BAMBINI

” Lasciate che i bambini vengano a me.”
( Mc 10,14)
Certo è che per capire la parola di Dio bisogna che il tempo passi, che l’acqua, tanta acqua scorra sotto i ponti e che abbiano superato il livello di guardia non una ma cento, mille volte.
Peccato che ce ne accorgiamo tardi ma meglio tardi che mai.
Quando rimasi incinta del mio primo e rimasto unico figlio non trascurai di leggere tutto ciò che era necessario per conoscere ciò che io avrei dovuto dargli per farlo stare bene, per assicurargli un futuro di bravo e buon ragazzo, educato, rispettoso e pronto per affrontare senza timore le inevitabili battaglie della vita.
E di questo ne avevo avuto un assaggio indigesto non appena lo concepimmo, perchè fu allora che incappammo da subito in medici, medicine, ospedali, indagini, mala sanità inframezzata da qualche rarissimo spiraglio di cielo.
Perchè a ben pensarci, come commentò la mia amica dopo aver letto la storia, il mio primo e per ora rimasto unico libro che ho scritto fermo al 5 gennaio 2000, dobbiamo pregare per questi poveri medici su cui confluiscono le nostre aspettative puntualmente deluse.
La vita non è andata in vacanza da allora, anzi si è data da fare per farmi sentire viva, e quale corpo può dirsi morto fino a quando sente il dolore?
Se è per questo non sono viva ma stravivivissima e come dice la mia amica Michela Malagò vivisiima e strabenedetta, con cui lei, amica del Web mi saluta al mattino.
In questa settimana, poichè io sono scomparsa, sono scomparsi i saluti.
Chissà a quanti è venuto in mente che stavo male di più, se fosse stato possibile!
Tornando ai bambini su cui ti soffermi solo dopo dopo che ti sono venuti a mancare, ripenso al mio diventare orfana di figlio prima di metterlo al mondo, visto che a due mesi mi fecero l’anestesia totale per togliermi quel grumo di sangue che hanno chiamato gravidanza extrauterina ma che di extrauterino era solo il loro cervello, quello dei medici, che poi si sono inventati per coprire l’abbaglio che avevo una tuba cistica.
Un pezzo di giovane di 2 metri con tanto di moglie e di prole è la mia gravidanza mancata che mi fu restituita dopo 5 anni da mia madre.
E io ancora con la testa imballata su ciò che è giusto e ciò che non lo è, ciò che dovevo dare non mi preoccupai minimamente di cosa poteva dirmi un bambino sconosciuto di 5 anni, pur essendo io quella che lo aveva partorito.
Ma siamo abituati a metterci in cattedra e non ci sfiora l’idea che i bambini hanno tanto da insegnarci.
Ne ho fatto esperienza con i figli di mio figlio, l’ex extrautereino, che infischiandosene che la scuola mi aveva messo in pensione perchè incapace di deambulare, affidò alle mie cure prima Giovanni e poi Emanuele di 4 anni più piccolo.
I miei libri di carne li chiamo, perchè il vangelo me l’hanno insegnato loro, aprendomi gli occhi e le orecchie alla meraviglia, facendomi rimpicciolire a tal punto da mettermi con loro nelle tane delle formiche o nei raggi di luce che si immillano quando al mattino il sole poggia i suoi raggi sul mare increspato dalla brezza leggera.
Giovanni li chiamò “scintillanti” e da allora ne andammmo in cerca, ne facemmo una professione, per riempire ogni giorno il nostro sacco di grazie a Gesù, a Maria, a Dio, a tutta la corte celeste.
Fu un ‘mpresa far entrare a 6 anni di distanza il piccolo Emanuele nel sacco lui che non conosceva il nostro linguaggio cifrato.
Emanuele diceva che a casa mia c’era il lupo ma lo Spirito santo non va in vacanza e mi suggerì quella volta e fu per sempre che, invece di consolarlo dicendo bugie sul rientro anticipato della madre con eventuale regalino, mi sono fatta lui, sono diventata Emanuele e con lui ho cominciato a entrare nel suo dolore parlandogli della mamma, di quanto era bella, di quanto morbide le sue braccia, dolci i suoi baci.
Che aveva ragione a piangere, anche io l’avrei fatto.
Si rasserenò quasi subito, un po’ quello che accadde a me qualche giorno fa in cui, presa dalla disperazione, tanto stavo male, mi si aprì la pagina delle LAMENTAZIONI.
Mi sono sentita dire che avevo ragione a lamentarmi e che Dio mi metteva in bocca la sua parola per non farmi sforzare.
Mi sono sentita dire che c’è spazio anche per il lamento, che non è peccato e che Dio attraverso un bambino gà anni prima me l’aveva suggerito per farmi guadagnare la fiducia in Lui che mi ama di amore eterno e sa cosa consola l’uomo.
C’è un tempo per ridere, un tempo per piangere, un tempo per ringraziare il Signore di quel pianto e di quel riso.

Campo base

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“Chi viene a me non avrà più fame”.(Gv 6,35)

Signore dacci sempre questo pane, continua Signore a nutrirmi dite, della tua presenza, del tuo amore, della tua compassione, della tua parola.

Signore ho bisogno di te, sempre di più la mia fame e la mia sete aumentano, perché mi fai sperimentare le sorgenti della vita, mi dai la gioia piena, mi proietti nell’eternità e mi togli la paura.

Signore quanto sono dolci le tue dimore, i tuoi consigli mi stanno sempre dinanzi…

Come potrei tradirti Signore se tu sei con me ogni momento della mia vita?

Non abbandonarmi Signore al mio destino, non permettere che perda la speranza nella gioia che tu solo puoi donarmi .

Nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia ti prometto fedeltà.

Signore, con il tuo aiuto il dolore sarà per me fonte di consolazione, di gratitudine a te che sei venuto a trovarmi con la sofferenza, il necessario viatico per arrivare a te ed essere nutriti dal tuo amore.

La mia eucaristia sia la gratitudine a te che mi hai aperto le porte del tuo cuore, le porte della vita, introducendomi nelle tue stanze più segrete.

Mi hai fatto bere alla tua coppa vino e miele stillanti, mi hai chiamato in disparte perchè mi hai scelto per essere tua sposa per sempre.

In modo de tutto inaspettato hai chiesto la mia mano.

Così fece Gianni, quando lo frequentavo perchè volevo favorire l’incontro tra lui e una persona che mi stava molto a cuore.

Ma tu ti sei innamorato di me, volevi me.

Attraverso le parole di Gianni riconosco le tue , attraverso di lui mi hai fatto sperimentare quanta gratitudine scaturisce dal sentirsi guardati, scelti senza aspettarselo, senza esserne degni.

La mia risposta all’uomo che sarebbe stato il mio sposo, allora fu un sì dovuto alla fiducia che mi ispirava , perchè era una persona di cui potevo fidarmi e che non mi avrebbe mai tradito né avrebbe approfittato di me.

Per questo gli dissi di sì come ho detto di sì a te.

La meraviglia dell’inizio!

Che bello scoprire nella propria storia tracce la tua presenza, del tuo passaggio!

Ma poi la storia non si è svolta come quella che ha legato te al popolo di Israele.

Siamo stati peccatori Signore, perché non abbiamo messo te al primo posto.

La parabola dell’amore umano, come icona e simbolo dell’amore divino non l’abbiamo capita, non siamo andati oltre i nostri umani e egoistici interessi.

Con Gianni ho fatto ciò che per anni ho fatto con te.

Ti ho dato gli ho dato i miei connotati, ho preteso di cambiare ciò che di lui non mi piaceva.

Solo ora capisco quanto mi sbagliavo a voler imporre connotati incompatibili con l’amore.

Questa mattina, meditando il Vangelo, ho pensato a quanto è bello vivere in una casa, in una famiglia unita che si spende perché ogni membro riesca nel progetto comune di dare vita.

Così mi sono commossa e rincuorata a pensare che tu, Gesù, quando stavi sulla terra non potevi mai sentirti solo, perché il Padre e lo Spirito Santo non erano mai separati da te e si adoperavano perché il progetto arrivasse a buon fine.

La tua, Gesù, è stata una spedizione molto pericolosa, ma il Campo Base, la Famiglia Divina era allestita e pronta per darti gli strumenti necessari per non farti morire definitivamente.

Hai molto sofferto, Signore Gesù, ma hai avuto accanto a te persone che ti hanno voluto bene, che si sono fidate di te, che si sono adoperate per te.

Tua madre, tuo padre, e poi le donne che tu hai riabilitato, a cui hai dato una vita nuova, e poi i discepoli che mi fanno pensare a Giovanni e ad Emanuele, i libri di carne che mi hai mandato a domicilio, dove l’amore e l’egoismo nell’espressione dei loro caratteri emergono e confliggono.

Mi commuovo a pensare a questi piccoli che mi hai dato accudire, nonostante la malattia, mi commuovo anche delle loro debolezze, delle loro velleità di agire di testa propria o di manipolarmi.

Mi commuovo perché mi parlano di come noi siamo e di come tu agisci nei nostri confronti, scoprendo in me gli stessi sentimenti che tu hai nutrito per l’uomo traditore e peccatore.

Certo che il paragone è molto azzardato perchè nella nostra imperfezione noi vediamo come in uno specchio.

Il Vangelo mi parla di quanto disti la perfezione che io cercavo dalla giustizia che tu vuoi, la giustificazione che dai ad ogni uomo, qualunque sia il suo comportamento.

Sei tu Signore che ci rendi giusti, non siamo noi che meritiamo la tua giustizia che è poi la tua grazia.

Questa mattina penso a tutto questo e a quanto piccola io mi senta nelle tue mani, penso che tutto ciò che oggi ho, ciò di cui godo è tuo dono, è fonte di grazia, anche se a volte non riesco a capire , né riesco a ringraziare per cose eccessivamente dolorose e pesanti.

Ci sono momenti in cui tu taci, rimani nascosto.

Sono i momenti bui del mio cammino.

È tremendo vivere nel deserto, nel silenzio , non sentire neanche il cuore che batte, né il mio, né quello di qualsiasi altro viandante che percorre la mia strada.

Sono quelli i momenti che mi sembrano interminabili, quando non riesco a fare neanche una preghiera e la paura mi paralizza le ossa.

Mi succede spesso in questi ultimi tempi, lo sai, Signore, per questo ti chiedo sempre la gioia , la serenità, la pace di sapere che c’è un campo base che mi aspetta, una base dove posso riposare.

La notte chiamo tua madre che poi è anche la mia, tu me l’hai regalata come l’hai regalata a tutti noi, la chiamo e le chiedo di farmi da infermiera.

Lei non si limita a massaggiarmi le parti dolenti, ma mi comunica la strada per incontrarti e portarmi in paradiso.

Da qualche tempo nella preghiera mi viene in mente la tua famiglia Signore, la Trinità che ha dato vita a tanti figli, ha reso possibili tanti sì attraverso il sacrificio di uno solo solo.

Ma non penso che, quando tu sei venuto sulla terra, il resto della FAMIGLIA sia rimasta a dormire tranquilla ad aspettare in cielo, ma come una vera famiglia avete messo in gioco tutto, perchè la missione fosse portata a termine con successo.

Del resto, quando noi mandiamo un razzo ad esplorare l’universo, le attrezzature e gli uomini che lavorano al progetto sono qui sulla terra e da qui possiamo sapere, comunicare, aiutare chi è andato in missione.

Per questo Signore ti lodo e ti benedico e ti ringrazio, perchè non mi sento sola ad affrontare la missione della vita .

Fa’ che al termine tu mi trovi degna di tornare alla base.

Bravura

Image for Gesù e i bambini

” Stefano pieno di grazia e potenza faceva grandi prodigi e segni” (At 6, 8)

” Quante cose si possono fare con Gesù!” fu la frase che mi colpì del compito assegnato dalla maestra di religione al piccolo Marco che doveva parlare di te.
Parole che al momento non capii ma di cui sempre più faccio esperenza.
E’ veramente la cosa più bella che mi potesse capitare, trovare te Signore che mi hai fatto uscire dall’inferno dell’ “Arrangiati! ” a cui mi aveva condannato la vita.
In queslla che poi è diventata un’arte sono diventata maestra tanto da poter dispensare consigli a tutti quelli che si trovavano in panne.
Ho vissuto la fatica di cercare soluzioni ai miei problemi fin da piccola, la fatica di sopravvivere in un mondo avaro di coccole, abbracci e sorrisi.
Ho acquisito strumenti i più disparati per aiutare me e chiunque si trovava in difficoltà sì da essere ricercata e amata per le soluzioni che dispensavo a chiunque ne avesse bisogno.
Mi sentivo brava e mi faceva esistere il pensiero che volere è potere e che , anche quando non riuscivo a centrare l’obbiettivo, il capolavoro era assicurato, perchè quello che trovavo era migliore di ciò che avevo perso.
Mi sentivo importante, sentivo di valere qualcosa per gli altri nella misura in cui rispondevo ai loro bisogni, desideri, necessità.
L’altro è diventato il mio idolo, l’altare su cui sacrificavo il mio tempo e le mie energie, perchè era l’amore che cercavo in tanta solitudine.
Riempivo il vuoto dei non amici con i miei successi, le scoperte, i ragionamenti che portavano ad alleggerire il fardello della vita degli altri.
Porto i segni sul corpo di questo lavoro incessante e sfiancante, le mie ossa, sono rotte, la mia carne dilaniata per lo sforzo di combattere con te, Signore mio Dio, per non dire grazie a nessuno che non fosse la mia intelligenza, la mia volontà, il mio desiderio di vincere.
Signore oggi sono qui davanti a te e il mio cuore è pieno di gratitudine a te che mi hai aperto gli occhi sul mio limite.
Ti sei servito della malattia e della morte di mio fratello per dimostrarmi che non a tutto c’è rimedio e che solo tu sei il Signore della vita.
Mi hai fatto sperimentare l’impotenza di fronte ad eventi imprevisti e imprevedibili, mi hai aperto strade che non conoscevo, mai battute che mi hanno fatto scoprire il colore dei fiori, sentire il loro profumo.
Dalla mia bocca da cui usciva solo rumore, come mi fu diagnosticato , ora esce la tua lode, il canto di gioia e di gratitudine a te che ti sei fatto mio compagno di viaggio, mio potente alleato, mio liberatore.
Grazie Signore di questo giogo che porto volentieri perchè è dolce e leggero e mi fa camminare sicura.

Quaresime

Il Vangelo ci parla dei quaranta giorni in cui Gesù fu tentato nel deserto.Anche Lui si prese un tempo di riflessione, di preghiera per affrontare il tempo pieno, i kairos della sua uscita allo scoperto, per mostrare la sua vera identità di figlio di Dio.
La Chiesa ci invita, in questo tempo forte dell’anno liturgico, ad imitare Gesù, a ritirarci nel deserto, a fare digiuno, per capire di cosa abbiamo veramente bisogno, quali appetiti dobbiamo soddisfare, quali eludere, a cosa dobbiamo aspirare, cosa dobbiamo possedere.
“A chi ha sarà dato, a chi non ha sarà tolto anche quello che non ha”, dice il Signore. Il potere di Cristo è in quelle sue braccia inchiodate alla croce, un abbraccio inchiodato per un amore che oltrepassa i confini dello spazio e del tempo.
L’uomo di cosa ha bisogno?
Domenica scorsa, guardando fuori dalla casa incompiuta, che abbiamo in campagna, mi sono fermata ad osservare il muro in cemento armato lasciato a metà, all’interno del quale si è andata a depositare ogni genere di sporcizia, la crepa del terrazzo più estesa dell’ultima volta, il gazebo divelto dalla furia del vento, lo scivolo e l’altalena dei bimbi, scaraventate lontano, l’erba alta che aveva invaso la strada.
Quante cose da riparare, mi sono detta, quante ancora da fare!

“L’unica cosa buona sono le fondamenta”, dice Gianni che è del mestiere e, anche se il prezzo pagato per farle è stato elevato, pur tuttavia ne garantiscono la tenuta. Ma quelle non si vedono e passiamo il tempo a guardare che le cose non vanno, tanto da decidere di tanto in tanto che non vale la pena proseguire.
Quarant’anni di deserto, quarant’anni che si aggiungono ad altri quaranta e poi altri fino alla morte.
E mentre Gianni nel frutteto cercava di tagliare i rami in eccesso, per la prima volta improvvisandosi contadino, io ripensavo al passo del Deteuronomio che monsignor Brambilla ci aveva commentato nel convegno a cui avevamo partecipato insieme due anni fa, sul pane del cammino di una vita riconciliata


<< Baderete di mettere in pratica tutti i comandi che oggi vi dò, perché viviate, diveniate numerosi ed entriate in possesso del paese che il Signore ha giurato di dare ai vostri padri.
Ricordati di tutto il cammino che il Signore tuo Dio ti ha fatto percorrere in questi quarant’anni nel deserto, per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore e se tu avresti osservato o no i suoi comandi. Egli dunque ti ha umiliato, ti ha fatto provare la fame, poi ti ha nutrito di manna, che tu non conoscevi e che i tuoi padri non avevano mai conosciuto, per farti capire che l’uomo non vive soltanto di pane, ma che l’uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore. Il tuo vestito non ti si è logorato addosso e il tuo piede non si è gonfiato durante questi quarant’anni. >>

e così ho pregato

“Quanti deserti, Signore, quante quaresime non scelte, non desiderate, rifiutate. Quante solitudini non accettate, Signore, quanti fallimenti non digeriti, quante morti!
“Non di solo pane vive l’uomo , ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”
E’ vero Signore, che la tua parola è l’unico alimento della nostra vita. Sei tu Signore che ci permetti di attraversare il deserto senza che si logori la veste e si gonfino i piedi.
Oggi sono tornata in quella che ritenevo la casa perfetta, lontana dai rumori della città, in un luogo elevato, in collina, dove non possono toccarci le beghe e i problemi di ogni giorno, una casa per isolarci dal mondo e dalle persone.
Ci sono tornata per riconciliarmi con la mia e nostra storia, per meditare sui nostri fallimenti, per mettere davanti a te il nostro limite e offrirtelo Signore, perché lo benedica e lo trasformi in grazia.
Davide, il tuo consacrato peccò molto, Signore, si macchiò di un crimine, il tradimento, che porta alla morte, ma si pentì e tu lo perdonasti e non ritirasti da lui la tua mano.
Davide colpì con un sasso scagliato da una fionda il gigante terribile, Golia. Un sassolino colpì la statua del sogno di Nabucodonosor. Penso al masso di Sisifo che per tanto tempo pensai di trasportare e che puntualmente mi ripiombava addosso, appena raggiunto il culmine della montagna.
Qualcuno mi disse che il senso di quella fatica era il portare il masso e vederselo rotolare giù nella china.
Ho pensato spesso che io ero un titano condannato ad espiare tutte le colpe del mondo, l’ho pensato, Signore prima di incontrarti.
Solo ora capisco che sulle tue spalle ti sei caricato il peso dei nostri peccati, tu, l’Innocente; solo ora comprendo che una casa è salda se ha te come testata d’angolo, pietra scartata dai costruttori. Guardo la nostra casa Signore e mi chiedo se questa pietra l’abbiamo veramente trovata e messa nel posto giusto. Se abbiamo dato a te e non a noi il primato.
“Adorerai il Signore Dio tuo” rispondi al Diavolo che ti voleva offrire il potere su tutti gli uomini.
Signore noi vogliamo mettere te al primo posto, lo sai, ma non ne siamo capaci. Spesso ti confondiamo con altro. Facci riscoprire la meraviglia dell’inizio, facci dire di noi: “E’ cosa buona, molto buona”
Tu lo hai detto di ogni uomo, Signore, non necessariamente sposato, ma hai detto cosa molto buona la relazione d’amore.
Signore fa che continuiamo a crederci. Gianni sta potando gli alberi del frutteto, non so se l’abbia mai fatto. Ma in quel suo gesto voglio cogliere un segno di speranza, per un futuro che dipende da noi in misura minima.
“Se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori”
Signore ricostruisci la nostra casa, ancora, non ti stancare mai di rimediare ai nostri errori.
Noi ti ringraziamo, lodiamo e benediciamo per tutto quello che ci fai vedere, capire toccare. Grazie Signore dell’erba e dei fiori dei prati, degli alberi, della terra e delle pietre, dele nuvole e dell’azzurro, degli uccelli e degli insetti, degli errori che commettiamo perchè anche di quelli abbiamo bisogno, per vivere e crescere nella comunione con te e con tutto il creato.
La bietolina spuntata spontanea alla base degli alberi, nascosta tra le erbe e i fiori odorosi dei campi è lì a ricordarci che non ti sei dimenticato di noi.

Noi

 

La pasta con le zucchine e i funghi avanzati.

 

Oggi, mentre Gianni e io mangiavamo la pasta con le zucchine, avanzata da ieri , mi sono sorpresa a pensare cosa la rendeva così gustosa e saporita, visto che, appena fatta, non sapeva proprio di niente.
Il sapore gliel’aveva dato l’aggiunta di funghi gratinati che da qualche giorno entravano e uscivano dal frigorifero, perchè anche quelli non avevano sapore, nonostante il trito di prezzemolo e aglio mischiati al pane.
Avevo deciso di mischiare il tutto perchè la quantità fosse bastante per entrambi, visto che oggi non avevamo ospiti a pranzo.
Ho pensato a noi due, alle malattie che ogni giorno di più ci ricordano gli anni che passano, ai 40 anni di cammino insieme, alle cose straordinarie che riusciamo a fare da quando la nostra comune inadeguatezza ci porta a unire gli sforzi per le cose che contano e che condividiamo insieme agli altri.

Credere, toccare, salvare.


VANGELO (Mc 5,21-43)

In quel tempo, essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.
Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male.
E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?”». Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male».
Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo.
Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!». E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.

Il Post di Daniela che invita a riflettere sulla fragilità umana esprime esattamente quello che ieri ho provato.
La mia fragilità nell'affrontare la prova, la paura, il panico che mi impediva di tenere aperti gli occhi invasi da colliri e anestetici di fuoco (era indispensabile per l'intervento) e la fragilità del medico che si è arrabbiato tantissimo e in malo modo mi ha congedato, dicendo che potevo scordarmi che mi avrebbe fatto l'"intravitreale".
Mi è caduto il mondo addosso, perchè da 4 mesi aspettavo.
E non è la prima intravitreale che faccio per l'edema maculare che peggiora più passa il tempo.
Eppure avevo pregato e continuavo a farlo. Avevo chiesto pure aiuto agli amici perchè la paura non mi sopraffacesse.
Nel colloquio preliminare, tra le domande a cui rispondere, oltre al titolo di studio(!!!!) c'era anche da dire se ero cattolica.
Avevo risposto sorridendo, anche se ho sentito un brivido freddo attraversarmi la schiena.
" Non vi preoccupate per l'estrema unzione, perchè questa mattina ho preso la Comunione e sono andata a Messa, come del resto sono solita fare."
" La signora è previdente mi dissero" restituendomi il sorriso.
Eppure è successo.
Ho avuto paura.
"Uno il coraggio non se lo può dare" disse don Abbondio al Cardinale Borromeo…"li ho visti io quegli occhiacci", quando cercava di difendersi dall'accusa di non aver portato avanti la giustizia e aver ceduto al più forte.
Io credevo di avere più fede di don Abbondio, ma non ha funzionato …come pensavo.

«Non temere, soltanto abbi fede!» dice Gesù a Giairo, quando gli riferirono che non doveva importunare più il maestro, perchè la figlia era morta.
Ci voleva un supplemento di preghiera e a quella mi sono aggrappata. Lasciata sola sul lettino ho invocato pietà e misericordia e ho chiesto che ci ripensassero.
Ho gridato, ho chiesto aiuto e mi si è avvicinato il Signore..
Era vestito con il camice bianco, la voce gentile, accompagnato da due angeli. Uno mi ha preso la mano e me l'ha tenuta stretta tutto il tempo che è durato l'intervento.
Un attimo.
Posso ancora sperare che l'occhio sinistro non si spenga completamente.


Salmo 39,2
Ho sperato: ho sperato nel Signore
ed egli su di me si è chinato,
ha dato ascolto al mio grido.

BILANCIO

TE DEUM

 

Noi ti lodiamo, Dio *
ti proclamiamo  Signore.
O eterno Padre, *
tutta la terra ti adora.
 
A te cantano gli angeli *
e tutte le potenze dei cieli:
Santo, Santo, Santo *
il Signore Dio dell'universo.
 
I cieli e la terra *
sono pieni della tua gloria.
Ti acclama il coro degli apostoli *
e la candida schiera dei martiri;
 
le voci dei profeti si uniscono nella tua lode; *
la santa Chiesa proclama la tua gloria,
adora il tuo unico figlio, *
e lo Spirito Santo Paraclito.
 
O Cristo, re della gloria, *
eterno Figlio del Padre,
tu nascesti dalla Vergine Madre *
per la salvezza dell'uomo.
 
Vincitore della morte, *
hai aperto ai credenti il regno dei cieli.
Tu siedi alla destra di Dio, nella gloria del Padre. *
Verrai a giudicare il mondo alla fine dei tempi.
 
Soccorri i tuoi figli, Signore, *
che hai redento col tuo sangue prezioso.
Accoglici nella tua gloria *
nell'assemblea dei santi.
 
Salva il tuo popolo, Signore, *
guida e proteggi i tuoi figli.
Ogni giorno ti benediciamo, *
lodiamo il tuo nome per sempre.
 
Degnati oggi, Signore, *
di custodirci senza peccato.
Sia sempre con noi la tua misericordia: *
in te abbiamo sperato.
 
Pietà di noi, Signore, *
pietà di noi.
Tu sei la nostra speranza, *
non saremo confusi in eterno.