La veste


(Lc 12,35-38) In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: "Siate pronti, con la cintura ai fianchi e le lucerne accese; siate simili a coloro che aspettano il padrone quando torna dalle nozze, per aprirgli subito, appena arriva e bussa. Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità vi dico, si cingerà le sue vesti, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell'alba, li troverà così,beati loro!".

Ho pensato, leggendo il vangelo, a cosa significa avere la cintura ai fianchi.
Ho alzato lo sguardo al crocifisso, dove l'abbigliamento (lo stesso di quando è nato!) è ridotto all'essenziale per poter allargare le braccia e mostrare il petto indifeso a tutti quelli che siamo chiamati a servire.
Gesù dal petto squarciato ha riversato su di noi tutto ciò di cui abbiamo bisogno per rimanere svegli e pronti ad accoglierlo, quando tornerà definitivamente per celebrare le nozze.
La fede sia la luce che non ci fa indietreggiare di fronte al buio dell'attesa

Pedagogia d'amore

Lc 18,1-8 In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai:
«In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”.
Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”».
E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».

Quando verrai troverai la fede sulla terra?
E' quello che oggi ci chiedi Signore.
Tu Signore sai tutto, sai come andranno a finire le cose e non ti stanchi di stimolarci in ogni modo e in ogni momento.
La liturgia degli ultimi giorni ci pone davanti un Dio giudice intransigente, un Dio che vorremmo non fosse così.
La parabola della pecorella smarrita, del figliol prodigo , ribattezzate "del buon pastore" e del "padre misericordioso", in queste ultime settimane, che ci separano dalla conclusione dell'anno liturgico, hanno ceduto il posto a visioni apocalittiche, dove la giustizia sembra svincolata dalla misericordia.
Arriverà il tempo in cui non ci saranno sconti per nessuno.
Due che dormono nello stesso letto, il padre e il figlio, il fratello e la sorella,sarano separati da una legge ineluttabile.
Nell'ora in cui cui tutti i nodi vengono al pettine, risuoneranno sinistramente le parole ascoltate tante volte con un po' di fastidio.
"Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato,
abbiamo cantato un lamento e non avete pianto."( Mat 11,17 )
E' arrivato il tempo della fede, Signore, la fede autentica in te che non dici cose tanto per dire, ma fai ciò che dici.
Signore, la fede è fiducia in te, fiducia illimitata, fiducia che va oltre il baratro, l'abisso che vediamo, la tenebra che ci avvolge, l'angoscia che ci attanaglia.
La fede, Signore, non sta nel chiederti dove sei, perchè difficilmente ti troveremmo lì dove ci ostiniamo a rimanere.
La fede è chiederci dove siamo per prendere coscienza di quanto siamo caduti in basso.
Adamo ed Eva erano andati a nascondersi, pensando che il luogo in cui tu non li avresti visti, dipendesse dal coprirsi la faccia e le vergogne.
Abbiamo preso l'abitudine ai traslochi per non vedere e non sentire le persone che ci stanno attorno, per non mettere mano alla pala per rimuovere le macerie che rendono inabitabile la nostra casa.
Viviamo lontani da noi stessi perchè non accettiamo di vederla diversa da come la vorremmo.
Ma tu ci vedi Signore e hai compassione di noi.
Proprio come un padre che, quando non riesce a convincere con le buone il figlio che sta percorrendo una strada pericolosa,lo minaccia e alza la voce per salvarlo.
Veramente Signore la tua pedagogia è pedagogia d'amore!

Salmo 136

 

Lungo i fiumi di Babilonia,
là sedevamo e piangevamo
ricordandoci di Sion.

Ai salici di quella terra
appendemmo le nostre cetre,

perché là ci chiedevano parole di canto
coloro che ci avevano deportato,
allegre canzoni, i nostri oppressori:
»Cantateci canti di Sion!».

Come cantare i canti del Signore
in terra straniera?

Se mi dimentico di te, Gerusalemme,
si dimentichi di me la mia destra;

mi si attacchi la lingua al palato
se lascio cadere il tuo ricordo,
se non innalzo Gerusalemme
al di sopra di ogni mia gioia.

 


(Ef 1,3-10)

Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo,
che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo.
In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo
per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità,
predestinandoci a essere per lui figli adottivi
mediante Gesù Cristo,
secondo il disegno d'amore della sua volontà,
a lode dello splendore della sua grazia,
di cui ci ha gratificati nel Figlio amato.
In lui, mediante il suo sangue,
abbiamo la redenzione, il perdono delle colpe,
secondo la ricchezza della sua grazia.
Egli l'ha riversata in abbondanza su di noi
con ogni sapienza e intelligenza,
facendoci conoscere il mistero della sua volontà,
secondo la benevolenza che in lui si era proposto
per il governo della pienezza dei tempi:
ricondurre al Cristo, unico capo, tutte le cose,
quelle nei cieli e quelle sulla terra.

Scintillanti

Sono tornata, siamo tornati.
Noi un giorno prima.
Ognuno con il suo sacco pieno di diamanti che immillano la luce che su di essi si posa, ma anche di pietre dure e opache che pesano, in attesa di essere trasformate in scintillanti schegge di vita.
Sono qui con il sacco aperto a cercare ciò che è nascosto.
 

Programmi

Questa sera mio figlio, dopo essersi ripresi i bambini, è rientrato di nuovo a casa nostra (ci abita di fronte): tra le mani il maglioncino viola acquistato di recente.

"Mamma hai un programma per lavare a mano separatamente? Io non ce l'ho. Nè ho roba dello stesso colore da metterci insieme.Te lo lascio"

Se n'è andato prima che riuscissi a rispondergli .

Sono qui che mi chiedo dove ho sbagliato.

Io vi ristorerò


Matteo 11,25-30 In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

"Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro."
Quando Gesù, dopo aver visto Matteo seduto al banco delle imposte, gli ha detto "Seguimi" non so quanti di noi si sono sentiti interpellati da quell'invito.
In fondo non facciamo il mestiere sporco di Matteo, anche se passiamo gran parte del nostro tempo a stare seduti, appartati, aspettando che il mondo ci dia quello che ci spetta con gli interessi.
Avanziamo sempre qualcosa dagli altri e viviamo con rabbia, rancore, rassegnazione la nostra condizione di schiavi non retribuiti. La vita così diventa faticosa e ci opprime a tal punto che, se non abbiamo il coraggio di gridare più forte, d'imporci,di far valere le nostre ragioni, anche imbrogliando le carte, siamo profondamente infelici.
Allora l'invito di oggi, non ci possiamo sbagliare, è per noi, per tutti, non solo per chi si chiama Matteo, Giacomo, Giovanni, Simone, Andrea ecc. ecc.
Basta essere stanchi e oppressi ( chi non lo è? ) per sentirsi chiamati a vivere l'esperienza di una vita rinnovata.
Sembra la reclame di un agriturismo, quello che leggiamo nel vangelo: vitto e divertimento assicurato.
Il giogo magari non sappiamo neanche com'è fatto, perchè da tanto abitiamo in città e un tuffo nel passato non può che farci bene.
Ci accorgiamo, una volta giunti a destinazione, che essere aggiogati non è una bella prospettiva, ma forse vale la pena provare, vista l'autorevolezza di chi abbiamo di fronte.
Il padrone di casa, il fattore, si mette in gioco anche lui e promette che sarà compito suo fare tutta la fatica, basta fidarsi e abbassare la testa.
Già abbassare la testa, sottomettersi, fidarsi, sono tutte parole che nel nostro vocabolario associamo a fregatura.
Vita di tutti i giorni perpetuata all'infinito? Non è possibile che vada sempre così.
Ma la preghiera con cui esordisce Gesù è illuminante perchè parte da un grazie al Padre che, nella sua benevolenza, ha nascosto i misteri del regno ai dotti e ai sapienti e li ha rivelati ai piccoli, primo fra tutti Lui, che si è fatto ultimo tra gli ultimi, umiliandosi e, senza ribellarsi, si è sottomesso al giogo del Padre, per la nostra salvezza.
" Imparate da me che sono mite e umile di cuore".
Allora andiamo a scuola di discepolato, perchè nella fattoria, entra solo chi frequenta la scuola materna.

Perfetta letizia

«Lo stesso [fra Leonardo] riferì che un giorno il beato Francesco, presso Santa Maria [degli Angeli], chiamò frate Leone e gli disse: “Frate Leone, scrivi”. Questi rispose: “Eccomi, sono pronto”. “Scrivi – disse – quale è la vera letizia”.
“Viene un messo e dice che tutti i maestri di Parigi sono entrati nell’Ordine; scrivi: non è vera letizia. Così pure che sono entrati nell’Ordine tutti i prelati d’Oltr’Alpe, arcivescovi e vescovi, non solo, ma perfino il Re di Francia e il Re d’Inghilterra; scrivi: non è vera letizia. E se ti giunge ancora notizia che i miei frati sono andati tra gli infedeli e li hanno convertiti tutti alla fede, oppure che io ho ricevuto da Dio tanta grazia da sanar gli infermi e da fare molti miracoli; ebbene io ti dico: in tutte queste cose non è la vera letizia”. “Ma quale è la vera letizia?”.
“Ecco, io torno da Perugia e, a notte profonda, giungo qui, ed è un inverno fangoso e così rigido che, all’estremità della tonaca, si formano dei ghiacciuoli d’acqua congelata, che mi percuotono continuamente le gambe fino a far uscire il sangue da siffatte ferite. E io tutto nel fango, nel freddo e nel ghiaccio, giungo alla porta e, dopo aver a lungo picchiato e chiamato, viene un frate e chiede: “Chi è?”. Io rispondo: “Frate Francesco”. E quegli dice: “Vattene, non è ora decente, questa, di andare in giro, non entrerai”. E poiché io insisto ancora, l’altro risponde: “Vattene, tu sei un semplice ed un idiota, qui non ci puoi venire ormai; noi siamo tanti e tali che non abbiamo bisogno di te”. E io sempre resto davanti alla porta e dico: “Per amor di Dio, accoglietemi per questa notte”. E quegli risponde: “Non lo farò. Vattene al luogo dei Crociferi e chiedi là”.
Ebbene, se io avrò avuto pazienza e non mi sarò conturbato, io ti dico che qui è la vera letizia e qui è la vera virtù e la salvezza dell’anima”».(Fioretti)