Volontà di Dio

“Ecco io vengo a fare la tua volontà”(Eb 10,9)

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Oggi si celebrano, si festeggiano due sì, quello di Gesù e quello di Maria al Padre, a Dio che ha fatto bene ogni cosa e che ha voluto ricostruire la coppia che con il peccato aveva disatteso il suo progetto originario di somigliargli nell’amore.
Due sì che hanno cambiato la storia e che ci hanno immessi in un oceano di grazia.
Adamo ed Eva i nostri progenitori erano destinati da subito a vivere l’esperienza della comunione con Dio, essendo stati creati a Sua immagine e somiglianza.
Ma vollero prescindere dalla Sua volontà, ritenendo un tesoro geloso poter gestire la propria autonomamente.
L’incontro con il Signore ci cambia la vita perchè comprendiamo che, seguendo la nostra volontà, non andiamo molto lontano e in genere ci rompiamo le ossa sfracellandoci contro il totem dei nostri desiderata.
La nostra volontà è la cosa che fin da piccoli mettiamo al primo posto e facciamo le guerre d’indipendenza per svincolarci da leggi e precetti che ci condizionano la vita, cercando con ogni mezzo di realizzare ciò che vogliamo noi, vivendo in modo frustrante tutti i paletti, i no, i ricalcoli che si frappongono alla realizzazione dei nostri sogni.
C’è chi riesce a illudersi di avercela fatta, chi pensa di aver conquistato la libertà perchè si sente svincolato da qualsiasi costrizione e chi invece marcisce nei rigurgiti acidi non avendo il coraggio di ribellarsi al despota di turno.
Dio ci ha fatto un grande regalo: quello di poter scegliere chi seguire, se noi stessi, il nostro tornaconto o Lui che ci ha creati e sa di cosa abbiamo bisogno per durare a lungo, per essere eterni e felici.
La nostra felicità sta a cuore al Padreterno più di quanto stia a noi.
Per convincercene bisogna che sperimentiamo il fallimento delle nostre velleitarie rivendicazioni.
Non ci sogneremmo mai di far andare ad acqua una Ferrari per risparmiare, nè usare pezzi di ricambio non certificati perchè il valore dell’oggetto ci porta a seguire le istruzioni del costruttore,
Per fare la volontà di Dio è fondamentale partire dal valore che diamo alla persona, valore che non è soggetto al tempo, alle mode, al giudizio del mondo, ma è fermo e irrevocabile.
“Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato” dice Dio ad ogni uomo nel giorno del suo Battesimo, una rinascita possibile grazie ai due sì di cui oggi celebriamo la memoria.
Cristo Sposo della Chiesa Sposa genera figli per il Regno di Dio.
Un corpo ci è dato da non nascondere come fecero Adamo ed Eva dopo il peccato, ma da mettere a servizio dell’amore, di cui solo Dio è esperto.
Di amore si parla tanto e in modo sbagliato.
L’amore di possesso fa notizia, l’amore dono cresce in sordina e per fortuna salva questo modo dalla rovina creando l’humus che rende possibile l’attecchimento di piante in via d’estinzione: le famiglie.
Oggi voglio guardare l’icona di questo sacro connubio e pregare perchè anche io sia capace di accogliere nel mio grembo il seme che Dio vi ha gettato per rifare con me la mia storia e rendermi sua sposa per sempre.

 

Preghiera

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“Cessate di fare il male, imparate a fare il bene”(Is 1, 16.17)

Sembrano tutte uguali le letture di questi giorni, piene di rimproveri, di esortazioni, di minacce.
Non mi piacciono specie quando sei nel deserto della notte e ti dibatti su quale medicina prendere per avere meno male, su quale strada percorrere in alternativa a quella che stai percorrendo e che fino al giorno prima ti sembrava quella giusta.
Tutte uguali, le letture che riguardano i rapporti con i tuoi amici, i tuoi nemici, con te stesso e con Dio.
Ogni mattina cerco il nuovo, la meraviglia nella Parola di Dio, qualcosa che mi cambi questo stato di vita e di morte, qualcosa che mi tolga da questo crinale su cui sto in bilico con la morte e la vita che si congiungono e s’incastrano tanto perfettamente che non sai più se appartieni all’una o all’altra o ad entrambi.
Non so se a tutti è dato di vedere il mondo così come l’ho visto io in questi ultimi tempi, se i pensieri, le azioni sono condizionate dalla percezione che niente è scontato e che Dio, gli uomini, tu stessa può accadere che scompaiano e rimane una non presenza, un assenza di un tu con cui relazionarti, cosa, persona, animale, uomo..
Non so, non capisco tante cose che mi stanno succedendo o che mi sono accadute e forse neanche me ne do pensiero.
Sto dietro, mi sono messa dietro a guardare a lasciarmi guidare da chi ne sa più di me.
A volte questo Dio che celebro nelle mie carte non lo vedo presente ovunque, anzi se posso dire la verità non lo vedo da nessuna parte, ma sento so che c’è.
Mi sento da Lui avvolta, come in un utero di madre, custodita, accolta, curata e al sicuro.
Tutto è buio però nella pancia della madre, il bimbo non vede niente ma lo rassicura la voce di chi lo avvolge con il suo involucro di carne, di sangue, di vita.
Gesù continua ad insistere che dobbiamo imparare a fare il bene, che non dobbiamo inorgoglire, che ci dobbiamo preoccupare degli altri prima che di Lui e di noi stessi.
Parole sante se stessi fuori all’aria aperta, se potessi muovermi come voglio, se i miei pensieri riuscissero ad andare oltre una tachipirina di supporto, un SOS alla dottoressa che mi ha in cura, una preghiera a Dio tacita, perchè Lui sa di cosa ho bisogno.
In queste notti gli altri scompaiono e rimani solo tu, novello Prometeo attaccato, legato alla rupe a scontare i tuoi peccati di superbia, di arroganza, legato e impotente perchè sei polvere e polvere tornerai.
Devi fare salti acrobatici, voli pindarici per convincerti che questo è il vecchio testamento e che con il nuovo è finita la tua condanna e che non ci sono più Prometei legati, che Dio salva, Dio libera, Dio ama.
Crederci quando il masso di Sisifo ti rotola addosso, quando ti ritrovi ai piedi della montagna che hai scalato con Lui, crederci quando intorno è tutto vuoto, senza fiori, nè erba, nè acqua e non c’è nessun o che ti dia una mano a fasciarti le ferite…
Solo…
L’esperienza della solitudine, del silenzio di Dio non è solo di chi non crede, che avrebbe un suo perchè.
Se non credi cosa puoi aspettarti?
La più grande prova, il più grande dolore, lo smarrimento più angoscioso è quando un amico ti tradisce, si dimentica di te, non si fa più sentire.
E’ questo l’inferno Signore?
Non vederti, non sentirti, non averti…
E’ l’ìnferno questo in cui non ti viene, non riesci a pregare nè i vivi nè i morti perchè sono tutti scomparsi all’orizzonte dove la nave pian piano li sta portando in porto sicuro?
E io che sono rimasta qui, pesta e confusa, mi chiedo dove ho sbagliato, quale breccia devo attraversare per entrare nel tuo riposo.
Una fessura, una piccola fessura mi basterebbe per allargarne i margini ed entrare.
Una fessura, uno sbocco, un canale…
attraverso cui possa vedere la luce per orientarmi in questo mare di confusione.

Il giardino

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Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse.(Gn 2,15)

Sfogliando il diario…
Le piante del mio giardino continuano a seccare, mi viene da dire di primo acchito, pensando a questa mia vita sempre più avara di consolazioni.
Molte le ho dovute buttare. Non ho il pollice verde, come mia madre, e l’impresa di ridare vita al giardino primordiale che ci siamo negati con il peccato, sempre più appare impresa disperata.
Ma se mi fermo a guardare un po’ da vicino ci sono piante che continuano a vivere nonostante la mia ignoranza in materia e le condizioni meteorologiche avverse.
Le più resistenti sono le piante umili, quelle che non si distinguono per grandezza , per rarità, per forma, quelle che in genere non si regalano perchè non ci si fa una bella figura.
Ho deciso di occuparmi dei fiori e d’imparare a farli crescere e riprodurli perchè il mio terrazzo sorridesse a chi passa e lo mettesse di buonumore.
Il balconcino fiorito che mi sta di fronte me l’ha suggerito, perchè ad ogni ora del giorno, quando mi affaccio, mi manda un messaggio d’amore, mi parla di Dio che si preoccupa anche la notte di dirmi che lui è lì a dare vita e colore e profumo a tutto il creato, dal più piccolo filo d’erba alla poderosa quercia che mi fa ombra quando il sole scotta d’estate.
Dicevo che quest’anno la lotta è dura, perchè c’è un verme velenoso che mangia la polpa dei miei gerani.
Ma se da un lato succede questo, dall’altro c’è una pianta che probabilmente non piace all’intruso che continua a produrre bacche rosse che cadendo nel terreno spargono il loro seme e rendono rigogliosa la terra nei vasi.
Ma non è solo questo.
C’è una pianta di cui non conosco il nome che dopo tre anni, con pazienza e con amore curata, oggi mi ha mostrato il suo primo bocciolo, rosso, bellissimo, un miracolo della natura.
E che dire delle piccole calle che senza preavviso sono spuntate da un vaso pieno di terra vecchia che aspettava di essere buttato nel bidone del secco residuo e che per mia incuria era rimasto nel grande balcone dove il sole e la pioggia seguono il comando di Dio e non il mio?
Non c’è che dire: Dio ci stupisce, sempre, e non bisogna mai disperare, anzi tenersi pronti alle sue improvvisate.
Ad Abramo che aveva una terra rigogliosa il Signore chiede di uscire e di incamminarsi verso un luogo che non conosceva, una terra che non lui ma Dio sceglierà per i figli e i figli dei figli.
E sarà una benedizione la fede di questo patriarca, una benedizione per tutta la sua discendenza.
Abramo morirà senza aver preso possesso della terra promessa ad eccezione di una piccola grotta per seppellirvi la moglie Sara, la caparra dei beni futuri.
Guardo le mie piante che, in questo giorno che ora è avanzato, brillano sotto i raggi del sole e i miei occhi sono catturati dalle piccole e numerose bacche rosse e dal fiore appena spuntato dopo anni di attesa e dalle calle multicolori che fanno capolino abbracciate e custodite da grandi foglie turgide e verdi.
Buono e misericordioso è il Signore, lento all’ira e ricco di grazia.
Non smetterò mai di lodarlo per tutti i suoi prodigi, per tutte le cose belle che escono dalle sue mani.
Cosa renderò al Signore per ciò che gratuitamente mi dona ogni giorno di godere?
Un sacrificio di lode è ciò che oggi mi sento di mettere sopra il suo altare.
Ieri alla messa, pensavo a cosa offrirgli.
La mia terra desolata e buia, il mio martirio incomprensibile che dura nel tempo, il mio corpo disastrato, le mie paure, la mia rabbia, la mia preghiera a rovescio quando mi ribello, lo sconcerto, il disorientamento il mio rimanere ferma ai suoi piedi per essere immersa nel sangue e nell’acqua preziosissima che sgorga dal suo costato, il mio credere che i miracoli sono sempre possibili, che il mio corpo sarebbe diventato il suo.
Una grande pace è scesa su di me quando ho pensato che se i miei affanni li prendeva lui li avrebbe sicuramente utilizzati per farci una cosa buona.
Se lascia l’iniziativa a me sono specializzata a fare disastri.
Ho creduto che delle mie offerte avrebbe fatto un giardino fiorito, una terra fertile da cui trarre nutrimento io e i miei figli e la mia discendenza.
Al segno della pace il mio pensiero è andato a mia sorella che un antico rancore teneva lontane.
La trave dal mio occhio è caduta quando le ho chiesto perdono per i dispiaceri che volontariamente o involontariamente le avevo procurato.
Con amore ho guardato la pagliuzza dal suo occhio e ho pregato perchè anche lei potesse vedere e amare tutto ciò che Gli appartiene.
Dio mi ha aperto gli occhi alla sua misericordia, mostrandomi che non io ma lui fa vivere e moltiplicare la pianta dalle molteplici bacche rosse.

Luce

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“Voi siete luce del mondo “(Mt 5,14)

Questa notte è stata ancora una notte drammatica, ancora la bestia si è accanita su di me, la bestia che mi toglie il respiro, mi tappa la bocca, mi toglie la luce e la forza di cantare le tue lodi.
Da un po’ di giorni si ripete questa triste liturgia, questa dolorosa battaglia in cui le sevizie, gli attacchi si moltiplicano, mentre le mie forze vengono meno.
Voglio ringraziarti, Signore, per il compagno, lo sposo che mi hai messo accanto che non dorme, ma usa le armi della luce per difendermi e farmi riposare.
Le armi sono la preghiera a Maria, l’invocazione allo Spirito Santo, mani benedette e sante che si stanno addestrando alla battaglia e diventano sempre più efficaci per difendermi dal male.
Ti voglio benedire Signore perchè hai trasformato la valle di Acor in porta di speranza, perchè ci stai facendo capire cosa significa essere sposi, rispondere all’altro, rispondere dell’altro, dare all’altro ciò che tu gratuitamente doni a chi con le mani aperte cerca la tua Grazia, il tuo aiuto, la tua protezione.
Quando Gianni prega su di me e per me io non sono in grado di unirmi alla sua preghiera tanto sto male, e mi limito a dire “Ascolta la sua preghiera, Signore”
E’ quando non abbiamo niente da dare che ti portiamo nella tua interezza.
Stiamo facendo esperienza di povertà, di persecuzione, di dolore, di inadeguatezza dei nostri strumenti umani, entrambi.
Mai come ora abbiamo sentito insopprimibile il desiderio di rivolgerci a te, di contare solo su di te, di aspettare da te la beatitudine promessa.
Il nostro matrimonio si sta trasformando in un sodalizio con te, sempre più stretti a te e a Maria che ci hai donato perchè le spade che ci trafiggono l’anima diventino spade d’amore e di gratitudine a te che ci hai associato al tuo progetto di salvezza.
Tu dici che siamo la luce del mondo, il sale della terra e noi vogliamo crederci, ma anche realizzare ciò per cui tu ci hai creato.
Per questo ti prego Signore squarcia il tuo cielo e scendi e non permettere che le ombre della notte offuschino la luce che viene da te o rendano insipido il sale che rende gustoso il cibo quotidiano.
Cosa offrirti o Dio che nell’intimo non ti abbia già dato?
Sono qui che aspetto cieli nuovi e terra nuova, sono qui perchè credo che tu ci hai già salvato.
Aiutaci a non smarrirci, disorientarci durante i feroci attacchi del nemico. Non offuschi mai con la sua ombra la luce che viene da te solo, Signore.
Rendici specchio immacolato e puro per immillare la tua luce, rendici acqua sorgiva limpida e accogliente perchè possiamo ad essa dare il sapore delle cose che ti appartengono.

Il Signore non era nel fuoco.(1Re 19,12)

 

Questo Dio che celebro nelle mie carte, io lo vedo presente ovunque.
Lo vedo nei fiori del mio giardino,
dalla luce che sprizza sulle mie pupille,
 nell’aura che m’imbalsama la vita, 

lo tengo in quest’anima mia.
F. BACONE
Questo è il titolo del tema che riproponevo ogni anno ai miei studenti del liceo, quando non ancora credevo.
 
Ho ritrovato la traccia, rovistando nei cassetti e ho ripensato al 9 che misi ad uno svolgimento lungo poche righe, di una bella ragazza bruna del V ginnasio.
 
Era il mio secondo anno di scuola.
 
Avevo su Dio poche idee confuse , ma ebbi il coraggio di premiare quel compito fuori dagli schemi, perchè mi aveva fatto fare un balzo al cuore, alzando il velo su una verità a cui pervenni solo dopo tantissimi anni .
Diceva pressappoco così: 

…palpita nei calzari dell’atleta e
 sulla poltrona del presidente…
Egli è qui.
Non cercatelo nelle chiese.

Egli è qui.
Non cercatelo nelle chiese.
Oggi, ad un supermercato, seduta e ferma sulla mia sedia a rotelle, mentre aspettavo mio marito che stava alla cassa, mi sono immersa nel mondo di un angelo biondo: Aurora di 4 anni, che cercava un regalo per i suoi nonni.
 
Le ho detto del suo nome che fa pensare al sole,che anche io ero una nonna e che ai nonni piacciono tanto i disegni.
 
Per regalo un disegno e non una cosa comprata.
 
I suoi occhi hanno brillato quando ha capito che si può anche senza denaro, far felici le persone che ami.

Sacrificio

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“Non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli….che non riceva già ora cento volte tanto” ( Mc 10,29)

Le letture che oggi la liturgia ci propone ci portano a riflettere che ciò che fa piacere a Dio è la nostra felicità.
Un Padre ha a cuore il bene, tutto il bene possibile per i suoi figli e sa cosa li fa stare bene.
Per questo ci invita a donargli, consegnare tutto nelle sue mani perchè sicuramente Lui saprà più e meglio di noi amministrare le nostre ricchezze materiali e spirituali.
A tale scopo ci ha dato una madre previdente e obbediente, umile, silenziosa e disinteressata che in perfetto accordo con Lui s’incarica di salvare con il nome ( parola presa dal linguaggio informatico) tutte le nostre offerte che comportano sacrificio, dolore, rinuncia(questo è importante), perchè poi il Figlio le moltiplichi e ci restituisca (brutta parola) cento volte tanto
Come la moltiplicazione dei pani partì da una presa di coscienza dei discepoli del bisogno della folla e si diedero da fare per cercare dove e come soddisfare quel bisogno, seguendo alla lettera le indicazioni, i consigli del Maestro così anche a noi viene chiesto di rovistare nelle nostre tasche, cercare e offrire anche l’ultimo spicciolo perché il Signore lo benedica e lo moltiplichi.
Non c’è dubbio che tutto questo costa fatica, ma se hai fiducia nella persona a cui ti affidi, di cui ti fidi, che hai accolto nella tua casa perchè, qualora te le dimenticassi, ti fa vedere quello che non vedi, trovare quello che serve a cui non hai dato peso, che ti sembra troppo poco, ti ricorda dove l’hai messo, ti stimola, ti aiuta, ti porta a vivere l’esperienza eucaristica senza fatica.
Un sì all’amore e non al proprio interesse trasforma la nostra vita.
Provare per credere.

Quando un tempo dovevo fare un regalo prima di tutto doveva piacere a me, poi doveva sembrare più costoso, rispetto a quanto l’avevo pagato e, se era troppo bello, ne compravo uno uguale anche per me, quando non sostituivo il regalo acquistato, che incameravo, con qualcosa che avevo e che mi piaceva di meno.
Con i regali ero diventata maestra illusionista, perchè cercavo sempre il mio tornaconto prima della felicità dell’altro.
Il regalo doveva portare a me, a quanto ero brava, generosa, dai gusti raffinati ecco ecc.

Voglio ringaziare il Signore perchè ha moltiplicato sempre la mia gioia, quando ho agito non per me ma per l’altro, quando l’amore donato mi ha ripagato abbondantemente di quanto io ero stata capace di dare nella mia inadeguatezza.

Il testimone

Egli darà testimonianza di me; e anche voi date 
testimonianza”(Gv 15,26-27)
Oggi Gesù ci dà una bella e una brutta notizia. La bella precede e segue la brutta. Il vangelo bisogna leggerlo tutto per capirci qualcosa, altrimenti è la fine e ci perdiamo il meglio, il bene per noi.
Quando ero piccola chissà perchè di Dio mi comunicarono solo i precetti e il castigo che ne sarebbe conseguito qualora non avessi obbedito.
La cosa più bella e straordinaria della nostra fede è proprio quell’affermazione di Gesù che dice” Da soli non potete fare nulla” cosa che ho fatto fatica a far diventare mia.
Proprio ieri riflettevo sul fatto che la fede si rafforza man mano che aumenta la consapevolezza dei nostri limiti, ma ancora di più quando ti rendi conto che non sono i limiti che ti portano a Dio quanto le potenzialità che Dio ci ha dato, la vita che ci ha donato, il suo amore senza misura.
Il limite quindi è che non possiamo vivere senza di Lui, lontano da Lui, perchè dipendiamo in tutto e per tutto da Lu”i.
” Perfino i capelli del vostro capo sono contati” è scritto, come anche” Non potete aggiungere ai vostri giorni neanche uno, i vostri giorni sono tutti contati”.persecuz
Così l’età, man mano che avanza, ci fa prendere coscienza che niente è scontato, perchè è scontato che tutti invecchiano e prima o poi muoiono, ma quando succede agli altri, però!
La conquista che poi è grazia, dono di Dio è percepire quell’essere ogni giorno creati, fatti, argilla nelle mani dell’eterno e perfetto artista, che di noi vuole fare un vaso il più possibile capiente per contenere la sua grazia.
Oggi la liturgia ci propone alla riflessione una promessa che è associata ad una profezia non tanto piacevole per le nostre orecchie.
Saremo perseguitati, uccisi nel Suo nome. E questa non è una bella prospettiva.
Di cosa abbiamo bisogno quando accadranno tutte le cose che Gesù ha anticipato ai suoi discepoli e quindi anche a noi che gli abbiamo detto di sì?
” Rimanete nel mio amore” dice Gesù in un altro passo.
Lo Spirito(l’amore di Dio) sarà il testimone nei momenti di tribolazione, di sconforto, di paura, di lotta per portare avanti il suo nome.
Che significa che sarà il testimone?
Che Lo Spirito ci confermerà nella fede in Colui che ha dato tutto per i nostri peccati, fede in Gesù che è venuto a mostrarci l’amore del Padre, fede nel Padre che ci ha ripreso nella sua casa per il sacrificio, dono del Figlio, fede nell’Amore che ci ha lasciato perchè non facessimo i salti mortali per ritrovarlo, dopo che è asceso al cielo.
E’ Lui che è sceso, non noi che dobbiamo salire, non dobbiamo costruirci nessuna torre, nessun grattacielo per assaporare quanto è consolante, confortante, vivificante vivere sempre in Lui per Lui e con Lui.

Rimanere

“Rimanete in me”( Gv 15,4)
Quante volte, Signore, ho meditato questa parola e in questi ultimi tempi l’ho vissuta nei momenti di più grande tribolazione, angoscia sofferenza…
Tu sei il mio pastore non manco di nulla, su pascoli erbosi mi fai riposare, ad acque tranquille mi conduci.
Tu sei il maestro, la guida.
Tu ti prendi cura del tuo gregge di cui condividi la vita, a cui sei legato da un rapporto di reciproco dono.
Tu dai la vita per le pecore, le pecore ti danno latte e lana ma mai tu le uccideresti, mentre tu ti sei fatto uccidere per ognuno di noi, le pecore del tuo ovile.
Ho sempre pensato che nel tuo gregge ero una pecora madre e che a me non era dato di essere presa in braccio da te.
Non ricordo di essere mai stata presa in braccio da piccola, nè per mano.
E’ come se fossi andata da sempre sola, quella solitudine che generò paura, tanta paura , segnando in modo indelebile gli anni della mia vita.
Con azioni finalizzate a realizzare ciò che mi avrebbe svincolato dalla dipendenza, pensavo di vincere il panico di rimanere sola.
La necessità che qualcuno mi chiudesse gli occhi per addormentarmi è stata la prima dipendenza dalla quale volli liberarmi.
La dipendenza dalle regole della casa che mi ospitava, ( la zia, la nonna, mamma) era diventata inaccettabile, perché non vedevo in esse ragioni di benessere, ma limitazioni o compromissione della mia libertà.
Così ho cercato in tutti i modi di staccarmi dall’albero che mi provocava tanta sofferenza e ne ho piantato uno solo mio, in disparte, lontano dal grande giardino.
Non volevo far parte di nessun gregge, volevo essere artefice della mia vita, cercare da sola regole a cui uniformarmi, regole giuste che non mortificassero l’ uomo.
Le tue regole Signore mi sembravano insensate per la maggior parte, in quanto non erano collegate ad una conoscenza viva reale di te.
La messa era la cosa più incomprensibile che mi si presentava come obbligo, incomprensibile l’astensione dalla carne il venerdì, incomprensibile il primo comandamento
Io sono il Signore Dio tuo, non avrai altro Dio fuori di me,
Non nominare il nome di Dio invano
Ricordati di santificare le feste
 
E che dire di quell’Onora il padre la madre che mi faceva star male, quando non vedevo, non capivo l’amore sotteso ai loro “no”?
Ho vissuto Signore nel non amore per tutta la mia vita, non perché non ci fosse ma perché io non lo percepivo.
Ho cercato di sostituirlo con altro ma alla lunga la fatica mi ha consumato.
Se ti avessi conosciuto prima, sicuramente tutto questo non sarebbe accaduto.
Guardo il passato come un vagare nella nebbia più fitta alla ricerca di una luce che mi facesse ben vedere dove mettevo i piedi, di una parola che mi convincesse senza costringermi ad agire contro la mia volontà, di una persona alla quale non dovevo nascondermi.
Signore da sempre Ti ho cercato confondendoti con le regole che io dovevo trovare a mia misura.
Quanta strada ho fatto per incontrarti!
Tu dirai che mi sei sempre stato accanto, che tu vedi in quella sete e in quella fame d’amore tradito, la ricerca di Te.
Nella più lontana infanzia oggi penso che sia vero che non potevi essere lontano da una figlia che stava così male e aveva paura.
Ma io non ti conoscevo, neanche per sentito dire, non conoscevo il tuo amore senza confini, il tuo sacrificio, non conoscevo la tua parola,
Non sapevo neanche che parlassi Signore.
Un essere perfettissimo,creatore e Signore del cielo e della terra, cosa poteva avere in comune con me? Come pensare di potergli parlare?
Pensavo che eri un Dio muto, un Dio lontano, un Dio seduto sul trono che godeva del sacrificio dei suoi figli.
Tanto più grande è stata la fame e la sete d’amore tanto più doloroso e lungo il viaggio alla tua ricerca.
La gioia di averti trovato mi fa apprezzare maggiormente ciò che tu gratuitamente mi doni.
Le tue parole mi fanno vibrare le più intime corde del cuore, specie in questo discorso che tu fai prima di consegnarti ai tuoi carnefici, un discorso che solo un Dio come te, un Dio d’amore può fare.
Rimanete in me.
Signore, oggi per me la più grande paura è quella di separarmi da te e se l’immagine delle pecore mi faceva slittare il pensiero sempre alla pecora grassa e non mi dava la consolazione di essere qualche volta presa in braccio, l’immagine della vite mi dà concretamente la sensazione di essere nutrita solo da te.
Io sono la vite e voi i tralci
 
I tralci fanno parte della vite, mentre le pecore sono diverse dal pastore per quanto il pastore le ami e si prenda cura di loro.
Voglio essere continuamente legata te Signore perché solo in te c’è vita, c’è speranza, c’è gioia, c’è tutto.
Chi mi separerà dall’amore di Cristo? Forse la la spada, la tribolazione, la morte? Io tutto posso in colui che mi dà vita”
In questa notte dove il sonno non mi accompagna, voglio stringermi più fortemente a te ed invocare il tuo Spirito perché possa avere la pace e possa godere della tua pace.
Signore, la percezione della mia debolezza, della mia fragilità mi sta togliendo anche il desiderio di vivere.
Non voglio che questo accada. Vorrei in ogni momento della vita cantare le tue lodi, ma sono tanto stanca.
Signore mi sembra che mi sto spegnendo ogni giorno un poco.
Riaccendi la fiamma Signore della fede, della speranza, della carità, fa che non mi senta schiacciata dal peso del corpo, dalla fatica dei giorni, dalla solitudine che comporta il mio handicap, dalla dipendenza dall’agire altrui, dalla rinuncia a ciò che ogni giorno la vita mi chiama a restituire.
Signore tu sei qui, tu sei la vite io il tralcio…sono la vite che tu ti sei piantata, una vite che vuole rimanere saldamente ancorata a te…
Tu hai detto: il mio animo è triste fino alla morte.
 
Sicuramente pensavi al peccato degli uomini non alla paura della morte.
Conosci la tristezza Signore della solitudine, la fatica di sostenere fino alla fine un compito senza vederne i frutti, conosci la potatura inclemente, totale, sai quanto fa male, Signore lo sai.
Non mi lasciare Signore in questi momenti di grande affanno, di dolore, di solitudine, non mi lasciare mentre gli altri dormono, mentre i miei amici mi hanno abbandonato.
Tu Signore non mi puoi lasciare sola in questo momento così drammatico, in questo passaggio pericoloso del guado di morte.
Non puoi Signore perché mi ami.
Lo hai ripetuto e testimoniato fino alla fine…e io credo che tu non menti, credo che sei qui vicino a me come credo che ci sia tua madre dalla quale vorrei farmi chiudere gli occhi.
Tu traccia una benedizione Signore sulla tua serva e io troverò la pace.

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MEDITAZIONI SULLA LITURGIA DI
sabato della IV settimana di Pasqua
Letture: At13,44-52; Sal 97;Gv 14, 7-14
” Io ti ho posto per essere luce delle genti” ((At 13,47)
Mi riesce difficile stamattina meditare sulla tua Parola Signore perchè sto male e tanti, troppi pensieri mi si affollano nella testa.
Discernere è difficile quando le forze sono ridotte al lumicino, quando il corpo grida il suo bisogno di pace, di quiete, di remissine del dolore.
Io so che non devo preoccuparmi di nulla perchè tu sei con me e non mi abbandonerai in questo ennesimo e più difficile ricalcolo della mia vita.
Quando viene a mancare un sostegno in genere se ne cercano e se ne trovano altri che fanno al bisogno.
Anche se tu non deludi mai le aspettative, c’è sempre qualcuno attraverso cui tu ti manifesti per mostrare il tuo amore…qualche persona o anche qualche evento che ti aiuta a saltare il fosso, ti toglie dal panne, ti fa sopravvivere ad una furibonda tempesta.
E così è stato sempre, ma il tempo passa e i puntelli umani, i riferimenti abituali che diamo per scontati dai quali non possiamo prescindere vengono meno, e ci ritroviamo ad essere sempre più bisognosi di un aiuto potente che viene dall’alto, abbiamo bisogno delle tue benedizioni che entrano rompendo i vetri.
Non riesco Signore a benedire questo tempo in cui sembra che ci sia un accanimento terapeutico sulle mie malattie di per se stesse invalidanti.
Eppure anche quando pensiamo di aver toccato il fondo ci accorgiamo che ci siamo sbagliati e che c’è un fondo ancora più profondo.
Come accadde a te che pensavamo che il massimo che ti era potuto succedere era morire, salvo poi renderci conto che non ti sei limitato a darci la vita ma il paradiso, la massima distanza dal Padre, scendendo agli Inferi, vale a dire andare all’inferno.
Non so se quando hai esalato l’ultimo respiro eri cosciente che non era finita e che il fondo lo dovevi ancora toccare, scendendo ancora più in basso.
Oggi medito sulla tua parola e mi sforzo di penetrarvi di rimanere in essa perchè se mi disancoro da quell’utero accogliente, caldo e sicuro, che è il tuo legame con il Padre per mezzo dello Spirito, impazzisco.
La mia disabilità, l’incidente che ha reso spero momentaneamente, spero, disabile anche Gianni, la malattia della persona che abitualmente mi aiuta, la lontananza di parenti, amici, conoscenti che possano darci una mano, lontananza abituale, colpevole o forzata, fanno sì che senta sulle mie spalle la responsabilità di portare avanti la casa e prendermi cura del mio sposo senza danneggiarmi in modo irreversibile.
Io non so cosa tu ti inventerai questa volta per farmi uscire dal panne, se è tua volontà che ne esca o che rimanga a combattere sola questa ennesima e più dura prova.
Ho visto ieri la tua mano benedicente nell’aver trovato al pronto soccorso di turno l’ortopedico amico, la prenotazione per la risonanza magnetica fra due giorni e poi tanto altro ancora che riconosco come tua grazia ma che non mi ha esonerato dal portare questa mattina sul corpo i segni di un impari battaglia, piaghe e dolori che rendono molto problematico il mio servizio alla famiglia oggi che non c’è nessuno.
Quando ho bisogno di aiuto tu mi mandi sempre qualcuno da aiutare e così anche in questa circostanza ci sono tante persone di cui debbo farmi carico.
Avevo deciso di pensare più a me stessa dietro consiglio di un uomo che ti appartiene ma, come diceva mio padre” L’inferno è lastricato di buone intenzioni”
Da quando ho cercato di mettere in pratica i saggi consigli che mi dissuadevano dall’anteporre gli altri a me stessa, perchè se non ti ami non puoi amare, è successo il finimonbdo e il lavoro, gli impegni,i pensieri, le responsabilità sono aumentate.
Per questo ti chiedo nel tuo nome di riportarmi nel luogo del tuo riposo, di farmi entrare, rientrare da quella ferita che mi immette nel tuo cuore di carne, un cuore di Padre, di madre, di sposo, di fratello, di amico.
Sii tu per me la roccia che non crolla, sii tu il mio maestro Signore, siano le tue braccia la culla in cui io possa sentirmi amata e al sicuro.

“La mano del Signore era con loro”( At 11,21)

 
Io e il Padre siamo una cosa sola (Gv 10,30)
Ieri sul calendario liturgico era evidenziato che “Gesù camminava davanti ad esse ( le pecore del suo gregge).”
Gesù cammina davanti a noi per fare il battistrada, perchè la conosce e non vuole che ci perdiamo o che precipitiamo in un burrone o facciamo brutti incontri.
A noi piace andare avanti, stare in prima fila, decidere autonomamente dove andare e quale strada percorrere per arrivarci, non ci piacciono i consigli, vogliamo fare di testa nostra perchè ci fidiamo solo di noi stessi.
Seguire il nostro istinto, essere autoreferenti non ci giova, ma ce ne accorgiamo solo quando le conseguenze del nostro comportamento ci ricadono addosso e ci travolgono.
Gesù è il buon pastore che conosce la strada e ama le sue pecore.
Ascoltando la sua voce siamo al sicuro.
I discepoli che furono perseguitati furono costretti a fuggire da Gerusalemme, molti furono ammazzati.
Ma quella che sembrava una maledizione si è rivelata una benedizione, perchè se Cristo ce l’hai dentro il cuore e ascolti la sua voce, non puoi fare a meno di annunciarlo in qualsiasi luogo ti trovi.
Ia persecuzione scoppiata al tempo di Stefano portò quindi i discepoli in Siria, in Fenicia, a Cipro e ad Antiochia.
Il seme viene sparso su un territorio sempre più vasto, e feconda terre sempre più lontane.
Ad Antiochia i discepoli furono chiamati Cristiani.
Ogni volta che leggo questo passo penso a quanti sforzi facciamo per convincere gli altri a credere quello che non siamo.
Gesù dovette morire perchè un pagano esclamasse”Costui veramente è figlio di Dio!”
La nostra identità non può essere camuffata da un look, da un titolo, da beni accumulati, da capacità di parlare mistificando la realtà, ma emerge quando non sei tu che parli, agisci, ami, ma lo Spirito opera in te.
Quando la mano de Signore è con te, perchè hai ascoltato la sua voce, vivi in ascolto del suo richiamo, è certo che gli altri non possono sbagliarsi sulla tua appartenenza.
Figli di Dio, fratelli in Gesù, unica famiglia unita dall’amore.
Tutto è dono, s’intende.
Il nostro sì è piccola cosa rispetto ai benefici che ci vengono dall’appartenere ad un così grande e umile sovrano.
Penso ai tanti uomini che stanno fuggendo dai loro paesi che approdano giornalmente ai nostri lidi, rischiando e rimettendoci la vita.
Molti sono cristiani, di cui il mondo occidentale scarseggia.
Il sangue di questi martiri feconderà, concimerà la nostra terra dove rovi, spini e pietre hanno spento la vita .
Sono certa che il Signore non permetterebbe il male se non per ricavarne un bene più grande.
Questo credo, in questo spero, per questo prego.