciò di cui godo è tuo dono, è fonte di grazia, anche se a volte non riesco a capire , né riesco a ringraziare per cose eccessivamente dolorose e pesanti.

Ci sono momenti in cui tu taci, rimani nascosto.

Sono i momenti bui del mio cammino.

È tremendo vivere nel deserto, nel silenzio , non sentire neanche il cuore che batte, né il mio, né quello di qualsiasi altro viandante che percorre la mia strada.

Sono quelli i momenti che mi sembrano interminabili, quando non riesco a fare neanche una preghiera e la paura mi paralizza le ossa.

Mi succede spesso in questi ultimi tempi, lo sai, Signore, per questo ti chiedo sempre la gioia , la serenità, la pace di sapere che c’è un campo base che mi aspetta, una base dove posso riposare.

La notte chiamo tua madre che poi è anche la mia, tu me l’hai regalata come l’hai regalata a tutti noi, la chiamo e le chiedo di farmi da infermiera.

Lei non si limita a massaggiarmi le parti dolenti, ma mi comunica la strada per incontrarti e portarmi in paradiso.

Da qualche tempo nella preghiera mi viene in mente la tua famiglia Signore, la Trinità che ha dato vita a tanti figli, ha reso possibili tanti sì attraverso il sacrificio di uno solo solo.

Ma non penso che, quando tu sei venuto sulla terra, il resto della FAMIGLIA sia rimasta a dormire tranquilla ad aspettare in cielo, ma come una vera famiglia avete messo in gioco tutto, perchè la missione fosse portata a termine con successo.

Del resto, quando noi mandiamo un razzo ad esplorare l’universo, le attrezzature e gli uomini che lavorano al progetto sono qui sulla terra e da qui possiamo sapere, comunicare, aiutare chi è andato in missione.

Per questo Signore ti lodo e ti benedico e ti ringrazio, perchè non mi sento sola ad affrontare la missione della vita .

Fa’ che al termine tu mi trovi degna di tornare alla base.

Eucaristia

“Si aprirono i loro occhi e lo riconobbero” ( Lc 24,31)
In tutte le letture che prevede la veglia pasquale e in quelle di oggi , nessuno incontra Gesù il giorno dopo il sabato, vale a dire oggi, giorno di Pasqua.
Oggi ci viene chiesto di credere ancora, di apettare ancora, perchè Gesù è risorto ma non è detto che si faccia subito riconoscere.
E’ necessario continuare a credere, a cercarlo, tenendo occhi e specialmente orecchie attenti alla sua parola.
Così Maria di Magdala deve sentirsi chiamare per riconoscere quello che credeva il custode del giardino, i discepoli di Emmaus lo devono accogliere come compagno di viaggio e lasciarsi spiegare il senso delle scritture.
Ma non basta, Gesù bisogna invitarlo a fermarsi con noi quando si fa sera e il buio aumenta le nostre paure.
Non lo vedono le donne che devono precederlo in Galilea dove l’angelo dice che si farà trovare. Non basta trovare un sepolcro vuoto, la pietra rimossa, i teli piegati per credere che è risorto.
A Pietro che entra per primo questo non accade, mentre accade a Giovanni che “vide e credette”.
Giovanni, il mio nipotino un giorno mi chiese come facevo ad essere certa che Gesù era risorto veramente, mentre i suoi compagni non ci credevano.
Gli dissi che proprio per questo Gesù non tornò subito in cielo ma per quaranta giorni dette l’opportunità a tanti di acoltarlo, vederlo, mangiare con lui, credere in lui.
E i testimoni ce l’hanno raccontato.
E noi possiamo credere o non credere subito, perchè non è così scontato che una storia così fuori dalla nostra portata possa essere di getto capita e metabolizzata e fatta propria.
A volte non basta una vita per incontrare Gesù, risorto, se ci accaniamo a cercarlo in un passato che non ritorna, un cimitero dove seppelliamo il nostro dolore, lutto, le nostre aspettative deluse, i fallimenti, i no della vita.
Di questa Pasqua voglio ricordare che niente è scontato e che Dio continua a stupirci, a fare nuove tutte le cose, sconvolgendo gli schemi, e presentandosi quando meno ce lo aspettiamo.
Come riconoscerlo?
Un tuffo al cuore, lacrime di gioia e un senso di pace profonda e duratura.

Farò la Pasqua da te

 
(Mt 26,14-25)
In quel tempo, uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariòta, andò dai capi dei sacerdoti e disse: «Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?». E quelli gli fissarono trenta monete d’argento. Da quel momento cercava l’occasione propizia per consegnare Gesù.
Il primo giorno degli Ázzimi, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: «Dove vuoi che prepariamo per te, perché tu possa mangiare la Pasqua?». Ed egli rispose: «Andate in città da un tale e ditegli: “Il Maestro dice: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli”». I discepoli fecero come aveva loro ordinato Gesù, e prepararono la Pasqua.
Venuta la sera, si mise a tavola con i Dodici. Mentre mangiavano, disse: «In verità io vi dico: uno di voi mi tradirà». Ed essi, profondamente rattristati, cominciarono ciascuno a domandargli: «Sono forse io, Signore?». Ed egli rispose: «Colui che ha messo con me la mano nel piatto, è quello che mi tradirà. Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!». Giuda, il traditore, disse: «Rabbì, sono forse io?». Gli rispose: «Tu l’hai detto».
Il tradimento di Giuda da domenica, che abbiamo letto il Passio, è la terza volta che ci viene presentato e io penso cosa il Signore mi vuole dire quando annuncia la sua passione e la sua morte.
Le immagini dei disperati che sempre più numerosi affluiscono sulle coste della nostra nazione non le posso dimenticare.
Sono immagini crude, immagini che toccano l’anima, che ci scuotono e ci interpellano.
Ma da dove escono tutte queste persone?
I paesi di provenienza li ho cercati sopra l’atlante.
Ho insegnato geografia per tanti anni, ma la vita è un’altra cosa. I nomi sono scritti piccoli piccoli e faccio fatica a leggerli.
Piccole porzioni di un continente di cui ho perso memoria ad eccezione della Nigeria perchè Miriam e Ioseph, la coppia di cui ci siamo fatti carico viene da lì.
Con Giovanni ce l’abbiamo messa tutta a imparare da dove nasce il Po, dove sfocia…e tutto il resto.
Frequenta la terza elementare e l’Africa forse gli tocca il prossimo anno.
Ce ne siamo occupati solo per vedere dove vivono le scimmie e i leoni.
Una volta Giovanni mi chiese dove poteva trovare un povero, perchè non ne conosceva nemmeno uno.
Quella volta mi affannai su Internet a cercare immagini di poveri, ma non essendo ancora padrona di questo strumento, mi fu difficile trovare la foto di qualche bambino denutrito che non lo turbasse troppo, visto che era ancora piccolo,una foto comunque che lo inducesse a pensare che ci sono bambini meno fortunati di lui.
Adesso i poveri sfilano nelle immagini che ogni giorno la televisione ci propone, sbandati, perseguitati, in fuga, come se i sepolcri in cui li avevamo rinchiusi fossero incapaci di contenerne il desiderio di vita.
Mi ha colpito l’immagine di un profugo che si era portato la Bibbia e se la teneva stretta.
Qualunque sia il Dio che lui prega, mi sono detta, è un uomo di fede e sicuramente vedrà la gloria di Dio.
Gesù nell’ultima cena della Pasqua che si accinge a celebrare annuncia che verrà fare la Pasqua con noi, perché il tempo volge al termine.
Le bande di disperati, che fuggono da situazioni di estrema sofferenza, affrontano la morte nella speranza di essere salvati.
Da chi?
“Celebrerò la Pasqua con voi”
Sono le parole che questa mattina risuonano dentro di me.
Con noi, con me, Gesù verrà a celebrare la Pasqua.
Di quale povero mi devo occupare, quale povero tu ci mandi perché noi possiamo mangiare con te?
Chi di noi Signore ti consegnerà al nemico, chi ti abbandonerà, chi ti rinnegherà Signore? Forse io?
Signore io non pensavo che ci fossi, che arrivasse il momento di scelte così difficili, non pensavo di essere così fortunata ad avere una casa, cibo tutti i giorni, un letto su cui dormire, dei vestiti con cui coprirmi, uno stato in cui la libertà si cerca di garantirla.
Non pensavo di essere così fortunata Signore e non pensavo neanche di dover rendere conto un giorno di quelle poche cose che mi sono rimaste.
Cosa posso offrirti Signore in questo momento della mia vita, in un momento così difficile perché le forze vengono meno, la speranza si affievolisce, i beni sempre più sembra che appartengano agli altri?
Cosa Signore?
Questa notte mi sono ribellata per la prima volta e non ti ho chiesto il perché della sofferenza, il perché del dolore innocente, come sono solita fare quando i problemi del mondo mi sembrano estremamente più gravi di quelli che io ho.
Questa notte ti ho chiesto perché proprio a me, perché solo a me, perché sempre a me il dolore, la sofferenza, la morte.
Sono anni Signore tu lo sai che combatto con questo corpo che non ne vuole sapere di stare in silenzio, che si ribella, questo corpo che tu mi hai dato, un dono destinato a servire, a morire, a comunicare il tuo amore.
Questa notte mi chiedevo il senso di questo sofferenza che si protrae ogni giorno di più.
Una sofferenza che arriva il momento che ti provoca il vomito, una sofferenza che ti fa venire il desiderio di urlare, di tirarti non solo la tunica,ma anche il mantello, le braccia, la barba e dire “Signore ma che stai a fare lì? Perché non scendi? Perché stai a guardare senza muovere un dito? Perché Signore? Perché? “
Questa notte le preghiere le ho concentrate su di me.
Il dolore mi faceva impazzire: le braccia, il collo, la testa non c’era verso trovassi una posizione neanche per sgranare il Rosario perchè le mani facevano fatica a trattenere qualunque cosa. Ma la ribellione era forte.
Confesso che questa notte non ho pensato ai disperati, ai profughi, non ti ho lodato, benedetto, ringraziato perché avevo un tetto, perché avevo una coperta, perché non mi mancava il cibo, non ti ho lodato per tanti tuoi benefici. No Signore.
Normalmente però trovo la strada per farlo e ciò mi dà calma serenità e forza di sopportare l’ennesimo attacco del nemico.
Ma questa notte no, questa notte più che invocarti ho imprecato contro di te perché permetti che io sia distrutta dal dolore.
È poi questa mattina, alla messa, come un lampo mi sono venute in mente le immagini dei profughi che vengono portati in braccio, salvati dalla furia degli elementi, e la Bibbia in primo piano stretta tra le mani di quell’uomo su cui la telecamera si è soffermato.
Mi sono venuti in mente i barconi sovraccarichi, affondati, i corpi galleggianti, gli urli i lamenti dei sopravvissuti, le invocazioni, la speranza, il dolore tutto mi è venuto in mente di questa gente uscita dal sepolcro, in cui noi l’avevamo relegata.
Non è un caso che la Pasqua sia la festa dei macigni rotolati che la Pasqua sia il giorno in cui il sepolcro si trova vuoto.
La Pasqua ci parla della resurrezione, di te che noi dovevamo cercare non in un sepolcro ma dovevamo incontrare in un giardino, perchè tu sei custode del giardino.
Ecco allora questa Pasqua tu la vuoi fare con noi, verrai a cenare a casa nostra per dirci di guardare cosa era nascosto dentro il sepolcro, per donare ad ogni uomo affamato, assetato, ignudo un po’ di amore.

Partì solo

 
Meditazioni sulla liturgia di
martedì della Settimana santa
letture: Is 49,1-6;Salmo 70,; Gv 13, 21-33.36-38
” Uno di voi mi tradirà”( Gv 13,21)
Ci sono tradimenti che ti portano alla morte come quello di Giuda e tradimenti che ti fanno crescere nella consapevolezza della tua povertà, inadeguatezza, ti ridimensionano e lasciano che entri la luce ad illuminare le tenebre e il buio in cui sei piombato, come accadde a Pietro.
Ci sono promesse che non riusciamo a mantenere, anche se ci sforziamo di farlo, promesse di marinaio, ma spesso facciamo il male senza che lo vogliamo e scivoliamo e cadiamo anche se siamo certi che a noi non può succedere.
Nel brano evangelico di oggi ci troviamo di fronte a due tradimenti, quello di Giuda e quello di Pietro.
La gravità del tradimento dipende dall’esito, da come va a finire o dalle intenzioni maturate nel tempo, dalla premeditazione?
Me lo chiedo oggi che mi trovo di fronte due personaggi che in modo diverso hanno preferito anteporre se stessi a Gesù.
Pietro per paura di perdere la vita, Giuda per amore del denaro.
Mi chiedo quanto io sia attaccata alle cose del mondo, come avrei agito quella notte, come agisco tutti i giorni, se riesco a mettere Gesù al primo posto, se sono consapevole della mia fragilità.
Gesù, dice il testo, si commosse profondamente.
Perchè doveva morire e aveva paura, o perchè doveva lasciare i suoi amici più cari, o perchè si sentiva solo, non capito su una strada che non aveva mai percorso?
Gesù si commuove , a mio parere, non tanto per il suo fallimento, quanto per la estrema fragilità che sperimenta l’uomo quando è rifiutato, abbandonato, non capito dai suoi più intimi amici.
La solitudine è ciò che mi fa amare Cristo, in quest’ora di grande spessore emotivo, una solitudine che ho sperimentato spesso nella mia vita e continuo a sperimentare, specie quando ti trovi in situazioni che nessuno è in grado di penetrare fino in fondo.
Gesù aveva il Padre , ma non gli bastava, in quell’ora, vero uomo sentiva il bisogno di calore umano, di comprensione, di vicinanza.
Prima dell’ultima cena, abbiamo visto,  va dai suoi amici, a casa di Lazzaro, a Betania, dove era solito riposarsi un poco.
Gli amici sono la nostra forza prima di affrontare una prova difficile.
Gesù ha avuto bisogno di andare a Betania dove Maria gli profumò i piedi con un unguento costosissimo.
Maria gli ha dato tutto, ma non lo ha salvato dalla morte.
Penso che in ce

rti momenti abbiamo bisogno di gesti di amore, non tanto di soluzioni ai nostri drammi, risposte ai nostri perchè.

Il calore dell’amicizia ci scalda il cuore, amicizia disinteressata e sincera.
Nell’ultima cena ad agire vediamo solo Gesù che lava i piedi agli apostoli, che spezza il pane e lo benedice, che consacra il vino in cui verrà intinto il boccone porto a Giuda.
Qui l’attore il protagonista, colui che decide della vita e della morte è solo Lui, Gesù, Lui che per primo e solo deve varcare quella soglia che nessuno ha mai varcato carico di tanti peccati.
Quante solitudini sperimentiamo,quante incomprensioni, rifiuti, fallimenti nella nostra vita!
Sappiamo quanto ci fanno star male gli abbandoni, i viaggi senza ritorno, ma continuiamo a pensare sempre e soltanto a noi, alla nostra sofferenza, al nostro star male.
Gesù quanto vorrei consolarti in quest’ora, quanto vorrei starti vicina come Maria ai tuoi piedi, o come Giovanni con la testa reclinata sul tuo petto, entrambi enormemente distanti dal luogo dove  tu dovevi andare.
Perchè, per quanto ci sforziamo, mai riusciremo a scendere negli Inferi e sperimentare cosa significa la massima distanza dal Padre.
“Dio mio, Dio mio, perchè mi hai abbandonato?”
L’hai detto anche tu Signore, perchè sei vero uomo e l’angoscia di essere lasciato solo hai voluto provarla anche tu, Dio vero, Dio onnipotente, Dio santo.
Ho pensato che ieri , ho cercato di essere la casa di Betania per una persona a me cara ma distante , poca cosa per consolarti, ma segno di una volontà di dissodare la terra che ho ereditato e che deve essere liberata dai lacci di morte.

Il divino panificatore

“Chi non ama, non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore” (1 Gv 4,8)
Le parole della Scrittura non sono sempre subito chiare, anzi spesso i concetti sembrano scollegati tra loro.
Come oggi.
Viene da chiedersi cosa c’entri l’amore di Dio, con il nostro amore, con la nostra capacità di amare.
Sfogliando i giornali o ascoltando la televisione o ciò che si dice in ambiti più ristretti, sembra che Dio non abbia niente a che spartire con l’amore umano.
Ieri in chiesa una donna di fede, mia amica, la cui figlia si era separata dal marito  da cui aveva avuto due bambini e si era messa con il padre di due bambine, sfasciando due famiglie, così mi ha risposto quando le ho chiesto come andavano le cose.
“Il matrimonio non può essere una malattia. Mia figlia si era ammalata stando con quell’uomo. Ora è guarita, scegliendo di porre fine a quel matrimonio”
I bambini in questione giocavano al parco con i miei nipotini, e io che li accompagnavo ho assistito alla degenerazione di quel raporto, sentendo e vedendo senza poter fare nulla,  come il tradimento comincia dalle cose più innocenti,  che scalzano dal primo posto il coniuge per altri interessi che aprono la crepa della divisione e aumentano a vista d’occhio le distanze.
“Il matrimonio non può essere una malattia”
Certo che così dovrebbe essere, ma anche per me la malattia comparve appena sposata. Un caso? Non so.
Gianni soleva dire che mia madre lo aveva ingannato spacciando per sana una figlia malata.
In seguito , erano gli anni terribili del silenzio e delle incomprensioni, pensai che ad ingannarmi era stato lui, visto che mi sono ammalata appena sposata.
Quindici anni fa abbiamo incontrato il Signore, gli abbiamo aperto il cuore e gli abbiamo permesso di curare le nostre ferite.
Non siamo ancora guariti, ma sappiamo che con Lui tutto cambia, perchè dove noi non possiamo arrivare arriva Lui e fa miracoli.
Non a caso oggi il vangelo ci parla dela moltiplicazione dei pani, che a ben guardare è l’arte del Divino panificatore che non fa che impastare il nostro pane ogni giorno, tenendo vivo, rigenerando quel poco che ogni giorno gli offriamo, perchè sia efficace e riesca a sfamare non solo noi ma tutti gli affamati d’amore.
Dio sa di cosa abbiamo bisogno, noi no, anche se abbiamo la presunzione di saperlo.
Per questo le nostre energie le spendiamo per avere ciò che ci sembra necessario e imprescindibile.
Ma il vuoto che si crea con l’ingestione di falsi pani, pani contraffatti o altro cibo dalle forme più appetibili, ma molto più dannosi si allarga a dismisura.
Un vuoto che porta ad un altro vuoto quando la molla dell’agire è cercare la propria soddisfazione egoistica.
Ricordo, quando ero bambina,  il pane raffermo che papà tagliava a quadretti sul tagliere, e che metteva a centro tavola la mattina, perchè li tuffassimo nelle nostre tazze fumanti di latte.
E  che dire del pane che mi metteva nonna  nel cestino, per il pranzo , con dentro la mortadella, o il suo profumo?
Avevo tanta fame allora che mio padre mi ribattezzò ” Ho fame”.
A casa nostra  il pane non è mai mancato, mentre il companatico sì, molto spesso.
Fu forse da allora che mi misi a cercare con sempre più impegno ciò che rendeva il pane più appetitoso.
E’ la storia degli Ebrei che nell’attraversamento del deserto si stancarono della manna, e chiesero a Dio qualcosa di più sostanzioso.
Fu allora che dal cielo piovvero le quaglie.
Io non ho chiesto a Dio il companatico, nè mai l’ho ringraziato di quel pane a cubetti, raffermo che ci riuniva felici la mattina attorno al tavolo e di cui sento ancora tanta nostalgia.
Eppure nel Padre Nostro che ci ha insegnato Gesù diciamo” Dacci oggi il nostro pane quotidiano”, e se è Dio che ci suggerisce cosa chiedere dobbiamo essere certi che è la cosa giusta per noi.
Ma la nostalgia a ben pensarci non è tanto per quel pane che mangiavamo allora, quanto per l’atmosfera di pace, di gioia, di amore che si respirava attorno a quella tavola dove mamma e papà si prendevano cura di noi.
E’ l’amore che rendeva quel pane buono, fragrante, appetitoso, soddisfacente, il sapore è quello delle cose buone che non si dimenticano.
“L’amore è una malattia, quando cerchi nell’uomo la perfezione, ma è grazia quando quella perfezione la chiedi a Dio e aspetti che pian piano il suo lievito sia impastato con le tue lacrime, con le gioie e i dolori della vita, perchè ti rimanga nel cuore sempre il profumo e il sapore di buono di quando da piccola tuo padre e tua madre d’accordo preparavano la colazione .
La comunione, la condivisione, l’amore sono gli ingredienti del Pane del cielo che non vorremmo mai mancasse sulle nostre tavole.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano, Signore.
Aiutaci a renderti grazie, anche se non è appetibile e non è quello che ci aspetteremmo.
Fa’ Signore che sappiamo attendrne i benefici con umiltà, pazienza e perseveranza, con fede ferma in te che hai fatto bene ogni cosa e ci ami di amore eterno.

“L’anima mia magnifica il Signore”(Lc 1,46)

Meditazioni sulla liturgia del 22 dicembre
Ultime ferie di Avvento
Letture: 1Sam 1,24-28; Salmo: 1Sam 2,1.4-8; Lc 1,46-55
“L’anima mia magnifica il Signore”(Lc 1,46)
Ringraziare per ciò che si è ottenuto è abbastanza facile ma non scontato, ringraziare e lodare il Signore a scatola chiusa è cosa straordinaria se non impossibile.
Maria, la prima dei salvati, accoglie il progetto di Dio sulla sua vita senza porsi domande, fidandosi completamente di Lui.
Anna magnifica il Signore perchè è stata esaudita nella sua preghiera e mantiene la promesa di consacrare il figlio al Signore.
Due esplosioni di gioia che escono dalla bocca di due donne che in modo diverso sono state scelte da Dio per realizzare il suo progetto d’amore su tutto il popolo d’Israele, su tutti i suoi figli.
Dicevo che non è facile ringraziare e il papa ci ha ricordato che una delle tre parole magiche che portano la pace in famiglia e fanno stare bene è “grazie!”
Non è un caso che l ‘Eucaristia si chiami così, rendimento di grazie.
Gesù nell’ultima cena benedice il pane e il vino prima di darlo ai suoi amici tra cui c’era anche il traditore. E questo è sembrato uno sbaglio
Nel racconto della moltiplicazione dei pani e dei pesci Gesù benedice , dice bene non dell’abbondanza , ma del poco che c’è, che si è riusciti a trovare, perchè avvenga il miracolo.
Benedire è dire bene di una cosa, a prescindere dal vantaggio immediato che ne consegue.
Dio benedisse tutta la creazione e disse che era cosa buona, anzi molto buona quando creò l’uomo mascio e femmina, vale a dire la famiglia umana.
A guardare come vanno le cose c’è molto poco da benedire, dire bene, perchè sono più le famiglie che si sfasciano che quelle che stanno in piedi.
Eppure Dio ha fatto bene ogni cosa e non è possibile che si sia sbagliato.
Dobbiamo attendere, questo è quello che ho imparato in questo cammino affascinante e faticoso, difficile e straordinario, perchè faccio esperienza quotidiana della novità racchiusa in ogni cosa.
Dicevo quindi della difficoltà a ringraziare per quello che non vedi non senti non tocchi.
Ringraziare in bianco.
Ricordo che la prima preghiera che insegnai a Govanni il mio nipotino non fu nè un padrenostro, nè un’avemaria e neanche un angelo di Dio.
Era da poco passato il Natale e io di catechismo letto sui libri ne sapevo meno di niente.
Allora mi venne un’idea… in verità fu lo Spirito che me la suggerì.
“Per che cosa vogliamo ringraziare Gesù? “gli chiesi a bruciapelo mentre si stava catapultando sul cibo ghiotto che gli avevo preparato
“Per le patate! ..e pei colori!…” “allora io lo voglio ringraziare perchè tu sei qui! ” ” e io perchè papà mi ci ha portato!” “e io per il sole!” ” Si nonna voglio ringraziare anche io per il sole così possiamo andare a giocare in giardino”.
Da allora il grazie è diventata un’esigenza, che, se prima era collegata ad un bene usufruibile subito, ora è basato sulla fiducia in Dio che fa bene tutte le cose.
Dovrebbe venire più spesso Natale per imparare ad attendere, per fare dell’attesa il tempo opportuno per incontrare il Signore e cantare a lui il nostro Magnificat.

Vacanze

Quando siamo tornati dalle vacanze avevamo tanti panni da lavare e tante cose da raccontare.

Siamo andati dietro alle priorità che non è stata solo quella di rimettere in sesto il guardaroba, quanto quella di riapprovvigionare il frigorifero e tentare la rianimazione del basilico e di altre piante particolarmente provate da giorni di perdurata arsura.

Il primo a chiederci cosa avevamo fatto a Loreto è stato Giovanni.
Gli ho detto, dopo un momento di comprensibile imbarazzo, (un bambino come avrebbe potuto capire?), che ci eravamo messi in ascolto di quello che il Signore voleva dirci, avevamo parlato con Lui per tutto il tempo.
"E di me non avete parlato?"
" Poco, ma per te e per Emanuele e per tutti i bambini del mondo, sì tanto".

Chissà cosa ha capito! Ma, per spiegare, abbiamo bisogno di vivere la bella notizia dell'amore che salva, perchè anche lui se ne innamori.
Intanto lo abbiamo portato a casa di Maria,che meglio di noi, gli avrebbe spiegato cosa significa mettersi in ascolto.

Poi siamo andati alla preghiera del gruppo dove giustamente ci è stata rivolta la stessa domanda.
A me è venuto spontaneo dire che eravamo andati a farci ripulire i gioielli di famiglia, perchè tornassero all'antico splendore.
In effetti l'azione del Gioiellere è stata magistrale, come sempre ci accade quando, a mediare la Parola, è don Renzo Bonetti.
Ritorni a casa contento perchè riesce sempre a ridare luce e valore al Sacramento che ci unisce e che per fortuna non scade mai.
A casa ci siamo prefissi di non cedere alla tentazione di starcene per conto nostro (il più grave peccato contro lo Spirito Santo), decidendo di riprendere la sana abitudine di fermarci insieme solo noi due, davanti al Signore, almeno una volta al giorno.
Abbiamo scelto di pregare  le lodi, al mattino e/o alla sera, unendoci spiritualmente a tutta la Chiesa.
La cosa straordinaria è che, in modo del tutto inaspettato, il Signore sul comodino ci ha fatto trovare il libro smarrito delle lodi che 10 anni fa regalai a Gianni.
Io avevo quello  sul quale Franco  aveva tante volte pregato con i suoi lupetti scout : il seme che lasciò qui, quando andò ad abitare con la sua sposa nella casa di fronte.
E dire che quando siamo arrivati a Loreto ci sentivamo pozzanghere sporche e maleodoranti.
"Datemi da bere" è stato il leit motiv di tutte le catechesi, partendo dall'incontro di Gesù con la Samaritana.
"Se tu sapessi chi ti chiede da bere…."
Eravamo assetati e lui ci chiedeva da bere…
Cosa potevamo dargli se non i nostri contenitori sbrecciati, incrinati, ingrommati…cosa?
Un po' d'acqua sicuramente l'avremmo rimediata, solo un poco per riprendere il cammino nel nostro deserto senza parole.
Scavare, ecco cosa eravamo stati chiamati a fare, perchè si sa che, se scavi trovi sempre l'acqua pulita, anche se devi faticare come una bestia, faticare tutta la vita perchè il pozzo non si richiuda.
Ma si sa che il Signore non scherza e fa quello che dice.
La prima zappata l'abbiamo data noi, con il nostro sì a ricominciare, la risposta a quel "sitio" che ci veniva dal crocifisso.
La Grazia del Sacramento delle Nozze ha cominciato a piovere a fiumi, inondando tutte le coppie presenti al convegno.
Ci siamo visti rappresentati nell'icona appoggiata ai piedi dell'altare.

Eravamo noi che Gesù stava trasformando in pane e vino sulla mensa eucaristica del mondo.
Abbiamo detto che valeva la pena, con un così grande alleato, impegnarci per aiutare lo Spirito Santo ad riaprire tutti i pozzi chiusi.
Quanti matrimoni da disseppellire, quanti gioielli di famiglia da far brillare!

Per saperne di più e farci le vacanze invernali, ci siamo iscritti per tempo al Convegno di approfondimento Teologico ed Esperienziale della Grazia Sacramentale del Matrimonio che si terrà dal 2 al 5  Gennaio 2012 a Sacrofano – Roma



I tabernacoli di Dio si sono messi in cammino

 

 

Voi stessi date loro da mangiare

(Mt 14,13-21)

In quel tempo, avendo udito , Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte.
Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati.
Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare». Gli risposero: «Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». Ed egli disse: «Portatemeli qui».
E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla.
Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.

"Non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!».

Quante volte ti rispondiamo così, Signore, quando un nostro fratello ha fame, ha sete, ha bisogno del nostro aiuto!

Quello che abbiamo a malapena basta per noi, per la nostra famiglia, per i probabili bisogni futuri, per quando saremo vecchi e non ci sarà nessuno che si occupi di noi.

Quanta poca fiducia riponiamo in te, Signore, quanto ci sembra importante ammassare, nascondere, sentirci sazi fino a scoppiare.

Signore perdonaci del nostro egoismo, perdonaci quando le necessità dei fratelli non ci interpellano, chiusi nel nostro appartamento che, poichè ci sta stretto, ci impone l'obbligo di acquistarne anche uno al mare e, perchè no? anche uno in montagna.

Signore tu, nonostante sentissi il desiderio di startene per conto tuo, appartato, per il lutto recente di Giovanni Battista, a cui possiamo immaginare quanto fossi legato, sei uscito dall'isolamento, perchè hai avuto compassione della folla che ti aveva seguito sull'altra riva.

La compassione è un sentimento divino e il mondo ne ha bisogno, noi ne abbiamo bisogno, noi che ti abbiamo incontrato, ma che facciamo ancora fatica a capire.

Mandala dai tuoi cieli santi, inondaci con il tuo Santo Spirito e rinnoveremo la faccia della terra.

Aiutaci Signore ad aprire gli occhi ai bisogni dei fratelli.

Fa' che tutti entriamo nella consapevolezza che ciò che non ci serve non ci appartiene.