“Cerchiamo di crescere in ogni cosa tendendo a Lui”( Ef 4,15)

SFOGLIANDO IL DIARIO…

25 ottobre 2014 ore 6.48
Sabato XXIX TO
“Cerchiamo di crescere in ogni cosa tendendo a Lui”( Ef 4,15)
«Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dal potere dell’Egitto e per farlo salire da questa terra verso una terra bella e spaziosa, verso una terra dove scorrono latte e miele». (Es 3,7)
Certo che in questo momento non sento impellente aderire al messaggio consegnatoci da Dio.
Sono incredibilmente nervosa e insoddisfatta, angosciata, triste e rancorosa.
Non so cosa fare nè ho desideri che vorrei realizzare, desideri di evasione, di incontri, di condivisioni.
Non ho desideri se non quello di riconciliarmi con me stessa che significherebbe riconciliarmi con Dio.
So che Lui non è arrabbiato con me, so che mi ama e aspetta con pazienza che mi passi, so che nulla è cambiato delle cose che mi stanno attorno, della realtà in cui vivo.
La percezione di una costruzione continua faticosa, a volte è esaltante, a volte deludente.
…salire sulle ali dei gabbiani e sorvolare le acque del mare, su cui si posa tiepido il sole del mattino… salire su vette inaccessibili dove abitano le aquile e ritrovarsi in alto, tanto in alto da non distinguere uomini e cose, senza accorgertene, e immergerti nel creato che ti comprende ti avvolge e ti supera…sprofondare in abissi senza misura, profondissimi e oscuri, senza appigli, o rimanere incagliata in sabbie mobili, costretta all’immobilità per evitare che la melma ti risucchi…vedere le persone piangere e ridere, vestire a lutto o indossare I colori della gioia…. la spensieratezza dei giovani e ascoltare il suono delle loro risate e dei loro chiacchiericci…le rughe di tanti vecchi che procedono sempre più curvi sotto il peso dei loro esili corpi ingobbiti e assistere a battesimi e funerali, nozze e anniversari, compleanni, gite e lavoro, quando c’è, e non lavoro e povertà e accattoni agli angoli delle strade, sui marciapiedi, all’uscita delle chiese…..immagini di vita e di morte…turbamenti profondi di una mente che di notte s’interroga sul perchè di una vita così dura, difficile, dove i desideri non s’incontrano mai, dove le delusioni, sono il pane di lacrime di ogni giorno, dove gli anni ti danno solo più spazio per riempire il tuo cuore di tanta amarezza, rimpianti, domande senza risposta….
Questa mattina non so perchè non riesco a rimettere i pezzi in ordine, perchè mi sento disgregata, scomposta, disorientata, angosciata.
Mi chiedo perchè fino a qualche giorno fa i miei pensieri erano totalmente diversi, positivi, vitali e oggi mi sento morire dall’angoscia che mi preme sul cuore.
Ho perso il mio Amico fedele, il mio Sposo e non mi darò pace finchè non lo ritrovo, anche a costo di logorarmi tutta la pelle dei piedi e delle mani, anche a costo di morire per Lui.
E poi mi sono persa la Madre che Dio mi ha dato per guidarmi nella notte senza stelle.
Io so che si sta bene con loro e oggi non ho voglia di meditare, di pregare, di fare nulla delle cose che da anni caratterizzano i miei risvegli anticipati.
Sento che tutto è inutile, ma la nostalgia non posso cancellarla, perchè è vivo il ricordo delle carezze, dell’inimità profonda instaurata con Lui e con i Suoi santi.
Questa mattina, leggendo il Vangelo, a tutto questo ho pensato, all’insensatezza di quello che accade, all’incapacità di dominare gli eventi, alla fede che crolla quando pensi sia saldamente ancorata a Lui, alle tue esperienze di incontri scintillanti.
La macchina di mio cognato, morto anzitempo all’improvviso è giù nel giardino, nuova fiammante, in attesa di un compratore, sotto le intemperie che non la risparmiano come non risparmiano le nostre molto più vecchie.
La guardo e penso a lui che due mesi fa l’aveva comprata con tanto entusiasmo, perchè voleva fare le vacanze in montagna sicuro.
Lì ha cominciato a star male e la macchina non gli è servita per non morire o morire più comodo.
Perchè quando si muore si sta scomodi immagino e la macchina è l’ultima cosa a cui pensi.
Ebbene quella macchina mi fa pensare alla mia patente che in questo ultimo arco di tempo ha contribuito a dissociare i pezzi del mio cervello.
La patente si dà a chi è capace di guidare uno strumento di locomozione .
Quando la conseguii toccai il cielo con un dito perchè avevo raggiunto la sospirata autonomia.
Gianni, il mio futuro marito, fu l’istruttore migliore che potessi trovare: mi insegnò ad andare piano, a fare i parcheggi, le retromarce e la doppietta per i sorpassi.
Non penso ci sia un istruttore più bravo di lui.
Per me lo è stato a tal punto che della mia gloriosa cinquecento rossa ero perfettamente padrona e pensavo che sarebbe durata in eterno e io in eterno l’avrei guidata con la stessa passione, maestria e ne avrei goduto i confort.
Ma la vita si è ripreso quello che mi aveva elargito a piene mani: la pazienza di Gianni, la sicurezza nell’andare da sola, l’orgoglio di essere io a guidare la mia vita.
Quando la sostituii con una Panda, sul lunotto di dietro attaccai un adesivo con su scritto: “Non seguitemi, mi sono persa anch’io” .Era vero, terribilmente vero.
Anche quando, dopo 11 anni di crisi di panico, ripresi la guida, ero persa, non sapevo dove trovare la strada giusta per non smarrirmi più.


Penso oggi a quanto mi costi rinunciare alla patente che scade tra poco a tutti i ricalcoli, percorsi e ripercorsi per evitare il pericolo dello STOP definitivo.
Penso che niente può durare all’infinito e, se tempo fa mi svegliai con una domanda che mi mise in pace, combattuta dalla paura di avere un cuore malato :”Che credevi, Antonietta, di essere immortale?”, oggi voglio continuare a guardare la vita con il cuore aperto alla speranza, ma con l’occhio volto alla macchina di Paolo che sta dentro un cilindro di ferro in attesa della resurrezione, ma la macchina non la può usare.
Così il Vangelo mi ha riportato alla concretezza della vita dove succedono cose comprensibili e incomprensibili, cose belle e brutte, ma il contadino del cielo ho capito che continuerà a zappare attorno al fico sterile, perchè vuole che porti frutto.

Doni

” A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto”( Lc 12,48)

Ho riflettuto su ciò che da te ho ricevuto Signore per sapere, come gli apostoli, in quale misura avrei dovuto rispondere dei doni a me elargiti.
Non ho dovuto fare tanti sforzi per cercare di cosa ha abbondato la mia vita e mi è venuto istintivo ringraziarti per tutto ciò che questa mattina mi è sembrato un segno della tua benevolenza.
Tu mi hai consegnato il dolore, strumento privilegiato per conoscerti, amarti e servirti.
Il dolore è stato il mio maestro, occasione di incontri privilegiati con te e con i fratelli.
Sembra strano Signore che la mente si sia soffermata su ciò che mai avrei pensato prima d’ora come qualcosa di cui dovevo ringraziarti e rendere conto.
Semmai era scontato il contrario.
Tu dovevi rendere conto a me di tanta sofferenza e con fede ho sempre pensato che come Giobbe sarebbe arrivato il giorno in cui avresti rotto i sigilli del libro della vita e mi avresti mostrato il tuo progetto d’amore su di me.
E invece non ho dovuto aspettare, perchè in anticipo la tua Parola è venuta ad illuminarmi, sì che dal cuore senza fatica è salito a te il mio grazie per tanta tenerezza, per tanto amore da scegliermi per condividere più intimamente con me la tua passione.
Io non vedevo il colore dei fiori, non sentivo il loro profumo, dalla mia bocca usciva solo rumore e niente mi rendeva felice.
Ho raggiunto tutti gli obiettivi che mi ero prefissati, idoli a cui è caduta la maschera non appena li ho stretti tra le mani.
Tu mi hai indicato il sentiero della vita attraverso il naufragio di tante certezze, attraverso tutto ciò che non sono riuscita a risolvere, ad aggiustare.
Tu Signore mi hai parlato di vita attraverso la morte, la fine di tante amicizie, il fallimento di tante imprese.
Io che mi credevo vincente perchè sapevo trovare un rimedio a tutto, mi sapevo arrangiare e accomodare in tutti i ricalcoli della vita ho sperimentato la frustrazione, il dolore, la rabbia di essermi affaticata invano.
Se mi fosse andato tutto liscio certo non starei qui a ringraziarti per quei no dolorosi, per quei divieti di accesso a strade comode a scorrimento veloce, per quei cedimenti del suolo, per quelle cadute che mi hanno lasciato il segno.
Oggi se ripenso al passato non posso che ringraziarti di tutte quelle difficoltà che mi hanno precluso la strada della perdizione e mi hanno spinto a cercare la via della salvezza.
Da questo viaggio con bagagli sbagliati(Ricordo il viaggio di nozze a Cortina, in autunno, con le vesti di seta. Un incubo da dimenticare!) sono uscita con le ossa rotte, i muscoli i tendini dilaniati, i nervi scoperti.
Il dolore è diventato il mio scomodo compagno che mai mi abbandona nè di giorno, nè di notte, scomodo ma utile per non perderti di vista e non sentirmi mai sola .
Il posto dei vestiti di seta, dei gioielli e dei trucchi è stato preso da una piccola Bibbia rossa dalla quale non riesco a separarmi mai.
Tu mi hai dato tanto, perchè molto mi hai amato, Signore.
Oggi ti sono riconoscente e non riuscirei a pensare ad una vita diversa.
Sono certa che quel poco che riesco a offrirti lo benedirai e lo moltiplicherai per saziare la fame di quelli che ti cercano.

Quello che hai preparato, di chi sarà? (Lc 12,20)

SFOGLIANDO IL DIARIO…

20 ottobre 2014
Lunedì della XXIX settimana del Tempo Ordinario
VANGELO (Lc 12,13-21)
Quello che hai preparato, di chi sarà? (Lc 12,20)
Come spiegare la reazione quasi violenta di Gesù di fronte ad un uomo che gli ha fatto una domanda legittima?
In realtà Cristo non respinge quest’uomo, ma vuole aiutarlo a non attaccarsi ai suoi averi, come se da essi dipendesse il senso della vita. Ed in una parabola Gesù parla dell’uomo che, dimenticando di appartenere a Dio, si chiude con le sue ricchezze in un’angoscia solitaria e passa di fianco alla vita.
Gesù è venuto per qualcosa di assai più serio che non mettere fine alle nostre dispute.
Egli vuole dividere con noi il mistero che consiste nell’appartenere interamente al Padre invitandoci a guardare la nostra vita alla luce di questo mistero ed a prendere da soli le decisioni che si presentano.
Così egli ci tratta con estrema serietà, assai più che prendendo decisioni al nostro posto.
Egli ci guida nella libertà dei figli di Dio, capaci di vivere di Dio anche nei dettagli della vita, come per esempio la divisione di un’eredità, la Sua, che, quanto tu la voglia dividere, infinita rimane.
E l’amore, ne siamo certi non muore con il nostro corpo, anzi lo mantiene pronto per ricongiungersi con l’anima nell’ultimo giorno.
Ciò che rende possibile il miracolo della vita, dell’eternità è l’amore di Dio che si estende a tutti e che è efficace solo se decidiamo di vuotare la nostra casa di bagagli ingombranti e deperibili e gli facciamo spazio per accoglierlo.
E’ un po’ come il gas nella mongolfiera che non si alza se non ce lo metti, ma anche se ce lo metti si solleva solo se getti a terra, lasci a terra la zavorra.
Signore Gesù tu ci hai creato per amore e ci hai chiamati all’amore.
Quanto sono distante dal tuo progetto, quante cose riempiono i miei armadi, le mie cantine, le mie case, i miei frigoriferi!
Ieri abbiamo pregato perchè una persona a noi molto vicina fosse liberata dalla schiavitù dell’accumulo che le impedisce di vivere una vita
normale.
Abbiamo detto il rosario insieme io e Gianni, perchè ci sentiamo impotenti di fronte a un così grande problema.
Questa mattina trovo questa parola che mi invita a cominciare da me.
Non ancora ho digerito tante ingiustizie emerse dalla non divisione dell’eredità di mamma e papà.
E poi, come se non bastasse, ho pensato e ricordato quanto male ci ha fatto l’indebito arricchimento di alcuni parenti a nostro danno.
Tante ingiustizie che ci hanno mostrato le ferite ancora aperte, il non perdono che continua a corrodere il nostro cuore.
Signore Gesù noi vogliamo essere tuoi completamente, vogliamo aspettarti con l’unica provvista che ci dà la possibilità di stare sempre con te.
L’olio delle lampade, non venga mai meno, Signore.
Aiutaci ogni giorno a capire cosa conta e cosa serve per essere veramente tuoi discepoli.
Maria continua a insegnarmi come non perdere di vista Gesù e come ritrovarlo ogni volta che lo do per scontato e me ne dimentico.

“Rendete a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio” (Mt 22,21).

Riflettendo su questo passo del Vangelo penso a quanto io sia in sintonia con gli insegnamenti di Gesù, specie ora che i soldi sono sempre più contati.
Un tempo non li contavamo per la verità, il tempo della confusione, dell’ignoranza e della presunzione.
Comunque anche oggi che siamo per così dire “convertiti”, ma in cammino, in viaggio per una meta che è completamente diversa da quella che pensavamo, per cui lottavamo e ci sacrificavamo, quando eravamo giovani e pieni di vigore e di speranza, ci ritroviamo a non poter rispondere se diamo a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio.
Veramente sembrerebbe più facile dare a Dio quello che è di Dio, perché Lui dei soldi non sa che farsene, non li ha certo inventati lui!
L’unica moneta di scambio che ha pensato è il corpo, il suo corpo, il nostro corpo, la nostra persona la sua persona per l’edificazione del bene comune.
Spesso ci dimentichiamo, quando leggiamo il vangelo, che le parole di Gesù non sono rivolte a persone fatte di solo spirito, ma di spirito e di carne, persone fatte a a Sua immagine e somiglianza, come Lui, il Figlio..
Persone che ogni giorno fanno i conti con quello che hanno per vivere e non morire di fame.
In chiesa ci andiamo, cerchiamo da Dio la forza, il coraggio, l’aiuto, tutto ma poi, quando si tratta di cacciare i soldi per pagare le tasse, per fare una elemosina un po’ più consistente, ci tiriamo indietro perché i soldi servono a noi e non li diamo né a Cesare né alla Chiesa.
Cesare oggi è il nostro governo che ci siamo scelti, ( si fa per dire!), non è un governo di usurpatori ma di appassionati di sedie.
Per questo, quando pensiamo alle tasse, ci si irrigidisce la mano e facciamo le acrobazie per ridurre ai minimi termini l’esborso.
Comunque quello che non riusciamo a fare nostro è il fatto che i soldi che abbiamo onestamente guadagnati debbano andare allo Stato, ritenendolo già ricco e autosufficiente di suo e di quei soldi abbiamo più bisogno noi, anche per toglierci qualche sfizio, se ci avanzano (cosa molto improbabile).
È aumentato il numero dei lavoratori in nero e anche me è capitato qualche volta di servirmene per i motivi più svariati che non sto qui ad elencare.
“Restituite a Cesare ciò che è di Cesare”.
Signore insegnaci a rispettare le regole dello stato in cui viviamo, insegnaci ad essere buoni cristiani in quella che sembra la cosa più complicata che esista.
Da un lato c’è il nostro pregiudizio e la nostra povertà sempre più evidente, dall’altro c’è l’ingiustizia di chi dei nostri soldi approfitta per fare il comodo proprio.
Questo peccato io non l’ho mai confessato, tu lo sai, forse perché non lo considero tale.
Ci sono tante cose che dovrei cambiare ma troppi sono gli ostacoli.
Veramente viviamo come se fossimo dominati da un usurpatore che ci dissangua con la sua insaziabile voracità.
“A Cesare ciò che è di Cesare”
Chi è Cesare?
Aspettiamo che Cesare diventi giusto per essere giusti.
Per questo Signore ti prego aiutami a discernere il bene dal male, perché so che sei veritiero e insegni la via della Vita.
Soprattutto fa che a te sempre riservi un sacrificio di lode per tanti tuoi benefici.

Il segno

La gente cerca prove che tu sei Dio, il Messia, cerca segni straordinari della tua potenza, della tua grandezza, della tua identità.
Tu Signore sei sempre avaro di prove, addirittura a volte siamo portati a pensare che pretendi troppo dall’uomo, perché un cieco non può vedere, uno zoppo non può camminare, un muto parlare.
E noi siamo ciechi, zoppi, muti, storpi, lebbrosi, indemoniati, paralitici.
Come puoi tu pretendere che noi facciamo ciò che non ci è concesso dalla natura?
Almeno così pensano in tanti, quelli che non hanno sperimentato la ragione del cuore, quelli che ti cercano con l’intelligenza, che hanno bisogno di una miriade di certificati per certificare.
Ma quanti imbrogli Signore sulle carte del mondo!
Quante affermazioni false, quante false certificazioni che l’olio d’oliva è extra vergine, che il prodotto è di origine controllata, che il marchio è autentico! Quelli che hanno i soldi o la possibilità o la capacità di aggirare gli ostacoli, di aggiustare la menzogna, facendola apparire vera, quelli riescono ad andare avanti.
Ma quello che appare non sempre corrisponde a quello che è.
I piccoli, quelli che non hanno nulla da nascondere, perché il loro prodotto è realmente genuino ma non hanno soldi per certificarlo, non sono credibili.
Tu Signore sei venuto tra noi, uno di noi, né più grande, né più importante, ti sei mescolato alla folla degli ultimi senza però avere paura di parlare a quelli che nel mondo sono considerati i primi.
I miracoli li hai fatti come li facevano anche altri particolarmente dotati di energia positiva o negativa.
Cosa ti distingueva?
Chi poteva dire che eri il migliore tra la schiera dei profeti, degli unti, degli inviati?
Se tu avessi risposto alle aspettative del tuo popolo, forse ti avrebbero creduto.
Ma fino a quando?
Nella storia ci sono stati grandi condottieri, grandi saggi, grandi re che si sono preoccupati di far stare bene il popolo.
Ai faraoni venivano innalzate tombe enormi, monumentali come a tutti i grandi della storia furono eretti mausolei o costruzioni che ne immortalassero la memoria.
La tomba era il segno della loro grandezza, l’illusione della loro immortalità, un’opportunità da donare a chi si era prodigato per il popolo.
Tu Signore non ci hai lasciato una tomba
Il luogo del tuo sepolcro era vuoto, della croce qualche improbabile frammento… tu non ci hai lasciato nessun segno che te stesso.
Non noi uomini ti abbiamo dovuto costruire un tempio per ricordarti quello che tu hai costruito per noi, unico ed eterno in cui adorarti in spirito e verità.
Tu Signore sei il tempio, tu sei il luogo del nostro riposo, tu Signore il segno inequivocabile della misericordia di Dio, della presenza costante nella nostra vita della liberazione dal nemico, della gioia senza fine di chi ogni momento si sente rialzato.
Tu sei il segno, tu la mia salvezza, tu la mia gioia, tu il mio canto, tu Signore la pienezza di ogni bene, tu sei la mia parte di eredità e mio calice, tu l’amore, la compassione, la tenerezza, la premura, tu la presenza senza fine di un Dio che instancabilmente opera perché io non muoia.
Tu non ami i i sepolcri, non ami i cimiteri, non ami la morte, tu Signore della vita fai fiorire il deserto, discendere i fiumi di acqua viva sulla roccia arida e spaccata dai raggi infuocati del sole, tu Signore fai tornare in vita tutto ciò che lontano da te appassisce e muore.
Tu ci fai risorgere e ci fai guardare con occhi nuovi il mondo, le cose, ciò che ci accade, ci apri il cuore alla gratitudine, alla lode, all’amore, alla tua volontà.
Tu operi tutto questo perché ci vuoi liberi dalla paura, donandoci la libertà, ci svincoli da doveri iniqui e pesanti e ci fai entrare nel giardino dove possiamo vedere i fiori sbocciare e inebriarci del loro profumo, senza sentire il bisogno di strapparli dalla terra e farli nostri.
Tu ci fai amare tutto ciò che hai creato, ci fai amare la nostra storia quando siamo vicini a te, ma anche quando da te ci allontaniamo ci fai sentire il desiderio, la nostalgia di tornare.
Tutto è grazia Signore.
Per questo ti lodo ringrazio e ti benedico.

Chi non è con me, è contro di me, (Lc 11,17)

La Parola di oggi ci invita a stare svegli, ad essere vigili e attenti perchè Il nemico le studia tutte per impadronirsi della nostra casa.
Il nostro problema sta nel fatto che non vogliamo che il diavolo vi entri e ci tormenti e ci schiavizzi, che il male imperversi sì da renderci la vita impossibile, ma dall’altra non permettiamo al Signore di entrare e di diventare Lui il nostro difensore, permettendogli di abitare Lui nella nostra casa.
Non vogliamo sottostare a nessun padrone e vorremmo decidere da soli ciò che ci piace fare senza intrusioni di sorta, liberi da qualsiasi condizionamento, in modo autonomo, egoistico, separati da tutti, isolati dal male, non contaminati da nulla .
Insomma vorremmo tenere la nostra casa pulita senza la fatica di pulirla ogni giorno e non permettendo a nessuno di entrarvi e di viverci.
Certo che abbiamo delle belle pretese, da noi si dice ” la botte piena e la moglie ubriaca”
Quanti cristiani vivono con il piede in due staffe, non volendo compromettere la propria vita con una scelta radicale!
Io, anche se mi ci metto d’impegno, mi ritrovo sempre a confessare lo stesso peccato di tradimento, idolatria, di mancanza di coraggio a denunciare il male o ad oppormici, o a chiudere gli occhi davanti a ciò che offende il Signore, per paura, per pigrizia, per distrazione, per quieto vivere.
Questa mattina mentre meditavo imisteri dolorosi ho pensato al tradimento di Giuda. Quante volte io ho tradito il Signore, non mettendolo al primo posto, non permettendogli di abitare nella mia casa?
E poi ho pensato al sonno di quei discepoli fidati che Gesù aveva chiamato nell’orto degli ulivi perchè si unissero alla sua preghiera e non lo lasciassero solo in un momento di grande prostrazione e tentazione.
“Vegliate e pregate” dice il Signore e questo non è avvenuto per Pietro Giacomo e Giovanni che pure erano stati scelti per assistere alla trasfigurazione di Gesù, a fare esperienza di ciò che azzerava ogni tipo di previsione funesta.
Non ci riuscirono a stare svegli i più intimi amici e lo lasciarono solo.
Quante volte lasciamo sole le persone negando loro anche solo uno sguardo di misericordia, un gesto di tenerezza, il dono di un frammento del nostro tempo vissuto in modo convulso!
Abbiamo sempre tante cose da fare , cose che ci distolgono dal pensare ai bisogni degli altri, dei piccoli di Dio.
In questi ultimi giorni ho fatto esperienza di quanto il tempo si dilati se lo si vive nella grazia del Signore.
Solo due giorni fa volevo frantumare il cielo, mandare all’aria i buoni propositi con tutto ciò che alimenta le mie giornate.
Mi sentivo braccata da ogni parte nel fisico negli affetti e nei beni materiali colpita come accade durante un bombardamento mirato o uno tsunami.
Si era rotto anche il pc definitivamente, oltre tutto il resto.
Volevo, volevo, volevo, non so cosa volevo ma sicuramente un urlo al cielo compresso ce l’avevo da indirizzare, sperando di svegliare Dio che non ascoltava la mia preghiera.
Avrei voluto urlare BASTAAAAAAAAAAAA!!! ma le ruote della macchina mi hanno portato in un confessionale dove c’era ad aspettarmi il Signore che attraverso padre Carlo mi ha accolto e rassicurata, mi ha dato la pace e riacceso la speranza.
Ho capito chi voleva esasperarmi e da lì ho ricominciato il cammino riprendendo in mano la candela del battesimo e con la piccola luce che da essa si sprigionava ho cercato di fare un passo alla volta ringraziando per quel passo e non preoccupandomi del successivo. Era ancora tutto buio ma io avevo riacceso alla luce di Cristo quello strumento indispensabile per non impazzire di paura e per orientarmi in un paese pieno di macerie.
Ho visto altre luci che si accendevano e tutta la casa si è illuminata…..

Ascolto

SFOGLIANDO IL DIARIO…

8 settembre 2013
martedì della XXVII settimana del tempo ordinario
ore 6
Seduta ai piedi di Gesù ascoltava la sua parola.(Lc 10,39)
Quando Gesù fece la moltiplicazione dei pani e dei pesci disse ai suoi discepoli:” fateli sedere”, riferendosi alla folla che da tre giorni lo seguiva.
Per incontrare Gesù, per conoscerlo, per amarlo, per servirlo meglio, è necessario sedersi.
Nell’Equipe Notre-Dame questo dovere di sedersi è alla base di tutta la spiritualità del Movimento, rivolta ai coniugi per i quali questo è il primo dovere per guardarsi negli occhi e ascoltarsi.
Ascoltare l’altro senza interromperlo, ascoltarlo senza pregiudizi, con l’animo sgombro da qualsiasi rivendicazione, mettendo a fuoco solo ciò che ci dirà, e che quello che ci dirà gli appartiene, è suo, e ci mostra come egli è.
Dovere di sedersi, dovere di ascoltare, presupponendo che l’altro abbia ragione perché sta parlando di se stesso, anche quando non sembra.
Il servizio alla persona non può prescindere da una preventiva disponibilità all’ascolto.
Molto spesso pensiamo che sia giusto quello che facciamo e ci lamentiamo della fatica e dell’ ingratitudine dei destinatari dei nostri sforzi, senza mai chiederci se veramente è quello di cui hanno bisogno.
Ascoltare è possibile solo se si riesce fare silenzio, far tacere tutte le preoccupazioni che ci attanagliano e ci legano.
Silenzio interiore… è una parola!
Giovanni, quando era piccolo, diceva che i pensieri lo disturbavano e si chiedeva perché Dio aveva inventato il cervello.
Allora sorridemmo delle sue domande precoci per un bambino di 5 anni, nelle quali io mi ritrovavo a quasi 70 anni.
Gianni, mio marito, soleva dire, quando cominciarono le vie dolorose, che dovevo farmi la lobotomia, perché solo così sarei guarita, spegnendo il pensiero.
In questi ultimi tempi i pensieri non riesco a fermarli, pur volendolo, pur desiderandolo con tutto il cuore, seduta ai Suoi piedi.
Mi sembra che, come vedo offuscato, così si sono offuscati i pensieri, come è incerto e traballante il mio andare, come è impreciso ciò che faccio con le mani.
Il Signore sa di cosa ho bisogno, ma io non ci capisco più niente.
Penso al riposo, al sonno, al nulla che potrebbero in questo momento porre fine a questa agonia.
Ti chiedo perdono Signore per questi pensieri, perché vorrei riposare, dormire, non ho voglia in questo momento di ascoltarti; a te lo posso dire, tu mi capisci.
Vorrei che tutti stessero zitti, che il mio cervello, ma specialmente il mio corpo cessasse di urlare.
Mentre stavano proiettando il film a Loreto “Una storia vera” mi sono sentita male almeno nella prima ora, tanto che sentivo urgente bisogno di fuggire per andare a distendermi.
Le gambe e i piedi s’erano addormentati e volevo fuggire da quel silenzio , da quella lentezza esasperata che scandisce la storia del film…
Ho pensato quanto mi dà fastidio l’assenza di parole , andare a rilento , sì che io cerco di riempire i vuoti lasciati dagli altri con le mie parole .
È una compulsione fortissima tanto che poi non riesco a smettere, anche se me l’impongo.
Sento la contraddizione tra quanto faccio e quello che desidero fare, mi sento dilaniata, divisa e vorrei riposare nelle tue braccia Signore .
So che sarebbe la cosa migliore ma non riesco a spegnere questo cervello.
Io so che non posso tirarmi indietro , che anche il pomeriggio sarò impegnata che non troverò riposo e probabilmente non sarò in grado di ascoltarti Signore.
Non potrò sedermi davanti a te oggi, anche se ne sento forte il bisogno.
Ripulisci il mio cervello Signore, liberami da tutti i pensieri inutili e dannosi, apri una via dove sembra non ci sia, anche se non ti ho lodato, benedetto e ringraziato.
“Una storia vera” il film che hanno proiettato a Loreto i coniugi Gillini, parlava di un handicappato che comincia un viaggio alla volta del fratello che non vedeva da anni e che stava male.
L’aver litigato ferocemente con lui dopo un periodo dell’infanzia veramente idilliaco (la cosa che ricordava era il cielo stellato su cui convergevano i loro sguardi, quando il sole tramontava, un cielo che li incantava e nel quale si perdevano, un cielo stellato che non appartiene a nessuno e tutti possono goderne)
Nel corso a cui stavamo partecipando (Nonni che fortuna!), una signora della nostra età, ricordando un gesto, un’emozione, un profumo, un gesto… ( ce l’avevano dato come compito) ha detto che il nonno per farle passare la tristezza se la metteva sopra le spalle e le diceva di tirare su le braccia perché così avrebbe toccato le stelle.
Un’altra ha ricordato il velo che avevano messo sulla bara del nonno che non le fece impressione, non la spaventò, perché le sembrò cosa bella per custodire anche in futuro stenderci un velo senza nascondere i tesori.
Non so perché sto dicendo queste cose, visto che volevo fare la relazione sul corso a cui abbiamo partecipato a Loreto.
A me venne in mente, ma non lo dissi, che l’immagine più forte che mi trasmise mio padre, fu la carezza, il buffetto che suo padre, morto a 28 anni, gli dette, mentre stava in braccio a sua madre.
Era l’unico ricordo che gli aveva lasciato, una carezza…
Era un ricordo che non mi riguardava all’apparenza, ma se ci penso, forse è la nostalgia di una Tua carezza che mi aiuta a sperare che ti ritroverò mio Signore e in silenzio mi siederò ai tuoi piedi per farti parlare…

La speranza

«Va’ e anche tu fa’ così».(Lc 10,37)
Disse che sarebbe tornato.
La speranza è che non tutto finisce qui.
Contenuto condiviso con: T«Va’ e anche tu fa’ così».(Lc 10,37)

Quante volte Signore ci fermiamo a soccorrere un malcapitato della notte e poi non torniamo, non ci ricordiamo più di lui e lo lasciamo solo come prima, senza avergli cambiato la vita.
Il tornare è dare alla speranza uno spessore, un senso.
La speranza che un benefattore torni a farci visita è sempre grande, grandi sono le aspettative sui ritorni.
Un ciclo di miti che si chiamava: “I ritorni ” li abbiamo studiati a scuola.
I ritorni degli eroi della guerra di Troia.
A casa non trovarono sempre le cose come se le aspettavano, né chi li aspettava si immaginava così il ritorno del proprio congiunto.
La storia non è mai uguale e cancella le orme sulla spiaggia del mare come quando soffia il vento si e si alza la marea.
Quanti ritorni a casa mi hanno delusa, mi hanno fatto soffrire!
Così mi misi a cercare altre case dove abitare, finché ne costruii una fatta su misura per me.
Se la gioia del ritorno a casa fu sempre inferiore alle aspettative, quella che mi costruii fu la bara, il sepolcro dove rischiai di morire.
Una casa senza interlocutori, una casa separata, divisa in se stessa, ma anche lontana dagli affetti, dalle amicizie, dagli interessi vitali.
Fino a quando guidavo la macchina e la casa me la potevo lasciare alle spalle, era possibile traslocare in altre case di emergenza, nelle storie degli altri, nella vita degli altri che volevo fondere con la mia.
Feci anche di tutto perché nella “casa tomba”, “sepolcro” le voci non si spegnessero, chiamando altri cantori, cercando altri spettatori alla mia situazione.
Ma tutto fu vano Signore, tu lo sai.
Io sono quella malcapitata che tu hai trovato moribonda sulla strada che da Gerico va a Gerusalemme.
L’imprudenza e la presunzione avevano fatto sì che mi avventurarsi in una strada scoperta, piena di pericoli.
Ma tu Signore hai avuto compassione di me, ti sei fermato e ti sei chinato sulle mie ferite, le hai fasciate e ti sei preso cura di me.
Sono ancora qui nella locanda dove mi hai lasciato in attesa del tuo ritorno.
So che tornerai Signore, so che finalmente ti rivedrò e sarà festa grande. Ti aspetto ma non mi arrendo che tu mi faccia di tanto in tanto delle improvvisate, delle visite che mi confermano che non sei un sogno, un fantasma della memoria.
Ogni giorno spero Signore di incrociarti sulla mia strada, spero di sentire il mio cuore fare un balzo di gioia e le lacrime fluire libere dal profondo delle viscere.
Ritornerai Signore, lo so.
È già capitato altre volte, ma tu vieni e ti trattieni troppo poco e io rimango sempre con il desiderio di qualcosa che mi manca, che desidero.
Ogni tua venuta accende in me un desiderio più grande di intimità, di condivisione, di comunione.
Ogni volta Signore il mio vaso sembra più vuoto di prima, ogni volta diminuisce l’appagamento per le cose di quaggiù, il cibo di questa locanda, il letto, le attenzioni e aumenta il desiderio che tu ti fermi definitivamente vicino a me.
Così non ci saranno più ritorni, ma un permanere sempre e comunque nel tuo amore.

“Figlio oggi va’ a lavorare nella vigna”.(Mt 21,28)

Oggi Signore tu ci chiami a lavorare nella tua vigna, oggi, in questo momento, in questa situazione, in questa prova.
Non abbiamo scuse, né tu ti sogneresti di comandarci qualcosa di impossibile, ingiusto, dannoso.
Non possiamo risponderti sempre sì.
Ci sono momenti in cui ci occuperemmo forse del tuo regno se le troppe sono le cose da fare, i pensieri, gli impegni fossero meno onerosi.
Il tempo scorre veloce e a sera spesso ci ritroviamo con un pugno di mosche in mano, con la delusione di esserci affaticati invano, con la stanchezza di chi ha profuso energie a dismisura senza ricavarne nulla di buono.
Tu Signore ci hai creato, ti sei incarnato, hai visto, sperimentato cos’è la vita, quanti nemici ostacolano il nostro rapporto di fiducia con te.
Tu lo sai Signore quanto siamo pasticcioni, superficiali, deboli, incapaci.
Tu sai che per lavorare la vigna, per fare il contadino ci vogliono delle competenze che non abbiamo, almeno non tutti.
Cerchiamo faticosamente di acquisire quelle che ci servono per sopravvivere, per non morire di fame, per provvedere ai bisogni nostri e dei nostri più stretti congiunti e non sempre ci riusciamo.
Tu lo sai Signore quanto la vita, i problemi, le angosce, le delusioni, la nostra naturale fragilità ci avvolge e ci frena, ci soffoca come una piovra dai mille tentacoli.
Tu vuoi che io venga a lavorare nel tuo giardino.
Ora che il dolore mi schiaccia, ora che non riesco a pensare, trovare, immaginare una via di uscita, ora che il mio corpo sembra percorso da serpi viscide che mi stringono, mi dilaniano, mi immobilizzano facendomi molto soffrire.
Ora vuoi che io venga Signore?
Ieri sera nel turbine del dolore, dell’affanno, della fatica, del non senso ho cercato di trovare nel salmo della compieta, nelle preghiere della sera della tua Chiesa qualcosa che esprimesse ciò che io avevo nel cuore.
Ho dovuto richiudere il libro perchè mi veniva la nausea a leggere del tuo amore, delle tue risposte sempre puntuali.
Signore perdono quando la carne è così debole che mi chiude la bocca e mi tarpa il cuore, perdono quando non riesco a lodarli benedirti e ringraziarti perché venti tempestosi mi sconvolgono.
Perdono.
Tu vuoi un asino su cui gettare il mantello, un asino che ti porti a Gerusalemme.
Ne hai bisogno.
Ora.
Signore sia fatta la tua volontà non la mia.
Anche se non la capisco.

SCOPPIO’ UNA GUERRA IN CIELO

SFOGLIANDO IL DIARIO…
Meditazioni sulla liturgia della
festa dei Santissimi Arcangeli Michele, Raffaele e Gabriele

“Scoppiò una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago”(Ap12,7)

Oggi Signore la tua parola mi sembra difficile da capire, incomprensibile alla mia capacità intellettiva.
È come se nel ministero degli Angeli su cui la Chiesa oggi ci chiama a riflettere, ci fossero delle lacune, contraddizioni. E’ come se la luce passasse attraverso una tapparella socchiusa,da cui filtra la luce a tratti senza peraltro riuscire ad illuminare tutta la stanza.
Spesso mi sono chiesta se gli angeli sono veramente i nostri custodi, visto che tu sei onnipotente e potresti fare tutto da solo.
Quando prego penso a te, mi rivolgo a te e già mi sembra di farti un torto, se mi rivolgo a tua madre.
Riesco a superare l’imbarazzo riguardo all’aiuto che chiedo a Maria, pensando che a tutti gli effetti è la tua sposa, e madre tua e di tutta la Chiesa, una madre che ci hai donato dalla Croce.
Pur conoscendo la sua natura e la sua funzione ci ho messo tempo per fidarmi di lei e a lei affidare le mie preghiere.
Maria è l’esempio a cui dobbiamo uniformarci, è la scala che ci porta in cielo, con la sua umiltà, il suo silenzio, la sua fede incrollabile, la sua connessione con il tuo Spirito.
Il pensiero che è una persona come noi che tu hai sollevato alla tua altezza, dandole tutto te stesso, facendone la primizia di tutto quello che ci hai promesso, ci incoraggia e ci apre il cuore alla speranza che anche noi possiamo diventare strumento di salvezza per i nostri fratelli, assolvendo alla funzione per la quale ci hai creato.
Tu sei Dio, vero Dio e vero uomo, e imitare te è un’impresa non facile.
La Madonna ci introduce nel mistero trinitario attraverso il suo sì alla tua volontà.
Gli angeli sono puro spirito, con noi non hanno nulla in comune né noi possiamo pensare di diventare Angeli.
Troviamo scritto però che diventeremo come te, quindi superiori agli angeli.
Noi siamo carne e spirito, gli angeli sono spirito puro. Ma se la natura degli angeli è diversa dalla nostra, la loro funzione di collaborazione al tuo progetto salvifico è chiara. Se il nostro nemico è Satana, puro spirito, noi non potremmo da soli debellarlo, perché l’intelligenza degli spiriti puri è molto, molto superiore a quella degli uomini venuti dalla terra.
Tu ci hai donato il tuo spirito Signore, ma questo agisce solo se noi lo accogliamo, se trova in noi l’ambiente giusto per operare.
Adesso penso che tu hai creato gli angeli per darci quella mano che ci serve per combattere gli spiriti del male, non ancora essendo perfetti.
Gli angeli quindi sono l’aiuto di cui abbiamo bisogno nella lotta contro il male, nella comunione con i santi del paradiso.
A tutto tu hai pensato Signore per questo ti lodo ti benedico e ti ringrazio. Oggi sono arrivata a capire la funzione degli angeli e tu hai alzato la tapparella del mio cuore perché vi passasse più luce.
Ma da tempo avevo preso forza e coraggio chiamando in aiuto l”Arcangelo Michele quando mi sento attaccata dal nemico.
Quando recito l’angelo di Dio penso da un po’ di tempo a quella perenne difesa di cui ho bisogno nella lotta contro il male, quel baluardo, quei muri che devo innalzare per non farti uscire dal mio territorio, per crearti un recinto in cui io e non tu possa essere certa di stare al sicuro con te. L’angelo di Dio prima mi sembrava una preghiera insensata, non rispondente ai desideri del cuore, una preghiera finta.
Oggi con insistenza prego i tuoi Angeli perché mi salvaguardi dal nemico. Infatti la forza che mi viene dall’ Eucarestia, dalla preghiera, dai sacramenti in genere, dalla lettura della tua parola, dall’ ascolto e dalla meditazione, non può perfettamente esprimersi perché il terreno mio non è ancora tutto bene dissodato e ci sono ancora molte zone del mio cuore indurite, dove lo spirito fa fatica a passare.
Ecco allora che gli angeli sono necessari per combattere con le armi della luce altre creature della stessa natura, che tu hai precipitato sulla terra e, se tu hai pietà e misericordia di noi, anche quando non siamo come dovremmo essere, duri e refrattari a cambiare posizione e a convertirci, il Diavolo non è per niente clemente è infierirebbe su di noi, se non ci fossero questi straordinari amici, messaggeri, combattenti che ci difendono.
Grazie Signore per questa parola di speranza e di vita. Veramente tu sei il figlio di Dio.
Veramente tu sei Dio!
“Rabbì tu sei il figlio di Dio! “disse Natanaele.