“Egli tornerà ad avere pietà di noi”( Mt 7,19)

 
Meditazioni sulla Liturgia 
di sabato della II settimana di Quaresima
 
VANGELO (Lc 15,1-3.11-32)
Non c’è che dire Dio ci stupisce sempre, con le sue soluzioni inaspettate e non proprio canoniche.
La parabola del padre misericordioso che un tempo chiamavamo del figliol prodigo, ci disorienta per il modo con cui questo genitore educa il figlio che non ci sembra poi tanto pentito dei suoi errori, quanto spinto a riconoscerli per suo esclusivo vantaggio. Quando hai fame, hai sete, non hai un tetto che ti ripari, quando sei costretto a fare un lavoro da bestia per sbarcare il lunario senza trarre vantaggi per la tua vita, senza salute, amici, decoro, relazioni, è normale tornare sui propri passi, ricordando la casa di tuo padre dove non ti mancava niente.
Quanti di noi, io per prima, non tornano a casa, non si rivolgono a Dio per orgoglio, perchè non riescono a perdonarsi il fatto di essersi così tanto allontanati da Lui e aver dilapidato tutte le sostanze che generosamente ci aveva dato.
Questo figlio non è pentito, ma riconosce di aver sbagliato, allontanandosi da casa dove non gli mancava niente.
Il primo passo della conversione è desiderare quello che si è perso allontanandosi da Dio e riconoscere che l’inferno non l’ha creato Dio per la nostra dannazione, ma ce lo creiamo noi quando ci allontaniamo dalla fonte della vita.
Per anni mi sono rifiutata di chiedere a Dio la guarigione, mi sono rifiutata di rivolgermi a Lui, perchè, dicevo, non è giusto che uno si ricordi di Lui quando è nel bisogno.
“Quando sarò guarita pregherò” rispondevo a quelli che mi volevano convincere del contrario e ci fu una persona che esclamò :”Quanta superbia!”.
Parole che non capii, perchè a me non è mai piaciuto usare le persone, figuriamoci Dio!
Dicevo all’inizio che Dio ci sconvolge con i suoi comportamenti e agisce molto meglio di quanto noi sappiamo fare o pensare.
Certo è che per fare esperienza di quanto grande sia la sua misericordia devi toccare il fondo, perchè quando l’orgoglio non ti serve a procurarti il cibo necessario per vivere, gli amici, il denaro, la salute, gli affetti, abbassi la testa e tendi la mano.
Così è avvenuto per me che, strada facendo, ho fatto esperienza di quanto conti poggiare sulle forze, sulla grazia di Dio per affrontare qualunque nemico.
Dio è in ciò che ci manca, ho letto da qualche parte ed è straordinariamente vero.
La giornata di ieri, se la racconto è da incubo con la corrente elettrica che è andata via dall’una della notte e ci ha lasciato senza acqua, luce, riscaldamento, telefono, televisione, connessione internet, ascensore(che sarebbe il meno, se io camminassi con le mie gambe).
A questo si aggiunga la chiusura delle scuole con i bambini che non sapevano, oltre i compiti, come passare il tempo, visto che anche la batteria e il basso che sono i loro inseparabili compagni di viaggio, vanno a corrente, come computer, telefonini, smartphone che nessuno aveva provveduto a mettere in carica.
Giovanni mi ha detto che era tutto morto, non funzionava niente e l’unica cosa da fare era …
Ci siamo inventata una giornata alternativa, parlando del tempo passato, quando tutte queste cose non c’erano.
Abbiamo avuto modo di giocare a indovina città, di ricordare i momenti belli e brutti della nostra vita, abbiamo letto e scritto pesie, abbiamo condiviso passioni, bisogni, ricordi, speranze.
Tutto questo in una giornata no da tutti i punti di vista, quasi tutti, perchè Dio sa di cosa abbiamo bisogno e la necessità ci fa stringere gli uni agli altri per non sentire la sferza del freddo.
E pensare che solo domenica, quando Giovanni mi è stato affidato perchè aveva la febbre , mi sono tanto arrabbiata con lui che gli ho detto parole che mai gli avevo detto, parole come spade che ti tagliano in due e ti dilaniano.
Gli ho chiesto scusa dopo, gli ho chiesto di perdonarmi perchè se lui si era comportato male chattando con il telefonino e guardando con il terzo occhio la TV mentre gli chiedevo cosa gradiva mangiare, io ero stata una cattiva educatrice, rispondendo al male con un male più grande che è quello di ritirare da lui ogni benedizione.
Un giorno di digiuno dalla follia mediatica e cnsumistica che ha avvicinato il cuore e ci ha ridato speranza.
Alla sera, stremata sarei andata volentieri a letto nascondendomi sotto mille strati di coperte.
Ma avevamo un impegno grande: quello di incontrare i genitori dei fidanzati.
Ogni volta che c’è questo appuntamento si scatenano le forze del male e i sintomi dolorosi si accentuano a tal punto da venire meno.
Succede, è successo sempre così.
Ma il Signore è la nostra forza e questa volta ha messo tutto lui, perchè eravamo proprio con le batterie a terra.
Neanche un foglio abbiamo potuto stampare delle cose da dire, ma alla rinfusa nel cassetto ho trovato ciò che forse mi sarebbe servito.
Nè con Gianni avevamo avuto modo di metterci d’accordo su come condurre l’incontro.
Ero così convinta che non sarebbe venuto nessuno che avevo pregato padre Vincenzo di rimandare tutto, ma non ne ha voluto sapere.
Dio ha provveduto a farli venire numerosi e a renderli attenti, interessati a quello che lui ci avrebbe ispirato.
Abbiamo per l’ennesima volta sperimentato che , quando non hai niente da portare porti Cristo nella sua interezza.
Io spero che se non proprio tutto, un frammento della sua luce, sì da far venire loro la voglia di incontrarlo di persona, l’abbiamo portato.
Per questo voglio ringaziare lodare e benedire il Signore che tiene sempre aperte le porte della sua casa perchè non ci facciamo problemi a ritornarvi nei momenti cruciali.

Fu vera gloria?

“Costui è l’erede. Su uccidiamolo!”( Mt 21, 38)
Ha vinto l’amore ha detto Renzi dopo che il senato ha approvato la legge sulle unioni civili.
Hanno ucciso l’amore mi viene da dire, hanno messo a morte il Signore oggi come 2000 anni fa, stabilendo e giudicando in base ad una maggioranza e non alla verità
Gesù è stato condannato e messo in croce, ma il terzo giorno è risuscitato. Ci sono vittorie e quella a cui allude Renzi è vittoria di Pirro, che manifesterà dai frutti la natura e la pericolosità della pianta.
Ci sono piante velenose che a vederle hanno i fiori e i frutti più belli, ma guai a mangiarne. Ne sanno qualcosa Adamo ed Eva e noi che abbiamo ereditato le conseguenze della colpa.
Le colpe dei padri ricadono sui figli è scritto ed è vero, perchè lo constatiamo ogni giorno.
Violenza, stupri, sopraffazioni, odi, omicidi, suicidi, furti e malvagità di ogni genere, il frutto di leggi ingiuste, di comportamenti egoistici dentro e fuori le famiglie.
L’uomo creato a immagine e somiglianza di Dio, maschio e femmina dove è andato a finire?
“Questi è l’erede, uccidiamolo!”
Quando si uccide Dio o si presume di poterlo uccidere, si uccide l’uomo, gli si nega ciò di cui ha più bisogno, il fine per cui è stato creato, l’amore non di un anno o di tanti anni, ma l’amore che dura in eterno.
“Dai  frutti li riconoscerete” è scritto.
Il mio cuore è triste fino alla morte e mai come questa mattina ho sentito le viscere stringersi, rivoltarsi il cuore affranto, ho partecipato al dolore di Cristo quando nel Getzemani fu lasciato solo a pregare.
Forse pensava a questo Gesù, e per questa causa ha dato la vita.
Come vorrei poter consolare il Signore, come vorrei non lasciarlo solo neanche un momento in questa che mi sembra la battaglia più dura, più dolorosa contro il nemico, in questa notte buia dove il demonio sembra avere la meglio.
Hanno approvato le unioni civili e all’apparenza i valori sostenuti sono quelli evangelici dell’unità, dell’amore, del rispetto per chi non la pensa come noi.
Ma come può essere possibile una così grande contraddizione?
“La verità vi farà liberi”.
La libertà è non frutto di una legge, ma della verità che ci abita.
Allora poichè non possiamo a nostro piacimento cambiare il progetto del nostro Creatore, del nostro progettista, confidiamo che uniti a Lui potremo godere dei frutti del suo sacrificio, non con la fiducia ad un governo del paese dei balocchi, ma con la fiducia in Lui che ha vinto il mondo checchè se ne dica.
Fu vera gloria? Ai posteri l’ardua sentenza.

Paura


Luca 9,28-36 –
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. E, mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante.
Ed ecco due uomini parlavano con lui: erano Mosè ed Elia, apparsi nella loro gloria, e parlavano della sua dipartita che avrebbe portato a compimento a Gerusalemme. Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; tuttavia restarono svegli e videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui.
Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù:
“Maestro, è bello per noi stare qui. Facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia”. Egli non sapeva quel che diceva.
Mentre parlava così, venne una nube e li avvolse; all’entrare in quella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, che diceva: “Questi è il Figlio mio, l’eletto: ascoltatelo”.
Appena la voce cessò, Gesù restò solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno nulla di ciò che avevano visto.
Erano oppressi dal sonno Pietro Giacomo e Giovanni, cosa che accade quando le parole sono scomode, inaccettabili, quelle che Mosè ed Elia dicono riguardo alla passione di Gesù.
Non sapeva quello che diceva Pietro,abbagliato da tanta luce, da tanta grazia, anzi forse lo sapeva benissimo che quella parte relativa alla sorte del maestro gli rovinava i piani e l’avrebbe volentieri taciuta.
Perchè, tanto che c’erano, non fare tre tende e rimanere lassù lontano dai guastafeste?
Sarebbe piaciuto a Pietro che le cose finissero lì, dove aveva trovato il suo appagamento personale: Gesù, la Legge, i Profeti. Cosa desiderare di più?
Il vecchio e il nuovo avulsi dal contesto della storia, fatta di fatica, di sudore, di dubbio, di deserto, di fame, di rabbia, di nostalgia.
Gesù, se non si fosse prima ritirato a pregare, forse ci sarebbe cascato anche lui a rimanere sul monte a goderesi il frutto della fatica, a coltivare l’orticello che con tanto amore si era piantato.
Ma proprio quando sembra che tutto sia chiaro, visibile, a portata di mano, ecco la nube, una nube che ti impedisce di vedere, di toccare, di muoverti.
E hai paura, una paura che ti gela la schiena, ti percorre le ossa e ti fa tendere le orecchie allo spasimo, per non inciampare, per orientarti in una realtà sempre più misteriosa e incomprensibile.
“Questi è il Figlio mio, l’eletto: ascoltatelo”.
La voce è quella che indica la strada da seguire: Gesù, l’unica vera guida, il maestro, la Parola che salva.
Bisogna scendere a valle custodendo un segreto che scotta, accettando di non vedere, frastornati, delusi, con l’unica e potente certezza che Gesù continua a parlare ad ognuno di noi con il linguaggio del cuore.

Preghiera

“A chi bussa sarà aperto” (Mt 7,7)
Sono qui Signore, davanti alla tua porta e sto bussando.
Non so cosa chiederti in questo momento, sono tantissime cose che sento venire meno.
Signore apri la tua porta, fammi entrare nel tuo riposo, fa che io trovi pace, serenità e gioia in questo faticoso cammino, in questa battaglia che ogni giorno si fa più dura.
Aprimi Signore!
I nemici mi assalgono da tutte le parti.
Il leone che in me ruggisce vuole rompere le catene.
Aprimi Signore, è notte, sono stremata dalla fatica, dallo sforzo, prostrata per i colpi ricevuti e inferti, perché il mio corpo è la spada con la quale combatto.
Il mio corpo è diventato scudo e pugnale, arma di offesa e di difesa e porta le stigmate di una lotta senza quartiere, lotta titanica contro le forze del male.
Signore aprimi, perché non riconosco più i miei nemici: essi si camuffano, si nascondono, si spacciano per amici mentre gli amici di un tempo non li ritrovo e non so dove siano.
Signore aprimi, ti prego, fammi riposare nelle tue braccia, aprimi e cura le mie ferite, cospargimi con l’olio della tua tenerezza, abbi compassione di me che sono povera e infelice.
Ho paura Signore della notte, del tumulto dell’anima, ho paura di queste onde così alte che coprono il cielo e che mi impediscono di vedere il sole di giorno e la luna di notte.
Signore aprimi, perché i briganti mi vogliono depredare di tutto , ma io non voglio che il tesoro, la perla preziosa che porto nello scrigno segreto del mio cuore, lo strappino e ne facciano scempio.
Signore sono qui come ogni mattina, come ogni mattina provata dal dolore fisico che non ha trovato tregua durante la notte e non mi ha permesso di riposare.
Come ogni mattina Signore mi presento davanti al tuo altare, perché tu mi dia ciò che mi manca, ciò di cui ho bisogno.
Ieri ti ho chiesto il riposo, la possibilità di dormire senza essere perseguitata dal dolore.
Avevo trovato una preghiera che esprimeva ciò che sentivo e che avevo scritto in un’altra notte insonne di un tempo che non ricordo.
È straordinario come, rileggendo i commenti al Vangelo, le meditazioni sulla tua parola, si ripresenta sempre lo stesso problema.
Il dolore anche se inconfessato, trapela dalle righe, il dolore che lungi dall’abbandonarmi è diventato più feroce, più insopportabile.
Signore tu dici: “Bussate e vi sarà aperto, chiedete e vi sarà dato. Chi è quel padre che se un figlio gli chiede un pane gli darà una pietra?”
Signore in questi giorni mi sembra che le pietre siano diventate macigni e che una montagna di sassi e terra mi stia franando addosso.
Ai problemi fisici si aggiungono quelli legati alle relazioni parentali e amicali.
Signore so che tu tutto conosci, che non ti devo fare l’elenco di niente, perché tu sei Dio.
Paura, rabbia impotente, sofferenza protratta all’estremo, eventi imponderabili, accadimenti casuali fanno sì che la mia vita si complichi ogni giorno di più.
Mi sembra di essere in un labirinto e di aver perso il filo per uscirne, anzi più mi dibatto, più il filo si ingarbuglia e con altri fili che nemico ha mischiato a quello buono, quello che tu mi hai consegnato per mettere in salvo me e quelli che mi hai affidato.
Signore forse che non ti ho chiesto abbastanza, non ho bussato alla tua porta con perseveranza,
forse il fatto che non ti ho formulato richieste concrete e circostanziate è di ostacolo a che tu mi risponda non con una pietra?
Signore chi può darti consigli? Tu sai tutto.
Chi meglio di te sa di cosa abbiamo bisogno?
Oggi sento che ho bisogno di te, di ritrovarti Signore, ho bisogno di sentirmi al sicuro nella tua casa, ho bisogno di essere estratta dalle macerie.
Ho bisogno che tu mi carichi sopra le spalle e ti prenda cura di me.
Signore lo vedi sto bussando, sto bussando con i pugni, con le mani, con le braccia, con la testa, con tutto il corpo, fammi entrare perché sento il fiato del nemico sul collo, sento che se tu non mi prendi, non mi afferri, lui mi dilanierà con i suoi denti aguzzi.
Signore non hai pietà di me? Cosa ti ho fatto? Cosa devo ancora sopportare per guadagnarmi un piccolo spazio nel tuo cuore di padre e di madre?
Mamma quando ero piccola si occupava e guardava solo chi era malato: i sani come me li usava per farsi aiutare.
Signore lo vedi che la malattia sta facendo scempio del mio corpo, lo vedi, lo sai Signore.
Non hai pietà di me? Suggeriscimi Signore le parole da rivolgerti, suggeriscimi ciò che è giusto chiedere.
Non ho più certezze di nulla, solo in te confido.
Tu sei il mio Salvatore, lo credo, ne sono convinta, ma non tardare Signore, vieni presto in mio aiuto!
Signore apri quella porta, aprila e mettimi in salvo.
Maria mamma tu ci sei stata donata perché il nemico non ci facesse alcun male.
Maria ti prego vieni qui vicino a me,bussiamo insieme!
Chissà che se ci sei tu mi ascolti?
Io sono una peccatrice, non ho le idee chiare su niente, sono tanto confusa.
Maria prendimi per mano, coprimi con la tua veste, il tuo mantello protegga me e la mia famiglia e insieme aspettiamo nella notte che il Signore venga.
Vieni Signore Gesù! Maranathà! Vieni non tardare!
Salmo 24
A te Signore elevo l’anima mia.
Dio mio in te confido:
non sia confuso.
Non trionfino su di me i miei nemici!
Chiunque spera in te non resti deluso,
sia confuso chi tradisce per un nulla.
Fammi conoscere Signore le tue vie,
insegnami tuoi sentieri.
Guidami nella tua verità e istruiscimi,
perché sei tu il Dio della mia salvezza,
in te ho sempre sperato.

Riconciliazione

 
 
Va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello.( Mt 5,24)
 
Mi rendo conto di quanto sia difficile perdonare chi non mi accetta per quella che sono, chi mi giudica, chi rimette in discussione le mie certezze acquisite.
Il mio inferno è quando non sono in armonia con la mia storia e con le persone che con me l’hanno fatta.
Chiedo al Signore di appianarmi la strada del perdono, lo supplico perché mi dia buoni sentimenti e sulla mia bocca metta parole di pace.
Come posso pensare a quelli che non vedo, alle anime Sante del Purgatorio, se non riesco qui su questa terra a dare pace, perdono alle persone che mi hanno offeso?
In questo momento penso ad un’amica con la quale c’era un po’ di ruggine.
Ieri su Facebook ha scritto: “Riapro Skype” che significa riapro il cuore.
Così almeno l’ho intesa.
Un tempo ci parlavamo ogni giorno, ma da mesi non ci parliamo più, da mesi non ci guardiamo negli occhi, servendoci di questo strumento formidabile che ci permette, a chilometri di distanza, non solo di ascoltarci ma anche di vedere l’ambiente in cui uno si muove e anche tutto ciò che condiziona, favorisce la comprensione, l’accettazione o il rifiuto di quello che si sta dicendo.
” Riapro Skype”, è un messaggio di riconciliazione.
Questo lo so ma io non sono pronta.
Sono pronta a offrire i dolori per le anime del Purgatorio, a fermare le guerre (ci si sente onnipotenti ma vorrei che mai questo pensiero mi sfiorasse) , che aprire di nuovo la porta a questa amica tramite Skype.
Ho paura di soffrire, ho paura di sentire la non verità di un rapporto. Ho paura di essere aggredita, non capita. Ho paura delle non verità.
Lo so Signore che quando ti hanno condannato a morte tu hai smesso di parlare e il tuo corpo ha parlato per te.
Lo so, Signore, che il silenzio è più eloquente di qualsiasi discorso, se uno vede, apre gli occhi.
In fondo nella Via Crucis tu non parli se non per dire poche ed essenziali parole.
Me le voglio ricordare
“Ho sete!”
“Oggi sarai con me in Paradiso.”
“Padre perché mi hai abbandonato?”
“Sia fatta la tua volontà e non la mia.”
“Padre perdona loro perchè non sanno quello che fanno”
Di queste l’unica che oggi sento di poter fare mia è “ Ho sete!”
Sete di te Signore, della tua pace, della tua gioia, del tuo perdono.
Signore tu sei morto per i nostri peccati, sei morto per i miei no alla vita, i miei no ai fratelli, la mia durezza di cuore, il mio egoismo, la mia autosufficienza, il mio orgoglio .
Sei morto per me e, mentre stavi dando tutto a noi, hai detto:” Ho sete!”
Di cosa Signore avevi sete? L’ avevi detto anche alla Samaritana che era andata a prendere l’acqua al pozzo.
Volevi il suo contenitore, la sua brocca, per riempirla.
Tu Signore, per placare la tua sete hai bisogno di contenitori, però, di case che ti accolgano, che ti ospitino, che ti dichiarino Signore della vita.
Vuoi la mia brocca Signore?
Eccola!
Non garantisco che tenga, che sia pulita, non lesionata, capiente quanto basta.
Non garantisco nulla Signore, perché sei tu la garanzia del mio sì all’amore, si al perdono.

 
(2Cor 5,19)
Dio ha riconciliato a sé il mondo in Cristo,
affidando a noi la parola della riconciliazione

“Dio sia invocato con tutte le forze”.(Gio 3,8)

“Dio sia invocato con tutte le forze”.(Gio 3,8)
Signore dammi la forza, le forze per continuare ad invocarti, a chiamarti in mio aiuto, continua a tenere sollevate le mie braccia perchè non si stanchino ad essere sollevate in alto.
Ogni momento della mia vita riempilo di sete , di fame, di desiderio di ciò che per me è buono, giusto e salutare, ogni momento Signore in te veda la salvezza, il perdono, l’accoglienza, l’amore.
Le braccia sono stanche, le membra appesantite da carichi troppo pesanti, i piedi sono gonfi per tanta strada su percorsi accidentati e poco battuti, il corpo è in rovina, una maceria desolata e tu solo puoi tenermi in piedi, Signore Gesù.
Non mi voglio mai stancare di tessere le tue lodi Signore, mai dimenticare il tuo nome.
Sulla mia bocca sia sempre la tua lode e la spada a due tagli per allontanare il male.
Cosa posso questa mattina offrirti che non sia il mio solito carico di sofferenza, di persecuzioni incessanti, di deserto e di arsura, di buio e di ricerca?
Cosa Signore oggi posso darti che non sia il mio grazie perchè tieni viva la speranza di rimanere in vita e di poterne godere con te per l’eternità?
Vivo in questo mondo ma è come se non ci fossi, come fossi partita per un lungo viaggio, su una mongolfiera che si solleva man mano che mi disfo della zavorra.
Il tuo Spirito mi solleva sempre più in alto e il mondo lo vedo rimpicciolirsi, cambiare i connotati, mentre il cielo diventa specchio luminoso della verità che riflette.
Gli occhi che sembravano non funzionare per vedere da vicino, ora che ho preso le distanze da tutto ciò che appartiene al mondo hanno recuperato un’acutezza e una visione d’insieme estremamente più confortante e vera soprattutto.
Vedo te che sei continuamente all’opera per saldare i fili spezzati, per ridare colore e splendore a fatti e persone perse nella memoria, che avevo dimenticato.
Man mano che mi sollevo da terra il mondo mi sembra un gioiello da tenere in grande considerazione, da ripulire dalle ingrommature del tempo, dello smog e dalla cattiva e insipiente gestione di chi non sapeva quanto fosse prezioso.
Tutto Signore hai messo ai nostri piedi, ci hai resi partecipi della tua ceazione, ci hai chiamati a collaborare alla tua redenzione, ci sostieni ogni giorno in tutto ciò che manca per compiere l’opera e portarla a perfezione.
La carne è pesante, purtroppo e ci riporta a terra.
Dalla visione torniamo bruscamente alla nostra quotidiana battaglia dove i mostri ci sembrano invincibili e troppo grandi per essere sconfitti con le sole nostre forze.
Signore così trascorre la nosta vita, con poche ma intense ascensioni, e molte cadute nei sentieri ingombri di letame di questo mondo cieco e sordo al tuo richiamo d’amore.
Voglio continuare ad invocarti con tutte le mie forze, non perchè mi levi dal mondo, ma perchè il mondo creda che tu sei il Signore, creda che senza di te non possiamo fare nulla ma con te tutto è possibile.

Il perdono

” Pregando non sprecate parole”(Mt 6,7)
Hai ragione Signore a ricordarci che quando preghiamo non dobbiamo sprecare parole e dire l’essenziale, ciò che ci serve per stare bene.
Tu sai di cosa abbiamo bisogno ed è inutile ricordartelo. Ci vedi, ci conosci, ci hai fatto tu. Conosci i nostri pensieri prima ancora che giungano alla mente, vedi tutto ciò che ci accade senza filtri perchè sei in cielo in terra in ogni luogo e niente ti è nascosto.
Tu sei padre, sei nostro padre perchè ci hai creato e non possiamo nè dobbiamo dimenticarlo. Purtroppo lo facciamo spesso e ci perdiamo. Il difficile sta nel sentire, nel percepire che non siamo figli unici e che non possiamo prescindere dagli altri, che non possiamo fare a meno degli altri, che dobbiamo farci carico degli altri, come accade in qualsiasi buona e sana famiglia dove si vive amandosi e condividendo tutto quello che c’è.
Ricordo , quando ero bambina, quanto mi pesava dividere con i miei fratelli il poco cibo che mamma preparava, specie se avevo tanta fame o era una cosa golosa come le patatine fritte o un dolce.
Ricordo che mi pesava condividere la stanza con le mie sorelle perchè  non ero libera di accendere o spegnere la luce a mio piacimento. Tante cose mi sono pesate nella mia infanzia, tutte derivanti dalla necessità di condividere lo spazio, il cibo e anche il bagno.
Oggi Signore tu ci ricordi ciò che è essenziale per vivere nella tua casa e stare bene.
Mi ha colpito la conclusione del vangelo di oggi.
” Se infatti perdonerete agli uomini le loro colpe ,  il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi”, parole che rispondono a quelle che mi risulta più difficile da pronunciare” Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori”.
Del Padre nostro che ci hai insegnato è la parte che sono sempre tentata di saltare per paura che tu mi prenda sul serio perchè sai che non sono capace di perdonare come tu hai fatto e continui a fare  noi che siamo peccatori impenitenti.
Ma se tu ribadisci questo aspetto del rapporto tra noi figli tuoi, evidentemente è il più importante.
Che sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà allora dipende da noi, visto che insisti così tanto sulla necessità di perdonare.
Allora viene da chiedersi: a chi giova?
A te forse a cui non manca niente o a noi?
Nel Padre nostro chiediamo le cose che ti servono o ci servono?
Non credo anzi sono certa che tu ci ha suggerito le parole giuste perchè sai di cosa abbiamo bisogno.
Il perdono è un superdono, un donissimo, che riceviamo da te. La tua paternità ritrovata riscoperta, donata con il Battesimo e nel Sacramento della Riconciliazione è frutto del tuo amore che non guarda a quanto siamo bisognosi di essere assolti dalle nostre inadempienze, quanto al desiderio di stare con te, rimanere nella tua casa e farci aiutare in tutto ciò che non riusciamo a fare.
Tu solo puoi renderci capaci di fare lo stesso dono ai fratelli, tu solo Signore puoi portare pace e renderla stabile nella famiglia che ti sei scelto. Tu ci chiedi di non monopolizzarti, di condividere il dono grande immenso che ci hai fatto morendo sulla croce. La condivisione dell’amore non ci toglie nulla anzi aumenta la nostra capacità di estendere a vicini e lontani la tua tenerezza, il tuo abbraccio, la tua cura costante.
Svuotandoci ci riempiamo e ci dilatiamo. E’ questa la tua volontà, è questo il tuo regno dove i tuoi figli gioiscono nello stare insieme e nel sentirsi una sola cosa con te.
A Maria voglio dire grazie perchè ogni volta che prego il padre nostro mi aiuta a dire con convinzione e fede “sia fatta la tua volontà”.

Anniversario

 
 
Meditazioni sulla liturgia di 
giovedì dopo le Ceneri
Madonna di Lourdes
letture: Dt 30,15-20; Salmo 1; Lc 9,22-25
“Chi perderà la propria vita per causa mia la salverà”(Lc 9,24)
Ieri il sacerdote con l’imposizione delle ceneri ci ha ricordato  la nostra natura mortale, terra da cui veniamo e terra a cui torneremo.
Anche se cerchiamo di non pensarci è questa una triste realtà che non ci piace ricordare e che non vorremmo che gli altri lo facessero.
Eppure il cammino quaresimale parte da una certezza, da una constatazione che è inconfutabile.
Oggi il tema della terra ci viene riproposto nella prima lettura dal discorso che Mosè rivolge agli Israeliti prima di entrare nella terra promessa.
Mosè invita a prendere oggi una decisione per intraprendre il cammino alla scoperta della nostra vera natura, della nostra identità liberata dalle maschere che abbiamo gettato a Carnevale.
Chi può dirci chi siamo? Chi può guidarci alla conoscenza della nostra vera natura? Chi può dirci la verità sul nostro destino?Chi può farci godere dei frutti della terra che ci ha donato insegnandoci a coltivarla?
Gesù è venuto a darci le istruzioni di persona, mostrando come non si possa entrare nel mistero della morte se non morendo a se stessi, rinnegando i propri giudizi e pregiudizi con le orecchie tese a non far cadere neanche una briciola del pane quotidiano che spezza per noi e con gli occhi aperti a guardare quello che fa.
Quando l’11 febbraio del 1998 con il secondo tamponamento andarono in frantumi le lenti multifocali e insieme a loro le mie certezze, la mia identità, tutto, fu allora che mi fu decretata la morte con la fine di tutto ciò che mi faceva esistere, primo fra tutti il lavoro.
“La Madonna di Lourdes ti ha salvato”, mi disse qualcuno leggendo il libro che in seguito scrissi sulla mia conversione, dove avevo annotato la data dell’incidente e le conseguenze nefaste che ne derivarono.
Fu forse allora che cominciò il mio cammino quaresimale alla ricerca dell’identità perduta.
Inconsapevolmente mi ritrovai a vedermi terra arida e incolta, terra inutile perchè senza vita.
Il mercoledì delle ceneri durò parecchi anni, senza un sacerdote che me lo ricordasse.
Tanti anni a vagare in un deserto sconfinato di cui io non ero che un granello di sabbia, confuso tra i tanti che il vento mescolava e confondeva di continuo.
Chi ero io, dove andavo, da dove venivo?
Poi l’incontro con il crocifisso, con Gesù che ha cominciato a parlarmi e a sussurarmi nelle notti dolorose della malattia sempre più invalidante,  parole nuove, parole di speranza, parole di vita.
Non mi disse subito che dovevo rinnegare me stessa, non mi parlò di morte, ma mi prese per mano e mi aprì il senso delle Scritture.
Oggi medito su quella terra che mi sono lasciata alle spalle, quella su cui non riuscivo a stare in equilibrio e penso al dono stupendo di questa nuova terra, vivificata dallo Spirito  nella quale mi ha fatto rientrare per coltivarla con Lui  in Lui e per Lui.

Mercoledì delle ceneri

“Prega il Padre tuo che è nel segreto”(Mt 6,6)
Ogni volta che si presenta la Quaresima mi trovo a fare un bilancio della mia vita che , più passano gli anni, più mi sembra una Quaresima che non ha mai fine.
Il deserto si estende a vista d’occhio anche nel tempo ordinario e straordinario.
Concludevo ogni anno dicendo che la mia vita è una continua rinuncia e che non aveva senso il digiuno che almeno il mercoledì delle ceneri è canonico, imposto, prescritto dalla legge.
Ricordo all’inizio di questo cammino, 16 anni fa, quando alla lettera cercai di mettere in pratica il digiuno a cui ci aveva obbligato don Gino.
Stetti così male con pane ed acqua che uscii e per distarmi mi comprai due o tre vestiti.
Capii che non era la via giusta e così mi sforzai di entrare nello spirito vero autentico di questo periodo quaresimale in preparazione alla Pasqua, ma alla fine non credo di aver fatto tanti passi avanti, perchè non so digiunare, non ci riesco, non riesco a fare a meno di certe cose che sento indispensabili per il mio equilibrio traballante.
Mi sforzo, questo sì, ma alla fine mi ritrovo a fare le cose di sempre, sempre meno in verità, cercando spasmodicamente l’oasi in cui riposarmi e riprendere fiato.
Quell’oasi è Gesù, il Signore, è Maria, è la preghiera, l’Eucaristia, la percezione di una presenza che si fa sempre più intima stabile penetrante dentro il mio cuore.
Cosa dirti Signore oggi, di diverso da ciò che negli anni ti ho detto in questo giorno?
Non ti prometto di fare sacrifici ancora più grandi, non ti prometto digiuni che mi martirizzano e aumentano il mio star male, non ti prometto niente che poi so non essere capace di mantenere.
Ti chiedo invece la grazia di vivere questo tempo in intima comunione con te, di farmi docile strumento nelle tue mani, di abilitare tutti i miei sensi a riconoscere te che passi e ti fermi e non mi lasci sola nelle battaglie di questa vita spesa per te e per i miei, i tuoi, la mia e la tua famiglia Signore.
Abbiamo sperimentato nell’anno che ci siamo lasciati alle spalle quanto sia duro, difficile, impossibile combattere da soli contro la divisione, il giudizio, il pregiudizio, l’orgoglio, la presunzione, l’autoreferenza , contro il principe dei demoni che attacca l’amore e cerca di estirparne le radici.
La cenere un tempo la si usava per fare il bucato, cenere mischiata all’acqua.
Ricordo il profumo delle lenzuola di mamma dopo essere state esposte al sole e bagnate di tanto in tanto.
L’acqua è essenziale nel deserto, altrimenti si muore, la cenere è come il fango con cui tu hai creato il primo uomo, il fango con cui hai guarito il cieco nato, è un simbolo di caducità, di mortalità, ma richiama alla mente il concime con cui i nostri padri favorivano la crescita robusta delle piante e poi quel bianco e quel profumo dei panni lavati.
Voglio pensare a tutto ciò che tu Signore trasformi, a partire dal nostro pentimento perchè siamo cenere e cenere torniamo e ci crediamo i padroni del mondo, della nostra vita, capaci di pianificarla e piegarla secondo i nostri desiderata.
Voglio Signore in questo tempo che mi doni di vivere, chiamandomi in disparte, incontrarti lontana dalle luci del mondo, nel silenzio di una natura incontaminata, nel giardino del tuo amore eterno e misericordioso.
Donami Signore orecchie attente, sguardo limpido, cuore aperto, braccia pronte per tenderle a te e accoglere il dono che tu ci fai del tuo amore.
Le mani aperte ti chiedo Signore, senza paura che scivolino via le cose a cui tengo di più, le mie sicurezze, le mie paure, la mia malattia maschere che vorrei togliere oggi che il Carnevale è finito.
La malattia, il fallimento i ricalcoli dolorosi che siano sempre più visti dalla tua angolazione, dal tuo punto di vista, occasioni di grazia e di preghiera.
Signore che tu cresca e io diminuisca, che gli altri, i poveri in cui tu ti nascondi si sentano guardati e abbracciati da te quando riesco a toccarli uscendo fuori dalla mia terra, dal mio appartamento. Signore che io la smetta di mettermi al centro dell’attenzione, che occupi l’ultimo posto e aspetti che tu mi inviti a fare un passo avanti e a sedermi al tuo fianco perchè vuoi che io sia per te sposa per sempre.

Terra promessa

Meditazioni sulla liturgia
di giovedì della IV settimana del Tempo Ordinario
anno pari
letture:letture:1 Re 2,1-4.10-12;Salmo  (1Cr 29,10-12) ” Tu, o Signore, dòmini tutto!”; Mc 6, 7-13
“Sii forte e mostrati uomo”( 1 Re 2,2)
Cosa significa mostrarsi uomini, mi viene da domandarmi, mentre mi accingevo a riflettere sulla povertà che deve contraddistinguere il discepolo di Cristo, l’annunciatore del regno di Dio, il testimone della sua alleanza che dura in eterno.
A volte le letture che la liturgia ci propone mi sembrano scollegata a tal punto he decido di privilegiare per la meditazione quella che più in quel momento sento più vicina al mio vissuto, al mio impegno a camminare nella luce di Cristo.
La parola evidenziata sul calendario liturgico mi ha fatto chiedere in cosa consista la forza dell’uomo e cosa significhi vivere la propria umanità fino in fondo.
La Cristologia al servizio dell’Antropologia fu la conclusione illuminante di un seminario in cui nessuno aveva capito niente e men che meno io.
” Chi è l’uomo perchè te ne curi, chi è l’uomo perchè te ne ricordi?” recita un Salmo.
Ce lo dovremmo chiedere spesso, più spesso davanti ad un crocifisso, per capire queste parole e vivere di conseguenza.
Dio, se avesse voluto creare dei supereroi, dei mandrake, certo non avrebbe usato la terra per impastarci, quella terra che ci ha promesso, dopo averla perduta,  e  che ci ha dato da coltivare insieme a Lui.
Se ci pensiamo bene l’essere uomini comporta la consapevolezza di essere terra donata da Dio e su cui Dio fa piovere e fa crescere.
Non siamo padroni della terra ma custodi e responsabili, non solo della nostra ma anche di quella altrui.
” Nessun uomo è un isola, ognuno è un pezzo di un continente, la parte di un tutto”(Donne)…
Era il tema preferito che ogni anno assegnavo agli alunni senza capirne a fondo il senso…
Senza di te non possiamo fare nulla, Signore, con te tutto è possibile…
Quando non hai nulla, non possiedi nè ti porti appresso nulla è allora che porti Gesù nella sua interezza…
Pensieri, ricordi, riflessioni che affiorano nella memoria…
La preghiera di Gesù e tutta la sua vita mi hanno introdotto nel mistero straordinario dell’appartenere ad un unico corpo di cui Gesù è il capo, un’unica terra da coltivare per noi  e per la nostra vera e unica famiglia.
Figli di un unico Padre, fratelli in Gesù.
E ci credo non perchè l’ho letto da qualche parte, cosa che sicuramente è avvenuta, ma perchè ho sperimentato quanto conti farti spazio Signore, quanto tu ci tenga a vivere in comunione con me e a essere con me una cosa sola.
Questo significa che tutto quello che ho è dono, è tuo e non posso che rendertene grazie.
La mia disabilità, la mancanza di tante cose che hanno contraddistinto la mia giovinezza non mi facciano sentire meno donna, meno importante per te, per il tuo progetto d’amore.
Mi basta la tua grazia Signore e con te, ne sono certa farò cose grandi a tua gloria e per la nostra salvezza.
So Signore che tu non hai bisogno di nulla, siamo noi che abbiamo bisogno di tante cose, la prima delle quali è la consapevolezza di essere terra abitata dal tuo Spirito.
Su questa terra arida e riarsa soffia Signore, continua a soffiare l’alito di vita.
Ti cercherò in tutto ciò che mi manca e ti renderò per questo grazie in eterno.