S.Tommaso

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Signore ti lodo, ti ringrazio e ti benedico per gli uomini che hanno avuto bisogno di toccare, di vedere, di sentire, per accertarsi che sei fedele alle promesse e che non li avevi lasciati soli.

Grazie Signore per San Tommaso, per la sua incredulità, grazie per quei discepoli smarriti, impauriti a cui tu hai comunicato fiducia, certezza nella tua resurrsezione, mostrandoti  a loro.

Grazie Signore perchè la forza dell’evento ha cambiato, plasmato, trasformato i loro cuori, li ha resi sprezzanti del pericolo e coraggiosi nell’affrontare il martirio.

Grazie perchè quella testimonianza  ci aiuta ogni giorno a credere che non sei un fantasma, ma una persona viva e vera che continua a camminare con noi.


(già pubblicato il 3 luglio 2007)

Pasqua:ascoltare e vedere.

 Sfogliando il diario 

Cosa dire di questa Pasqua? La prima cosa che mi viene in mente che non è finita così, non può finire così, con una veglia in cui il suggestivo rito della luce ci apre la mente al mistero, con il rimpianto del festoso risuonare delle campane che un tempo annunciavano, a mezzogiorno del sabato, la resurrezione di Cristo.
Lo facevano resuscitare di giorno ai miei tempi, Gesù, e ,se le cose non stavano esattamente così, noi bambini aspettavamo quel momento magico in cui il silenzio e il digiuno era interrotto dal festoso annuncio delle campane. Giovanni si aspettava di sentirle, quando gliel’ho raccontato, ma è rimasto deluso.
La Pasqua la vivevamo da svegli, mentre oggi i bimbi vanno a dormire, ad eccezione di quelli che vengono svegliati, quando il sacerdote versa loro l’acqua benedetta sul capo, se i genitori scelgono di farli battezzare durante la messa di mezzanotte. Le chiese a quell’ora sono affollate perchè molti credono di salvarsi l’anima andando a messa almeno a Pasqua , preferibilmente di notte, così non li vede nessuno, di quelli che potrebbero criticare.
Peccato che non ci siano per lo spettacolo posti a sedere, che non la finiscano mai con tutte quelle letture, che si è stanchi dopo una settimana di lavoro, che è come andare a vedere un film in cinese, che, se ci capisci qualcosa, sei un genio.
Le potrebbero fare più corte le messe”, si sente dire alla fine, e poi guai andare avanti, è meglio stare vicini alla porta, appoggiati all’ultima colonna, così si fa prima ad uscire, quando la messa finisce.

Dicevo che per fortuna non finisce così, perchè sarebbe da pazzi.
Una messa che dura quello che dura e poi una grande abbuffata se siamo invitati, una grande ammazzata se abbiamo invitati.
Quest’anno mi ero riproposta di andarci anch’io alla veglia di mezzanotte, perchè nostro figlio a pranzo sarebbe andato dalla consuocera e non avevo grossi piatti da preparare. Mi ci sono messa d’impegno, ma tant’è che le cose sono andate alla stessa maniera degli anni scorsi.
Piegata in due per il mal di schiena, ho pensato che forse c’era qualcosa di più importante fare per Lui e che ci dovevo pensare.
Ci sono andata la mattina dopo e don Gino, nell’omelia, ci ha chiesto se eravamo contenti, perchè era Pasqua e Cristo è risorto; ma la risposta si è fatta attendere.
Mi sono guardata intorno e mi sono ritrovata in quei visi stanchi e provati delle donne che formavano gran parte dell’assemblea. Le donne, che sono andate al sepolcro la mattina presto, erano le stesse che stavano lì alla messa, perchè dopo non si potevano permettere di allontanarsi da casa per via degli impegni a cui la famiglia le chiamava.
Meno male che non è finita qui, mi sono detta. Mica gli apostoli l’hanno visto subito Gesù
Mi sono chiesta come annunciare la resurrezione a chi è nell’angoscia, come dire:” Il tuo Dio è qui, non devi temere!”
A fatica mi ero recata in chiesa, con il pensiero alle cose che dovevo preparare per il pranzo, visto che due pellegrini ce li eravamo caricati sopra le spalle, in alternativa alla veglia pasquale nonostante il dolore alla schiena.
Le parole che Gesù rispose ai suoi discepoli che gli chiedevano dove preparare la festa ci avevano, infatti, fortemente interpellato.

«Dove vuoi che ti prepariamo la cena pasquale?»  Egli disse: «Andate in città dal tale e ditegli: "Il Maestro dice: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te, con i miei discepoli"».

Quest’anno il triduo pasquale lo voglio fare per bene”, mi sono detta. “Mi ci metto d’impegno e trascuro tutto il resto”. Ma le scuole chiudono il mercoledì santo per riaprire il giovedì successivo.
La marttina di giovedì mi sono inventata, grazie a Dio, un interesse per Giovanni.
Andiamo a vedere come preparano la tavola per Gesù, lo Sposo, perchè questa sera ci invita alla sua mensa ed è l’ultima volta, prima di morire”.
Per fortuna si è entusiasmato all’allestimaento dell’altare della Reposizione, un vero e proprio giardino dentro la chiesa. Gli ho detto che era quello che Adamo ed Eva vollero trasformare a loro piacimento, non pensando che doveva servire anche agli altri. Gli ho fatto vedere i rami d’olivo mischiati ai fiori, quei rami che avrebbero fatto da sfondo alla sua passione e che solo poche ore prima erano state agitate in segno di esultanza al suo passaggio, la domenica delle palme. Ne è rimasto turbato, ma a lui, come a tutti i bambini, interessa che la storia vada a finire bene, come nelle favole.
Le storie di Gesù vanno sempre a finire bene, ad eccezione dell’ultima che sembra una contraddizione. Ma la resurrezione è la verità che ha abbracciato per primo, grazie a Dio.
Del resto se i suoi eroi dei cartoni non muoiono, come poteva fare eccezione Gesù?
Veramente una obiezione me l’ha fatta Giovanni, perchè lo turba che ci sia gente che va all’inferno.
Io gli ho detto che l’inferno non l’ha inventato Dio, ma noi quando decidiamo di fare i cattivi, di infrangere le regole di farci giustizia da soli. E lui lo sa, quando ad un dispetto o ad una carezza maldestra di Emanuele risponde con la violenza e si becca una punizione.

Era impaziente Giovanni di aprire le uova ma la mamma e il papà, visto che è diventato grande e che ad aprile compie sei anni, hanno deciso di dare un senso alla festa, imponendogli il sacrificio di aspettare che Gesù risorgesse. Nonostante la sfregola lo divorasse, si è immedesimato a tal punto con la passione di Gesù che venerdì sera ha seguito in televisione con tutta la famiglia la via crucis del Papa al Colosseo. Si è commosso tantissimo ad ascoltare il narratore che raccontava con parole semplici quello che era successo. Sotto la croce il fatto che c’era Giovanni, il discepolo che Gesù amava (nel quale si è sempre identificato) lo ha riempito di gioia, perchè non poteva sopportare che Gesù rimanesse solo in quel momento così drammatico.
Solo allora ha chiuso gli occhi e si è sentito felice.

Gianni, di ritorno dalla veglia di mezzanotte mi ha detto che gli era toccata da leggere l’incomprensibile profezia di Baruc, come tutti gli anni, ma questa volta era stato colpito e meravigliato che le letture della notte di Pasqua invitassero ancora all’ascolto.
Non era ormai arrivato il tempo di vedere?
La luce, il rito suggestivo della luce lo portava a pensare così.
"Lampada ai miei passi è la tua parola", sta scritto. Giovanni, il discepolo che Gesù amava racconta che Maria Maddalena non vede Gesù, se non dopo averlo ascoltato e essersi sentita chiamare per nome.
vide Gesù che stava lì in piedi; ma non sapeva che era Gesù". Il Vangelo ci invita a riflettere sul fatto che per vedere Gesù è necessario prima metterci in ascolto.
Risorgeremo ogni volta che saremo capaci di dire di noi stessi: ”il discepolo che Gesù ama”, perchè Gesù ama tutti, non solo Giovanni.






Emmaus

“ Signore Gesù, aiutaci, ogni volta,
ad incontrare coloro che ci sono stati affidati
con lo stile con cui tu incontrasti i discepoli sulla strada di Emmaus.
Aiutaci ad accostarci a loro con discrezione e rispetto,
senza imporre la nostra presenza e la nostra autorità.
Aiutaci a camminare con loro
Misurando il nostro passo alle loro forze e alle loro esigenze,
senza mai costringerli a subire il nostro.
Aiutaci a partire dalle loro domande,
dai loro problemi, dai loro desideri, dai loro valori.
Ricordaci che le persone, con le loro storie,
vengono prima dei programmi, dei testi, della nostra mentalità,
delle nostre esigenze e di quelle delle nostre comunità.
Aiutaci a rispondere senza false sicurezze,
senza retorica, senza frasi fatte, senza luoghi comuni;
ma con risposte vere e sincere che facciano ardere il loro cuore,.
Signore Gesù, aiutaci a farti riconoscere nello spezzare il pane:
nei gesti d’amore, di rispetto, di professionalità, di attenzione, di servizio.
Signore Gesù, donaci di avere la possibilità di indicarti presente
In famiglie e comunità che ti credono, ti vivono e ti testimoniano”..

(Romolo Taddei: “Compagni di viaggio” )

http://tinyurl.com/2wrrsb

SABATO SANTO

Te ne sei andato Signore Gesù! Non siamo stati capaci di vegliare con te, di starti vicino  fino alla fine. 

Unirci a te nella passione  avrebbe comportato amare, come tu le hai amate, le persone che il Padre ti ha dato. Tra queste ci sono anche i nostri nemici, quelli che non ci amano, che non ci vogliono, che ci tradiscono, nonostante abbiamo fatto loro del bene: gli imperdonabili, che non si meritano niente perchè non danno niente.

Signore Gesù, ci hai lasciato il tuo corpo, appeso alla croce, dopo averci nutrito del Pane di vita.

Questa volta dobbiamo aspettare fino alla notte di Pasqua, per riassaporare quel cibo di vita eterna.

Ma come la manna che il venerdì si raccoglieva anche per il Sabato, l’unico giorno in cui era permesso farne provvista, così abbiamo fatto, ieri sera, certi che tu non ci lascerai soli ad affrontare questo silenzio di morte.

Con tua madre vogliamo pregare e sperare che il tuo sacrificio non sia stato vano per nessuno di noi.

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Nostro fratello Giuda

Don Primo Mazzolari

foto:©https://scintillanti.wordpress.com/wp-content/uploads/2008/03/videoguida_2.jpg

Intervento nel Giovedì Santo 1958

Miei cari fratelli, è proprio una scena d’agonia e di cenacolo. Fuori c’è tanto buio e piove. Nella nostra Chiesa, che è diventata il Cenacolo, non piove, non c’è buio, ma c’è una solitudine di cuori di cui forse il Signore porta il peso. C’è un nome, che torna tanto nella preghiera della Messa che sto celebrando in commemorazione del Cenacolo del Signore, un nome che fa’ spavento, il nome di Giuda, il Traditore.

Un gruppo di vostri bambini rappresenta gli Apostoli; sono dodici. Quelli sono tutti innocenti, tutti buoni, non hanno ancora imparato a tradire e Dio voglia che non soltanto loro, ma che tutti i nostri figlioli non imparino a tradire il Signore. Chi tradisce il Signore, tradisce la propria anima, tradisce i fratelli, la propria coscienza, il proprio dovere e diventa un infelice.

Io mi dimentico per un momento del Signore o meglio il Signore è presente nel riflesso del dolore di questo tradimento, che deve aver dato al cuore del Signore una sofferenza sconfinata.

Povero Giuda. Che cosa gli sia passato nell’anima io non lo so. E’ uno dei personaggi più misteriosi che noi troviamo nella Passione del Signore. Non cercherò neanche di spiegarvelo, mi accontento di domandarvi un po’ di pietà per il nostro povero fratello Giuda. Non vergognatevi di assumere questa fratellanza. Io non me ne vergogno, perché so quante volte ho tradito il Signore; e credo che nessuno di voi debba vergognarsi di lui. E chiamandolo fratello, noi siamo nel linguaggio del Signore. Quando ha ricevuto il bacio del tradimento, nel Getsemani, il Signore gli ha risposto con quelle parole che non dobbiamo dimenticare: ‘Amico, con un bacio tradisci il Figlio dell’uomo!’

Amico! Questa parola che vi dice l’infinita tenerezza della carità del Signore, vi fa’ anche capire perché io l’ho chiamato in questo momento fratello. Aveva detto nel Cenacolo non vi chiamerò servi ma amici. Gli Apostoli son diventati gli amici del Signore: buoni o no, generosi o no, fedeli o no, rimangono sempre gli amici. Noi possiamo tradire l’amicizia del Cristo, Cristo non tradisce mai noi, i suoi amici; anche quando non lo meritiamo, anche quando ci rivoltiamo contro di Lui, anche quando lo neghiamo, davanti ai suoi occhi e al suo cuore, noi siamo sempre gli amici del Signore. Giuda è un amico del Signore anche nel momento in cui, baciandolo, consumava il tradimento del Maestro.

Vi ho domandato: come mai un apostolo del Signore è finito come traditore? Conoscete voi, o miei cari fratelli, il mistero del male? Sapete dirmi come noi siamo diventati cattivi? Ricordatevi che nessuno di noi in un certo momento non ha scoperto dentro di sé il male. L’abbiamo visto crescere il male, non sappiamo neanche perché ci siamo abbandonati al male, perché siamo diventati dei bestemmiatori, dei negatori. Non sappiamo neanche perché abbiamo voltato le spalle a Cristo e alla Chiesa. Ad un certo momento ecco, è venuto fuori il male, di dove è venuto fuori? Chi ce l’ha insegnato? Chi ci ha corrotto? Chi ci ha tolto l’innocenza? Chi ci ha tolto la fede? Chi ci ha tolto la capacità di credere nel bene, di amare il bene, di accettare il dovere, di affrontare la vita come una missione. Vedete, Giuda, fratello nostro! Fratello in questa comune miseria e in questa sorpresa!

Qualcheduno però, deve avere aiutato Giuda a diventare il Traditore. C’è una parola nel Vangelo, che non spiega il mistero del male di Giuda, ma che ce lo mette davanti in un modo impressionante: ‘Satana lo ha occupato’. Ha preso possesso di lui, qualcheduno deve avervelo introdotto. Quanta gente ha il mestiere di Satana: distruggere l’opera di Dio, desolare le coscienze, spargere il dubbio, insinuare l’incredulità, togliere la fiducia in Dio, cancellare il Dio dai cuori di tante creature. Questa è l’opera del male, è l’opera di Satana. Ha agito in Giuda e può agire anche dentro di noi se non stiamo attenti. Per questo il Signore aveva detto ai suoi Apostoli là nell’ orto degli ulivi, quando se li era chiamati vicini: ‘State svegli e pregate per non entrare in tentazione’.

E la tentazione è incominciata col denaro. Le mani che contano il denaro. Che cosa mi date? Che io ve lo metto nelle mani? E gli contarono trenta denari. Ma glieli hanno contati dopo che il Cristo era già stato arrestato e portato davanti al tribunale. Vedete il baratto! L’amico, il maestro, colui che l’aveva scelto, che ne aveva fatto un Apostolo, colui che ci ha fatto un figliolo di Dio; che ci ha dato la dignità, la libertà, la grandezza dei figli di Dio. Ecco! Baratto! Trenta denari! Il piccolo guadagno. Vale poco una coscienza, o miei cari fratelli, trenta denari. E qualche volta anche ci vendiamo per meno di trenta denari. Ecco i nostri guadagni, per cui voi sentite catalogare Giuda come un pessimo affarista.

C’è qualcheduno che crede di aver fatto un affare vendendo Cristo, rinnegando Cristo, mettendosi dalla parte dei nemici. Crede di aver guadagnato il posto, un po’ di lavoro, una certa stima, una certa considerazione, tra certi amici i quali godono di poter portare via il meglio che c’è nell’anima e nella coscienza di qualche loro compagno. Ecco vedete il guadagno? Trenta denari! Che cosa diventano questi trenta denari?

Ad un certo momento voi vedete un uomo, Giuda, siamo nella giornata di domani, quando il Cristo sta per essere condannato a morte. Forse Lui non aveva immaginato che il suo tradimento arrivasse tanto lontano. Quando ha sentito il crucifigge, quando l’ha visto percosso a morte nell’atrio di Pilato, il traditore trova un gesto, un grande gesto. Va’ dov’erano ancora radunati i capi del popolo, quelli che l’avevano comperato, quella da cui si era lasciato comperare. Ha in mano la borsa, prende i trenta denari, glieli butta, prendete, è il prezzo del sangue del Giusto. Una rivelazione di fede, aveva misurato la gravità del suo misfatto. Non contavano più questi denari. Aveva fatto tanti calcoli, su questi denari. Il denaro. Trenta denari. Che cosa importa della coscienza, che cosa importa essere cristiani? Che cosa ci importa di Dio? Dio non lo si vede, Dio non ci da’ da mangiare, Dio non ci fa’ divertire, Dio non da’ la ragione della nostra vita. I trenta denari. E non abbiamo la forza di tenerli nelle mani. E se ne vanno. Perché dove la coscienza non è tranquilla anche il denaro diventa un tormento.

C’è un gesto, un gesto che denota una grandezza umana. Glieli butta là. Credete voi che quella gente capisca qualche cosa? Li raccoglie e dice: ‘Poiché hanno del sangue, li mettiamo in disparte. Compereremo un po’ di terra e ne faremo un cimitero per i forestieri che muoiono durante la Pasqua e le altre feste grandi del nostro popolo’.

Così la scena si cambia, domani sera qui, quando si scoprirà la croce, voi vedrete che ci sono due patiboli, c’è la croce di cristo; c’è un albero, dove il traditore si è impiccato. Povero Giuda. Povero fratello nostro. Il più grande dei peccati, non è quello di vendere il Cristo; è quello di disperare. Anche Pietro aveva negato il Maestro; e poi lo ha guardato e si è messo a piangere e il Signore lo ha ricollocato al suo posto: il suo vicario. Tutti gli Apostoli hanno abbandonato il Signore e son tornati, e il Cristo ha perdonato loro e li ha ripresi con la stessa fiducia. Credete voi che non ci sarebbe stato posto anche per Giuda se avesse voluto, se si fosse portato ai piedi del calvario, se lo avesse guardato almeno a un angolo o a una svolta della strada della Via Crucis: la salvezza sarebbe arrivata anche per lui.

Povero Giuda. Una croce e un albero di un impiccato. Dei chiodi e una corda. Provate a confrontare queste due fini. Voi mi direte: ‘Muore l’uno e muore l’altro’. Io però vorrei domandarvi qual è la morte che voi eleggete, sulla croce come il Cristo, nella speranza del Cristo, o impiccati, disperati, senza niente davanti.

Perdonatemi se questa sera che avrebbe dovuto essere di intimità, io vi ho portato delle considerazioni così dolorose, ma io voglio bene anche a Giuda, è mio fratello Giuda. Pregherò per lui anche questa sera, perché io non giudico, io non condanno; dovrei giudicare me, dovrei condannare me. Io non posso non pensare che anche per Giuda la misericordia di Dio, questo abbraccio di carità, quella parola amico, che gli ha detto il Signore mentre lui lo baciava per tradirlo, io non posso pensare che questa parola non abbia fatto strada nel suo povero cuore. E forse l’ultimo momento, ricordando quella parola e l’accettazione del bacio, anche Giuda avrà sentito che il Signore gli voleva ancora bene e lo riceveva tra i suoi di là. Forse il primo apostolo che è entrato insieme ai due ladroni. Un corteo che certamente pare che non faccia onore al figliolo di Dio, come qualcheduno lo concepisce, ma che è una grandezza della sua misericordia.

E adesso, che prima di riprendere la Messa, ripeterò il gesto di Cristo nell’ ultima cena, lavando i nostri bambini che rappresentano gli Apostoli del Signore in mezzo a noi, baciando quei piedini innocenti, lasciate che io pensi per un momento al Giuda che ho dentro di me, al Giuda che forse anche voi avete dentro. E lasciate che io domandi a Gesù, a Gesù che è in agonia, a Gesù che ci accetta come siamo, lasciate che io gli domandi, come grazia pasquale, di chiamarmi amico.

La Pasqua è questa parola detta ad un povero Giuda come me, detta a dei poveri Giuda come voi. Questa è la gioia: che Cristo ci ama, che Cristo ci perdona, che Cristo non vuole che noi ci disperiamo. Anche quando noi ci rivolteremo tutti i momenti contro di Lui, anche quando lo bestemmieremo, anche quando rifiuteremo il Sacerdote all’ultimo momento della nostra vita, ricordatevi che per Lui noi saremo sempre gli amici.

Vorrei avere i tuoi occhi.

Vorrei salire molto in alto, Signore,
Sopra la mia città,
Sopra il Mondo,
Sopra il Tempo. Vorrei purificare il mio sguardo e avere i Tuoi occhi. Vedrei allora l’Universo, l’Umanità, la Storia, come li vede il Padre.
Vedrei in questa prodigiosa trasformazione della materia,
In questo perpetuo fermento di vita,
Il Tuo grande Corpo che nasce sotto il soffio dello Spirito.
Vedrei la bella, eterna Idea d’Amore del Tuo Padre che si realizza progressivamente:
Tutto ricapitolare in Te, le cose del cielo e quelle della terra.
E vedrei che, oggi come ieri, i minimi particolari vi partecipano,
Ogni uomo al suo posto,
Ogni gruppo
Ed ogni oggetto.
Vedrei quell’officina e quel cinema,
La discussione del contratto collettivo e il collocamento della fontanella.
Vedrei il prezzo del pane al calmiere e la comitiva di giovani che va a ballare.
Il bimbo che nasce ed il vecchio che muore.
Vedrei la minima particella di materia e il più piccolo palpito di vita,
L’amore e l’odio,
Il peccato e la grazia.
Commosso, comprenderci che dinanzi a me si svolge la Grande Avventura d’Amore iniziata all’alba del Mondo,
La Storia Sacra, che secondo la promessa non terminerà che nella gloria, dopo la risurrezione della carne,
Quando Ti presenterai dinanzi al Padre dicendo: tutto è compiuto, Io sono l’Alfa e l’Omega, l’inizio e il Termine.
Comprenderei che tutto è unito insieme,
Che tutto non è che un unico movimento di tutta l’Umanità e di tutto l’Universo verso la Trinità, in Te e per Te, Signore.
Comprenderei che nulla è profano: cose, persone, avvenimenti,
Ma che, al contrario, tutto è consacrato all’inizio da Dio
E che tutto deve essere consacrato dall’uomo divinizzato.
Comprenderei che la mia vita, impercettibile palpito in questo Grande Corpo Totale,
è, un tesoro indispensabile nel Progetto del Padre.
Allora, cadendo in ginocchio, ammirerei, Signore, il mistero di questo Mondo
Che, nonostante gli innumerevoli e orribili spropositi del peccato,
è, un lungo palpito d’amore, verso l’Amore eterno.

Vorrei salire molto in alto, Signore,
Sopra la mia città,
Sopra il Mondo,
Sopra il Tempo.
Vorrei purificare il mio sguardo e avere i Tuoi occhi.

(M. Quoist )

S.GIUSEPPE

Mt 1,17.18-21.24 

Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo.
Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto.

Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati”.
Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo.

Giuseppe era un uomo giusto, dice il Vangelo. Il primo frutto della giustizia nel Vecchio come nel Nuovo Testamento non è l’osservanza della Legge, ma il servizio alla persona, che significa amare senza giudicare.


Campagna elettorale

Qui ad Atene facciamo così

Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: e per questo viene chiamato democrazia.

Qui ad Atene noi facciamo così.

Le leggi qui assicurano una giustizia eguale per tutti nelle loro dispute private, ma noi non ignoriamo mai i meriti dell’eccellenza.

Quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza di altri, chiamato a servire lo Stato, ma non come un atto di privilegio, come una ricompensa al merito, e la povertà non costituisce un impedimento.

Qui ad Atene noi facciamo così.

La libertà di cui godiamo si estende anche alla vita quotidiana; noi non siamo sospettosi l’uno dell’altro e non infastidiamo mai il nostro prossimo se al nostro prossimo piace vivere a modo suo.
Noi siamo liberi, liberi di vivere proprio come ci piace e tuttavia siamo sempre pronti a fronteggiare qualsiasi pericolo.

Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende alle proprie faccende private, ma soprattutto non si occupa dei pubblici affari per risolvere le sue questioni private.

Qui ad Atene noi facciamo così.

Ci è stato insegnato di rispettare i magistrati, e ci è stato insegnato anche di rispettare le leggi e di non dimenticare mai che dobbiamo proteggere coloro che ricevono offesa.

E ci è stato anche insegnato di rispettare quelle leggi non scritte che risiedono nell’universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è buon senso.

Qui ad Atene noi facciamo così.

Un uomo che non si interessa allo Stato noi non lo consideriamo innocuo, ma inutile; e benchè in pochi siano in grado di dare vita ad una politica, beh tutti qui ad Atene siamo in grado di giudicarla.

Noi non consideriamo la discussione come un ostacolo sulla via della democrazia.
Noi crediamo che la felicità sia il frutto della libertà, ma la libertà sia solo il frutto del valore.

Insomma, io proclamo che Atene è la scuola dell’Ellade e che ogni ateniese cresce sviluppando in sé una felice versalità, la fiducia in se stesso, la prontezza a fronteggiare qualsiasi situazione ed è per questo che la nostra città è aperta al mondo e noi non cacciamo mai uno straniero.

Qui ad Atene noi facciamo così.

Pericle, Discorso agli Ateniesi, 461 a.C

Morte e resurrezione

 

Con la V domenica di Quaresima la liturgia ci fa fare un giro di boa, perchè il figlio dell’uomo sia innalzato e tutti ne contemplino la gloria. La resurrezione di Lazzaro fa emergere speranze anche per i più disperati, e questa è cosa buona. Ma ieri sera ascoltavamo alla televisione che, anche se la vita dell’uomo si è allungata a tal punto da prevedere come possibile traguardo i 160 anni, a breve scadenza, il giornalista mostrava perplessità sul fatto che il nostro corpo non è programmato per vivere tanto a lungo. E quindi… che vita sarebbe?

Non sfugge a nessuno che stiamo vivendo giorni quali ci sembrava di non dover vivere mai. Perfino ad attardarsi sulla rievocazione delle violenze si dà l’impressione di essere stancamente ripetitivi. La situazione internazionale, gli eccidi, gli spettacoli della fame ci sfilano davanti agli occhi, e si ha la tentazione di pensare a situazioni senza sbocco.


Lazzaro fu risuscitato quando già puzzava, essendo già passati tre giorni dal decesso. “Se eri qui non sarebbe morto” dicono le sorelle Marta e Maria a Gesù.

E Gesù non si muove subito per andare almeno a vederlo, per dargli l’ultimo saluto; ed era un amico di quelli speciali che gli aveva aperto le porte di casa, quella casa di Betania dove soleva rifugiarsi il Maestro, quando era stanco e aveva voglia di stare in famiglia a godersi l’intimità degli amici veri.

Non si muove Gesù, continua a fare quello che stava facendo.

Mi viene in mente quanto gli sia costato non precipitarsi al capezzale di Lazzaro, subito, lasciando tutto. Chi di noi non l’avrebbe fatto, senza ripensarci due volte?

Gesù sconvolge gli schemi e ci va a cose fatte, perchè i miracoli non sono magie, come si ostina a chiamarli Giovanni, ma segni visibili solo a chi ha recuperato la vista.

Così la fede delle due sorelle s’incontra con il mistero dell’amore di Dio, che si coniuga con l’umanità di Cristo in quel suo piangere commuoversi, aver compassione.

Vedi come l’amava?” gli bisbigliano alle spalle.

Quella resurrezione temporanea, quell’atto di compassione gli sarebbe costato caro , ma per gli amici, si fa questo ed altro..

Perchè uno che fa risuscitare dai morti, sicuramente è da mandare a morte, per far cadere il velo sulla sua vera identità di sacrilego mistificatore e di imbonitore di poveri gonzi.

Eppure ci alletta l’idea di evitare la morte, e in attesa che gli scienziati ci trovino l’antidoto, la neghiamo, nascondendola o attribuendola alle cause più impensate.

Se capita di morire ad un povero vecchio è colpa del caldo o del freddo, se un giovane ricoverato in ospedale muore, sicuramente è una vittima della mala sanità.

Le morti violente, di cui parla la televisione, pur suscitando in noi ribrezzo e ribellione, ci esonerano dal pensare che è cosa che ci riguarda in tutti i sensi, primo fra tutti, quello di uscire dall’appartamento e incominciare a farci carico dei fatti degli altri, che non significa pettegolare.

C’è da chiedersi di che vita abbiamo bisogno e quale morte dobbiamo temere.


Padre Cantalamessa dice che c’è una risurrezione del corpo e una risurrezione del cuore; se la risurrezione del corpo avverrà “nell’ultimo giorno”, quella del cuore avviene, o può avvenire, ogni giorno. Si può essere morti, anche prima di…morire, mentre siamo ancora in questa vita. E non parlo solo della morte dell’anima a causa del peccato; parlo anche di quello stato di totale assenza di energia, di speranza, di voglia di lottare e di vivere che non si può chiamare con nome più indicato che questo: morte del cuore.A tutti quelli che per le ragioni più diverse (matrimonio fallito, tradimento del coniuge, traviamento o malattia di un figlio, rovesci finanziari, crisi depressive, incapacità di uscire dall’alcolismo, dalla droga) si trovano in questa situazione, la storia di Lazzaro dovrebbe arrivare come il suono di campane il mattino di Pasqua.Chi può darci questa risurrezione del cuore? Per certi mali, sappiamo bene che non c’è rimedio umano che tenga. Le parole di incoraggiamento lasciano il terreno che trovano. Anche in casa di Marta e Maria c’erano dei “giudei venuti per consolarle”, ma la loro presenza non aveva cambiato nulla. Bisogna “mandare a chiamare Gesù”, come fecero le sorelle di Lazzaro. Invocarlo come fanno le persone sepolte sotto una valanga o sotto le macerie di un terremoto che richiamano con i loro gemiti l’attenzione dei soccorritori.Spesso le persone che si trovano in questa situazione non sono in grado di fare niente, neppure di pregare. Sono come Lazzaro nella tomba. Bisogna che altri facciano qualcosa per loro. Sulla bocca di Gesù troviamo una volta questo comando rivolto ai suoi discepoli: “Guarite gli infermi, risuscitate i morti” (Mt 10,8). Cosa intendeva dire Gesù: che dobbiamo risuscitare fisicamente dei morti? Se fosse così, nella storia si contano sulle dita i santi che hanno messo in pratica quel comando di Gesù. No, Gesù intendeva anche e soprattutto i morti nel cuore, i morti spirituali. Parlando del figliol prodigo, il padre dice: “Egli era morto ed è tornato in vita” (Lc 15, 32). E non si trattava certo di morte fisica, se era tornato a casa.Quel comando: “Risuscitate i morti” è rivolto dunque a tutti i discepoli di Cristo. Anche a noi!

Tra le opere di misericordia che abbiamo imparato da bambini, ce n’era che diceva: “seppellire i morti”; adesso sappiamo che c’è anche quella di “risuscitare i morti”,

dice, concludendo la sua omelia sul vangelo della V domenica di Quaresima.


Ricordo cosa disse Giovanni, toccando il Gesù bambino di dimensioni naturali deposto in una finta mangiatoia ai piedi dell’altare, appena si accorse che era gelato.

Gesù ha bisogno di una coperta. Aspetta, Gesù, che te la vado a prendere, ti vado a prendere la copertina.”

Aveva da poco compiuto due anni.

Se non diventerete come uno di questi bambini non entrerete nel regno dei cieli”. Entrare in chiesa e vedere di cosa ha bisogno Gesù. Che bella lezione data da un bambino!

La chiesa buia, deserta e non riscaldata per lui non fece problema.

Ma i grandi di queste cose si preoccupano, come è successo a me la scorsa mattina, quando il sacerdote, non si decideva ad uscire per dire la messa.

Pensavo che un po’ più di puntualità ci sarebbe voluta e che, quando ci sono perrsone che aspettano, non è cortese arrivare in ritardo, fossanche per confessare chi potrebbe prendere appuntamento e fare le cose con calma.

Ho pensato che la priorità eravamo noi, che pure se non c’era un padrone a cui dovevamo rendere conto, pure una famiglia ce l’abbiamo e non ci possiamo permettere di perdere le mattinate dentro la chiesa.

Non c’era neanche la luce accesa, e al buio si distingueva a fatica la sagoma del grande crocifisso che sovrasta l’altare. Ho pensato che i soldi invece di usarli per fare beneficenza ai lontani, sarebbe stato utile impiegarli per rimettere in sesto tutti gli impianti.

Don Gino tende a risparmiare su tutto, sul riscaldamento, sulla luce e spesso anche sulle parole, mi sono detta, ma poi mi è venuto lo scrupolo, pensando che era da poco uscito dall’ospedale e si reggeva per la misericordia di Dio. Anche lui si sta facendo vecchio, fu la scusante.

Poi ho girato lo sguardo e ha notato tra i banchi un secchio dove gocciolava dell’acqua che veniva dall’alto. Non era l’acqua della piscina di Siloe dove andò a lavarsi il cieco nato che voleva guarire, né quella della piscina di Betsada nelle cui acque malati storpi ciechi e via dicendo si immergevano, quando il vento increspava la superficie, né quella del pozzo della Samaritana, che, pur se non dava acqua per la vita eterna, era sempre acqua da bere.

No. Era acqua piovana che aveva logorato la copertura del tetto e si era infiltrata sì da creare una grossa e minacciosa macchia in alto, in cima alla capriata.

La chiesa fa acqua da tutte le parti” mi è venuto spontaneo di dire all’amica che mi sedeva a fianco e ho continuato a ripetermelo, anche dopo che la facente funzione di sacrestana è venuta ad annunciare che la pioggia di quella notte aveva fatto un disastro.

La chiesa fa acqua da tutte le parti, mi sono ripetuta e ho pensato al freddo e al gelo e al buio della prima volta che vi avevo messo piede. Allora non c’erano quadri alle pareti che in questi anni si sono aggiunti all’unica e insostituibile suppellettile della chiesa:il crocifisso.

Pensai che, se vi avessi trovato tutto il resto non mi sarei fermata a guardarlo.


Meno male che c’è Giovanni che si chiede di cosa Gesù ha bisogno. La sua preoccupazione più grande, ora che ha quasi sei anni, è dove trovare Gesù, perché non lo vede e lo vuole abbracciare.

Ogni giorno la stessa domanda, che è diventato un assillo.

Le storie di Gesù lo affascinano sempre di più, rispetto a quelle inventate e scritte sui libri di favole, perché sono vere, verissime, grazie a Dio, vedendo ogni giorno i miracoli che fa e che insieme abbiamo imparato a scoprire.

Abbiamo cercato affannosamente una risposta convincente alle sue pressanti domande, ma non siamo andati oltre il fatto che, se ci siamo, se c’è il sole, la luna, le stelle e tutto il creato, (e lui aggiunge:” gli alberi, i fiori, l’arcobaleno”), c’è qualcuno che ce li ha messi.

Ma evidentemente non ne esce convinto, perché ogni giorno mi rifà la stessa domanda: “Dove trovare Gesù?”

Poi l’intuizione, la sua, non la mia, l’altro ieri.”Perché, quando mangiamo, non mettiamo una sedia vuota, così Gesù ci si può sedere e noi lo vediamo?”, ha esclamato con un fremito improvviso negli occhi.Così ce lo possiamo portare dovunque, in macchina e a letto, la sera, quando andiamo a dormire. A pensarci che bastava una sedia!

Mi sono chiesta il giorno dopo che fine avesse fatto, se aveva continuato a pensarci.

Così, mentre lo accompagnavo all’asilo, gli ho chiesto come aveva risolto il problema della sedia, la sera, nella cameretta dove dorme con il fratellino e dove non c’è posto neanche per passare, per via dei giocattoli che la riempiono.

Non c’è problema nonna”, mi sono sentita rispondere, “ Gesù non ne ha avuto bisogno, perchè me lo sono abbracciato”.


Abbracciare Gesù per Giovanni è ancora facile anche se, quando gli parlo dei bambini poveri per i quale deve fare qualche rinuncia, mi dice che non sa dove abitano se no ci andrebbe a portargli un soldino o un Gormito o un sacchetto di patatine.

Imparerà anche quello Giovanni: dove abita Gesù, dove trovarlo. La settimana scorsa si è tirato addosso la televisione e c’è mancato poco che non finisse in tragedia, grazie ad un cuscino provvidenziale che ne ha frenato l’impatto con la sua testa e con il pavimento. “Dio c’è” è il titolo della foto che abbiamo mandato alla mamma che stava al lavoro e che mostrava il disastro.

Ho detto a Giovanni che Gesù era lì, che guardasse che gli aveva mandato un angelo per salvarlo e che l’inferno non l’ha inventato Dio, ma noi, quando decidiamo i fare i cattivi..

Chissà se l’ha capito che la sedia vuota per Gesù c’è sempre modo di riempirla di senso dato alle cose che ci capitano. Il senso del dolore, della sofferenza, della fatica, del vuoto degli affetti, del fallimento, della malattia, della morte.

Per fortuna che abbiamo un crocifisso senza croce appeso sopra il comò. Montato su vetro, mostra un Cristo vitale, con i muscoli tesi, pronto a staccarsi dal cuneo su cui tiene appoggiati i piedi, per librarsi leggero nell’aria e mostrare il volto glorioso della vita che vince la morte.

Il Signore ci ha messo a disposizione provvidenzialmente questa immagine, ereditata dai miei suoceri, perchè sarebbe stata dura spiegargli che quel bambino a cui voleva dare una coperta era stato inchiodato ad una croce.

Ma la croce l’ha vista in chiesa e non ci siamo potuti sottrarre dal rispondere alle sue successive e inevitabili domande.

Meno male che c’è chi ci viene in aiuto, quando siamo a corto di argomenti. Questa volta l’abbiamo trovata sul web la risposta.


Don Tonino Bello giustamente dice che la sosta sul Golgota è consentita "Da mezzogiorno alle tre del pomeriggio". Una permanenza più lunga sarà considerata abusiva anche da parte di Dio. La mia, la tua, le nostre croci sono provvisorie, ricordando che nel Duomo vecchio di Molfetta (Bari) c’è un grande crocifisso di terracotta che il parroco, in attesa di sistemarlo definitivamente, ha addossato alla parete della sagrestia, apponendovi un cartoncino con la scritta: "Collocazione provvisoria".

Quella scritta gli è parsa provvidenzialmente ispirata. "Collocazione provvisoria": pensando che non ci fosse formula migliore per definire la croce. La mia, la tua croce, non solo quella di Cristo.

Così questo straordinario vescovo conclude il suo commento alla via Crucis:

Coraggio allora, tu che soffri. Animo, tu che provi i morsi della solitudine. Abbi fiducia, tu che bevi il calice amaro dell’abbandono. Asciugati le lacrime, fratello, che sei stato pugnalato alle spalle da coloro che ritenevi tuoi amici. Non angosciarti, tu che per un tracollo improvviso vedi i tuoi progetti in frantumi, le tue fatiche distrutte. Non tirare i remi in barca, tu che sei stanco di lottare e hai accumulato delusioni a non finire. Non abbatterti, fratello povero, che non sei calcolato da nessuno. Non avvilirti, amico sfortunato, che nella vita hai visto partire tanti bastimenti, e tu sei rimasto sempre a terra.

Seguire Cristo è accettare la nostra

croce ma unendola alla sua, partecipando al suo grande mistero d’amore,

Coraggio. La tua croce è sempre "collocazione provvisoria".

Il Calvario, dove essa è piantata, non è zona residenziale. Anche il Vangelo ci invita a considerare la provvisorietà della croce.

C’è una frase immensa, che riassume la tragedia del creato al momento della morte di Cristo. "Da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio, si fece buio su tutta la terra". Forse è la frase più scura di tutta la bibbia. Per me è una delle più luminose. Proprio per quelle riduzioni di orario che stringono, come due paletti invalicabili, il tempo in cui è concesso al buio di infierire sulla terra.

Da mezzogiorno alle tre del pomeriggio. Solo allora è consentita la sosta sul Golgota. Al di fuori di quell’orario c’è divieto assoluto di parcheggio Dopo tre ore, ci sarà la rimozione forzata di tutte le croci.

Coraggio, fratello che soffri. C’è anche per te una deposizione della croce. C’è anche per te una pietà sovraumana. Ecco già una mano forata che schioda dal legno la tua. Coraggio. Mancano pochi istanti alle tre del pomeriggio. Tra poco, il buio cederà il posto alla luce, la terra riacquisterà i suoi colori verginali e il sole della Pasqua irromperà tra le nuvole in fuga.

Gesù, aiutaci a vedere anche nelle nostre croci, e nella stessa croce, un mezzo per ricambiare il tuo amore.


E’ vero che ogni cristiano deve accogliere la sua croce, ma deve anche schiodare tutti coloro che vi sono appesi. Anche noi oggi siamo chiamati a un compito di portata storica: "Sciogliere le catene inique, togliere i legami dal giogo, rimandare liberi gli oppressi" (Isaia 58, 6). Signore, insegnaci a vedere oltre la croce la gioia, oltre la morte la vita.

Coraggio, comunque! Noi credenti, nonostante tutto, possiamo contare sulla Pasqua. E sulla Domenica, che è l’edizione settimanale della Pasqua. Essa è il giorno dei macigni che rotolano via dall’imboccatura dei sepolcri. E’ l’intreccio di annunci di liberazione, portati da donne ansimanti dopo lunghe corse sull’erba. E’ l’incontro di compagni trafelati sulla strada polverosa. E’ il tripudio di una notizia che si temeva non potesse giungere più e che invece corre di bocca in bocca ricreando rapporti nuovi tra vecchi amici. E’ la gioia delle apparizioni del Risorto che scatena abbracci nel cenacolo. E’ la festa degli ex delusi della vita, nel cui cuore all’improvviso dilaga la speranza. “