Il prezzo





Meditazioni sulla liturgia di lunedì della settimana santa

(letture: Is 42,1-7; Salmo 26; Gv 12,1-11)
“Io il Signore ti ho chiamato per la giustizia” (Is 2,6)
 
Qual è la tua giustizia Signore?
Questa notte ti ho pregato, ti ho invocato con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta me stessa.
” Non spegnerà un lucignolo fumigante, non spezzerà una canna incrinata” hai detto e io ho sempre pensato che non ti saresti mai accanito con una persona debole, indifesa, malata, con tanti problemi irrisolti.
Ogni volta queste parole del profeta Isaia mi ridavano coraggio quando il dolore, la malattia diventava insopportabile.
Ma poi ho capito che ti riferivi al peccato, alla misericordia che ti connota e che ti portava a ripetere che non dovevamo temere il tuo giudizio, la tua giustizia perchè ci ami di amore eterno e per questo ci conservi ancora pietà.
La risposta a tutte le nostre domande, a tutti i nostri bisogni è Gesù, tuo figlio che ci hai mandato per convincerci che ci ami davvero e che la parola si è fatta carne perchè potessimo vedere attraverso di lui il tuo cuore di padre e di madre.
” Può una donna dimenticare suo figlio? Quand’anche se ne dimenticasse io non ti dimenticherò mai! e poi ” Chi è quel padre che se gli chiedi un pane ti darà una pietra?” ” Chiedete e vi sarà dato, bussate e vi sarà aperto” Quando pregate non sprecate parole ma dite Abba’, Padre nostro”
E questa mattina, dopo una notte angosciosa, continuavo a ripetermele queste parole imparate a memoria a ripeterle a te per ricordartele, qualora te ne fossi dimenticato.
Stavo male, tanto male che mi sono messa a piangere nel non sentirmi ascoltata.
Un calvario una tortura che non conosce la fine.
Poi ho letto il vangelo e mi hanno colpito le parole di Giuda che critica lo sperpero del denaro usato per comprare il vasetto di nardo purissimo che Maria aveva usato per ungerti i piedi.
Ho pensato che il mio star male era la conseguenza di una fatica a cui mi ero sottoposta per avvicinarmi a persone bisognose di una casa di Betania da cui sentirsi accolti , una casa dove spezzare il pane della fatica del dolore, del bisogno di essere ascoltati, una casa dove puoi essere te stesso perchè sei tra amici.
Il mio corpo era quel purissimo nardo, Dio mi perdoni, che ho messo sui piedi dei tanti Gesù che avevo incontrato in questi giorni, volutamente ospitati, ascoltati, accolti nella mia casa, che sono costati un prezzo troppo elevato nel peggioramento delle mie condizioni di salute.
Non è mai troppo alto il prezzo pagato per il mio Signore, ho pensato, e ho goduto di quell’illuminazione che mi faceva vedere da un’angolazione speciale il senso di tanto soffrire.

Giustizia

 
 
Meditazioni sulla liturgia di 
domenica della  V settimana di Quaresima anno C
 
letture: Is 43,16-21; Salmo 125; Fil 3,8-14; Gv 8,1-11

“Va’ e d’ora in poi non peccare più” (Gv 8, 11)

M’interrogo Signore oggi, dopo aver letto la parola che hai consegnato alla tua Chiesa per darci istruzioni sul cammino che ci separa dalla Pasqua.
Non so cosa tu hai scritto per terra, ma sicuramente era cosa buona molto buona. Tu sei la parola, il verbo di Dio e solo qui, in questa occasione, in questo passo tu scrivi.
Ho pensato che non avevi a disposizione altro per emettere il giudizio che ti era stato richiesto, ma tu sei Dio e se avessi voluto avresti potuto trovare qualcosa di meglio per comunicare il tuo pensiero.
Sono stati scritti fiumi d’inchiostro sul mistero di quei segni che hai volutamente criptato.
La terra si sa è come la sabbia, basta un soffio di vento, qualcuno che ci cammini sopra e si cancella ciò che vi è scritto.
Forse è questo il messaggio che tu ci vuoi far passare. Davanti a te siamo tutti  adulteri,  chi più chi meno, perchè non ti mettiamo al primo posto e viviamo spesso come se non esistessi.
Siamo nel contempo anche accusatori di tutti quelli che non si comportano come dovrebbero.
I nomi degli accusati e degli accusatori oggi vedo scritti sulla quel foglio di terra che il vento è pronto a sollevare.
Tra due settimane celebreremo la Pasqua, entreremo nella terra promessa, dove non ci sono nomi scritti per terra, non ci sono condanne che pendono sul nostro capo.
Per questo Signore ti voglio lodare, benedire e ringraziare, perchè con il tuo sangue hai cancellato tutte le nostre colpe e ci hai costituiti un popolo di re, profeti e sacerdoti.
Sulla terra che ci hai preparato il vento non è riuscito a cancellare, nè mai potrà farlo la tua lettera di amore consegnata alla storia, una lettera dove emerge che noi siamo i destinatari della  tua misericordia  infinita.

Dimoreranno nella propria terra (Ger 23,8)

 
(Ger 23,5-8) Susciterò a Davide un germoglio giusto.
«Ecco, verranno giorni – oracolo del Signore –
nei quali susciterò a Davide un germoglio giusto,
che regnerà da vero re e sarà saggio
ed eserciterà il diritto e la giustizia sulla terra.
Nei suoi giorni Giuda sarà salvato
e Israele vivrà tranquillo,
e lo chiameranno con questo nome:
Signore-nostra-giustizia.
Pertanto, ecco, verranno giorni – oracolo del Signore – nei quali non si dirà più: “Per la vita del Signore che ha fatto uscire gli Israeliti dalla terra d’Egitto!”, ma piuttosto: “Per la vita del Signore che ha fatto uscire e ha ricondotto la discendenza della casa d’Israele dalla terra del settentrione e da tutte le regioni dove li aveva dispersi!”; costoro dimoreranno nella propria terra».
” lo chiameranno Signore, nostra giustizia”(Ger 23,6)
Oggi le letture ci parlano di giustizia, una parola che amiamo sbandierare per rivendicare i nostri diritti, ma che spesso bypassiamo quando riguarda i nostri comportamenti non proprio giusti.
Mi chiedo perchè siamo sempre pronti a puntare il dito sulle inadempienze altrui e così poco propensi a farci un serio esame di coscienza.
Dio, è scritto, susciterà il germoglio giusto, quello che ci ricondurrà nella nostra terra, la terra di Dio, la terra che Dio ha voluto condividere con noi, il campo dove ci ha chiamati a lavorare, ma che sarebbe infruttifero se non ci fosse lui.
” Nè chi pianta e irriga è qualcosa, ma è Dio che fa crescere” è scritto.
Voglio mettermi alla sua presenza questa mattina, presentarmi a lui come sono, una pianta inaridita, deturpata dal vento, dalla siccità, dagli uomini, con tanti rami secchi o tranciati di recente, voglio a lui chiedere uno sguardo di misericordia, perchè possa sperare di rinascere in un piccolo virgulto che ora non vedo, ma che si sta preparando a sfondare la corteccia dura del mio albero.
Chiedo a Dio di poter essere liberata da qualsiasi schiavitù, di poter ritrovare la forza e l’entusiasmo per il santo viaggio e riprenderlo con più lena, chiedo a Maria di starmi accanto, come al suo sposo Giuseppe, perchè mi aiutino a non perdere neanche una sillaba che esce dalla bocca di Dio.
A loro fu affidato il Redentore, l’Emanuele, e loro lo accolsero e se ne presero cura prima ancora che cominciasse a parlare, perchè Dio non smette mai di comunicarti il suo amore, anche quando è un piccolo seme, anche quando emette solo vagiti.
Ho pensato che Maria e Giuseppe non ebbero dubbi sul da farsi perchè da dentro la voce di Dio li istruiva e li guidava verso la realizzazione del suo progetto d’amore.
Tante cose non le capirono subito, ma si affidarono al Padre che sapevano essere al di sopra di ogni giustizia umana, si fidarono perchè forte  era il loro legame con chi li aveva generati.
La parola che questa mattina mi ha colpito è tratta dalla progezia di Geremia a ventitreesimo capitolo” Pertanto verranno i giorni, nei quali non si dirà più : Per la vita del Signore che ha fatto uscire dal paese d’Egitto, ma pittosto : Per la vita del Signore che ha fatto uscire  e che ha ricondotto la discendenza della casa di Israele dalla terra del settentrione e da tutte le regioni dove li aveva dispersi: costoro dimoreranno nella propria terra”.
La terra che bramo, che desidero, che cerco, che voglio con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutta me stessa è l’amore di Dio è quella terra in cui si mossero Maria e Giuseppe prima che spuntasse il germoglio sul tronco di Iesse, la terra in cui si mossero non solo spiritualmente, ma anche e soprattutto umanamente, quando si trovarono a confrontarsi con il mistero dell’incarnazione, quando Gesù divenne un dono scomodo, un dono di cui non capivano la portata, quando dovettero difenderlo dalla ferocia di Erode, quando tutto sembrava contraddire le promesse di Dio.
Quella terra vorrei coltivare, vorrei essere capace di capire quando è tempo di seminare, quando di aspettare e vigilare, quando è tempo di raccogliere.
Come vorrei vivere in un rendimento di grazie continuo la mia collaborazione a che la terra ridiventi un giardino profumato con tutti i colori dell’arcobaleno.
Quanto sarebbe bello, o Signore, vivere l’intimità della tua casa, sentirmi avvolta e protetta dal tuo amore, quanto vorrei che i brutti pensieri, le paure,  le sofferenze del momento presente non offuscassero i tuoi raggi, non impedissero a te di far germogliare la vita.
Signore continua ad irrigare la nostra terra, ti prego, continua a rialzarci ogni volta che inciampiamo e ci scoraggiamo.
Continua Signore a  mandare il tuo Spirito e a stupirci per i nuovi germogli che spuntano da piante  destinate a morire.
Maranathà, vieni Gesù!
E tu Maria non mi lasciare la mano, continua a chiudermi gli occhi come ogni sera, continua a tenermeli aperti quando passa Gesù.

Ai nostri governanti

LA RICERCA DELLA SAPIENZA
Il giudizio del Signore su chi esercita il potere

 Ascoltate dunque, o re, e cercate di comprendere;
imparate, o governanti di tutta la terra.
Porgete l'orecchio, voi dominatori di popoli,
che siete orgogliosi di comandare su molte nazioni.
Dal Signore vi fu dato il potere
e l'autorità dall'Altissimo;
egli esaminerà le vostre opere e scruterà i vostri propositi:
pur essendo ministri del suo regno,
non avete governato rettamente
né avete osservato la legge
né vi siete comportati secondo il volere di Dio.
Terribile e veloce egli piomberà su di voi,
poiché il giudizio è severo contro coloro che stanno in alto.
Gli ultimi infatti meritano misericordia,
ma i potenti saranno vagliati con rigore.
Il Signore dell'universo non guarderà in faccia a nessuno,
non avrà riguardi per la grandezza,
perché egli ha creato il piccolo e il grande
e a tutti provvede in egual modo.
Ma sui dominatori incombe un'indagine inflessibile.
Pertanto a voi, o sovrani, sono dirette le mie parole,
perché impariate la sapienza e non cadiate in errore.
Chi custodisce santamente le cose sante
sarà riconosciuto santo,
e quanti le avranno apprese vi troveranno una difesa.
Bramate, pertanto, le mie parole,
desideratele e ne sarete istruiti.(Sap 6,1-11)

Gli operai dell'ultima ora



Matteo 20,1-16 
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: “Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Accordatosi con loro per un denaro al giorno, li mandò nella sua vigna.
Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano sulla piazza disoccupati e disse loro: Andate anche voi nella mia vigna; quello che è giusto ve lo darò. Ed essi andarono.
Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre e fece altrettanto.
Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano là e disse loro: Perché ve ne state qui tutto il giorno oziosi? Gli risposero: Perché nessuno ci ha presi a giornata. Ed egli disse loro: Andate anche voi nella mia vigna.
Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: Chiama gli operai e dà loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi.
Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro.
Quando arrivarono i primi, pensavano che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero un denaro per ciascuno. Nel ritirarlo però, mormoravano contro il padrone dicendo: Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo.
Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse convenuto con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene; ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te. Non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?
Così gli ultimi saranno i primi e i primi, gli ultimi”.

Siamo invidiosi di quello che hanno gli altri, senza guardare a quello che noi gratiutamente riceviamo ogni giorno.

Gesù ci destabilizza con le sue parabole paradossali in cui tutto è rovesciato e il buon senso va a farsi benedire.

Mi sono fermata a riflettere sulla parola "buono" che compare anche nella storia del giovane ricco.

"Uno solo è buono", dice Gesù all'aspirante discepolo e si capisce che sta parlando di Dio, di sommo Bene, di Giustizia infinita.

In fondo quello che fa Dio è simile a quello che fanno tutti i genitori.

Quando muoiono, i loro beni vengono divisi equamente tra i figli, a prescindere dalla data di nascita.

Se ci pensiamo bene chi nasce prima è fatto partecipe dai genitori di quei beni per più tempo.

Così prendere consapevolezza di vivere nella gratuità del dono fatto ad ogni battezzato, porta al servizio gioioso nella casa di chi ci ha dato la vita e continua a darcela attraverso i doni dello Spirito.

Il già e il non ancora caratterizzano l'esperienza dell'operaio della vigna del Signore, che vive un anticipo di paradiso.

Per quanto riguarda la ricompensa del nostro servizio ,l'eredità a noi promessa è Lui stesso: Amore infinito, che, per quanto uno lo voglia dividere, sempre infinito rimane.

Per Eluana

Accogli, Signore, la causa del giusto,
sii attento al suo grido.
Porgi l’orecchio alla sua preghiera:
sulle sue labbra non c’è inganno.
Venga da te la sua sentenza,
i tuoi occhi vedano la giustizia. 
Custodisci Eluana come pupilla degli occhi,
proteggila all’ombra delle tue ali,
di fronte agli empi che la opprimono,
ai nemici che l’ accerchiano.
Essi hanno chiuso il loro cuore,
le loro bocche parlano con arroganza.
Eccoli, avanzano, la circondano,
puntano gli occhi per abbatterla;
simili a un leone che brama la preda,
a un leoncello che si apposta in agguato.
Sorgi, Signore, affrontalo, abbattilo;
con la tua spada scampala dagli empi,
con la tua mano, Signore, dal regno dei morti
che non hanno più parte in questa vita.
Sazia pure dei tuoi beni il loro ventre
se ne sazino anche i figli
e ne avanzi per i loro bambini.
Ma Eluana per la giustizia contemplerà il tuo volto,
al risveglio si sazierà della tua presenza.

(Dal Salmo 16)

La fede che sposta le montagne

Luca 17,1-6 
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “È inevitabile che avvengano scandali, ma guai a colui per cui avvengono. È meglio per lui che gli sia messa al collo una pietra da mulino e venga gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli. State attenti a voi stessi!
Se un tuo fratello pecca, rimproveralo; ma se si pente, perdonagli. E se pecca sette volte al giorno contro di te e sette volte ti dice: Mi pento, tu gli perdonerai”.
Gli apostoli dissero al Signore: “Aumenta la nostra fede!”. Il Signore rispose: “Se aveste fede quanto un granellino di senapa, potreste dire a questo gelso: Sii sradicato e trapiantato nel mare, ed esso vi ascolterebbe”.

Signore aumenta la nostra fede!

Aprici gli occhi, Signore, a vedere le cose al posto giusto nel momento giusto.

Fà che non pensiamo che i miracoli consistono nello sradicare piante o muovere montagne, ma nel vedere te all’opera in ogni cosa che ci circonda, in ogni situazione che ci troviamo a vivere.

Fà che ciò che ci accade sia sempre segno del tuo passaggio, fondamento di speranza, testimonianza di amore.

Aiutaci a guardare le cose con occhi nuovi, a non desiderare di cambiare la nostra vita e la nostra storia se ad illuminarla ci sei tu.

Aiutaci a vedere il bene nella malattia e nella morte, nel tradimento e negli ostacoli che si frappongono alla realizzazione dei nostri progetti.

I nostri desideri siano i tuoi, Signore

Anche quando le risposte tardano a venire, disponi, ti prego,  il nostro animo all’attesa silenziosa, umile e paziente.

Fà che ti chiediamo ciò che hai già preparato dalla notte dei tempi per ognuno di noi.

S.GIUSEPPE

Mt 1,17.18-21.24 

Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo.
Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto.

Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati”.
Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo.

Giuseppe era un uomo giusto, dice il Vangelo. Il primo frutto della giustizia nel Vecchio come nel Nuovo Testamento non è l’osservanza della Legge, ma il servizio alla persona, che significa amare senza giudicare.