Terra promessa

Meditazioni sulla liturgia
di giovedì della IV settimana del Tempo Ordinario
anno pari
letture:letture:1 Re 2,1-4.10-12;Salmo  (1Cr 29,10-12) ” Tu, o Signore, dòmini tutto!”; Mc 6, 7-13
“Sii forte e mostrati uomo”( 1 Re 2,2)
Cosa significa mostrarsi uomini, mi viene da domandarmi, mentre mi accingevo a riflettere sulla povertà che deve contraddistinguere il discepolo di Cristo, l’annunciatore del regno di Dio, il testimone della sua alleanza che dura in eterno.
A volte le letture che la liturgia ci propone mi sembrano scollegata a tal punto he decido di privilegiare per la meditazione quella che più in quel momento sento più vicina al mio vissuto, al mio impegno a camminare nella luce di Cristo.
La parola evidenziata sul calendario liturgico mi ha fatto chiedere in cosa consista la forza dell’uomo e cosa significhi vivere la propria umanità fino in fondo.
La Cristologia al servizio dell’Antropologia fu la conclusione illuminante di un seminario in cui nessuno aveva capito niente e men che meno io.
” Chi è l’uomo perchè te ne curi, chi è l’uomo perchè te ne ricordi?” recita un Salmo.
Ce lo dovremmo chiedere spesso, più spesso davanti ad un crocifisso, per capire queste parole e vivere di conseguenza.
Dio, se avesse voluto creare dei supereroi, dei mandrake, certo non avrebbe usato la terra per impastarci, quella terra che ci ha promesso, dopo averla perduta,  e  che ci ha dato da coltivare insieme a Lui.
Se ci pensiamo bene l’essere uomini comporta la consapevolezza di essere terra donata da Dio e su cui Dio fa piovere e fa crescere.
Non siamo padroni della terra ma custodi e responsabili, non solo della nostra ma anche di quella altrui.
” Nessun uomo è un isola, ognuno è un pezzo di un continente, la parte di un tutto”(Donne)…
Era il tema preferito che ogni anno assegnavo agli alunni senza capirne a fondo il senso…
Senza di te non possiamo fare nulla, Signore, con te tutto è possibile…
Quando non hai nulla, non possiedi nè ti porti appresso nulla è allora che porti Gesù nella sua interezza…
Pensieri, ricordi, riflessioni che affiorano nella memoria…
La preghiera di Gesù e tutta la sua vita mi hanno introdotto nel mistero straordinario dell’appartenere ad un unico corpo di cui Gesù è il capo, un’unica terra da coltivare per noi  e per la nostra vera e unica famiglia.
Figli di un unico Padre, fratelli in Gesù.
E ci credo non perchè l’ho letto da qualche parte, cosa che sicuramente è avvenuta, ma perchè ho sperimentato quanto conti farti spazio Signore, quanto tu ci tenga a vivere in comunione con me e a essere con me una cosa sola.
Questo significa che tutto quello che ho è dono, è tuo e non posso che rendertene grazie.
La mia disabilità, la mancanza di tante cose che hanno contraddistinto la mia giovinezza non mi facciano sentire meno donna, meno importante per te, per il tuo progetto d’amore.
Mi basta la tua grazia Signore e con te, ne sono certa farò cose grandi a tua gloria e per la nostra salvezza.
So Signore che tu non hai bisogno di nulla, siamo noi che abbiamo bisogno di tante cose, la prima delle quali è la consapevolezza di essere terra abitata dal tuo Spirito.
Su questa terra arida e riarsa soffia Signore, continua a soffiare l’alito di vita.
Ti cercherò in tutto ciò che mi manca e ti renderò per questo grazie in eterno.

Gesù ci chiama

“Li chiamò” (Mc 1,20)
A leggere il vangelo di oggi non sembra che Gesù abbia trovato difficoltà a reclutare i suoi discepoli, gli apostoli destinati a testimoniare tutto ciò che avrebbero ascoltato e visto stando con lui.
Testimoni della morte e resurrezione di Gesù ci continuano a rendere presente il Signore atraverso gli strumenti messi nelle loro mani, nell’amore radicato nei loro cuori.
“Convertitevi e credete al vangelo”
Così comincia Gesù la sua predicazione, dopo aver avuto dal Padre l’imprimatur, ma non so quanti siano stati convinti dalle parole che Gesù pronuncia all’inizio dell’anno liturgico ordinario.
Già perchè l’anno liturgico è cominciato con l’Avvento, un tempo che ci viene ogni anno riproposto per meditare sul grande mistero dell’incarnazione di Dio.
Un tempo di silenzio e di attesa, di sosta, di meditazione, aprendo le orecchie alle profezie che parlavano di cosa sarebbe accaduto e di come e di dove.
Se i contemporanei di Gesù si meravigliarono di quello che Gesù diceva o faceva o delle sue umili origini o della fine che fece, sicuramente furono abbagliati da altro. Come noi a Natale a tutto pensiamo fuorchè a lui perchè sono troppe le cose da sbrigare, i regali da fare, i pranzi da preparare, così allora i contemporanei di Gesù non si soffermarono sulle coincidenze tra la sua parola e la parola dei profeti, tra la sua venuta al mondo e il come e il dove e l’idea che si erano fatti.
Non siamo mai obbiettivi quando proiettiamo sugli altri le nostre aspettative, le nostre frustrazioni, i nostri difetti e poi non abbiamo mai la pazienza di aspettare.
I rapporti interpersonali sono sempre condizionati da giudizi, pregiudizi, giudizi anticipati, così la verità rischiamo di non conoscerla mai.
In questa pagina di vangelo pare che i primi chiamati non ebbero dubbi a seguire Gesù, senza che lo conoscessero.
Infatti per conoscerlo non bastarono i miracoli, nè le parole, nè il sacrificio, nè la resurrezione.
Lo Spirito Santo aprì loro gli occhi alla verità che ci hanno tramandato.
Lo Spirito Santo non ha privilegiato solo i primi discepoli, ma grazie a Dio lavora giorno e notte perchè tutti abbiamo la vita eterna.
Furono più fortunati i nostri antenati contemporanei di Gesù o noi?
Perchè se Gesù non lo incontri e non lo frequenti, non lo perdi di vista, se ti lasci da lui guidare e ammaestrare e nutrire, sicuramente puoi dire che sei suo contemporaneo, vale a dire che vivi il tempo senza fine, il tempo di Dio, l’oggi, il sempre, l’eternità.
Ma anche se tutte queste cose le ho sperimentate, è come se avessi un sacco bucato, buchi nella memoria, buchi nel cuore, o meglio pietre che non mi permettono di rendere immutabile e definitiva la mia salvezza.
Mi sento tanto fragile, piccola, incapace di tenerezza nei confronti di me stessa e degli altri.
Don Carlo Rocchetta parla della necessità di nutrire l’altro, di farlo vivere attraverso pochi gesti di tenerezza.
Quattro gesti al giorno aiutano a sopravvivere, ha detto.
“Vi farò pescatori di uomini” disse Gesù ai chiamati.
Come vorrei diventare molle come la creta del vasaio perchè il Signore di me faccia un vaso capace di donare amore e non giudizio.
Mi piacerebbe, e lo chiedo per questo tempo che mi dona di vivere .
Finora sono stata troppo severa anche se giusta.
Era il mio vanto quando insegnavo, non contravvenire alle regole e non commettere nei riguardi degli altri alcuna ingiustizia.
Ne andavo fiera.
Poi mi accorsi che solo l’amore rende giusti, l’amore e il rispetto per la diversità dell’altro, il non dare mai per scontato che una regola sia uguale per tutti.
Ma se con la testa l’ho capito, non ancora riesco a fare il salto, a piangere, a chiedere aiuto, a mostrare di me la parte vulnerabile.
Perchè da lì parte la compassione, la comunione, la condivisione.
Ieri mi sono commossa ad assistere per la prima volta ad un battesimo per immersione.
Il piccolo Carlo liberato da tutte le bardature che sono necessarie per proteggerlo dal freddo e non solo, nudo è stato immerso nella piscina minuscola dove era stata versata acqua calda, mista ad acqua di Lourdes.
La nudità mi ha fatto pensare all’essenziale, a come siamo noi di fronte a Dio da cui non dobbiamo difenderci e a cui non possiamo nasconderci.
E’ stato bello riflettere, attraverso quel rito, sul nostro bisogno di essere ricoperti dalla grazia di Dio, l’unica veste che ci garantisce la salute eterna.
Gesù oggi ci chiama e ci promette di essere noi pescatori di uomini, lasciando le nostre reti che ci impediscono di camminare liberi al suo seguito e di vedere e di sentire adeguando il nostro passo al suo ma sempre dietro, aggiogati al suo carro.
Maria, sposa dello Spirito Santo sia la guida perchè possa essere un giorno chiamata a vivere nell’intimità il Suo Amore sponsale.

Gioghi

Image for "VENITE A ME..."(Mt 11,28)
“Quanti sperano nel Signore riacquistano forza” (Is 40,31)
VANGELO (Mt 11,28-30)
In quel tempo, Gesù disse:
«Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».Parola del Signore
Imparate da me, questa è la chiave perchè si realizzi ciò che promette il Signore.
Ma noi nasciamo imparati, come si dice dalle nostre parti, e abbiamo la presunzione di sapere e capire tutto prima ancora che uno apra la bocca.
Io sono una di quelle che non aspettava che l’altro finisse di parlare per dire la mia, prima di cominciare un serio cammino di conversione.
Perchè le parole del vangelo di oggi sono molto allettanti e ci catturano.
Chi non si sente stanco e oppresso? Chi non si sente manipolato, schiavizzato, usato?
Incominciano i figli a fare di noi polpette e noi ci arrendiamo subito alle loro esigenze prioritarie per farli contenti, per non starli a sentire, per guadagnarci la loro riconoscenza, il loro amore.
Spesso la fatica è proprio quella di mettere a tacere le persone, di tappargli la bocca, di impedire loro di farci del male per non rischiare quel poco di tranquillità che abbiamo acquisito con i nostri silenzi, con la nostra acquiescenza.
Ma il prezzo pagato è altissimo, perchè diventiamo schiavi delle buone maniere, del dovere, del nostro tornaconto, schiavi e infelici.
Gesù ci invita ad andare da lui e ci promette tutto ciò che ci dona la vita, senza compromessi.
Gli effetti del nostro agire egoistico si vedono accendendo la televisione o aprendo i giornali.
La violenza impazza, violenza dentro e fuori le case, un abisso di odio e di rancore represso che sta facendo esplodere il mondo.
E noi ci sentiamo sempre meno al sicuro e vorremmo ma non possiamo frenare la furia omicida.
Prendiamo precauzioni, limitando il numero degli amici, dei luoghi da frequentare, anteponendo la nostra sicurezza ai valori in cui abbiamo sempre creduto.
Vediamo nemici dappertutto, viviamo con il cuore blindato e l’aria si fa sempre più rarefatta….per tutti. Perchè il mondo è dall’altra parte del muro e noi siamo qui in tanti asserragliati dalle nostre paure.
“Imparate da me che sono mite e umile di cuore”.
La risposta non è nell’alzare muri, scavare trincee per difenderci dall’ira assassina ma è in quell’essere umili e miti di cuore, andando alla sua scuola.

È vicino a voi il regno di Dio

VANGELO (Lc 10,1-9)
In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi.
Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada.
In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra.
Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”».
La povertà è il tema su cui il vangelo di oggi ci chiama a soffermarci: povertà del missionario, che deve portarsi dietro come unico bagaglio la Parola, Gesù Cristo. Le parole di Pietro riportate negli Atti sono illuminanti a proposito
«Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, cammina!».
Certo che sembra utopistico oggi attuare quello che Gesù ci dice. Ciò che è stato possibile per i primi discepoli non lo è più per noi che viviamo in un mondo completamente diverso. A chi non è venuto in mente che il Vangelo vada aggiornato? Pensiamo che si debba fare come quando ti scade una pagina Web: basta premere il pulsante “aggiorna” ed è fatta.
La parola di Dio, se scadesse, non sarebbe parola di Dio, ma di uomini.
E’ sempre Pietro a parlare a proposito di durata della pagina scritta sul pc del Padreterno. «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna”(Gv 6,68)
Certo che per pensare di non portarsi dietro niente, neanche gli effetti personali, bisogna non andare lontano.
Che non voglia dirci il Signore di rimanere a casa nostra dove c’è tutto a portata di mano e che possiamo, anzi dobbiamo partire dai vicini, per dire che il regno di Dio è vicino?
A chi abita con noi, sopra o sotto di noi, o a un tiro di schioppo, persone con le quali non ci spariamo per la polvere, come si usa dire dalle mie parti, importa sapere che il regno di Dio è vicino? Io credo che a me, prima che lo conoscessi, non poteva importare di meno, con tutti i problemi che la vita mi metteva davanti ogni giorno.
Come interessare la gente all’annuncio? Prima di tutto concretamente facendogli capire in cosa consiste il regno di Dio.
Shalom! Pace a te! Quelli che ce l’hanno con noi o quelli a cui noi non riusciamo a perdonare il loro non essere come li vorremmo, che non ci amano e non ci corrispondono, sentendosi salutare in quel modo, penso che un balzo sulla sedia, come minimo, lo farebbero, chiedendosi cosa sta succedendo.
Qualcuno potrebbe pensare ad un colpo di caldo, ma qualcun altro verosimilmente potrebbe pensare che il regno di Dio è vicino.

Pescatori

Marco 1,14-20  Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».
Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». E subito lasciarono le reti e lo seguirono.
Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti. E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedèo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui.

“Convertitevi e credete al Vangelo”

Quante volte, in questi ultimi tempi la liturgia ci ha riproposto questa parola!
 Oggi l’appello alla conversione è seguito dalla chiamata di Andrea e Simone, Giacomo e Giovanni.
La conversione comincia da una chiamata, da uno sguardo che si posa sopra di te, mentre sei occupato a fare le stesse cose di sempre e forse anche lo straordinario, se i pesci non li hai pescati e sei a corto di cibo.
“Vi farò pescatori di uomini”
A chi interessa pescare le persone?
Mica si mangiano!
Eppure il potere sull’altro lo cerchiamo ad ogni costo: vorremmo emergere, uscire fuori dall’anonimato e trovare qualcuno che ci batta le mani.
Oppure anche qualcuno che si faccia carico dei nostri problemi e ce li risolva.
In effetti abbiamo bisogno di persone da acchiappare, da manipolare, da mettere al nostro servizio.
Gratis possibilmente.
Noi usiamo le nostre reti per raggiungere lo scopo e anche gli altri, che non sono diversi da noi, fanno lo stesso.
Ma le reti si intrecciano, s’ingarbugliano e invece di prendere siamo presi da questa corsa al massacro e rimaniamo senza mangiare.
Della parola di oggi mi ha colpito il fatto che Gesù non pretende che i suoi discepoli cambino mestiere.
Sarebbe un disastro reinventarsi un lavoro, vista la fatica per trovarne uno.
“Vi farò pescatori di uomini” dice Gesù.
Seguirlo perché altri lo seguano.
Il fine della chiamata è la salvezza del mondo.
Non ci si salva solo preoccupandosi di se stessi, ma facendosi carico della salvezza altrui.
Il regno di Dio è vicino solo quando ogni uomo saprà dov’è suo fratello.
A Caino questo è stato chiesto da Dio.
Ma lui rispose che non era il custode del fratello.
Caino aveva ucciso Abele, ma noi non abbiamo ucciso nessuno.
Perchè il Signore dovrebbe farci questa domanda?
Si può uccidere in tanti modi.
La morte fisica è quella meno indolore per chi la subisce.
Essere ignorati, dimenticati, rifiutati, non amati. E’ questo che ci toglie la vita.
Ogni uomo per esistere ha bisogno di chi lo guardi, di chi lo identifichi e contemporaneamente gli dia dignità.
Ci sono uomini che l’hanno persa per il male commesso o perché ci siamo dimenticati di loro.
Sono quelli che non vuole nessuno, perché ci scomodano, ci interpellano, reclamano la loro parte.
Vogliono respirare la nostra aria, vivere sotto il nostro cielo, passeggiare nelle nostre strade, abitare nelle nostre città, frequentare le nostre scuole e godere dei nostri stessi diritti.
Sono uomini che vorremmo non ci fossero, che non riportassero ogni giorno alla ribalta il problema di chi sta peggio di noi.
Gente che si vuole rubare quello che faticosamente abbiamo accumulato.
Chi sono, per pretendere ciò che non gli appartiene?
“Vi farò pescatori di uomini” dice Gesù.
Grandi e piccole imbarcazioni sfornano ogni giorno disperati sulle nostre coste meridionali.
E’ gente affamata, assetata, abbrutita dal viaggio, dalla disperazione, dalla vita che vorrebbero cambiare, da un passato che vorrebbero buttarsi dietro le spalle.
L’impegno è pescarli per rimandarli a casa.
Quando il Signore ci rivolgerà la  domanda: ” Dov’è tuo fratello?”, la stessa che fece a Caino, cosa gli risponderemo?