Maria, arca dell’alleanza. |
lebbra
«Se vuoi, puoi purificarmi!»
In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito, la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato.
E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro».
Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.
Quando le notti si fanno più lunghe e i giorni più bui e angosciosi, quando il cielo non accenna a schiarirsi e la preghiera sale inascoltata, bisogna farsi violenza per chiamare in aiuto quel Padre, che tiene girato lo sguardo.
“Signore se vuoi, puoi guarirmi” disse il lebbroso a Gesù e fu istantaneamente guarito.
Se questa parola ti capita, come a me è successo, di leggerla dopo una notte insonne, passata a pregare ad invocare il suo nome, perché ponesse fine al tormento che si rinnova ogni volta che mi distendo, di muscoli e tendini che si ribellano, tesi e contratti a legarti i movimenti, il fiato e la voce, viene inevitabile chiedersi perché e fino a quando la misura non viene colmata.
Ma niente avviene a caso e sempre il Signore ha qualcosa di più da insegnarci.
All’alba, dopo ore passate a cercare uno sbocco, una strada per non impazzire, il mio pensiero è andato ai tanti che negli ospedali e non solo, di notte si sentono più soli, a combattere la quotidiana battaglia con il male che li attanaglia.
Li ho guardati e mi sono guardata, ho alzato gli occhi al crocifisso e insieme a Gesù mi sono rivolta al Padre, nostro, mio, di Gesù, di tutti, e ho ritrovato il filo che pareva spezzato, il senso che sembrava smarrito, la gioia di potere, con Lui, condividere la compassione ed entrare con Lui in comunione.
Gesù non a caso interviene sempre su quelle malattie che ci isolano dagli altri, che ci portano alla morte, privati dello scambio vitale di doni e carismi che mantengono salda a compatta ogni costruzione.
Perciò Gesù guarisce il lebbroso, la cui malattia lo teneva separato dalla comunità a cui apparteneva..
Ma quanta strada ho dovuto percorrere per entrare in quella relazione misteriosa e straordinaria con tutto ciò che esce dalle Sue mani !
La sofferenza, la via stretta per incrociare il suo sguardo e permettere che mi guarisse.
Lebbra
Marco 1,40-45 – La lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato.
In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato.
E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro».
Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.
“ Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò “
Nella vita di ogni credente c’è un prima, un tempo in cui la nostra identità, la nostra dignità dipendeva dall’osservanza di una legge imposta dal di fuori, una legge che ci rendeva schiavi della paura.
”L’inflessibile giudice delle nostre inadempienze” è venuto a tenderci la mano, a toccarci e a dirci:
“Non temere, sono io, sono qui. Sono stato dovunque sei andato.
Non ho avuto paura di te, della lebbra che ti impediva di riconoscermi in quei precetti che ti sembravano insensati e incomprensibili.
Sono venuto a toglierti la paura.
Ho lasciato il cielo e sono sceso.
Ho bussato alla tua porta come un mendicante e ho atteso che mi aprissi il tuo cuore.
Lo volevo riempire di tutto l’amore che da sempre io nutro per te.
Non potevo vederti ridotto così.
Tu, mio figlio.
Ho avuto compassione della tua infermità e mi sono spostato, perchè tu potessi capire quanto vali per me.
Da oggi in poi sei una creatura nuova.
L’unica lebbra di cui dovrai avere paura è quella che ti porta a vivere con vergogna la tua inadeguatezza.
Non escluderti, per paura del giudizio, dalla possibilità di lasciarti guardare e curare da me.
Le regole, i precetti che tanto ti pesavano, si trasformeranno, come per incanto, in libertà per accogliere e vivere l’Amore che salva.”