La moneta di Dio

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Sovrapposizione Volto Santo di Manoppello-S. Sindone di Torino

Marco 12,13-17 -In quel tempo, i sommi sacerdoti, gli scribi e gli anziani mandarono a Gesù alcuni farisei ed erodiani per coglierlo in fallo nel discorso. E venuti, quelli gli dissero: “Maestro, sappiamo che sei veritiero e non ti curi di nessuno; infatti non guardi in faccia agli uomini, ma secondo verità insegni la via di Dio. È lecito o no dare il tributo a Cesare? Lo dobbiamo dare o no?”. Ma egli, conoscendo la loro ipocrisia, disse: “Perché mi tentate? Portatemi un denaro perché io lo veda”. Ed essi glielo portarono.
Allora disse loro: “Di chi è questa immagine e l’iscrizione?”. Gli risposero: “Di Cesare”. Gesù disse loro: “Rendete a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio”. E rimasero ammirati di lui.

Noi, la moneta inestimabile e preziosa, a cui Gesù ha ridato dignità e bellezza, siamo stati creati a immagine e somiglianza di Dio, dono d’amore a noi stessi e al mondo.

Il nostro corpo è l’ unico strumento per nutrire ed essere nutriti dal cibo di vita eterna ed entrare nella Sua immortalità.

Il Battesimo ci consacra re , profeti e sacerdoti, perchè diamo a Dio quello che è di Dio, consacrandolo a Lui e mettendolo al Suo servizio.

Isaia 55,1

O voi tutti assetati venite all’acqua,

chi non ha denaro venga ugualmente;

comprate e mangiate senza denaro

e, senza spesa, vino e latte.

La tenda

Marco 9,2-13 In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li portò sopra un monte alto, in un luogo appartato, loro soli. Si trasfigurò davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè, che discorrevano con Gesù.
Prendendo allora la parola, Pietro disse a Gesù: “Maestro, è bello per noi stare qui; facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia!”. Non sapeva infatti che cosa dire, poiché erano stati presi dallo spavento.
Poi si formò una nube che li avvolse nell’ombra e uscì una voce dalla nube: “Questi è il Figlio mio prediletto: ascoltatelo!”. E subito, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo con loro.
Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare a nessuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risuscitato dai morti. Ed essi tennero per sé la cosa, domandandosi però che cosa volesse dire risuscitare dai morti. E lo interrogarono: “Perché gli scribi dicono che prima deve venire Elia?”.
Egli rispose loro: “Sì, prima viene Elia e ristabilisce ogni cosa; ma come sta scritto del Figlio dell’uomo? Che deve soffrire molto ed essere disprezzato. Orbene, io vi dico che Elia è già venuto, ma hanno fatto di lui quello che hanno voluto, come sta scritto di lui”.

“Questi è il Figlio mio prediletto: ascoltatelo!”.

La fede è ascolto,è credere che Dio continua a parlare all’uomo ancora oggi e a farci salire sul monte per essere trasfigurati e risplendere della sua luce.

Pietro voleva fare tre tende sul monte Tabor e rimanerci.

Una per Gesù, una per Mosè, una per Elia, perché non sapeva cosa dire ed era stato con gli altri preso dallo spavento.

Lo spavento viene dalla paura di ciò che non conosciamo, paura dell’imprevedibile incursione di Dio nella nostra storia.

Pietro, come noi, vuole assicurarrsi una vita senza incognite, rischi, bruschi cambiamenti di direzione.

Una vita lontana da ogni pericolo di fallimento, morte, dolore.

La paura condiziona le nostre scelte e ci impedisce di ascoltare la voce che viene dal cielo.

Di riconoscere che Dio è qui, ora, in ogni momento, situazione, incontro, relazione che stiamo vivendo.

E’ presente, come lo era nella nube, quando parlò a Mosè, ma anche quando parlò ad Abramo.

Dio è presente nel creato, come quando pronunciò il Fiat per dargli inizio.

Dio continua a dare vita al mondo, continua ad amare anche attraverso i segni contraddittori che appaiono ai nostri occhi.

Non c’è bisogno di piantare una tenda, per vederLo, ma di portarla arrotolata sopra le spalle.

Perchè possiamo piantarla ovunque un uomo abbia bisogno di un altro uomo che gli offra un riparo.