La Micra e il castello

Sfogliando il diarioMicra 1998
29 gennaio 2010
venerdì della terza settimana tempo ordinario anno pari
letture:2 Sam 11,1-10a.13-17; Salmo 50 ;Mc 4, 21-25
ore 5:47.
“Il regno dei cieli è simile ad un granellino di senapa”.
Tu mi chiedi Signore oggi di esserti fedele nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, mi chiedi di non scoraggiarmi, perché non vedo i frutti di tanti sacrifici.
Tu Signore mi chiedi di rinnovare il mio impegno a servire, perché tu sei un dio fedele, un dio che non inganna i suoi figli, ma se ne prende cura anche quando sembri lontano, occupato a fare altro.
Le nostre storie di uomini, le nostre fatiche quotidiane, i nostri dubbi, tentennamenti, cadute, le nostre infedeltà, le nostre lacrime, la nostra solitudine, angoscia, disperazione, tutto Signore tu vedi e a tutto provvedi.
Tu mandi acqua dal cielo quando la terra è riarsa, tu fai spuntare il sole ogni giorno perché ci riscaldi e ci illumini.
Tu Signore continui a seminare la parola, il granellino di senapa dalla forza dirompente.
La tua parola è spirito e vita, opera nel nascondimento, non si vanta, non urla nelle piazze, la tua parola non giudica, ma ammaestra, consiglia, guida, ama e perdona.
Grazie, Signore, per la tua parola, perché parola d’amore.
Grazie perché, man mano che procedo in questa straordinaria avventura nella conoscenza del tuo regno, mi si alzano vedi, mi si aprono porte… squarci di luce sempre più grandi illuminano castelli meravigliosi della tua sapienza, bontà, misericordia.
Ieri Giovanni, per consolarmi del fatto che la Micra diventasse un sacchetto, una polpetta destinata alla rottamazione, dopo 12 anni di onorato servizio, mi ha detto: “Non piangere nonna, non disperare.La tua macchina si trasformerà in qualcosa di più bello come questa casa che abbiamo di fronte che stanno ristrutturando destinata a diventare uno splendido castello.”
Quando l’ha detto ho pensato a quanto è grande la capacità dei bambini di cogliere l’essenziale delle cose e di guardare oltre.
Io pensavo alla fine ingloriosa della mia macchina, mi vedevo dinanzi il deposito pieno di carcasse di auto e la gru che le sollevava e le metteva sotto la pressa per compattarle e farne polpette.
Chissà perché ho pensato alle polpette.
Certo che ieri, mentre andavo a firmare le ultime carte e a pagare la macchina nuova fiammante che stava nel piazzale, tutto mi parlava di morte: quella nuova, nera mi sembrava un avvoltoio e la mia piccola amica, la Micra ammaccata, incidentata, vecchia di anni, carica di ricordi, con un motore ancora impeccabile destinata a morire.
12 anni, 39.000 km….
È come se le avessi decretato l’eutanasia, sapendo che era ancora viva con tutti gli organi a posto.
Le macchine mi hanno sempre rappresentato per via del fatto che quando le davo indietro era sempre per via della carrozzeria che andava a pezzi.
Il motore era sempre funzionante.
Era la prima volta però che mi capitava di rottamare una macchina che non mi aveva mai lasciato per strada, salvo due forature due giorni di seguito, nei pressi del gommista su cui si affacciava la finestra della cappellina, dove ogni giorno Don Gino esponeva il Santissimo.
Due forature che mi hanno dato l’occasione di stare con Gesù che ha qualificato il tempo del ricalcolo.
Rotture profetiche attraverso le quali ho sperimentato la grazia dell’attesa quando  aspetti con Dio.
La parabola di oggi parla di un granellino di senapa, destinato a diventare un grande albero, dove trovano rifugio e ombra di uccelli.
La mia macchina piena di ricordi sarebbe diventata un castello come Giovanni mi aveva fatto intendere?
Lo era stata un castello perché, attraverso di essa ho conosciuto le case degli uomini, sono entrata nelle stanze più intime dei loro cuori e le ho aggiunte a quelle della mia casa.
Quella macchina effettivamente, pur chiamandosi Micra è riuscita a dilatarsi a tal punto da contenere le stanze che man mano si aggiungevano alla mia casa, sì da farne un grande castello.
La comprai per dimostrare al mio preside e al mondo potevo continuare a lavorare, nonostante l’handicap di non poter camminare.
La comprai per una sfida con il destino, che sembrava accanirsi su di me, costringendomi a fermarmi per tempi sempre più lunghi.
Comprai una macchina a tre porte, perché tanto non dovevo portare nessuno.
Ero sola a portare me stessa, le mie gambe, il mio corpo.
Gli altri andavano a piedi e usavano l’auto solo per grandi spostamenti.
Senza l’auto non avrei potuto recarmi a scuola, andare a trovare mamma o mio fratello negli ultimi mesi, prima che ci lasciasse.
Ho usato la macchina però anche  per raggiungere gli spacci aziendali, il mercato, lì dove era possibile però fermarmi e trovare subito ciò che cercavo.
La macchina si è sostituita per 12 anni alle mie gambe che non erano in grado autonomamente di fare percorsi un po’ più lunghi.
Poi è accaduto quello che allora mi parve irreparabile.
La morte di mio fratello, la dispensa dal servizio, la crisi coniugale, l’allontanamento di mio figlio, deciso a sposarsi.
Relazioni interrotte o in grave pericolo hanno preceduto la svolta.
La macchina è stata la testimone delle mie crisi di panico, dell’incertezza del futuro, del mio vagare alla cieca alla ricerca di qualcosa che rompesse l’atroce cerchio del non senso, del dolore, dell’abbandono.
Poi la conversione.
Il matrimonio di Franco, la nascita di Giovanni, i percorsi cambiati.
Negozi in cui si spende denaro per cose che non appagano sono stati sostituiti da luoghi dove gratuitamente ottenere la gioia e la felicità e la vita.
I semafori, i treni, i taxi, gli aerei, le caprette, i cigni, il mare e poi i presepi, la chiesa e poi i cani, i pesci e tutto ciò che poteva interessare un bambino.
Con la macchina ho dato un passaggio a Vittoria, Gigliola, Lilla, Miranda, Maria, Elena e spesso mi sono detta che avrei fatto meglio a comprare una macchina a cinque porte, perché la funzione era quella di trasportare gli altri non me stessa soltanto.
Poiché non riesco a stare in piedi anche gli incontri si sono sviluppati stando seduta in macchina ferma.
Luciana, lilla, Lucia, Titta, Maria, eccetera tante persone che hanno contribuito a costruire il mio castello che non può andare in frantumi, essere rottamato come una macchina, neanche con esplosivo potente.
Il castello rimane.
Antonietta  è diventata un castello che oggi può accogliere con più comodità le persone è destinata a diventare sempre più grande.
Aveva ragione Giovanni!
Il problema sta nel vedere in un granello di senapa, in una morte, la sorgente di una nuova e più rigogliosa e fiorente vita.
La vita come un granello di senapa, il cuore come albero grande, castello di stanze che si moltiplicano man mano che apri la porta per accogliervi un pellegrino.
Grazie Signore di questa bellissima immagine suggeritami dalla meditazione del Vangelo di oggi.
Una casa che diventa un castello, una Micra si espande e diventa una station wagon, un autobus, un treno, uno strumento d’amore, un abbraccio ancora più grande, quando aumenta il numero delle porte.
Non so perché l’ho comprata nera.
Non è un colore che ho amato e solo da poco ho scoperto che mi sta bene.
Il nero attira i raggi del sole, il nero è assenza di colore.
Quando non hai niente da portare è Gesù che porti nella sua interezza.
Voglio pensare che sia un buon segno averla scelta così.

Cuore immacolato di Maria

Lc 2,41-51
Maria serbava tutte queste cose nel suo cuore.

Il cuore di Maria è lo scrigno dove incontriamo un Dio che sconvolge gli schemi, ma non delude, un Dio che consola e che salva, un Dio che non si lascia catturare con l’intelligenza, ma ci chiede di aprire il cuore per accogliere e custodire il suo mistero d’amore.


I genitori di Gesù si recavano tutti gli anni a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono di nuovo secondo l’usanza; ma trascorsi i giorni della festa, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero.
Credendolo nella carovana, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme.
Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai dottori, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte.
Al vederlo restarono stupiti e sua madre gli disse: “Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo”. Ed egli rispose: “Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?”. Ma essi non compresero le sue parole.
Partì dunque con loro e tornò a Nazaret e stava loro sottomesso. Sua madre serbava tutte queste cose nel suo cuore.


Questa settimana ci siamo incontrati con un corpo, quello di Gesù, domenica, festa del Corpus Domini, e con due cuori, quello di Gesù, ieri, venerdì (S,Cuore di Gesù) e quello di Maria, oggi, (Cuore immacolato di Maria).

Cristo e la Chiesa.Lo sposo e la sposa.

Quando siamo smarriti, angosciati, quando la fatica del cammino sembra schiacciarci, quando non comprendiamo il senso di ciò che ci accade, quando Gesù non lo troviamo dove pensiamo noi, entriamo nel cuore di Maria, la casa accogliente, il luogo del silenzio e della preghiera, dove si custodiscono tutte queste cose.