Dove posare il capo

(Lc 9,57-62)
In quel tempo, mentre camminavano per la strada, un tale disse a Gesù: «Ti seguirò dovunque tu vada». E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo».
A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio».
Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio».

“Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo”.

Sembra impossibile che tu, Signore, sia venuto a pretendere ciò che contrasta con la nostra sensibilità, con il buon senso, con il modo corretto di concepire la vita e gli affetti.

Senza casa, senza famiglia come potremo vivere Signore?

Ho pensato che tu non hai neanche una pietra dove poggiare il capo, ma a noi dai la possibilità di poggiarlo sul tuo petto.

E' questa la speranza che mi porta a seguirti dovunque mi chiami.

Il tuo cuore mi guiderà ad amare le persone che ho lasciato come tu le ami.

Il tuo cuore sarà la mia casa, il luogo del mio riposo

…prenda la sua croce….



Luca 9,22-25 -In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».
Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà. Infatti, quale vantaggio ha un uomo che guadagna il mondo intero, ma perde o rovina se stesso?».

A quale morte Gesù ci chiama?
Forse a quella fisica che è scontata per tutti?
Sicuramente no, visto che non c’era bisogno che si scomodasse tanto perché ne prendessimo atto.
Il senso lo dobbiamo cercare in quel rinnegare noi stessi, che non è automatico, che non dipende dalle circostanze e dagli altri, è quel farsi da parte, diventare piccoli piccoli, appoggiandosi a Lui perché la morte sia sconfitta per sempre. Rinnegare se stessi è morire alle nostre idee, ai nostri progetti, alla nostra volontà per fare spazio alla Sua,.
Questo è l’invito che dobbiamo accogliere, mettendoci in cammino alla volta di Gerusalemme, dove ad aspettarlo c’era l’unica morte che dà la vita, quella spesa per gli altri.
Il deserto fu la palestra dove imparò a morire, come uomo, lottando contro la tentazione del successo, del prestigio, del potere, delle conoscenze e delle parentele che contano, dell’autosufficienza.
Lui che era Dio e che volontariamente aveva rinunciato a tutto questo il momento in cui, incarnandosi, aveva consegnato la sua volontà al Padre.
Nel deserto imparò a morire a sé stesso, fidandosi di Lui, dando allo Spirito la possibilità di riempirlo a tal punto da non temere nulla, nemmeno la morte.
Pur sapendo a cosa andava incontro, Gesù non decide di cambiare strada, cercandone una più agevole e meno pericolosa, perché la molla del suo agire era l’amore, che lo legava al Padre e a tutti quelli a cui Lui l’aveva mandato.
“Io sono la via, la verità la vita”, le parole di Gesù, e dobbiamo credergli, se per testimoniarne la verità, ha pagato un prezzo così alto.
Ma solo se ne facciamo esperienza, ci accorgiamo che queste ci danno la forza di scavare strade lì dove apparentemente non esistono e arrivare con certezza ad un traguardo che non delude.

Sequela

Gv 1,43-51
In quel tempo, Gesù volle partire per la Galilea; trovò Filippo e gli disse: «Seguimi!». Filippo era di Betsàida, la città di Andrea e di Pietro.
Filippo trovò Natanaèle e gli disse: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè, nella Legge, e i Profeti: Gesù, il figlio di Giuseppe, di Nàzaret». Natanaèle gli disse: «Da Nàzaret può venire qualcosa di buono?». Filippo gli rispose: «Vieni e vedi».
Gesù intanto, visto Natanaèle che gli veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità». Natanaèle gli domandò: «Come mi conosci?». Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l’albero di fichi». Gli replicò Natanaèle: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!». Gli rispose Gesù: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto l’albero di fichi, tu credi? Vedrai cose più grandi di queste!».
Poi gli disse: «In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo».

"Abbiamo trovato il Messia".
Come spiegare il fatto che in così breve tempo i primi chiamati abbiano riconosciuto il Messia?
Anche le parole che hanno sentite da San Giovani l’Immergitore non sono sufficienti a spiegare il fenomeno.
Sul piano umano (umanità di Gesù) non si spiega questo colpo di fulmine tra uomini maturi, per giunta rudi o rozzi lavoratori manuali.
Tutti aspettavano e cercavano il Messia, come d’altronde, tutti gli ebrei (fino ad oggi).
Criteri sociali e/o teologici, che c’erano sicuramente, non spiegano come i primi apostoli lo abbiano recepito subito e in uno sconosciuto senza rilievo.
"Non è questi il figlio del carpentiere ?"
Che ha di speciale Yoshua ben Youssef per essere il nostro messia?

Gv 1,42 Gesù, fissando lo sguardo su di lui, disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; ti chiamerai Cefa (che vuol dire Pietro)».
Mc 10,21 Gesù fissatolo lo amò
Gv 1,50 E Gesù: "Tu credi solo perché ho detto che ti ho visto sotto
il fico? Vedrai cose ben più grandi di questa.

Molto probabile che per tutti si sia trattato di uno sguardo, di un sentirsi guardati in modo nuovo, di sentirsi amati, per la prima volta, in modo speciale, unico, vero.

Seguimi!

 (Mt 9,9-13)

In quel tempo, Gesù passando vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al
banco delle imposte e gli disse: "Seguimi". Ed egli si alzò e lo seguì.
Mentre Gesù sedeva a mensa in casa, sopraggiunsero molti pubblicani e
peccatori e si misero a tavola con lui e con i discepoli.
Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: "Perché il vostro
maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?".
Gesù li udì e disse: "Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma
i malati. Andate dunque e imparate che cosa significhi: Misericordia io
voglio e non sacrificio. Infatti non sono venuto a chiamare i giusti, ma
i peccatori".
 

Ieri mattina la Parola del Signore mi ha spiazzato, perchè mi ha indotto
a riflettere su cosa significhi seguire Gesù.
Gesù, passando, posa lo sguardo su Levi, pubblico peccatore, e gli dice:
"Seguimi!". 

Levi si lascia guardare, si lascia catturare dallo
sguardo di Gesù e, alzatosi, lo seguì.

Chissà dove pensava lo portasse!
Matteo, questo è il suo nuovo nome, ha constatato che per seguirlo,
non doveva cambiare casa o commensali: era sufficiente che lo invitasse
a casa sua,  per condividerlo con gli altri invitati.