L’arca dell’alleanza

Maria, arca dell’alleanza.
” Siate forti e siate uomini” (1 Sam 4,9)
Sono le parole che i filistei pronunciano appena vedono l’arca dell’Alleanza portata in campo dagli Israeliti.
I Filistei sono presi da timore, hanno paura del Dio d’Israele che aveva dato prova di essere superiore ad ogni altro dio, per questo fanno appello a tutte le loro forze per vincere il nemico che avevano di fronte.
E così fu.
Questa pagina ci sconcerta perchè non basta portare in campo l’arca dell’alleanza come fosse un amuleto per vincere.
Altre volte assistiamo a sconfitte dolorose del popolo d’Israele, deportazioni, carestie, diaspora: delusioni cocenti.
La più cocente è quella di stare ancora ad aspettare il Messia come colui che ti fa diventare tanto forte e potente da non aver più timore di essere sottomesso da qualunque nazione.
Molto spesso ci attacchiamo ad un rosario, ad un immagine benedetta, ad una devozione per piegare Dio alla nosta volontà.
Andiamo in chiesa per convincerlo a fare la nostra volontà, ad esaudire i nostri desideri, non a chiedere di conoscere e fare nostra la sua volontà.
Nonostante siano passati tanti anni la storia si ripete e non abbiamo imparato la lezione che attraverso l’incarnazione e la morte di Gesù ci farebbe sentire invincibili.
Quale arca dobbiamo portare nel campo di battaglia? Cosa deve contenere l’arca?
L’arca è la casa in cui Dio ha deciso di abitare non per le opere della legge, ma per sua grazia.
“Un corpo mi hai dato, sul rotolo el libro è scritto di fare il tuo volere” è scritto.
Se permettiamo a Dio di entrare dentro di noi, se ci lasciamo purificare dalla lebbra che ci isola e ci tiene lontani dalla comunione con i fratelli, Dio è con noi e ” Chi sarà contro di noi?”.
Ma dobbiamo avere la necessaria umiltà di chiedere a Dio ciò che ha chiesto il lebbroso, nella consapevolezza che siamo malati e che solo lui ci può guarire.
La fede è l’unica arma in grado di sconfiggere la lebbra della divisione (diavolo, il divisore dal greco diàballo), dell’incomprensione, dell’odio, dell’invidia, dell’orgoglio, della presunzione, dell’avarizia, dell’auosufficienza, il demone che ci frantuma e ci disperde, il demone che non ci fa essere una sola cosa con Lui.
Quanta strada ancora da fare Signore! Quanto mi riesce difficile dire ” sia fatta la tua volontà” che ogni giorno nel padrenostro ripeto più volte con le labbra e non con il cuore!
Congiungi, unisci Signore il cuore e la mente, radunaci da tutte le parti del mondo in cui siamo stati dispersi e fà che non ci sentiamo pecoroni se decidiamo di essere un solo gregge sotto un unico pastore.
Maria insegnami a fare la volontà di Dio anche e soprattutto quando confligge con il buon senso e la giustizia, quando mi sembra troppo crudele e inaccettabile.
Intercedi perchè io sia guarita dalla lebbra più grave che è quella che mi tiene separata da Dio.

«Se vuoi, puoi purificarmi!»

VANGELO (Mc 1,40-45)
In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito, la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato.
E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro».
Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.

Quando le notti si fanno più lunghe e i giorni più bui e angosciosi, quando il cielo non accenna a schiarirsi e la preghiera sale inascoltata, bisogna farsi violenza per chiamare in aiuto quel Padre, che tiene girato lo sguardo.

Sono sentimenti che un po’ tutti proviamo, quando siamo oppressi da situazioni che ci schiacciano, sperimentando sulla nostra pelle l’impotenza di fronte ai mali che ci affliggono.
“Signore se vuoi, puoi guarirmi” disse il lebbroso a Gesù e fu istantaneamente guarito.

Se questa parola ti capita, come a me è successo, di leggerla dopo una notte insonne, passata a pregare ad invocare il suo nome, perché ponesse fine al tormento che si rinnova ogni volta che mi distendo, di muscoli e tendini che si ribellano, tesi e contratti a legarti i movimenti, il fiato e la voce, viene inevitabile chiedersi perché e fino a quando la misura non viene colmata.

Ma niente avviene a caso e sempre il Signore ha qualcosa di più da insegnarci.

All’alba, dopo ore passate a cercare uno sbocco, una strada per non impazzire, il mio pensiero è andato ai tanti che negli ospedali e non solo, di notte si sentono più soli, a combattere la quotidiana battaglia con il male che li attanaglia.

Li ho guardati e mi sono guardata, ho alzato gli occhi al crocifisso e insieme a Gesù mi sono rivolta al Padre, nostro, mio, di Gesù, di tutti, e ho ritrovato il filo che pareva spezzato, il senso che sembrava smarrito, la gioia di potere, con Lui, condividere la compassione ed entrare con Lui in comunione.

Gesù non a caso interviene sempre su quelle malattie che ci isolano dagli altri, che ci portano alla morte, privati dello scambio vitale di doni e carismi che mantengono salda a compatta ogni costruzione.

Perciò Gesù guarisce il lebbroso, la cui malattia lo teneva separato dalla comunità a cui apparteneva..

Ma quanta strada ho dovuto percorrere per entrare in quella relazione misteriosa e straordinaria con tutto ciò che esce dalle Sue mani !

La sofferenza, la via stretta per incrociare il suo sguardo e permettere che mi guarisse.

Lebbra

Marco 1,40-45 – La lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato.
In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato.
E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro».
Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.

“ Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò “

Nella vita di ogni credente c’è un prima, un tempo in cui la nostra identità, la nostra dignità dipendeva dall’osservanza di una legge imposta dal di fuori, una legge che ci rendeva schiavi della paura.

”L’inflessibile giudice delle nostre inadempienze” è venuto a tenderci la mano, a toccarci e a dirci:

“Non temere, sono io, sono qui. Sono stato dovunque sei andato.

Non ho avuto paura di te, della lebbra che ti impediva di riconoscermi in quei precetti che ti sembravano insensati e incomprensibili.

Sono venuto a toglierti la paura.

Ho lasciato il cielo e sono sceso.

Ho bussato alla tua porta come un mendicante e ho atteso che mi aprissi il tuo cuore.

Lo volevo riempire di tutto l’amore che da sempre io nutro per te.

Non potevo vederti ridotto così.

Tu, mio figlio.

Ho avuto compassione della tua infermità e mi sono spostato, perchè tu potessi capire quanto vali per me.

Da oggi in poi sei una creatura nuova.

L’unica lebbra di cui dovrai avere paura è quella che ti porta a vivere con vergogna la tua inadeguatezza.

Non escluderti, per paura del giudizio, dalla possibilità di lasciarti guardare e curare da me.

Le regole, i precetti  che tanto ti pesavano, si trasformeranno, come per incanto, in libertà per accogliere e vivere l’Amore che salva.