Preghiera

d7e33-pregare

“Cessate di fare il male, imparate a fare il bene”(Is 1, 16.17)

Sembrano tutte uguali le letture di questi giorni, piene di rimproveri, di esortazioni, di minacce.
Non mi piacciono specie quando sei nel deserto della notte e ti dibatti su quale medicina prendere per avere meno male, su quale strada percorrere in alternativa a quella che stai percorrendo e che fino al giorno prima ti sembrava quella giusta.
Tutte uguali, le letture che riguardano i rapporti con i tuoi amici, i tuoi nemici, con te stesso e con Dio.
Ogni mattina cerco il nuovo, la meraviglia nella Parola di Dio, qualcosa che mi cambi questo stato di vita e di morte, qualcosa che mi tolga da questo crinale su cui sto in bilico con la morte e la vita che si congiungono e s’incastrano tanto perfettamente che non sai più se appartieni all’una o all’altra o ad entrambi.
Non so se a tutti è dato di vedere il mondo così come l’ho visto io in questi ultimi tempi, se i pensieri, le azioni sono condizionate dalla percezione che niente è scontato e che Dio, gli uomini, tu stessa può accadere che scompaiano e rimane una non presenza, un assenza di un tu con cui relazionarti, cosa, persona, animale, uomo..
Non so, non capisco tante cose che mi stanno succedendo o che mi sono accadute e forse neanche me ne do pensiero.
Sto dietro, mi sono messa dietro a guardare a lasciarmi guidare da chi ne sa più di me.
A volte questo Dio che celebro nelle mie carte non lo vedo presente ovunque, anzi se posso dire la verità non lo vedo da nessuna parte, ma sento so che c’è.
Mi sento da Lui avvolta, come in un utero di madre, custodita, accolta, curata e al sicuro.
Tutto è buio però nella pancia della madre, il bimbo non vede niente ma lo rassicura la voce di chi lo avvolge con il suo involucro di carne, di sangue, di vita.
Gesù continua ad insistere che dobbiamo imparare a fare il bene, che non dobbiamo inorgoglire, che ci dobbiamo preoccupare degli altri prima che di Lui e di noi stessi.
Parole sante se stessi fuori all’aria aperta, se potessi muovermi come voglio, se i miei pensieri riuscissero ad andare oltre una tachipirina di supporto, un SOS alla dottoressa che mi ha in cura, una preghiera a Dio tacita, perchè Lui sa di cosa ho bisogno.
In queste notti gli altri scompaiono e rimani solo tu, novello Prometeo attaccato, legato alla rupe a scontare i tuoi peccati di superbia, di arroganza, legato e impotente perchè sei polvere e polvere tornerai.
Devi fare salti acrobatici, voli pindarici per convincerti che questo è il vecchio testamento e che con il nuovo è finita la tua condanna e che non ci sono più Prometei legati, che Dio salva, Dio libera, Dio ama.
Crederci quando il masso di Sisifo ti rotola addosso, quando ti ritrovi ai piedi della montagna che hai scalato con Lui, crederci quando intorno è tutto vuoto, senza fiori, nè erba, nè acqua e non c’è nessun o che ti dia una mano a fasciarti le ferite…
Solo…
L’esperienza della solitudine, del silenzio di Dio non è solo di chi non crede, che avrebbe un suo perchè.
Se non credi cosa puoi aspettarti?
La più grande prova, il più grande dolore, lo smarrimento più angoscioso è quando un amico ti tradisce, si dimentica di te, non si fa più sentire.
E’ questo l’inferno Signore?
Non vederti, non sentirti, non averti…
E’ l’ìnferno questo in cui non ti viene, non riesci a pregare nè i vivi nè i morti perchè sono tutti scomparsi all’orizzonte dove la nave pian piano li sta portando in porto sicuro?
E io che sono rimasta qui, pesta e confusa, mi chiedo dove ho sbagliato, quale breccia devo attraversare per entrare nel tuo riposo.
Una fessura, una piccola fessura mi basterebbe per allargarne i margini ed entrare.
Una fessura, uno sbocco, un canale…
attraverso cui possa vedere la luce per orientarmi in questo mare di confusione.

“La mano del Signore era con loro”( At 11,21)

 
Io e il Padre siamo una cosa sola (Gv 10,30)
Ieri sul calendario liturgico era evidenziato che “Gesù camminava davanti ad esse ( le pecore del suo gregge).”
Gesù cammina davanti a noi per fare il battistrada, perchè la conosce e non vuole che ci perdiamo o che precipitiamo in un burrone o facciamo brutti incontri.
A noi piace andare avanti, stare in prima fila, decidere autonomamente dove andare e quale strada percorrere per arrivarci, non ci piacciono i consigli, vogliamo fare di testa nostra perchè ci fidiamo solo di noi stessi.
Seguire il nostro istinto, essere autoreferenti non ci giova, ma ce ne accorgiamo solo quando le conseguenze del nostro comportamento ci ricadono addosso e ci travolgono.
Gesù è il buon pastore che conosce la strada e ama le sue pecore.
Ascoltando la sua voce siamo al sicuro.
I discepoli che furono perseguitati furono costretti a fuggire da Gerusalemme, molti furono ammazzati.
Ma quella che sembrava una maledizione si è rivelata una benedizione, perchè se Cristo ce l’hai dentro il cuore e ascolti la sua voce, non puoi fare a meno di annunciarlo in qualsiasi luogo ti trovi.
Ia persecuzione scoppiata al tempo di Stefano portò quindi i discepoli in Siria, in Fenicia, a Cipro e ad Antiochia.
Il seme viene sparso su un territorio sempre più vasto, e feconda terre sempre più lontane.
Ad Antiochia i discepoli furono chiamati Cristiani.
Ogni volta che leggo questo passo penso a quanti sforzi facciamo per convincere gli altri a credere quello che non siamo.
Gesù dovette morire perchè un pagano esclamasse”Costui veramente è figlio di Dio!”
La nostra identità non può essere camuffata da un look, da un titolo, da beni accumulati, da capacità di parlare mistificando la realtà, ma emerge quando non sei tu che parli, agisci, ami, ma lo Spirito opera in te.
Quando la mano de Signore è con te, perchè hai ascoltato la sua voce, vivi in ascolto del suo richiamo, è certo che gli altri non possono sbagliarsi sulla tua appartenenza.
Figli di Dio, fratelli in Gesù, unica famiglia unita dall’amore.
Tutto è dono, s’intende.
Il nostro sì è piccola cosa rispetto ai benefici che ci vengono dall’appartenere ad un così grande e umile sovrano.
Penso ai tanti uomini che stanno fuggendo dai loro paesi che approdano giornalmente ai nostri lidi, rischiando e rimettendoci la vita.
Molti sono cristiani, di cui il mondo occidentale scarseggia.
Il sangue di questi martiri feconderà, concimerà la nostra terra dove rovi, spini e pietre hanno spento la vita .
Sono certa che il Signore non permetterebbe il male se non per ricavarne un bene più grande.
Questo credo, in questo spero, per questo prego.

Shalom!

misericordia
Meditazioni sulla liturgia 
di domenica della II settimana di Pasqua anno C
domenica della Divina Misericordia
Letture: At 4,32-35; Sal 117; 1 Gv 5, 1-6; Gv 20, 19-31
” Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto” (Gv 20,29)
Oggi la pagina del vangelo ci parla di pace, quella che Dio ci dona con il suo perdono e quella che dobbiamo portare ai fratelli, condividendo con loro tutto ciò che abbiamo e che siamo.
Negli Atti si dice che i primi cristiani erano un cuor solo e un’anima sola, che mettevano tutto in comune e nessuno era bisognoso.
Gli effetti della pace di Cristo, del suo sacrificio all’inizio erano evidenti nella vita delle prime comunità che riconoscevano i cristiani da come si amavano.
Ma come avvenne con il peccato originale che divise gli uomini e li rese nemici così avvenne dopo che passarono gli anni e “quell’amatevi come io vi ho amato” fu sempre più difficile da veder realizzato.
Forse tutto dipende dal fatto che quanto più la comunità si estende e si moltiplica tanto più il pericolo di disaccordo aumenta a causa di una incapacità di far comunione a distanza.
Se guardiamo quello che oggi i mass media ci mostrano, le immagini del teleschermo o dei tanti dispositivi che la tecnolgia mette a nostra disposizione, sembra che i cristiani siano in via di estinzione, perchè ne ammazzano tutti i giorni qualcuno o tanti e noi stiamo a guardare.
Noi che, se andiamo a messa, non ci dobbiamo preoccupre se torneremo vivi a casa, ma se facciamo in tempo a cuocere la lasagna, se c’è il sole per farsi una passeggiata, se…
Il sangue dei martiri è il concime della nostra fede, come lo è stato quello di Cristo.
Ne sono certa anche perchè sperimento ogni giorno, nella mia quotidiana “follia” di sfidare qualunque ostaolo per rubarmi una messa,  che ci sono tanti santi che camminano in mezzo a noi, tanti Gesù che ci mostra le sue ferite accettate, accolte, offerte con e per amore.
Quanti crocifissi nelle messe dei giorni feriali, quanti nei giorni festivi, gente che ha rinvigorito la fede attraverso la sofferenza.
Piccoli resti di un popolo in cammino, ma radicati in Cristo Gesù, testimoni viventi della sua resurrezione nella serenità e nella gioia che comunicano i loro volti, quando sediamo alla stessa mensa, quella eucarisctica, e ci raccontiamo quello che abbiamo visto e quello che il Signore ogni giorno ci dona per continuare il cammino alla volta della terra promessa.
Mi viene in mente l’immagine dei 9 ettari di terra che abbiamo ereditato, incolti da circa 40 anni, terra un tempo fertile e ridente, ora tana di serpi e di insetti velenosi dove abitano cinghiali e animali non proprio accoglienti.
Ho pensato al giardino in cui Dio mise Adamo, e poi Eva, un giardino che avrebbe dato a loro e ai loro discendenti la vita se l’avessero coltivato, se si fossero presi cura di quel paradiso, se avessero accettato di seguire le istruzioni del suo Creatore, Custode di quel bene che l’Amore non poteva rinnegare.
Ma il peccato ha trasformato il giardino , la terra all’uomo affidata in un covo di lupi, in una spelonca di ladri.
Penso ad Abramo a cui il Signore disse di lasciare la sua terra, di uscire da quel suo tranquillo e sicuro rifugio e andare verso un’altra terra sconosciuta dalla quale avrebbe tratto nutrimento lui e la sua numerosa discendenza.
Abramo credette contro ogni speranza e s’incamminò fidandosi ciecamente della parola di Dio e  vide il frutto del suo sacrificio, del sì a Dio che è fedele per sempre e non viene mai meno alle sue promesse.
Il Signore, aiuta anche noi  in questo percorso alla volta di terre da dissodare, da rendere feconde attraverso la fede, la speranza e la carità che sono doni dello Spirito, doni che Gesù ci ha lasciato, soffiando sulla sua Chiesa.
Quante terre incolte troviamo sul nostro cammino, quanti rovi, quante spine, quanti intralci, pericoli, inconcontriamo addentrandoci nel cuore ferito dei nostri fratelli, quelli di cui dobbiamo rispondere, di cui dobbiamo prenderci cura per renderli fecondi!
Imparare l’arte del contadino è l’unica strada per essere in grado di trasformare la valle di Acor in porta di speranza, permettendo a Dio di trasformare la nostra storia in storia sacra dove la meraviglia dell’inizio è garantita da quel saluto che oggi ci apre il cuore”Shalom!”
” A chi rimetterete i peccati saranno rimessi” dice il Signore, perchè siamo stati perdonati da Lui, tornati ad essere quel giardino che Lui continua a custodire e di cui continua a prendersi cura.
Grazie Gesù di tutto quello che hai fatto e continui a fare per noi. Grazie perchè eterna è la tua misericordia!